Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione II staccata di Brescia sentenza n. 1024 depositata il 11 agosto 2017
N. 01024/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00459/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 459 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
I.V. S.p.a. Unipersonale, GV S.p.A., in persona dei legali rappresentanti p.t., rappresentate e difese dagli avvocati Enzo Robaldo, Pietro Ferraris e Francesco Caliandro e domiciliate in Brescia, ex art. 25 cpa, presso la Segreteria del T.A.R., via Carlo Zima, 3;
contro
A. S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Fabio Cintioli, Giuseppe Lo Pinto e Romano Rotelli, con domicilio eletto in Brescia, presso lo studio Donatella Mento, via Cipro, n. 30;
nei confronti di
I. S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Giovan Candido Di Gioia, Maurizio Saladino e Federico Tedeschini, domiciliata in Brescia, ex art. 25 cpa, presso la Segreteria del T.A.R., via Carlo Zima, 3;
per l’annullamento
per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
– del provvedimento, sconosciuto quanto a data e numero, con cui il “servizio di Vigilanza e Portierato/Reception presso i siti del Gruppo A.” è stato aggiudicato al RTI capeggiato dall’impresa I. S.r.l.;
– della comunicazione di A., datata 5 aprile 2017, relativa all’intervenuta aggiudicazione del servizio all’impresa I. S.r.l.;
– della lettera del 29 dicembre 2016 (RdO Servizi 2016GG7037), con cui A. S.p.A. ha invitato le ricorrenti a presentare offerta con riferimento alla procedura selettiva per l’affidamento del “servizio di Vigilanza e Portierato/Reception presso i siti del Gruppo A.”;
– di tutti i documenti allegati alla lettera d’invito, con particolare riferimento al capitolato, ai suoi allegati e a tutti gli atti e documenti costituenti la lex specialis di gara, anche se non noti, con particolare riferimento alla delibera/determina a contrarre;
– ove occorrer possa, delle risposte fornite da A. alle richieste di chiarimento, con particolare riferimento alla risposta n. 3;
– nonché di ogni altro atto, conseguente, presupposto od attuativo, ancorché non conosciuto quanto a data e contenuto, ivi compreso il contratto eventualmente stipulato con altro operatore economico;
NONCHÉ PER LA DECLARATORIA
ai sensi e per gli effetti degli articoli 121 e 122 del cod. proc. amm., dell’inefficacia del contratto d’appalto eventualmente stipulato tra la resistente e la controinteressata;
NONCHÉ PER LA CONDANNA
ai sensi e per gli effetti degli articoli 30, 121, 122 e 124 del cod. proc. amm., al risarcimento del danno ingiusto patito dalle ricorrenti in conseguenza dell’illegittimità degli atti e dei provvedimenti impugnati, attraverso la reintegrazione in forma specifica ed il subentro nel contratto d’appalto (formulando le ricorrenti un’esplicita richiesta in tal senso), e, in subordine, per equivalente, con riserva di determinare l’ammontare del danno nel corso del giudizio;
per quanto riguarda i motivi aggiunti:
– del contratto d’appalto stipulato da A. S.p.A. e I. S.r.l. in data 7 aprile 2017.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle società A. S.p.A. e I. S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 31 maggio 2017 la dott.ssa Mara Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La procedura selettiva il cui esito è stato censurato con il ricorso in esame, riguarda l’affidamento del “servizio di Vigilanza e Portierato/Reception presso i siti del Gruppo A.”, da aggiudicarsi secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. La lex specialis non specificava l’importo presuntivo dell’appalto, comunque stimabile in circa 5 milioni di euro per ciascuno dei tre anni di durata.
Al di là di tale particolare, però, secondo quanto sostenuto da I.V. la lettera di invito e il disciplinare della procedura non avrebbero avuto un contenuto tale da garantire il rispetto dei principi di evidenza pubblica di cui al d. lgs. 50/2016. E, in effetti, è la stessa A. ad affermare, in sede di chiarimenti, di non ritenersi assoggettata al rispetto delle disposizioni nazionali e comunitarie sull’evidenza pubblica, in quanto il servizio oggetto dell’affidamento non potrebbe essere qualificato come strumentale alle attività svolte dal gruppo.
