Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sezione IV, sentenza n. 3337 depositata il 17 giugno 2019
Lavoro – Rapporto di lavoro – Sicurezza sul lavoro – Infortunio sul lavoro – Riconoscimento della causa di servizio – Comitato di verifica per le cause di servizio
FATTO e DIRITTO
1.-OMISSIS-, già in servizio come Vigile del Fuoco dal 15 luglio 1978 fino al 01 marzo 2014 (data del suo pensionamento), ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe con il quale è stata respinta la richiesta di aggravamento dell’infermità già in precedenza riconosciuta come dipendente da causa diservizio.
Il ricorrente, infatti, aveva già ottenuto il riconoscimento come dipendente da causa di servizio per -OMISSIS-” (verbale del Ministero dell’Interno datato 4 dicembre 1986 prot. n. 16971) e nel maggio del 2012 aveva presentato domanda per la concessione di un equo indennizzo per -OMISSIS-“, anche questa accolta con concessione di equo indennizzo in misura massima Tabella B con DM 179 del 24/03/2014.
Il ricorrente aveva chiesto anche il riconoscimento dell’infermità “-OMISSIS-“, ai fini della revisione dell’indennizzo, sulla quale il Dirigente del ServizioSanitario del Comando dei Vigili del Fuoco di Benevento aveva espresso parere non favorevole in quanto “tale patologia non è più correlata solo all’ambiente di lavoro ma a vari fatti eziologici”; tale giudizio era stato confermato in data 4 giugno 2015 dalla Commissione Medica Ospedaliera del Dipartimento Militare di Medicina Legale di Bari.
2. Il ricorrente, dopo aver ricostruito la normativa fondante la richiesta di equo indennizzo, ha evidenziato che trattavasi di aggravamento di una infermità in precedenza riconosciuta dipendente da causa di servizio, per la quale era stata richiesta la revisione dell’equo indennizzo già concesso (art. 14 comma 4 e art. 2 comma 1 D.P.R. n. 461/2001).
Contesta all’Amministrazione il difetto di motivazione stante l’assenza di prova del procedimento valutativo circa l’inidoneità dei fatti di servizio riferiti, e non contestati, a causare l’infermità, od il suo aggravamento, in termini non generici o probabilistici, ma di specificità con il caso concreto.
Sotto questo aspetto, ritiene di aver assolto al proprio onere probatorio avendo allegato apposita relazione medico — legale attestante l’esistenza di -OMISSIS-, e nel complesso un sostanziale aggravamento delle condizioni dipendenti da causa di servizio, originariamente attribuite alla 8° categoria di cui alla tabella A, ma, a parere del ricorrente, ascrivibili alla Tabella A, alla 7° categoria a far data dalla presentazione della domanda amministrativa (19 settembre 2014) con il conseguente trattamento economico previsto dalla normativa.
Tutto ciò sarebbe dipeso dalle situazioni alle quali il ricorrente è stato esposto per ottemperare ai propri obblighi di servizio nello svolgimento delle mansioni di Capo Reparto Esterno dei VVFF, sicchè il disconoscimento dell’esistenza di un nesso eziologico tra riscontro dell’infermità, dipendenza da causa di servizio e infine aggravamento già precedentemente riconosciuto, costituirebbe violazione della normativa vigente, in assenza di approfondita valutazione circa l’incidenza causale dalle modalità di prestazione del servizio.
3. Il Ministero intimato si è costituito con memoria formale, depositando documenti tra cui la relazione dell’Amministrazione, nella quale si è preliminarmente eccepita l’inammissibilità del ricorso sotto un duplice profilo: i) in primo luogo in quanto il ricorrente non ha formulato specifiche censure di legittimità ai provvedimenti adottati dall’Amministrazione, limitandosi ad eccepire l’assenza di motivazione del verbale della Commissione Medica Ospedaliera di Bari e la genericità del provvedimento negativo; ii) in secondo luogo per incompleta ed imprecisa denominazione dei provvedimenti impugnati, in quanto essi non sarebbero stati indicati chiaramente ed in modo inequivocabile, avendo il ricorrente omesso di indicarne il numero: in pratica il provvedimento richiamato nella parte introduttiva del ricorso, concernente l’infermità “-OMISSIS-, riguarderebbe il diniego del riconoscimento della dipendenza di detta infermità da causa diservizio e non già la revisione di indennizzo per aggravamento; tale diniego, che formava oggetto di un altro provvedimento, non è stato nè esplicitamente impugnato né correttamente identificato, e riguarda altre patologie, ma ad esso il ricorrente ha fatto comunque riferimento nel corpo del ricorso.
