Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione IV sentenza n. 500 depositata il 21 febbraio 2018
N. 00500/2018 REG.PROV.COLL.
N. 02614/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2614 del 2017, proposto da:
E. S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Luca Tufarelli e Mario Di Carlo, con domicilio eletto presso lo studio Luca Tufarelli in Milano, via Monte Napoleone, 20;
contro
Ats Citta’ Metropolitana di Milano, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Marino Bottini e Simona Falconieri, con domicilio eletto presso il loro studio in Milano, corso Italia, 19;
Azienda Socio Sanitaria Territoriale Asst Rhodense non costituitasi in giudizio;
nei confronti di
M. S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Stefano Soncini, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, viale Elvezia, 12;
per l’annullamento
degli atti relativi alla procedura aperta finalizzata all’affidamento del servizio di assistenza e di manutenzione delle apparecchiature per ventiloterapia di proprietà della ATS della Città Metropolitana di Milano e della ASST Rhodense, lotti 1, 8, 10, 13, 14 e 37, ed in particolare:
– della deliberazione n. 1326 del 9.10.2017, comunicata ad EBM in pari data, nella parte in cui ha aggiudicato i lotti 1, 8, 10, 13, 14 e 37 alla M. S.r.l. anziché alla EBM;
– del provvedimento di presa d’atto dell’esito della gara dell’ASST Rhodense, di estremi e contenuto non noto;
– dei verbali di gara e relativi allegati ed, in particolare, del verbale n. 110 del 2.08.2017, n. 120 del 25.08.2017 e n. 131 del 4.10.2017;
– del Bando, disciplinare, capitolato speciale d’appalto, chiarimenti nelle more intervenuti e della lex specialis tutta;
– dei contratti ove nelle more intervenuti;
– di qualsiasi altro atto e/o documento presupposto, connesso e conseguente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ats Citta’ Metropolitana di Milano e di M. S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 febbraio 2018 la dott.ssa Elena Quadri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
L’Ats Citta’ Metropolitana di Milano ha indetto una gara a procedura aperta espletata in unione d’acquisto con l’Asst Rhodense per l’affidamento con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa del servizio di assistenza e di manutenzione di apparecchiature per ventiloterapia di proprietà delle due aziende interessate.
Per i lotti 1, 8, 10, 13, 14 e 37 della procedura in questione, che riguardano l’assistenza e la manutenzione di apparecchiature prodotte da Breas e Apex, partecipavano E. S.p.a. e M. S.r.l., e le offerte tecniche delle due concorrenti ottenevano, rispettivamente, 70 e 38,34 punti.
Anche l’offerta economica dell’odierna ricorrente era più bassa per tutti i lotti suindicati (mentre quella di Medicair non contemplava alcun ribasso rispetto alla base d’asta), lotti che venivano, quindi, alla stessa aggiudicati.
Successivamente la stazione appaltante procedeva ad effettuare la valutazione di anomalia dell’offerta di E., che risultava congrua.
Nel frattempo, in seguito alla segnalazione di Medicair sulla sussistenza di una condizione di esclusività commerciale sulle apparecchiature Breas ed Apex, il RUP comunicava di avere interpellato in merito le società in questione, che avevano confermato l’esistenza di rapporti esclusivi con detto operatore (cfr. il verbale n. 131 del 4 ottobre 2017) e proponeva l’aggiudicazione dei lotti 1, 8, 10, 13, 14 e 37 a Medicair, proposta che veniva confermata con il provvedimento di aggiudicazione definitiva del 9 ottobre 2017, per un importo del valore complessivo di euro 316.170,00, corrispondente alla base d’asta.
Con il ricorso all’esame del collegio la società istante ha impugnato i provvedimenti indicati in epigrafe, con i quali la stazione appaltante ha aggiudicato in via diretta alla M. S.r.l. i lotti 1, 8, 10, 13, 14 e 37 della procedura in questione.
A sostegno del proprio gravame l’istante ha dedotto i seguenti motivi di diritto:
Violazione della lex specialis di gara e degli artt. 4, 32, 63, 83, 94 e 95 del d.lgs. n. 50/2016; eccesso di potere per difetto di istruttoria, sviamento dalla causa tipica, travisamento dei fatti, difetto di motivazione, violazione del legittimo affidamento, atteso che, dopo avere indetto una procedura di gara che prevedeva l’aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la stazione appaltante, invece di aggiudicarla al soggetto risultato primo in graduatoria, si sarebbe determinata ad aggiudicarla al soggetto che vanta un’esclusiva commerciale, violando la lex specialis di gara;
Violazione della normativa in materia di dispositivi medici, in part. degli artt. 3 del d.lgs.n. 46/97, 3 del d.lgs. n. 332/2000 e 2 della Direttiva 90/385/CEE; eccesso di potere per illegittima restrizione della concorrenza;
Violazione dell’art. 63 del d.lgs. n. 50/2016, dell’art. 32 della Dir. 2014/24/UE, degli artt. 1743 e 2596 c.c.; eccesso di potere per difetto dei presupposti, difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, difetto di motivazione, contraddittorietà, violazione dei principi di economicità, efficienza e buona amministrazione, atteso che la stazione appaltante, nell’ambito di una procedura aperta, avrebbe poi proceduto illegittimamente ad un affidamento diretto senza che ne sussistessero i presupposti.