La sussistenza di tale presupposto è contestata da I.V. e dalle altre mandanti del raggruppamento di cui tale Istituto è parte, in quanto il servizio oggetto di affidamento riguarderebbe la vigilanza e il portierato da svolgersi a tutela di “siti” del gruppo A., che in netta maggioranza sarebbero impianti per la produzione o l’immissione in rete di energia elettrica e gas e, perciò, esso dovrebbe essere ritenuto correlato alla gestione dei servizi pubblici di cui il gruppo è concessionario.
Le ricorrenti lamentano, dunque, che la gara si sarebbe svolta nell’assoluta segretezza (compresa l’apertura delle offerte tecniche e economiche) e ciò non le avrebbe messe in condizione di partecipare in modo compiuto alla procedura e nemmeno di conoscere i nominativi degli altri partecipanti (tant’è che dell’avvenuta aggiudicazione le stesse avrebbero avuto cognizione solo perché, trattandosi del gestore uscente, è stato loro chiesto di garantire il subentro del nuovo fornitore).
Il ricorso tende, dunque, in primo luogo, a dimostrare la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo: a tal fine le ricorrenti hanno richiamato la pronuncia del T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. II, sentenza 1 marzo 2016, n. 314, passata in giudicato, nella sola parte in cui essa ha riconosciuto, in capo ad A., la qualifica di “impresa pubblica” (ora delineata dall’art. 3, comma 3, lett. t) del D. Lgs. n. 50/2016) e quindi la sua “indubbia qualità di ente aggiudicatore attivo nei settori speciali”, ed in particolare in “quello del gas, energia termica ed elettricità”.
Con tale pronuncia è stata, peraltro, negata la sussistenza, per A. dell’obbligo di applicare l’evidenza pubblica con riferimento all’” affidamento di un servizio sostitutivo di mensa, complementare a qualsiasi tipo di attività” (in conformità alla sentenza n. 16/2011 dell’Adunanza Plenaria).
Nel caso di specie, però, le ricorrenti sottolineano come si tratterebbe di un servizio senz’altro “strumentale” o comunque “riferibile” ai settori speciali, per usare la terminologia della Adunanza Plenaria, in quanto il servizio di portierato sarebbe strumentale a garantire, in via maggioritaria, la sicurezza di siti preposti alla produzione e distribuzione di energia. Il servizio di vigilanza di una rete energetica è stato, infatti, espressamente indicato dall’Adunanza plenaria, nella sentenza n. 16/2011, come strumentale (in tal senso anche T.A.R. Lazio, Sez. II, sentenza 3 marzo 2016, n. 2805, che estende la strumentalità dagli impianti anche agli uffici).
Nel ricorso si dissente, dunque, dalle conclusioni di cui alla sentenza di questo Tribunale 314/2016, laddove ha negato che A. potesse essere qualificata come un organismo di diritto pubblico, in quanto operante sul mercato in condizioni di concorrenza con altre imprese del settore, atteso che la parziale apertura alla concorrenza del mercato all’interno del quale opera A. non costituirebbe elemento dirimente al fine di escludere la sussistenza del predetto requisito (cfr. Cons. Stato 108/2017, secondo cui, alla luce della più recente evoluzione della giurisprudenza della Corte di Giustizia “l’esistenza di un <<mercato in concorrenza>> rappresenta una condizione necessaria, ma non sufficiente al fine di escludere la sussistenza del requisito teleologico”). Parte ricorrente sostiene, al contrario, che, per essere sottratta alla definizione di organismo pubblico, la società avrebbe dovuto dimostrare di operare sul mercato con logica esclusivamente imprenditoriale e in maniera totalmente indipendente e svincolata dagli interessi pubblici di cui sono portatori i Comuni di Milano e Brescia. Dimostrazione impossibile nel caso di specie, perché il soddisfacimento di esigenze di interesse generale che non possono essere assicurate attraverso le ordinarie logiche di mercato costituirebbe un presupposto fondamentale per l’istituzione della società e per il mantenimento delle quote societarie da parte di enti pubblici ai sensi degli articoli 2 e 4 del D. Lgs. n. 175/2016.