Nel merito, ha chiesto il rigetto del ricorso, essendo il provvedimento di diniego della causa di servizio conforme al parere del “Comitato di verifica per le cause di servizio” previsto per legge, il quale risulta aver congruamente motivato il giudizio di non dipendenza in quanto dall’esame degli elementi prodotti non sono emersi elementi atti a giustificare un collegamento tra servizio ed infermità.
4. All’udienza pubblica del 3 aprile 2019 il Collegio ha trattenuto la causa in decisione.
5. In primo luogo vanno disattese le eccezioni di inammissibilità articolate nella relazione dell’Amministrazione e astrattamente rilevabili d’ufficio.
5.1. In ordine alla mancata articolazione dei motivi di ricorso, se è pur vero che questa non vi è formalmente stata, va altresì rilevato che dalla lettura del gravame si evincono le ragioni poste dal ricorrente a fondamento della sua doglianza, consistenti, sostanzialmente, nel difetto di motivazione del provvedimento.
In casi come questi, l’art. 40 comma 1 let. D) c.p.a. (che prevede che il ricorso giurisdizionale amministrativo debba contenere “i motivi specifici su cui si fonda il ricorso”) e il successivo comma 2 (“i motivi proposti in violazione del comma 1, lettera d), sono inammissibili”) non possono ritenersi violati, posto che l’interpretazione data alle disposizioni in questione mira a salvare sempre il ricorso laddove sia possibile enucleare con certezza le doglianze mosse al provvedimento.
Ben diverso è la situazione del ricorso introduttivo del giudizio che, ad esempio, riporti il contenuto del provvedimento gravato, riferisca alcuni elementi fattuali e riporti poi il testo integrale di una sentenza del T.a.r. Lombardia, senza che siano individuabili specifici motivi di doglianza nei confronti del provvedimento gravato.
In casi come questi, la mancanza integrale di articolazione di censure di diritto rende il ricorso inammissibile (cfr. T.A.R. Toscana, sez. II, 11 dicembre 2018, n.1590).
5.2. Quanto alla seconda eccezione di inammissibilità, essa attiene chiaramente al merito, posto che le prospettazioni di parte in ordine alle proprie pretese riguardanti l’aggravamento e/o il diniego di indennizzo costituiscono il thema decidendum e formano l’oggetto, peraltro unico, della decisione.
6. Venendo quindi al merito della questione, è necessario evidenziare che nella richiesta del 19 settembre 2014 (doc. 5 all. ricorso), il Pellino ha chiesto sia il riconoscimento di una nuova infermità da imputarsi a causa di servizio (-OMISSIS-), sia l’aggravamento delle precedenti infermità riconosciute, in questo caso ai fini della revisione dell’indennizzo.
6.1. Della decisione sulla prima non vi è, apparentemente, traccia nel provvedimento impugnato, che fa formalmente riferimento solo al diniego diaggravamento delle patologie muscolo-scheletriche.
In realtà, la patologia è stata considerata dalle Commissioni mediche che hanno avuto in carico il caso, come risulta dalla relazione del dott. EdM del 9 ottobre 2014 (doc. 6 ricorso), dirigente sanitario del Comando provinciale dei VV.FF di Benevento, il quale ha espresso “parere favorevole per l’invio alla CMO di Bari per il riconoscimento dell’aggravamento come causa di servizio delle infermità al punto 1, 2 e 3” (le patologie muscolari e scheletriche) eparere “non favorevole per la richiesta dell’infermità “-OMISSIS-” in quanto tale patologia non è più correlata solo all’ambiente di lavoro ma a vari fattori eziologici”.
In esecuzione dell’attività istruttoria di competenza, il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Benevento ha inviato la documentazione relativa all’istanza alla competente Commissione Medica Ospedaliera di Bari per l’acquisizione del parere previsto dall’art.11 del D.P.R. 29.10.2001, n. 461 in ordine all’accertamento delle patologie, loro ascrivibilità a categoria di equo indennizzo ed eventuale aggravamento.