Con memoria notificata alle controparti e depositata in giudizio il 23 dicembre 2017, da valere anche come ricorso per motivi aggiunti, la società istante ha specificato le proprie censure.
Si sono costituite in giudizio l’Ats Citta’ Metropolitana di Milano e M. S.r.l., che hanno eccepito il difetto di giurisdizione in ordine alle censure afferenti gli assunti illeciti antitrust, ai sensi dell’art. 33, comma 2, della legge n. 287/1990, chiedendo, comunque, il rigetto del ricorso per infondatezza nel merito.
Successivamente le parti costituite hanno depositato memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.
All’udienza pubblica dell’8 febbraio 2017 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il collegio ritiene, in via preliminare, di disattendere l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalle controparti in relazione alle censure afferenti gli assunti illeciti antitrust.
Tali doglianze concernono, infatti, chiaramente, profili afferenti la violazione della disciplina dei contratti pubblici, della regolamentazione dei dispositivi medici e dei servizi professionali del mercato interno, che appartengono al sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo.
Nel merito, il ricorso è fondato.
Ed invero, l’art. 63 del d.lgs. n. 50/2016, che disciplina l’uso della procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, così recita: “1. Nei casi e nelle circostanze indicati nei seguenti commi, le amministrazioni aggiudicatrici possono aggiudicare appalti pubblici mediante una procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, dando conto con adeguata motivazione, nel primo atto della procedura, della sussistenza dei relativi presupposti.
2. Nel caso di appalti pubblici di lavori, forniture e servizi, la procedura negoziata senza previa pubblicazione può essere utilizzata:
…
b) quando i lavori, le forniture o i servizi possono essere forniti unicamente da un determinato operatore economico per una delle seguenti ragioni:
…
3) la tutela di diritti esclusivi, inclusi i diritti di proprietà intellettuale.
Le eccezioni di cui ai punti 2) e 3) si applicano solo quando non esistono altri operatori economici o soluzioni alternative ragionevoli e l’assenza di concorrenza non è il risultato di una limitazione artificiale dei parametri dell’appalto;
…
Le circostanze invocate a giustificazione del ricorso alla procedura di cui al presente articolo non devono essere in alcun caso imputabili alle amministrazioni aggiudicatrici”.
In relazione all’interpretazione della norma in questione e dell’art. 57 del precedente codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 163/2006), con particolare riferimento alla ricorrenza dei presupposti, la costante giurisprudenza amministrativa così si è espressa:
“Osserva il Collegio che lo stesso art. 57 del codice vigente al momento dell’affidamento, disponeva alla lettera b) che l’affidamento diretto fosse legittimo qualora, per ragioni di natura tecnica o artistica ovvero attinenti alla tutela di diritti esclusivi, il contratto potesse essere affidato unicamente ad un operatore economico determinato (norma che peraltro ha trovato la sua riproduzione anche nella vigente disciplina).
Come precisato dall’ANAC, nelle Linee guida per il ricorso a procedure negoziate senza previa pubblicazione di un bando, nel caso di forniture e servizi ritenuti infungibili, a proposito dell’attuale art. 63, ma richiamando anche tutta la giurisprudenza formatasi in passato, per i casi in cui una fornitura e un servizio siano effettivamente infungibili, il legislatore, comunitario e nazionale, ha previsto deroghe alla regola della selezione attraverso una selezione pubblica, considerato che l’esito di un’eventuale gara risulterebbe scontato, esistendo un unico operatore economico in grado di aggiudicarsela e, conseguentemente, l’indizione di una procedura ad evidenza pubblica determinerebbe uno spreco di tempo e di risorse.
Naturalmente, trattandosi di una deroga alla regola della gara pubblica, occorre che l’infungibilità sia debitamente accertata e motivata nella delibera o determina a contrarre dell’amministrazione, nel pieno rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza, ovvero dei principi di concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità.