Riguardo il Tribunale compentente, lo stesso è stato originariamente individuato considerando il territorio in cui si svolgerebbe, in massima parte, il servizio e, dunque, nel T.A.R. Lombardia, sede di Milano.
Avverso il provvedimento è stata, quindi, dedotta la violazione di legge (articolo 89 del R.D. 23 maggio 1924, n. 827, articolo 97 della Costituzione, articoli 4, 9, 29, 30, 58, 114, 133 del D. Lgs. n. 50/2016, articoli 117, 120, 266, 283 del D.P.R. n. 207/2010; articoli 1, 3, 7, 10 della L. 7 agosto 1990, n. 241), nonché la violazione dei principi costituzionali di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione, di trasparenza, non discriminazione e pubblicità delle gare pubbliche. Secondo la tesi di parte ricorrente, il principio di trasparenza in materia di contratti pubblici avrebbe portata fondamentale, come si evincerebbe dall’art. 4 del D.Lgs. n. 50/2016 e dalle altre disposizioni citate in rubrica e, dunque, altrettanto generale sarebbe il principio che garantisce, a priori, la pubblicità delle sedute di apertura delle buste contenenti le offerte, anche laddove, come nel caso di specie, la gara non sia avvenuta nella forma dell’asta elettronica, ma semplicemente con modalità informatiche.
Parte ricorrente ha, quindi, formulato, in via istruttoria, l’istanza di acquisizione di tutti gli atti di gara, dai quali possano evincersi i nomi dei partecipanti, le ragioni per le quali sono stati attribuiti determinati punteggi tecnici ed economici (o comunque per le quali si è ritenuto di aggiudicare la gara al R.T.I. Italpol), oltre a tutta la documentazione amministrativa e all’offerta presentata da quest’ultimo concorrente.
Dopo il rigetto dell’istanza cautelare (con ordinanza TAR Milano, n. 587/2017 del 5 maggio 2017 e, dunque successiva all’intervenuta sottoscrizione del contratto in data 7 aprile 2017, il Presidente del T.A.R. Milano ha risolto la questione della competenza a favore del T.A.R. Brescia.
Solo quattro giorni dopo la riassunzione del giudizio davanti al TAR Brescia, parte ricorrente ha depositato il ricorso per motivi aggiunti avverso la stipulazione del contratto, nel quale sono stati dedotti i seguenti vizi:
1. Violazione di legge (articolo 33 del D.Lgs. n. 50/2016) – Violazione dell’articolo 2-bis della Direttiva 1989/665/CEE e degli articoli 1 e 2 della Direttiva 2007/66/CE – Violazione dei principi costituzionali di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione – Violazione dei principi generali e comunitari di trasparenza e pubblicità delle pubbliche gare. Non sarebbe stato rispettato il periodo di stand still imposto dall’art. 33, comma 9 del d. lgs. 50/2016, perché la stipulazione è intervenuta solo due giorni dopo la comunicazione dell’avvenuta aggiudicazione. Il contratto sarebbe, dunque, inefficace;
2. Invalidità derivata dalle stesse considerazioni di cui al ricorso introduttivo. A tal fine, parte ricorrente ha evidenziato come le tesi da essa sostenute, sia con riferimento alla sussistenza delle giurisdizione del giudice amministrativo, sia con riferimento alla pretesa dell’applicazione della normativa sull’evidenza pubblica, non sarebbero smentite alla luce delle difese di A. esplicate nel corso del giudizio avanti al TAR Milano. In particolare, non sarebbe vero che essa sarebbe esentata dall’evidenza pubblica per effetto della decisione della Commissione europea 2012/539/UE del 26 settembre 2012. Essa escludeva l’applicazione del 163/2006 alla produzione e vendita all’ingrosso di energia elettrica prodotta da fonti convenzionali nelle macro zone del Nord e del Sud Italia, mentre la riconosceva per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Nel frattempo, però, la sopravvenuta direttiva 25/2014 avrebbe determinato il superamento di tale decisione, in quanto essa faceva riferimento alla necessità di un intervento del legislatore per fare salve le precedenti decisioni: intervento che non vi è stato e, al contrario, la direttiva prevede propria la sua applicazione anche alla produzione e vendita all’ingrosso e al dettaglio di energia elettrica.