Pertanto, con verbale mod. BL/B n. 1072 del 04.06.2015 (doc. 7, cit), emesso ai sensi dell’art. 6 del D.P.R. 461/2001, la CMO di Bari ha ritenuto -OMISSIS-” ascrivibile alla Tab. A, 8^ categoria, per cumulo con le altre le infermità e ha inviato la relativa documentazione al Comitato di Verifica per le Cause di Servizioai fini dell’acquisizione del parere previsto dall’art. 11, comma 1, del citato D.P.R., in merito alla dipendenza da causa di servizio.
Il Comitato di verifica, con provvedimento n. 19684/2015 del 29 ottobre 2015 (all. 10 produzione Ministero), ha ritenuto -OMISSIS- non dipendente da causadi servizio in quanto trattasi di ”cardiopatia conseguente ad ipertensione arteriosa sistemica, caratterizzata da ipertrofia delle pareti del ventricolo sinistro e da disfunzione sistolica e diastolica dello stesso. Su tale patologia nessuna influenza causale o concausale efficiente e determinante può essere attribuita al servizioprestato durante il quale, peraltro, il soggetto non risulta essere stato sottoposto a stress psico-fisici tali da ingenerare notevoli tensioni emotive e conseguente insorgenza di stati ipertensivi”.
Con ulteriore D.M. n. 3548 del 23 novembre 2015 (all. 12 prod. Ministero) la Direzione Centrale —conformandosi al parere motivato del Comitato — ha respinto l’istanza di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio per -OMISSIS-.
6.1.1. Orbene, il ricorrente avrebbe dovuto impugnare tempestivamente il provvedimento, dal quale non emergeva una motivazione specifica sul riconoscimento della patologia in questione o al più avrebbe dovuto impugnarlo unitamente alla delibera definitiva del 10 dicembre 2015.
Non avendolo fatto, deve ritenersi che le doglianze prospettate nel ricorso non colgano nel segno e che a carico dell’Amministrazione non vi sia alcuna mancanza motivazionale suscettibile di determinare l’annullamento del provvedimento.
6.1.2. Peraltro, i deliberati antecedenti sono tutti perfettamente motivati e l’esito del giudizio non avrebbe potuto fare altro che ricalcarne i contenuti, che, a parere del Collegio, sono del tutto coerenti con la situazione di fatto posto che il ricorrente non ha comunque prospettato situazioni lavorative così particolari da aver generato una patologia frequente in gran parte della popolazione non necessariamente in servizio come Vigile del Fuoco.
Infatti le infermità o le lesioni si considerano dipendenti da fatti di servizio solo quando questi derivano dall’adempimento degli obblighi di istituto, ne sono stati causa ovvero concausa efficiente e determinante.
6.1.3. Nel caso concreto, il Comitato di Verifica delle cause di servizio, con la citata delibera n. 19684/2015 del 29 ottobre 2015 (doc. 10 Ministero), ha invece escluso la sussistenza di elementi tali da rivestire un ruolo di concausa efficiente e determinante con l’infermità sofferta dal ricorrente sulla base dell’esame ditutta la documentazione, tenuto conto degli elementi prodotti a corredo della domanda, e “dopo aver esaminato e valutato, senza tralasciarne alcuno, tutti gli elementi connessi con lo svolgimento del servizio da parte del dipendente e tutti i precedenti di servizio risultanti dagli atti”.
In particolare, il Comitato ha congruamente motivato il giudizio di non dipendenza in quanto dall’esame degli elementi prodotti non sono emersi presupposti atti a giustificare un collegamento tra servizio ed infermità. L’esame oggettivo del servizio prestato dal ricorrente, risultante dalla documentazione trasmessa dall’Amministrazione al Comitato (domanda dell’interessato, certificazione sanitaria, verbale C.M.O., relazione di servizio del Comando, foglio matricolare) ha infatti evidenziato lo svolgimento delle normali ed ordinarie attività d’istituto.
Pertanto, correttamente non è stato ravvisato alcun nesso di dipendenza di tipo concausale fra l’infermità ed il servizio prestato dal ricorrente, in quanto tale servizio si è svolto nell’ambito delle mansioni proprie della qualifica funzionale da lui rivestita.