Come affermato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia europea (cfr. Sentenza della C. Giust. UE 8 aprile 2008, causa C-337/05), confermata del resto dalla giurisprudenza della Sezione (sez. III, 8 gennaio 2013, n. 26) la procedura negoziata senza pubblicazione del bando di gara riveste carattere di eccezionalità rispetto all’obbligo delle amministrazioni aggiudicatrici di individuare il loro contraente attraverso il confronto concorrenziale, per cui la scelta di tale modalità richiede un particolare rigore nell’individuazione dei presupposti giustificativi, da interpretarsi restrittivamente, ed è onere dell’amministrazione committente dimostrarne l’effettiva esistenza.
Del resto, va anche precisato che l’esclusiva si riferisce a un prodotto o a un processo, l’esistenza di un diritto esclusivo non implica necessariamente che il bisogno del contraente non possa essere soddisfatto in modo adeguato anche ricorrendo ad altri prodotti o processi.
Nei casi di infungibilità dei prodotti e dei servizi, il Codice prevede la possibilità di derogare ai principi dell’evidenza pubblica” (Cons. Stato, sez. III, 18 gennaio 2018, n. 310; cfr., sul punto, anche Cons. di Stato, sez. V, 3 febbraio 2016, n. 413; 30 aprile 2014, n. 2255; Tar Friuli-Venezia Giulia, sez. I, 17 giugno 2015, n. 290; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 29 gennaio 2015, n. 393).
“E’ illegittimo il bando di gara il quale finisce per prevedere una sorta di privativa in favore di un singolo operatore, in contrasto con il principio comunitario di liberalizzazione delle attività economiche. Infatti l’attribuzione di diritti esclusivi è consentita solo allorquando i medesimi scopi non siano affatto realizzabili attraverso l’azione dei mercati sia pure regolati, il che accade: o perché si tratta di promuovere finalità che non possono essere conseguite, con accettabili standard di benessere sociale, ove le decisioni allocative siano determinate dai prezzi; ovvero quando la spontaneità stessa del mercato agisca come fattore anticoncorrenziale; ovvero ancora quando l’attività non è per nulla appetibile per le imprese private. Pertanto in mancanza di giustificazioni sostanziali, la possibilità per l’amministrazione intimata di istituire un effetto di “privativa”, implicito nella volontà di sostituire un regime di concorrenza “nel” mercato con uno di concorrenza “per” il mercato, o comunque di “restrizione” all’esercizio dell’attività d’impresa per cui è causa, risulta lesivo dei principi comunitari di liberalizzazione delle attività economiche (Tar Lombardia, sez. I, 30 dicembre 2013, n. 3000).
Dopo aver descritto il panorama giurisprudenziale sui limiti di applicazione dell’art. 63, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016, pare opportuno richiamare il contenuto delle linee guida n. 8 per il ricorso a procedure negoziate senza previa pubblicazione di un bando nel caso di forniture e servizi ritenuti infungibili, approvate dal Consiglio dell’ANAC nell’adunanza del 13 settembre 2017 con deliberazione n. 950 e depositate presso la segreteria del Consiglio il 10 ottobre 2017.
In proposito, l’ANAC ha affermato che: “Da un punto di vista giuridico ed economico, i concetti di infungibilità ed esclusività non sono sinonimi. L’esclusiva attiene all’esistenza di privative industriali, mentre un bene o servizio è infungibile se è l’unico che può garantire il soddisfacimento di un certo bisogno.
L’infungibilità può essere dovuta all’esistenza di privative industriali ovvero essere la conseguenza di scelte razionali del cliente o dei comportamenti del fornitore; l’effetto finale è comunque un restringimento della concorrenza, con condizioni di acquisto meno favorevoli per l’utente.
Non esiste una soluzione unica per prevenire e/o superare fenomeni di infungibilità, ma è necessario procedere caso per caso al fine di trovare soluzioni in grado di favorire la trasparenza, la non discriminazione e l’effettiva concorrenza nel mercato.