In ogni caso, A., sarebbe anche produttore e distributore agli utenti finali e, dunque, non potrebbe rientrare nell’esenzione dall’applicazione della normativa propria dei soli produttori di energia o lo potrebbe solo parzialmente: non potrebbe esserlo per gli impianti siciliani e per gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, nonché per gli impianti per la produzione di gas e di distribuzione dell’acqua e il trattamento dei rifiuti. Non sarebbe vero che gli impianti di produzione di energia da fonti convenzionabili sarebbe la parte prevalente degli impianti da sorvegliare (al contrario, la parte di servizio da dedicare ai siti industriali/operativi “strumentali” ai settori speciali sarebbe senz’altro prevalente) e, in ogni caso, la direttiva prescriverebbe la sua applicazione in tutti i casi in cui anche solo una parte dell’appalto rientri nella sfera di applicazione della stessa.
Sarebbe, infine, determinante la qualificazione di A. come organismo di diritto pubblico.
Si è costituita in giudizio A., opponendosi alla concessione delle misure cautelari monocratiche richieste a seguito del trasferimento al TAR Brescia per competenza.
Secondo parte resistente, inoltre, la proposizione di una nuova istanza cautelare rappresenterebbe l’elusione del giudicato cautelare formatosi sul diniego da parte del T.A.R. Milano, non impugnato in appello.
Si è costituita in giudizio anche I. s.r.l., affermando di stare procedendo all’assunzione di tutto il personale di IVRI e GV addetto al servizio di vigilanza aggiudicato al RTI I.: ragione in più per escludere una nuova e sopravvenuta esigenza di tutela cautelare, inammissibile per violazione del principio del ne bis in idem.
Lo stesso ricorso, peraltro, sarebbe inammissibile, secondo Italpol, in quanto esso non è stato presentato dalla mandataria del raggruppamento, Allsystem s.p.a., ma solo dalle mandanti. In ogni caso sarebbe del tutto inammissibile la domanda di subentro nel contratto, proprio in quanto proposta solo dalle mandanti.
Nel merito, il ricorso sarebbe infondato, non potendosi qualificare A. come un organismo di diritto pubblico e non essendo oggetto di affidamento alcun servizio strumentale alla speciale attività svolta da A. come concessionario pubblico. L’attività di vigilanza e di portierato, infatti, sarebbe, di per sé neutra, riguardando in via principale le sedi e, cioè, gli uffici della S.p.a. A..
Inoltre, con riferimento al secondo motivo di censura, date le modalità telematiche di svolgimento della gara, non vi sarebbero state esigenze di tutela dell’integrità dei plichi da garantire mediante l’apertura in seduta pubblica.
Nella stessa memoria, depositata il 23 maggio 2017, Italpol ha anche dedotto l’infondatezza del ricorso per motivi aggiunti, sia in ragione del fatto che esso ripropone le già ricordate doglianze, le quali sarebbero da rigettare per quanto più sopra esposto, sia in quanto la violazione dello stand still, unico vizio proprio del contratto, non avrebbe determinato alcuna illegittimità, dal momento che il suo rispetto non si imporrebbe nel caso di specie, non trattandosi di una procedura a evidenza pubblica.
