TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE per le Marche sezione 1 sentenza n. 837 del 3 novembre 2017
LAVORO – SICUREZZA SUL LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – EQUO INDENNIZZO – IMPIEGO PUBBLICO – RICONOSCIMENTO DI INFERMITA’ O LESIONE DIPENDENTE DA CAUSA DI SERVIZIO – INTEMPESTIVITA’ DELLA DOMANDA
FATTO e DIRITTO
I. Il ricorrente, Ispettore superiore in congedo del Corpo di polizia penitenziaria, ha impugnato il decreto del Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria del 18 novembre 2013, con cui, su parere conforme del Comitato di Verifica per le Cause di Servizio reso nell’adunanza n. 381 del 2 ottobre 2013, è stata respinta la domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità “Esiti corretti di intervento cardiochirurgico di sostituzione valvolare aortica e dell’aorta ascendente per ectasia della radice aortica su valvola bicuspide”.
A sostegno del gravame deduce l’illegittimità degli atti impugnati per violazione di legge ed eccesso di potere sotto distinti profili, in particolare, per difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità, travisamento dei fatti, erroneità dei presupposti e contraddittorietà, nonché per violazione degli artt. 1 e 3 della legge n. 241 del 1990 e dell’art. 12 del DPR n. 461 del 2001; assume il ricorrente che il Ministero e, prima ancora il Comitato di Verifica nel proprio parere, avrebbero immotivatamente negato il riconoscimento della dipendenza dell’infermità da causa di servizio, senza compiere un’adeguata istruttoria, anche tenuto conto del fatto che la competente Commissione Medica Ospedaliera si sarebbe invece espressa positivamente su detto riconoscimento, stabilendo l’ascrivibilità della patologia alla tabella A, categoria 1.
Nessuno si è costituito per il Ministero intimato.
Alla pubblica udienza del 5 luglio 2017 la causa è stata trattenuta per la decisione.
II. Il ricorso è infondato e va respinto per le ragioni di seguito illustrate.
II.1. Va innanzitutto disattesa la censura del ricorrente volta a contestare l’insufficienza della motivazione nel decreto ministeriale, che a sua volta recepisce il parere reso dal Comitato di Verifica.
In proposito si osserva che l’art. 14, comma 1, del D.P.R. n. 461/2001 stabilisce che “l’Amministrazione si pronuncia sul solo riconoscimento di infermità o lesione dipendente da causa di servizio, su conforme parere del Comitato, anche nel caso di intempestività della domanda di equo indennizzo ai sensi dell’articolo 2, entro venti giorni dalla data di ricezione del parere stesso. Entro lo stesso termine l’Amministrazione che, per motivate ragioni, non ritenga di conformarsi a tale parere, ha l’obbligo di richiedere ulteriore parere al Comitato, che rende il parere entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta; l’Amministrazione adotta il provvedimento nei successivi dieci giorni motivandolo conformemente al parere del Comitato”.
La giurisprudenza ha più volte avuto modo di chiarire quale sia il senso da attribuire alla norma citata; essa prevede espressamente che l’Amministrazione, nel caso in cui intenda uniformarsi al parere del Comitato, può limitarsi ad una pronuncia sulla dipendenza da causa di servizio, rinviando per la motivazione al suddetto parere. Solo ove l’Amministrazione ritenga di doversi discostare dal parere del Comitato deve esplicitare le ragioni di tale scelta. Ciò in quanto ai sensi del combinato disposto tra gli artt. 11 e 14 del DPR n. 461 del 2001, il parere del Comitato di Verifica per le Cause di Servizio si impone, nel suo contenuto tecnico discrezionale, all’Amministrazione, la quale, nell’adottare il provvedimento finale, deve limitarsi ad eseguire soltanto una verifica estrinseca sulla completezza e regolarità del precedente iter valutativo e non attivare una nuova ed autonoma valutazione che investa il merito tecnico, essendo invece tenuta ad esprimere una specifica motivazione solamente nei casi in cui, in base ad elementi di cui disponga e che non siano stati vagliati dal Comitato, ovvero in presenza di evidenti omissioni e violazione delle regole procedimentali, ritenga di non poter aderire al parere anzidetto (ex plurimis, T.A.R. Campania Salerno, sez. I, 23 marzo 2015, n. 635; T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 9 febbraio 2012, n. 683; T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 8 aprile 2011, n. 2000).
