TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE LAZIO – Sentenza 03 gennaio 2014, n. 48
Pubblico impiego – Trasferimento – Revoca – Illegittimità – Risarcimento del danno patrimoniale – Spese di trasporto, vitto e alloggio
Fatto
1. Con il ricorso introduttivo dell’odierno giudizio, il ricorrente, ricercatore confermato presso l’Università di Reggio Calabria, ha chiesto il risarcimento dei danni patiti a seguito della sospensione e successiva revoca del proprio trasferimento all’Università degli Studi di Roma “L.S.”.
A sostegno del gravame ha dedotto che il Rettore della citata Università romana, con nota del 9 novembre 1995, ha comunicato la presa di servizio del ricorrente presso la Facoltà di Architettura a decorrere dal 1° gennaio 1996, nelle more dell’invio da parte dell’Università di Reggio Calabria della scheda partitaria, del cedolino riassuntivo nonché del fascicolo personale, pregando altresì il ricorrente di prestare il proprio assenso al trasferimento.
Ha altresì dedotto che, in virtù della nota n. 3393 del 30 novembre 1995 del Preside della Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Roma “L.S.”, il procedimento di trasferimento è stato sospeso. A tale atto altri ne sono susseguiti, tutti emessi da organi della Università romana, con l’obiettivo di impedire il trasferimento di esso ricorrente.
Detti atti sono stati tutti impugnati con ricorso dinanzi al T.A.R. del Lazio ed il relativo giudizio è stato definito con la sentenza n. 537 del 2002 del Consiglio di Stato, recante annullamento dei medesimi.
Di qui il perfezionamento del trasferimento del ricorrente all’Università di Roma “L.S.” – Facoltà di Architettura di Valle Giulia soltanto a far data dal 1° giugno 2002, anziché a far data dal 1° gennaio 1996 come originariamente previsto nella nota del Rettore della citata Università del 9 novembre 1995.
Ha ulteriormente dedotto che l’indebito ed ingiusto ritardo, di 6 anni e 5 mesi, con il quale è avvenuto il predetto trasferimento gli ha cagionato molteplici danni, sia patrimoniali, sia non patrimoniali, quali il danno per le spese di viaggio, vitto e alloggio affrontate nel periodo di riferimento, quello per mancate retribuzioni e mancato sviluppo di carriera, nonché il danno non patrimoniale alla vita familiare e di relazione ed il danno morale in senso stretto.
Con il proposto gravame Ina quindi spiegato domanda di risarcimento di tutte le voci di danno, maggiore di interessi e rivalutazione dalla data della domanda stessa sino all’effettivo soddisfo.
2. Si è costituita in giudizio l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, instando per la reiezione del gravame.
3. Prima dell’udienza pubblica di discussione il ricorrente ha presentato memoria difensiva, precisando i termini delle domande formulate con il ricorso introduttivo.
Anche l’Amministrazione ha depositato una memoria difensiva, ma tale deposito è avvenuto in Segreteria dopo l’udienza pubblica di discussione del ricorso.
3. Alla pubblica udienza del 2 dicembre 2013, sentiti i difensori delle parti come da relativo verbale, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Diritto