Parte ricorrente ha replicato alle suddette eccezioni, ma alla camera di consiglio del 31 maggio 2017, ha rinunciato alla trattazione dell’istanza cautelare, a fronte della ravvicinata fissazione dell’udienza di merito, in vista della quale, essa ha depositato un prospetto quantificante il “margine annuo della commessa A. in 461.938,39 euro e i costi sostenuti per partecipare alla gara in 18.492,59 euro (le cui voci principali sono i costi per i sopralluoghi e quelli per le numerose ore di incontro, studio e predisposizione del progetto di gestione del servizio).
A. ha ribadito che il raggruppamento ricorrente avrebbe prestato acquiescenza, avendo partecipato senza riserva a un procedimento che è stato espressamente indicato come non soggetto all’evidenza pubblica. In ogni caso, il ricorso sarebbe tardivo, perché la violazione del d. lgs. 50/2016 avrebbe dovuto essere dedotta entro il termine di trenta giorni dalla comunicazione dell’invito a partecipare alla gara e parte ricorrente non avrebbe comunque dimostrato che, se la selezione fosse stata espletata secondo le modalità del d. lgs. 50/2016, l’esito avrebbe potuto essere diverso e, in particolare, ad essa favorevole.
Anche Italpol ha confermato le difese già dispiegate.
IVRI ha replicato, sottolineando come il proprio ricorso sia da ritenersi tempestivo e ammissibile, anche in considerazione del fatto che rispetto a delle censure di carattere strumentale non può essere invocata la c.d. “prova di resistenza”.
Nel merito, i servizi di portierato, al pari di quelli di vigilanza, sarebbero anch’essi strumentali ai settori speciali, in quanto anch’essi attinenti alla tutela di impianti e strutture funzionali alla produzione, all’immissione in rete e alla distribuzione di energia elettrica e gas (cfr. Cons. Stato, sentenza n. 3896/2016).
Anche Italpol ha replicato, ribadendo le proprie eccezioni in rito e l’asserita infondatezza del ricorso, attesi che quelli in questioni sarebbero servizi non strumentali all’attività svolta da A. nel settore speciale della produzione di energia elettrica, da parte di una società quotata in borsa e, quindi, che non soggiace alle regole che disciplinano le altre società pubbliche. Ne deriverebbe, in primo luogo, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
A., infine, ha precisato come il servizio di portierato e reception (così come quello di vigilanza) previsto dal capitolato speciale siano preordinati alla sola custodia dei beni mobili e immobili delle società appartenenti al Gruppo A. e non invece ad assicurare la funzionalità degli impianti.
Ciò sarebbe dimostrato dal fatto che A. svolge in proprio, mediante sue strutture interne, il servizio di telesorveglianza e, più in generale, l’attività di vigilanza riguardante la funzionalità degli impianti, applicando sistemi di telecontrollo di esercizio degli impianti attraverso strumenti telematici (specialmente telecamere e sensoristica diversificata), mediante i quali monitora costantemente i siti che, anche in applicazione di atti normativi e regolamentari, debbano essere vigilati.
Inoltre, la società avrebbe diffusamente contestato (e nel dettaglio) l’erronea ricostruzione dell’oggetto dell’appalto operata da parte ricorrente (e secondo la stessa incontestata) con la tabella prodotta sub documento 12 di parte ricorrente (cfr. memorie di A. del 20.06.2017, pagg. 15 – 17 e del 29.05.2017, pag. 7 – 8).
Vi sarebbe, dunque, una sicura prevalenza dell’attività a servizio delle sedi amministrative e uffici delle società del Gruppo A. e degli impianti di produzione di energia elettrica rispetto alle attività relative agli impianti di distribuzione.
E tale concetto di prevalenza dovrebbe portare a escludere l’applicazione dell’evidenza pubblica.
Alla pubblica udienza del 6 luglio 2017, la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Devono essere preliminarmente esaminate le eccezioni in rito introdotte da A., al fine di accertare, in primo luogo, la sussistenza della giurisdizione di questo giudice.
