Tribunale Amministrativo Regionale della Campania Sezione Prima di Salerno sentenza n. 120 del 17 gennaio 2022
condomini – limiti alla legittimazione processuale del legale rappresentante
FATTO e DIRITTO
1. – L’Amministratore del condominio “ ” con sede in Pontecagnano Faiano, in Corso , ha impugnato la nota (n. del 6 luglio 2021) con la quale il Suap del Comune ha rigettato l’istanza di accesso del 6 maggio 2021 dal medesimo presentata ex art. 22 e ss. l. n. 241/1990 per visionare e acquisire copia del titolo concessorio e della documentazione tecnica relativa alla installazione di un dehor in Via , realizzato in appoggio alla facciata perimetrale (lato nord) del predetto condominio, a cui è saldamente ancorato, con occupazione della intera superficie del marciapiede pubblico antistante.
2. – Il predetto diniego, motivato sull’esclusivo presupposto della carenza della necessaria autorizzazione dell’assemblea condominiale alla presentazione dell’istanza ostensiva da parte dell’amministratore, sarebbe illegittimo, deduce parte ricorrente, rientrando pacificamente tra le autonome attribuzioni dell’amministratore, per come delineate dall’art. 1130 c.c., quella relativa al compimento di “atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio” (art. 1130, comma 2, n. 4, c.c.), nel cui novero si inscriverebbe l’iniziativa assunta nella specie, resasi necessaria in adempimento dei ridetti doveri di conservazione e tutela delle parti comuni, per la cui salvaguardia l’amministratore è tenuto ad attivarsi tempestivamente senza necessità di alcuna delibera assembleare, con la conseguenza che senz’altro sarebbe configurabile una posizione qualificata e giuridicamente rilevante rispetto alla natura degli atti oggetto della richiesta.
2.1. – In ogni caso, osserva ancora il ricorrente, la mancata preventiva autorizzazione assembleare non rientra tra le ipotesi di esclusione ex art. 24 l. n. 241/1990 sicché, anche sotto tale profilo, l’impugnato diniego di accesso documentale si rivelerebbe del tutto infondato e contra legem, senza considerare che sarebbe pure palese l’errore dell’Ente che ha identificato la società “ ” di ., titolare dell’esercizio commerciale cui è riferibile il dehor, come soggetto controinteressato ai sensi della legge 241/90 al quale, di conseguenza, ha provveduto a trasmettere, in ragione di tale qualità, la domanda ostensiva per cui è controversia, acquisendone l’opposizione.
3. – Il comune di Pontecagnano Faiano, costituitosi in giudizio, ha ribadito la tesi del difetto di legittimazione dell’amministratore ricorrente, ritenendo inconferente il richiamo all’art 1130, n. 4, c.c., il quale stabilisce, nella formulazione mutata nel 2012, che l’amministratore ha l’obbligo di compiere gli “ atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio ”, per tali intendendosi, secondo la giurisprudenza della Cassazione, i soli atti materiali di riparazione dei muri portanti, di tetti e lastrici e giudiziali, quali le azioni contro comportamenti illeciti posti in essere da terzi.
4. – Alla Camera di consiglio del 3 novembre 2021 la controversia è stata trattenuta in decisione.
5. – Il ricorso è inammissibile, rivelandosi fondati i rilievi in punto di difetto di legittimazione attiva, sostanziale – e di conseguenza processuale, sollevati dalla difesa dell’Amministrazione comunale.
6. – L’art. 1131, 1° co. attribuisce all’amministratore di condominio oltre alla rappresentanza sostanziale, anche una legittimazione di carattere processuale: entrambe costituiscono lo strumento tecnico-giuridico per mezzo del quale il “gruppo” si presenta all’esterno, consentendo all’incaricato dell’amministrazione di esercitare i compiti assegnatigli dalla legge o conferitigli dai condomini stessi (“Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall’articolo 1130 o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall’assemblea, l’amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi”).
6.1. – La portata del potere di rappresentanza e della legittimazione processuale attiva, riconosciuti ope legis all’amministratore, è definita, in particolare, dai limiti delle sue attribuzioni (art. 1130 c.c.), per cui, si ritiene comunemente, l’esistenza del potere di rappresentanza risulta dall’interesse di cui egli si cura (piano sostanziale) o del quale domanda tutela (piano processuale): qualora tale interesse esorbiti dalla sfera di interessi e dei compiti ai quali è preposto, si dovrà escludere la sua legittimazione ad agire, che sarà subordinata ad un’espressa autorizzazione dell’assemblea (C. Cass., sez. II, n. 9378/1997).