1. Il ricorso è parzialmente fondato, nei termini e limiti appresso precisati.
2. Con l’odierno gravame il ricorrente, ricercatore universitario confermato in Urbanistica, deducendo di aver subito una pluralità di pregiudizi, sia di natura patrimoniale, sia non patrimoniale, a causa del ritardo con cui è stato trasferito dall’Università di Reggio Calabria all’Università di Roma “L.S.”, ritardo segnatamente calcolato in 6 anni e 5 mesi, invocando il giudicato formatosi sulla sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, 20 gennaio 2002, n. 537, recante annullamento di tutti gli atti lesivi della posizione soggettiva del ricorrente medesimo e da cui è scaturito il predetto ritardo, ha spiegato azione risarcitoria nei confronti dell’Ateneo resistente, chiedendo il ristoro delle seguenti voci di danno:
a) danno per spese di trasporto, vitto e alloggio affrontate nel periodo di 6 anni e 5 mesi, dal 1° gennaio 1996 al 1° giugno 2002;
b) danno per retribuzioni non percepite a causa dell’impossibilità di optare per il tempo pieno nel periodo in cu ha continuato a prestare la propria attività presso l’Università di Reggio Calabria;
c) danno professionale dovuto alla circostanza che nel medesimo periodo presso l’Università di Reggio Calabria non gli sono state offerte opportunità di carriera e di sviluppo professionale;
d) danno non patrimoniale alla vita familiare e di relazione, tenuto conto che nel predetto periodo il ricorrente ha continuato a risiedere a Roma ed a svolgere una vita da pendolare per proseguire la propria attività lavorativa presso l’Università di Reggio Calabria;
e) danno morale consistito “nella sofferenza psico-emotiva determinata dall’impossibilità, protrattasi per oltre se anni, di gestire la propria esistenza sia sul piano professionale che, e soprattutto, su quello familiare in ragione dell’incertezza della sua sede di servizio”.
3. Risulta per tabulas che tutti gli atti lesivi della posizione giuridica soggettiva azionata dal ricorrente sono stati annullati con sentenza del Consiglio di Stato n. 537 del 2002, la cui compiuta esecuzione ha permesso al ricorrente di ottenere l’agognato trasferimento di sede presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Roma “L.S.” a far data dal 7° giugno 2002.
Ne discende che nel giudizio conclusosi con la citata decisione del Giudice amministrativo di ultima istanza è stata definitivamente accertata la spettanza della pretesa azionata dal ricorrente al trasferimento di sede a decorrere dal 1° gennaio 1996, ma i tempi necessari per addivenire alla conclusione del giudizio ed alla successiva esecuzione della decisione giudiziale lasciano residuare un danno da ritardo, declinato nella voci sopra indicate, di cui il ricorrente, nell’odierno giudizio, invoca l’integrale ristoro.
4. Per giurisprudenza consolidata, alla quale aderisce il Collegio, in presenza di un provvedimento illegittimo fonte di danno ingiusto e, come avvenuto nel caso di specie, annullato dal giudice amministrativo, al danneggiato non può essere chiesto un particolare sforzo probatorio in relazione al requisito soggettivo della colpa dell’amministrazione, potendo quivi operare regole di comune esperienza e la presunzione semplice, di cui all’art. 2727, desunta dalla singola fattispecie. Ed invero, il danneggiato può invocare l’illegittimità del provvedimento quale indice presuntivo della colpa o invocare altre circostanze a sostegno dell’assenza di un errore scusabile (cfr. ex multis, C.d.S., sez. IV, 18 novembre 2013, n. 5458; Id. 4 settembre 2013, n. 4439).
In tale evenienza spetterà all’amministrazione dimostrare che l’illegittimità del provvedimento censurato dal giudice amministrativo sia riconducibile ad un errore scusabile, configurabile in caso di contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione di una norma, di formulazione incerta di norme da poco entrate in vigore, di rilevante complessità del fatto, di influenza determinante di comportamenti di terzi, di illegittimità derivante da una dichiarazione di incostituzionalità della norma applicata.
Traslando i superiori principi all’odierno gravame, deve nella specie ritenersi sussistente la colpa dell’Amministrazione giacché la sentenza di annullamento dei provvedimenti lesivi della posizione giuridica soggettiva azionata dal ricorrente ha statuito come la violazione censurata sia stata grave e commessa in un quadro di circostanze di fatto e normative tali da evidenziare la negligenza dell’organo amministrativo (cfr. T.A.R. Lazio, sez. Il, 18 febbraio 2013, n. 1749). In particolare, come evidenziato dal Consiglio di Stato nella decisione di annullamento, assume quivi rilievo l’omessa considerazione da parte dell’Università resistente nell’ambito del provvedimento di revoca del trasferimento dell’interesse pubblico alla sviluppo della materia urbanistica nonché, relativamente a tutti gli atti oggetto di annullamento giurisdizionale, della circostanza che sussistevano posti vacanti presso la Facoltà di Architettura e che, pertanto, non era affatto necessario effettuare un incremento di organico.