Il ricorso tende, infatti, alla rinnovazione integrale della gara, sostenendo che essa si sarebbe svolta in modo illegittimo, non essendo state applicate le regole proprie dell’evidenza pubblica e, in particolare, i principi fondamentali del d. lgs. 50/2016, in specie in termini di garanzia della pubblicità delle operazioni di selezione. Solo se si dovesse ritenere fondata tale tesi, si potrebbe ravvisare, dunque, la giurisdizione del giudice amministrativo e, conseguentemente, il potere dello stesso di accertare l’illegittima disapplicazione dei principi dell’evidenza pubblica lamentata da parte ricorrente.
Tale indagine implica, pertanto, l’esame della questione principale proposta con il ricorso introduttivo.
A tale proposito il Collegio ritiene di dover escludere, in primo luogo, che A. possa essere qualificato come “organismo di diritto pubblico”, ancorché non per mero effetto del diaframma che si ritiene essere rappresentato dalla natura di società quotata in borsa.
Come già affermato da questo Tribunale nella sentenza n. 314/2016, perché sussista la giurisdizione del G.A. sulla procedura in esame, parte intimata dovrebbe essere un organismo di diritto pubblico, o un’impresa pubblica non volta al mercato, ovvero ancora un soggetto attivo nei settori speciali, in quest’ultimo caso alle condizioni ulteriori previste. Nessuna di queste tre ipotesi sussiste nemmeno nella fattispecie in esame.
Indubbiamente A. rappresenta un’impresa pubblica (il capitale è, infatti, pubblico) rivolta al mercato: gli accertamenti del caso debbono, quindi, avere a oggetto le ulteriori due categorie di soggetti.
Per quanto riguarda la prima, l’art. 3 del d. lgs. 50/2016 definisce come «organismi di diritto pubblico», qualsiasi organismo, anche in forma societaria, avente le caratteristiche di cui all’elenco non tassativo contenuto nell’allegato IV e cioè:
1) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale;
2) dotato di personalità giuridica;
3) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico.
La parte intimata non è, dunque, qualificabile come organismo di diritto pubblico, perché non costituita al fine di soddisfare esigenze aventi carattere non industriale o commerciale.
Come chiarito dalla giurisprudenza, esigenze siffatte sono quelle che si soddisfano senza correre il rischio di impresa e in modo diverso dall’offerta di un bene o servizio sul mercato, quindi facendo salva l’influenza dominante del soggetto pubblico.
Condizione che non può essere ravvisata laddove, come nel caso di specie, il soggetto appaltatore sia una società quotata in borsa, la quale offre il proprio prodotto ai consumatori in concorrenza con altre imprese del suo settore.
Infine, la parte intimata potrebbe essere soggetta alla pubblica evidenza in base alla sua indubbia qualità di ente aggiudicatore attivo nei settori speciali (terza ipotesi legislativa), ma a tale fine risulta determinante la natura del servizio per cui è causa.
In base al principio affermato dal Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, sentenza n. 16/2011, tale qualità sussiste solo in relazione ad appalti strettamente strumentali all’attività propria del concessionario di pubblico servizio.
Strumentalità che nel caso di specie non si ravvisa.
L’art. 114, infatti, assoggetta all’applicazione del Codice tutti i soggetti che, pur non essendo amministrazioni aggiudicatrici o imprese pubbliche, annoverano tra le loro attività una o più attività tra quelle previste dagli articoli da 115 a 121 ed operano in virtù di diritti speciali o esclusivi (gas, elettricità, acqua, trasporti e servizi postali).
La valutazione di sussistenza della giurisdizione di questo Tribunale impone, dunque, preliminarmente, l’accertamento dell’effettiva natura del servizio oggetto di affidamento, al fine di stabilire se essa debba essere qualificato come strumentale all’esercizio dell’attività preordinata a garantire la fornitura di servizi nei settori esclusi.