II.2. Ebbene, nel caso in esame il Collegio non ravvisa alcuna evidente violazione delle regole procedimentali da parte del Comitato, né alcuna contraddittorietà od omissione nel parere reso da quest’ultimo.
Al contrario, detto parere si rivela sufficientemente motivato, poiché l’Organo tecnico, sulla base dei precedenti di servizio risultanti dagli atti, ha nello specifico escluso che l’attività lavorativa in concreto svolta abbia potuto in qualche modo incidere sulla genesi della patologia o prevalere sui fattori individuali, almeno sotto il profilo concausale, tenuto anche conto della peculiare natura della patologia stessa.
II.3. Né le argomentazioni addotte dal Comitato possono dirsi contraddittorie rispetto alla documentazione allegata; in essa non emergono elementi significativi che possano far propendere per un giudizio di dipendenza da causa di servizio della patologia lamentata o che siano idonei a provare le circostanze solo genericamente indicate in ricorso.
Il ricorrente, infatti, nel descrivere le modalità dell’attività lavorativa prestata, ha fatto generico riferimento al servizio svolto come guardia penitenziaria, anche nelle carceri di massima sicurezza, dove frequente è il rischio di fuga dei detenuti, di risse e di attacchi terroristici o mafiosi; tali situazioni, unite al disagio dovuto al sovraffollamento delle carceri e alla carenza di personale, avrebbero reso il lavoro ancor più gravoso e stressante.
Osserva tuttavia il Collegio che dette modalità di espletamento del servizio rientrano in quelle che sono le ordinarie mansioni che un appartenente al Corpo della polizia penitenziaria è chiamato a svolgere in relazione al ruolo ricoperto, mentre non vengono allegate né provate specifiche circostanze di servizio particolarmente gravose, eccezionali ed esorbitanti rispetto a quelle ordinarie, idonee ad incidere in maniera determinante sul manifestarsi dell’infermità di che trattasi, anche solo sul piano concausale.
E’ principio pacifico in giurisprudenza quello secondo cui nella nozione di concausa efficiente e determinante di servizio possono farsi rientrare soltanto fatti ed eventi eccedenti le ordinarie condizioni di lavoro, gravosi per intensità e durata, che vanno necessariamente documentati, con esclusione, quindi, delle circostanze e condizioni del tutto generiche, quali inevitabili disagi, fatiche e momenti di stress, che costituiscono fattore di rischio ordinario in relazione alla singola tipologia di prestazione lavorativa (T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 1 luglio 2015, n. 8802 e 4 marzo 2015, n. 3738; TAR Puglia Lecce, sez. II, 22 novembre 2011, n. 2024; Consiglio di Stato, sez. III, 12 novembre 2011, n. 5996).
Poiché alcun fatto o evento eccedente le ordinarie condizioni di lavoro è dato rinvenire nell’attività lavorativa del ricorrente, gli atti impugnati non possono dirsi contraddittori o carenti sotto il profilo istruttorio e motivazionale, con la conseguenza che le censure prospettate in ricorso, sia con riferimento al parere del Comitato di Verifica, sia rispetto al decreto dell’Amministrazione che lo recepisce, si rivelano del tutto infondate.
II.4. Neppure può ritenersi contraddittorio il parere del Comitato di Verifica rispetto all’esame diagnostico della Commissione Medica Ospedaliera di Chieti (cfr. verbale … del 15 novembre 2006). Quest’ultima non ha espresso alcun giudizio sulla dipendenza da causa di servizio, né poteva esprimerlo, non avendone la competenza; il D.P.R. n. 461 del 2001, infatti, demanda alla C.M.O. di effettuare la sola diagnosi, lasciando al Comitato di Verifica il compito di accertare il nesso di causalità tra l’infermità diagnosticata ed il servizio prestato.
III. Per tutte le argomentazioni che precedono, il ricorso è infondato e va respinto.
IV. Nulla è dovuto per le spese, in difetto di costituzione dell’Amministrazione intimata.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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