Ne discende che, in adesione alla giurisprudenza costante (ex plurimis, Cons. St., sez. III, 16 luglio 2018, n. 4314) non può essere riconosciuta l’esistenza di una causa di servizio dell’infermità accusata laddove il nesso causale o concausale fra le modalità di svolgimento dell’attività lavorativa e l’insorgere della malattia non sia obiettivamente riscontrabile sulla base elementi individuati in modo specifico, dovendosi ritenere causa o concausa efficiente la circostanza senza della quale la patologia denunciata non si sarebbe verificata.
6.2. Sotto altro aspetto, va rilevato che l’iter procedimentale seguito è ineccepibile, posto che il D.P.R. n. 461/2001 prevede in via esclusiva il parere del citato C.V.C.S sulle domande relative al riconoscimento di causa di servizio- art. 11 D.P.R. 461/2001, in quanto organo altamente qualificato, per composizione, per le valutazioni di natura medico-legale.
Pertanto, nell’attuale quadro normativo, il presupposto della dipendenza da causa di servizio viene accertato esclusivamente dal Comitato, mentre l’ulteriore presupposto per la concessione dell’equo indennizzo, costituito dalla c.d. “ascrivibilità a categoria”, viene accertato dalle competenti Commissioni Medico-Ospedaliere (art. 6 citato D.P.R.).
Ai sensi dell’art.14, comma 1 del D.P.R. 461/2001, l’Amministrazione si pronuncia sul riconoscimento di infermità o lesione dipendente da causa di serviziosu conforme parere del Comitato, ed infatti nel decreto n. 3548 del 23 novembre 2015, è stato richiamato integralmente il contenuto del parere del Comitato citandosi anche i precedenti atti istruttori acquisiti nel corso del procedimento, ovvero il verbale della C.M.O. di Bari.
L’iter logico seguito per giungere alla statuizione conclusiva si desume perciò agevolmente dal testo del parere, recante le valutazioni tecniche formulate dal predetto Comitato, come peraltro stabilito dalla costante giurisprudenza amministrativa per cui “ ai sensi del combinato disposto degli artt. 11 e 14, d.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461 il parere del Comitato di verifica per le cause di servizio si impone, nel suo contenuto tecnico – discrezionale, alla Pubblica amministrazione la quale, nell’adottare il provvedimento finale, deve limitarsi ad eseguire soltanto una verifica estrinseca della completezza e regolarità del precedente iter valutativo e non deve attivare una nuova ed autonoma valutazione che investa il merito tecnico; in sostanza la Pubblica amministrazione deve conformarsi al suddetto parere, al quale può senz’altro rinviare per relationem e, solo ove ritenga di non poterlo fare, per ragioni non di tipo tecnico, può chiedere un ulteriore parere, mentre nessuna particolare motivazione deve, invece, assicurare il provvedimento, laddove essa aderisca a tale parere.” (T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 7 dicembre 2017, n. 1928).
Peraltro, in tali casi l’Amministrazione può svolgere solo una verifica estrinseca in ordine al parere ricevuto dal C.V.C.S., vagliando la completezza e la regolarità del precedente iter valutativo. In effetti, essendo il C.V.C.S. l’organo tecnico deputato ad accertare la sussistenza del nesso eziologico tra patologia e attività lavorativa, con una competenza esclusiva sul punto, all’Amministrazione rimane preclusa la sindacabilità nel merito, quindi la valutazione del contenuto tecnico del parere. Nessun onere è posto a carico dell’Amministrazione, per la motivazione del provvedimento finale, ove essa immediatamente aderisca al parere del Comitato.
Del resto, il complesso procedimento di cui si discute implica per l’Amministrazione la spendita di un potere vincolato; essa è chiamata ad accertare la sussistenza di tutti i presupposti indicati dalla legge, tra cui il positivo parere del Comitato di Verifica; così, esclusa ogni ponderazione tra contrapposti interessi, certamente legittima è una motivazione per relationem dell’atto finale, che semplicemente faccia rinvio al giudizio tecnico del Comitato (così T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 24 ottobre 2017, n.4970).
6.1. Nel caso in esame, il parere del Comitato appare esente da vizi logici e risulta frutto di una adeguata istruttoria, in quanto risulta espressamente che l’organo ha “esaminato e valutato”, senza tralasciarne alcuno, tutti gli elementi connessi con lo svolgimento del servizio da parte del dipendente e tutti i precedenti di servizio risultanti dagli atti.