Ciò è quanto parte ricorrente sostiene, laddove deduce che l’affidamento dell’appalto in questione avrebbe dovuto essere, in linea di principio, comunque assoggettata all’evidenza pubblica, in quanto riconducibile nell’ambito della categoria di quei servizi che possono essere considerati strumentali all’attività di concessionario dei servizi nei settori speciali esercitata da A., secondo quanto affermato nel precedente di cui alla sentenza Consiglio di Stato, n. 3896/2016.
A tal fine, però, dovrebbe essere dimostrato che il servizio oggetto del contratto, per le sue peculiari caratteristiche e finalità, abbia, almeno prevalentemente, attinenza con lo svolgimento di attività nei settori esclusi (requisito oggettivo essenziale per l’applicazione della particolare disciplina pubblicistica). La produzione di parte ricorrente finalizzata a dimostrare la prevalenza della parte di servizi da dedicare ai siti industriali/operativi “strumentali” ai settori speciali, però, risulta efficacemente contrastata dalla difesa di A., che ha messo in evidenza come le specifiche tecniche per il servizio di vigilanza e portierato di cui al punto 42 del capitolato dimostrino che la principale attività cui l’appalto è destinato è la vigilanza di veri e propri uffici amministrativi e solo secondariamente degli impianti di produzione elettrica.
Chiarito tale dato oggettivo, come evidenziato nella difesa di A., la tesi di parte ricorrente si fonda esclusivamente sulle due previsioni del capitolato speciale dove si prevede che i servizi di portierato e vigilanza hanno ad oggetto, tra l’altro, il “controllo delle merci in entrata e in uscita” (pag. 15) e, con riferimento alla centrale termoelettrica di Brindisi, si prescrive che particolare attenzione dev’essere prestata durante le “operazioni di sbarco e trasporto del carbone dalla banchina”.
Ciononostante, solo una minima parte dei servizi richiesti ha attinenza con la gestione degli impianti, mentre l’assoluta prevalenza di essi riguarda i servizi di portierato e reception (controllo degli accessi e la regolazione del flusso di persone e di merci) da svolgere a favore delle sedi istituzionali e uffici amministrativi e servizi di vigilanza (e cioè custodia della proprietà immobiliare) sia presso le sedi istituzionali e amministrative, che a favore degli impianti di produzione di energia elettrica e, in misura assai residuale, a beneficio di altri impianti.
Si tratta, dunque, di servizi di custodia e controllo del patrimonio aziendale, ovvero complementari e trasversali a qualsiasi tipo di attività e non anche funzionali al regolare funzionamento e all’operatività degli impianti, garantito da un sistema di controllo interno, mediante telesorveglianza e non solo, gestito da personale interno.
Ciò risulta confermato anche dal fatto che il servizio deve essere svolto in favore di tutte le società del gruppo e, dunque, risponde a “scopi diversi dal perseguimento delle attività di cui agli articoli da 115 a 121”, nel senso previsto dall’art. 14 d.lgs. 50 del 2016 (cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, n. 314 del 2016).
Inoltre, la produzione di energia elettrica non rientra più nei settori speciali (data la piena apertura alla concorrenza), con la conseguenza che la disciplina ad essi relativa non può trovare applicazione per il solo fatto che il capitolato prevede la prestazione del servizio anche a favore di centrali termoelettriche o impianti idroelettrici. L’art. 8 del d.lgs. n. 50 del 2016, infatti, stabilisce che gli appalti destinati a permettere lo svolgimento di un’attività di cui agli articoli da 115 a 121 non sono soggetti al Codice contratti, se l’attività è direttamente esposta alla concorrenza su mercati liberamente accessibili. E l’allegato VI del Codice prevede espressamente che sono mercati liberamente accessibili – e quindi sottratti all’applicazione del Codice – tra gli altri, il settore della produzione di elettricità per il quale sia stata attuata la direttiva 2009/72/CE.
