TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE LAZIO – Sentenza 20 gennaio 2014, n. 713
Immigrazione – Richiesta di cittadinanza – Concessione – Diniego – Requisiti – Permesso di soggiorno – Certificato di buona condotta dalla propria Ambasciata
Fatto
Il 6.2.2001 il F. ha presentato istanza per ottenere la cittadinanza italiana, ai sensi dell’art. 9, comma 1, lettera f) della L. n. 91 del 5.2.1992, essendo residente in Italia da oltre 10 anni e non versando in nessuna delle condizioni preclusive al conseguimento della cittadinanza previste dalla legge citata. A detta istanza il ricorrente ha allegato la documentazione attestante la buona condotta (certificato del casellario giudiziale e certificato di buona condotta dell’ Ambasciata della Repubblica dell’Iran).
Tuttavia, il 10.2.2004 è stato notificato all’interessato il provvedimento di diniego della cittadinanza italiana, motivato come segue: “… Vista la nota n. 300/C/248627/J5/1984/3ADiv/2284/R in data 16.07.2003 del Dipartimento della P.S. Servizio Immigrazione e Polizia di Frontiera da cui emergono elementi tali da non ritenere opportuna la concessione della cittadinanza. Ritenuto, pertanto, che con l’attribuzione della cittadinanza al richiedente non risulta garantita la tutela dell’interesse pubblico sopra descritto …”.
Poiché la nota indicata era allegata al provvedimento di diniego, l’interessato ha avanzato istanza di accesso all’Ufficio Territoriale del Governo di Perugia il quale, con nota prot. 17/2003/AreaI del 4.03.04, gli ha comunicato di avere provveduto ad inoltrare detta istanza al Ministero dell’Interno – Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione – Divisione Cittadinanza.
Dopo tale comunicazione, l’istanza di accesso non ha avuto alcun seguito.
Con il ricorso introduttivo del giudizio proposto dinanzi al TAR Umbria, il cittadino iraniano F.R. ha impugnato gli atti indicati rilevando di essere entrato nel territorio italiano in data 8.10.1980 e di aver ivi soggiornato in virtù di regolari permessi di soggiorno.
A seguito di declaratoria di incompetenza del TAR Umbria, la causa è proseguita dinanzi al TAR del Lazio.
A sostegno della propria impugnazione il ricorrente ha dedotto la censura di violazione dell’art. 3 della L. 241/90, di eccesso di potere per difetto di istruttoria, sviamento, macroscopica illogicità, ingiustizia manifesta, sostenendo che il provvedimento sarebbe del tutto immotivato non avendo consentito l’Amministrazione l’acquisizione della nota del Dipartimento della P.S. Servizio Immigrazione e Polizia di Frontiera del 16/7/03 che contiene la motivazione del provvedimento.
Nel ricorso ha quindi formulato l’istanza istruttoria diretta ad ottenere l’esibizione della suddetta nota ed ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio ed ha chiesto il rigetto del ricorso per infondatezza.
Con ordinanza n. 6183/13 il Collegio ha ordinato al Ministero dell’Interno di depositare in giudizio la nota n. 300/C/248627/J5/1984/3ADiv/2284/R del 16.07.2003 del Dipartimento della P.S. Servizio Immigrazione e Polizia di Frontiera.
L’ordinanza istruttoria è rimasta ineseguita.
Con nota depositata il 6 dicembre 2013, il Ministero dell’Interno – Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione – ha rappresentato di non aver potuto produrre in giudizio la nota sulla base della quale è stato emesso il provvedimento di diniego di concessione della cittadinanza, non essendo stato rilasciato nei termini dai competenti Organismi il consenso all’esibizione.
Il Ministero dell’Interno ha quindi chiesto il rinvio della causa ad altra udienza.
All’udienza pubblica del 12 dicembre 2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Diritto
Preliminarmente ritiene il Collegio di non poter disporre il rinvio della causa, tenuto conto della congruità del termine assegnato all’Amministrazione per l’adempimento istruttorio, e considerato altresì che il ricorso è stato incardinato nel 2004.
Come meglio dedotto in narrativa, il ricorrente – cittadino iraniano residente in Italia da moltissimi anni – ha chiesto la concessione della cittadinanza italiana.
Con il decreto impugnato la sua richiesta è stata respinta.
Il provvedimento di diniego è stato adottato dall’Amministrazione sulla base della nota n. 300/C/248627/J5/1984/3ADiv/2284/R del 16.07.2003, del Dipartimento della P.S. Servizio Immigrazione e Polizia di Frontiera, della quale il Collegio aveva ordinato l’esibizione con l’ordinanza istruttoria n. 6183/13 rimasta ineseguita.
Allo stato, quindi, il provvedimento risulta del tutto immotivato, atteso che il semplice riferimento contenuto nel decreto in merito all’esistenza di “elementi tali da non far ritenere opportuna la concessione della cittadinanza” in quanto “con l’attribuzione della cittadinanza al richiedente non risulta garantita la tutela dell’interesse pubblico sopra descritto” è di per sé talmente generico da non integrare gli estremi di una motivazione sufficiente, non potendo il Collegio ricostruire l’iter logico seguito dall’Amministrazione nell’adozione del provvedimento.
Occorre infatti considerare che l’art. 8 comma 1, L. 5/2/92 n. 91 impone al Ministro dell’Interno, ove respinga l’istanza di concessione della cittadinanza italiana, a provvedervi “con decreto motivato”, anche per relationem; del resto la giurisprudenza ha sempre ritenuto che il provvedimento di concessione della cittadinanza, sebbene sia atto altamente discrezionale (e sia quindi insindacabile sotto il profilo dell’opportunità della scelta) -, non sia sottratto all’obbligo di motivazione, tanto che in sede giurisdizionale l’interessato può dedurre profili di eccesso di potere avverso il diniego che risulti basato su una motivazione che non trovi giustificazione negli atti cui si richiami per relationem (Cons. Stato Sez. VI 9/6/06 n. 3456).
Ne consegue che, in mancanza di produzione in giudizio della documentazione acquisita in sede istruttoria, il provvedimento impugnato risulta del tutto sfornito di motivazione.
Il ricorso pertanto deve essere accolto e, per l’effetto, deve essere annullato, per difetto di motivazione, il provvedimento impugnato, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti di competenza dell’amministrazione.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.
Condanna l’Amministrazione resistente al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi € 1.500,00 (millecinquecento/00) oltre accessori di legge.
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