Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio sezione 1 sentenza n. 2935 depositata il 14 marzo 2018
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – PERMESSO DI SOGGIORNO PER ASSISTENZA MINORI – PERDITA PER RAGGIUNGIMENTO DELLA MAGGIORE ETA’ DEL FIGLIO MINORE – CONVERSIONE IN PERMESSO DI SOGGIORNO PER LAVORO SUBORDINATO – ESCLUSIONE
FATTO E DIRITTO
Con il ricorso in epigrafe la odierna ricorrente impugna il decreto del Questore di Viterbo CatA12/Imm, notificato in data 29 gennaio 2016.
Deduce la ricorrente i seguenti fatti.
La ricorrente è entrata in Italia all’età di sedici anni nel 1996; nel 1997 nasceva a Roma il figlio della ricorrente il quale, essendo la madre minorenne, veniva accolto con lei in una casa-famiglia a Roma.
Raggiunta la maggiore età, la ricorrente, non potendo più dimorare presso detta struttura, venne accolta presso altra dimora in Roma ma, in relazione alla assenza di alcun reddito della ricorrente, il figlio venne affidato, con provvedimento del Tribunale per i minorenni, alla famiglia dei coniugi (…).
In virtù di quanto sopra, il Tribunale per i minorenni autorizzò la madre a permanere nel territorio italiano, in via provvisoria, per la durata di mesi 6, ai sensi dell’art. 31, comma 3, D.Lgs. n. 286/1998, per consentirle le frequentazioni con il figlio minorenne.
Di anno in anno, poi, il provvedimento è stato rinnovato, sempre al fine di consentire all’odierna ricorrente di poter esercitare la potestà genitoriale.
Nel 2013, i coniugi (…) chiedevano ed ottenevano l’adozione speciale del figlio della ricorrente.
In considerazione del raggiungimento della maggiore età del figlio e stante l’impossibilità di ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno per “assistenza di minori”, l’odierna ricorrente ha chiesto in data 18 giugno 2014, il rinnovo del permesso di soggiorno con mutamento del titolo di soggiorno da “assistenza minori” a “lavoro subordinato”, allegando alla domanda tutta la documentazione attestante il possesso dei requisiti previsti per detto nuovo titolo di soggiorno.
La Questura di Viterbo negava il rinnovo deducendo la assenza di alcuna previsione normativa in merito alla conversione del permesso di soggiorno da “assistenza minori” a “lavoro subordinato”.
Il ricorso è fondato nei sensi di cui alla motivazione.
Non è in discussione che l’art. 29 comma 6 del T.U. configuri il permesso di soggiorno per assistenza minore come titolo eccezionale, rilasciato solo a seguito di autorizzazione del Tribunale per i minorenni ex art. 31 comma 3 “per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell’età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano” e di durata corrispondente a quella stabilita dal Tribunale stesso, comunque limitata nel tempo.
La natura temporanea dell’autorizzazione (“revocata quando vengono a cessare i gravi motivi che ne giustificavano il rilascio”) e del conseguente permesso per assistenza al minore sono alla base della scelta del legislatore di consentire lo svolgimento dell’attività lavorativa da parte del titolare del permesso stesso, ma di escludere la convertibilità in permesso per motivi di lavoro; ciò all’evidente scopo di evitare la stabilizzazione di posizioni per loro natura provvisorie.
Deve, tuttavia, evidenziarsi che i gravi motivi che giustificano il rilascio dell’autorizzazione ex art. 31 e, quindi, del permesso per assistenza minore ex art. 29, possono permanere – come nella fattispecie in oggetto – per numerosi anni, legittimando così l’ininterrotta presenza in Italia dello straniero per lungo tempo. Tale circostanza non può essere irrilevante per l’ordinamento, perché determina una stabilizzazione di fatto della posizione del cittadino extracomunitario.
Se, dunque, il permesso di soggiorno per assistenza minore ha carattere necessariamente temporaneo e non è convertibile in un titolo più stabile, il soggiorno a tale titolo per un periodo di tempo sufficientemente lungo è comunque idoneo a costituire presupposto per richiedere un permesso a titolo diverso (come, ad esempio, il permesso per soggiornanti di lungo periodo, salva la verifica della sussistenza di tutti i requisiti richiesti e dell’assenza di elementi ostativi).
Una diversa lettura delle norme risulterebbe irragionevole perché finirebbe con il negare ogni possibilità di stabilizzazione a soggetti regolarmente soggiornanti in Italia anche da dicci e più anni, che ben possono avere instaurato solidi legami negli ambienti lavorativo, sociale e familiare. Pretendere di trascurare tutto ciò, in ossequio alla precarietà del titolo di soggiorno originariamente ottenuto, risulterebbe contrastante con la situazione di fatto consolidatasi nel tempo e ingiustamente penalizzante per lo straniero che, da lungo periodo regolarmente soggiornante nel nostro Paese, sia in possesso di tutti i requisiti per ottenere il permesso di soggiorno ad altro titolo; e ciò in nome di una originaria precarietà che il trascorrere del tempo ha fatto venir meno (Cfr. anche T.A.R. Firenze, sez. II, 28 marzo 2014, n. 602; TAR Milano, sez. IV, 24 settembre 2010 n. 6461). L’Amministrazione, dunque, avrebbe dovuto verificare, nella fattispecie concreta, non solo la sussistenza o meno delle ipotesi di conversione del permesso di soggiorno da “assistenza minori” in “lavoro subordinato”, ma anche la sussistenza dei presupposti per la concessione del permesso di soggiorno ad altro titolo, così come prospettato dalla parte ricorrente.
In relazione a quanto sopra, il ricorso deve essere accolto e il provvedimento impugnato va conseguentemente annullato. La Questura di Viterbo dovrà quindi riesaminare, alla luce della presente sentenza, la domanda presentata dalla ricorrente ai fini del rilascio del permesso di soggiorno ad altro titolo.
Le spese, in considerazione della sussistenza di giusti motivi, possono essere compensate per intero tra le parti.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui alla motivazione e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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