Sempre al fine di escludere il carattere di strumentalità con le attività dei settori speciali dei servizi richiesti, risulta, altresì, rilevante anche il fatto che le ore di servizio (di vigilanza) relative agli “altri impianti” (diversi da quelli di produzione di energia elettrica) sono appena 31.703, ovverosia un numero di molto inferiore alle somma delle ore complessive dovute (i.e. 129.563) e di quelle da dedicare alla vigilanza degli uffici amministrativi (i.e. 82.942) e degli impianti di produzione di energia elettrica (i.e. 46.621), che sono, come già detto, attività esercitate in regime di libera concorrenza.
Appare convincente, dunque, la tesi sostenuta da A., secondo cui, contrariamente a quanto asserito da parte ricorrente, il giudizio di prevalenza deve essere condotto con riferimento al monte ore impiegato per lo svolgimento del servizio e non anche al numero degli impianti.
Ne deriva che i servizi richiesti non possono essere qualificati come aventi natura strumentale all’attività svolta dalla società nei settori esclusi, in quanto la vigilanza propriamente destinata a garantire la sicurezza in tali settori è gestita da personale interno, mentre quella oggetto dell’appalto e il servizio di portierato si connotano per caratteristiche del tutto prive di specialità tecnica che, dunque, li rendono trasversali a qualsiasi tipo di attività esercitata dalla committente.
Non può, quindi, trovare applicazione il principio della prevalenza, che finirebbe per attrarre nell’ambito di applicazione dell’evidenza pubblica anche portierato e vigilanza delle sede amministrative, in quanto i servizi affidati con gli atti impugnati attengono in misura preponderante al portierato e alla vigilanza delle sedi amministrative e/o di impianti strumentali alla produzione di servizi in ambiti non più rientranti nei settori esclusi (produzione di energia elettrica), corrispondenti a 99 siti su 106 elencati (43 uffici amministrativi, 36 centrali elettriche e 10 impianti idroelettrici tutti esenti per le ragioni suddette e 10 tra termovalorizzatori e impianti di recupero rifiuti, ritenuti anch’essi esenti rispetto alle regole dell’evidenza pubblica).
Peraltro, il criterio di “prevalenza” di cui all’art. 28, co. 12, lett. c), del Codice, non opererebbe comunque, perché, nel caso di specie, non si fa questione della compresenza all’interno del contratto unitario di (parti di) prestazioni di lavori, servizi o forniture, essendo incontestato che oggetto dell’appalto è esclusivamente la prestazione di servizi di portierato e vigilanza: servizi che, si ribadisce ancora una volta, non hanno natura strumentale rispetto alla limitata attività propria dei settori esclusi esercitata nei siti in cui verrà svolto il servizio di portierato e guardiania.
Potrebbe, invece, in linea di principio, trovare applicazione l’art. 10 del d. lgs. 50/2016, secondo cui “A un appalto destinato all’esercizio di più attività nei settori speciali si applicano le disposizioni relative alla principale attività cui è destinato”, ma le stesse ricorrenti hanno confermato che l’attività prevalente si svolgerebbe presso impianti di produzione elettrica e, dunque, esenti, per quanto già più sopra detto, dall’applicazione del codice dei contratti.
Il ricorso introduttivo deve, dunque, essere ritenuto infondato, nella parte in cui tende a dimostrare l’illegittima sottrazione dell’affidamento dei servizi in questione alle regole dell’evidenza pubblica, con la conseguenza che questo Tribunale non può che negare la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo.
Le spese del giudizio seguono l’ordinaria regola della soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione.
Condanna il raggruppamento ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida, a favore di ciascuna delle controparti, nella somma di euro 5.000,00, per un totale di euro 10.000,00 (diecimila/00), oltre ad accessori di legge, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 31 maggio 2017 con l’intervento dei magistrati:
Alessandra Farina, Presidente
Mara Bertagnolli, Consigliere, Estensore
Silvana Bini, Consigliere
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Mara Bertagnolli | Alessandra Farina | |
IL SEGRETARIO
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