5. Accertata la sussistenza dell’illegittimità dei provvedimenti annullati e della colpa dell’Amministrazione resistente, possono essere di seguito scrutinate le singole voci di danno di cui il ricorrente invoca il ristoro in quanto, a suo dire, causalmente connesse all’operato dell’Università.
5.1 Meritevole di accoglimento si palesa la richiesta di risarcimento del danno patrimoniale per le spese di trasporto, vitto e alloggio affrontate nel periodo 1° gennaio 1996 – 1° giugno 2002.
Il ricorrente sul punto ha fornito specifica ed analitica documentazione, riferita ad un anno (marzo 2001 – marzo 2002), da cui si evince che il costo affrontato per il trasporto, su base bisettimanale, tra Reggio Calabria e Roma nonché per vitto e alloggio è stato pari complessivamente a euro 4.387,31, che rapportato all’intero periodo di riferimento (6 anni e 5 mesi) porta a determinare il costo complessivo affrontato dal ricorrente di euro 28.151,91.
Per pervenire a detta determinazione il ricorrente allega documentazione relativa al costo dei biglietti aerei e dei treni nella tratta di riferimento e si riferisce al costo di pasti economici e di alberghi di categoria mediobassa.
Tale documentazione è sufficiente affinché il Collegio possa ritenere raggiunta la prova del danno lamentato dal ricorrente, che deve quindi essere risarcito. Detto danno è invero direttamente riconducibile alla illegittima decisione dell’Amministrazione di non dare corso al trasferimento del ricorrente dal 1° gennaio 1996.
5.2 A conclusioni opposte deve invece pervenirsi con riferimento alle altre voci di danno invocate dal ricorrente, segnatamente:
a) quanto al danno retributivo, sebbene il ricorrente una volta trasferito a Roma avrebbe potuto ipoteticamente optare per il tempo pieno, cosi da ottenere una maggiore retribuzione (circostanza che effettivamente è avvenuta nel 2003), un simile pregiudizio, oltre ad rimanere eventuale ed ipotetico (in quanto dipendente da una scelta che non è possibile sapere se fosse stata effettivamente compiuta a fronte del trasferimento dal 1° gennaio 1996), si correla ad una maggiore prestazione lavorativa; in sintesi, a fronte della mancata possibilità di scelta, il ricorrente non ha dovuto affrontare il maggiore disagio dovuto ad una più pesante attività lavorativa;
b) quanto al danno professionale, il ricorrente non ne ha provato, come era suo preciso onere, neppure per presunzioni, la sussistenza, essendosi limitato ad asserire che a causa della permanenza presso l’Università di Reggio Calabria ha avuto minori occasioni di crescita professionale;
c) quanto ai danni alla vita familiare e di relazione nonché morale, in ossequio alla giurisprudenza più recente secondo cui trattasi di voci di danno non patrimoniale che non possono essere considerate in re ipsa e pertanto necessitano di specifica prova, anche per presunzioni, il ricorrente ha omesso di adempiere a tale onere probatorio, rimanendo nell’ambito delle mere e generiche allegazioni, insufficienti ad integrare una vera e propria prova presuntiva.
6. In sintesi, in accoglimento parziale del proposto gravame, l’Università di Roma “L.S.” deve essere condannata a pagare in favore del ricorrente, a titolo di risarcimento danni, l’importo complessivo di euro 28.151,91, maggiorato di interessi e rivalutazione dalla data del 1° giugno 2002 sino all’effettivo soddisfo.
7. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini meglio precisati in motivazione.
Condanna l’Università di Roma “L.S.” a rifondere in favore del ricorrente le spese di giudizio che si liquidano in euro 1.500,00 (millecinquecento).
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