6.2. – La rappresentanza sostanziale e processuale è esclusa, dunque, quando la materia ovvero la controversia esorbiti da tali limiti e riguardi diritti od obblighi esclusivi dei singoli condomini (C. Cass., sez. II, n. 9378/1997 cit.), sicché ciò che importa ai fini della verifica della legittimazione dell’amministratore è la riconducibilità (dell’attività svolta o della tutela giurisdizionale richiesta) nei limiti delle attribuzioni amministrative stabilite dalla legge (o dal regolamento condominiale), ovvero la sua eccedenza rispetto ad essi, nel qual caso si rende necessaria un’autorizzazione dell’assemblea o un mandato espresso dei condomini (C. Cass., sez. II, n. 24391/200; C. Cass., sez. II, n. 24305/2008).
7. – Calando siffatte coordinate nel caso di specie risulta indubitabile, ad avviso del Collegio, che l’amministratore abbia ecceduto i limiti delle attribuzioni spettanti ex lege , di guisa che la richiesta di accesso finalizzata, come indicato, alla verifica della legittimità dei titoli abilitativi concessi dall’Ente a soggetti terzi andava preceduta da una delibera dell’assemblea condominiale.
7.1. – Diversamente da quanto opinato, non può trovare ingresso, infatti, l’assunto del ricorrente che ritiene sussumibile siffatta istanza ostensiva nel novero degli “atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio” di cui al cit. art. 1130 c.c., essendo, all’opposto, del tutto evidente la disomogeneità, ontologica e sul piano delle finalità, di tali rimedi, rispetto all’istanza di accesso motivata dall’esigenza di accertare la legittimità dei provvedimenti abilitativi rilasciati all’impresa “ ” di .
7.2. – Quando si occupa degli “ atti conservativi” ex art. 1130 c.c., la giurisprudenza fa riferimento a ciò che mira a preservare l’integrità e l’esistenza del patrimonio comune, a mantenere lo stato di fatto e di diritto inerente alle cose oggetto di comproprietà e quindi anche dell’edificio condominiale, in altre parole prende in considerazione gli atti che siano rivolti a prevenire o rimuovere il pericolo derivante dalla (imminente o già avvenuta) rovina, degrado, scorretto utilizzo di parti comuni.
7.3. – Tale genus di atti (v. pure art. 460 c.c.) identifica per lo più atti materiali di carattere manutentivo (riparazioni di muri portanti, di tetti e lastrici) e giudiziali (le azioni cautelari di denuncia di nuova opera o danno temuto, le azioni possessorie, i ricorsi d’urgenza finalizzati a recuperare la documentazione condominiale dall’amministratore uscente, le azioni contro l’appaltatore per gravi difetti dell’immobile) aventi per scopo, per l’appunto, di garantire la conservazione di un bene o di un diritto (ex multis C. Cass. sez. II, n. 40/2015; C. Cass., sez. II, n. 3044/2009; C. Cass., sez. II, n. 51472003).
8. – L’istanza di accesso di che trattasi – e la correlativa azione giudiziale ex art. 116 c.p.a. – tendente, per dichiarata ammissione, all’acquisizione di documentazione utile alla verifica di legittimità dei provvedimenti abilitativi rilasciati dal comune all’impresa “ ” si pone, dunque, su un piano “funzionale” ben diverso rispetto a quello dei cd. atti conservativi, essendo strumentale a ottenere, a mezzo della statuizione giudiziale, non già la conservazione o la tutela di un bene o di un diritto, bensì l’acquisizione di elementi informativi e conoscitivi ritenuti utili, nel caso di specie, all’effettuazione del predetto accertamento di legittimità.
8.1. – La richiesta ostensione, allora, sia nella sua dimensione sostanziale che in quella processuale, non essendo preordinata, quanto meno in via diretta e immediata, alla conservazione del bene o del diritto – ma, semmai, solo prodromica all’eventuale assunzione di iniziative di carattere “conservativo” a tutela dell’immobile condominiale – esula dall’ambito degli atti meramente conservativi, con conseguente difetto di legittimazione dell’amministratore che non si sia munito dell’autorizzazione dell’assemblea dei condòmini.
8.2. – Ne deriva, atteso il meccanismo di simmetria previsto dal codice – nel senso che ad ogni diritto o potere spettante all’amministratore sul piano materiale corrisponde, sul piano processuale, la facoltà di esercitare le relative azioni (art. 1131, c. 1, c.c.) – che il ricorso ex art. 116 c.p.a. promosso dal solo amministratore, in assenza, cioè, della delibera assembleare autorizzativa, è inammissibile per difetto di legittimazione attiva. Nel caso di specie l’amministratore non ha dimostrato in giudizio di essere stato autorizzato dall’assemblea condominiale a proporre l’azione di accesso di cui all’art. 116 c.p.a. né, per quanto appena osservato, l’esercizio di tale azione può farsi rientrare in una delle attribuzioni proprie dell’amministratore, tassativamente elencate nel citato art. 1130 c.c.
9. – Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione processuale dell’amministratore del Condominio ricorrente.
10. – Le spese di giudizio possono essere compensate, visto anche l’esito in rito della controversia.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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