7. Quanto alla censura sul giudizio di mancato aggravamento, essa va parimenti respinta,
La documentazione sopra citata (verbale mod. BL/B n. 1072 del 04 giugno 2015 doc. 7 ricorso) emessa dalla Commissione Medica Ospedaliera di Bari, ha ritenuto le infermità in questione non suscettibili di valutazione di aggravamento.
Il D.M. n. 3547 del 23 novembre 2015 (doc. 11 prod. Ministero) si è conformato alla valutazione della Commissione e il provvedimento impugnato non ha fatto che prendere atto dell’esito del giudizio di mancato aggravamento.
Anche in tal caso l’iter procedimentale seguito è ineccepibile, posto che il D.P.R. 46172001 prevede la competenza della Commissione Medico-Ospedaliera ad esprimere parere sulla “ascrivibilità a categoria” della singola infermità.
Non si rileva, pertanto, alcun difetto di istruttoria, ne’ si riscontra, nei provvedimenti impugnati, il lamentato vizio di carenza di motivazione.
7.1. Si rileva, infine, che il parere medico-legale del sanitario, allegato al ricorso, è successivo sia al verbale della CMO mod. BL/B n. 1072 del 04.06.2015 che al parere del Comitato n. 19684/2015 del 29.10.2015.
Esso, pertanto, non può inficiare la legittimità del diniego impugnato, fondato sul recepimento di valutazioni medico-legali rese da un organo tecnico-consultivo, quale il Comitato di Verifica, nell’esercizio della propria discrezionalità tecnica.
Per giurisprudenza consolidata i giudizi medico-legali resi dai competenti organi tecnici non possono essere contraddetti da eventuali certificazioni mediche diparte (cfr. Tar Friuli Venezia Giulia 10 dicembre 2013 n. 645; T.A.R. Palermo, Sez. II, 12 ottobre 2009 n. 1616) e non possono ritenersi inficiati da difetto dimotivazione i pareri medico-legali che, nel denegare il riconoscimento dell’infermità del dipendente da causa di servizio, contengano un attento esame della tipologia della prestazione lavorativa resa dal dipendente ed una qualificazione clinica della patologia sofferta.
In detta sentenza si rileva, inoltre, che “il rapporto causa—effetto tra attività lavorativa del dipendente ed infermità dallo stesso sofferta deve essere individuato con un grado di consistente certezza sul piano medico-legale e tecnico-amministrativo (cfr. Cons. di Stato, Sez. IV, 15/05/2008, n. 2239)”.
Analogamente a quanto si è affermato riguardo all’attività del Comitato di verifica per le cause di servizio, occorre ribadire che anche le valutazioni ed il conseguente giudizio espresso dalla C.M.O. sono sindacabili in sede giurisdizionale soltanto per manifesta illogicità o mancata considerazione di circostanze difatto tali da incidere sulla valutazione conclusiva, nonché per palese difetto di istruttoria e di motivazione, non potendosi invece tale sindacato estendere al merito delle valutazioni medico-legali dell’amministrazione: pertanto se le valutazioni della Commissione sono supportate da un adeguato corredo istruttorio emotivazionale, dal quale non emergono macroscopici vizi procedurali o logici, allora il giudizio della Commissione appare coerente con i risultati dell’istruttoria esperita e non può essere sindacato nella misura in cui esprime un apprezzamento fondato sull’impiego di regole tecnico-scientifiche a risultato opinabile, al quale peraltro il ricorrente si limita a contrapporre la propria altrettanto opinabile valutazione tecnica.
Infine, va ricordato che il sindacato che il giudice della legittimità è autorizzato a compiere sulle determinazioni assunte dagli organi tecnici, deve limitarsi ai soli casi di travisamento dei fatti e di macroscopica illogicità nonché alla verifica della regolarità del procedimento.
Nel caso di specie, quindi, non si ravvisano ragioni di sorta per annullare la decisione dell’Amministrazione.
8. In conclusione il ricorso va respinto, con compensazione delle spese processuali sia in ragione della natura della controversia, sia in considerazione del fatto che l’Avvocatura dello Stato non ha espletato rilevante attività processuale, essendo stata la difesa dell’Amministrazione affidata, in modo più che esaustivo edettagliato, alla relazione redatta dal proprio Dirigente interno.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate con contributo unificato a carico della parte che l’abbia anticipato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art.22, comma 8 D.lg.s. 196/2003, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
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