… Esistono numerose situazioni che possono portare una stazione appaltante a ritenere infungibile un certo bene o servizio; in alcuni casi ciò deriva da caratteristiche intrinseche del prodotto stesso, in altri può essere dovuto a valutazioni di opportunità e convenienza nel modificare il fornitore. Nei casi di infungibilità dei prodotti e/o dei servizi richiesti il Codice prevede la possibilità di derogare alla regola dell’evidenza pubblica (art. 63), ma, in tal caso, in attuazione dei principi di proporzionalità ed adeguatezza, occorre che il sacrificio del processo concorrenziale sia giustificato e compensato dai guadagni di efficienza o, più in generale, dai benefici che ne derivano in termini di qualità ed economicità dei servizi o dei beni fomiti. Ne consegue, allora, che ciascuna stazione appaltante accerta i presupposti per ricorrere legittimamente alla deroga in esame, valutando il caso concreto alla luce delle caratteristiche dei mercati potenzialmente interessati e delle dinamiche che li caratterizzano, e motiva sul punto nella delibera o determina a contrarre o altro atto equivalente, nel pieno rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza, ovvero dei principi di concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità. Il primo passo, fondamentale, consiste nell’accertare in modo rigoroso l’infungibilità del bene. …
In altri termini, la stazione appaltante non può accontentarsi al riguardo delle dichiarazioni presentate dal fornitore, ma deve verificare l’impossibilità a ricorrere a fornitori o soluzioni alternative attraverso consultazioni di mercato, rivolte anche ad analizzare i mercati comunitari e/o, se del caso, extraeuropei (Ad esempio una stazione appaltante deve valutare se ricorrono i presupposti per l’utilizzo della procedura di cui all’art. 63 d.lgs. 50/2016 nel caso in cui la stessa abbia già acquistato un’apparecchiatura – per la quale il produttore dichiara formalmente di essere l’unico ad effettuare l’assistenza tecnica – ma vi siano altri operatori economici che dimostrano di possedere i requisiti tecnici necessari per effettuare la medesima assistenza ovvero nel caso in cui possa utilizzare materiali di consumo “compatibili”, se il produttore di questi ultimi certifica che sono utilizzabili sull’apparecchiatura in questione, ma il produttore dell’apparecchiatura dichiara nel manuale d’uso che la stessa deve essere utilizzata solo con materiali “originali”. In tali ipotesi, infatti, sarebbe astrattamente possibile per l’amministrazione rivolgersi a più operatori economici, ma stante le dichiarazioni del produttore, non è detto che la stessa otterrebbe il medesimo grado di qualità delle prestazioni; tuttavia l’eventuale minor qualità potrebbe essere compensata da un costo più basso). Neppure un presunto più alto livello qualitativo del servizio ovvero la sua rispondenza a parametri di maggior efficienza può considerarsi sufficiente a giustificare l’infungibilità. Si tratta, infatti, di elementi che, da soli, non possono condurre al ricorso alla procedura negoziata senza bando precludendo, in tal modo, ad altri potenziali concorrenti di presentare offerte qualitativamente equipollenti se non superiori al presunto unico fornitore in grado di soddisfare certi standard”.
Da tutto quanto sopra richiamato può, dunque, ricavarsi il principio per il quale, costituendo l’affidamento diretto una modalità di attribuzione di commesse pubbliche che deroga al principio generale della libera concorrenza, l’Amministrazione è legittimata a farne uso esclusivamente nei casi in cui sussistano specifiche ragioni che le impediscano di reperire l’opera, la fornitura o il servizio sul libero mercato, o a condizioni sproporzionate.
Tali specifiche ragioni devono essere, quindi, individuate ed esplicitate nella determinazione di affidamento diretto, che dovrà essere, sul punto, idoneamente motivata, con particolare riferimento all’istruttoria e alle indagini di mercato espletate.
Nella fattispecie all’esame del collegio tale dettagliata motivazione non si rinviene, essendosi il direttore generale limitato ad affermare genericamente di avere riscontrato l’esistenza della posizione di esclusività commerciale di Medicair dalle dichiarazioni della stessa, nonché di Apex e Breas (cfr. il provvedimento di aggiudicazione del 9 ottobre 2017, versato in atti).
Anzi, la circostanza in base alla quale alla gara avevano partecipato due operatori, e migliore offerta era stata peraltro valutata quella presentata da chi, tra i due, non aveva i diritti di esclusiva, avrebbe dovuto indurre la stazione appaltante a condurre un supplemento di istruttoria per verificare la ricorrenza effettiva dei presupposti per l’affidamento diretto, ovvero non solo dell’esistenza dei diritti esclusivi, che vincolano solo le parti del relativo contratto, ma anche delle condizioni di infungibilità, ovvero l’assenza di altri operatori o di soluzioni alternative ragionevoli sul mercato in grado di operare l’assistenza e la manutenzione dei prodotti Apex e Breas.
Come affermato nelle linee guida dell’ANAC esaminate in precedenza, invero: “poiché l’esclusiva si riferisce a un prodotto o a un processo, l’esistenza di un diritto esclusivo non implica che il bisogno del contraente non possa essere soddisfatto in modo adeguato anche ricorrendo ad altri prodotti o processi. Peraltro, anche in presenza di un diritto esclusivo potrebbero esistere distributori indipendenti o operatori economici che accedono al bene, che possono offrire, in concorrenza tra loro, un determinato prodotto o servizio”.
Pare, in proposito, al collegio illuminante la giurisprudenza della Corte di giustizia in tema di “principio dell’esaurimento comunitario” del diritto di esclusiva e di “importazioni parallele”, elaborati al fine di effettuare un corretto bilanciamento tra i diritti di esclusiva dei titolari di privative industriali e i diritti di libera circolazione delle merci e dei servizi, nonché dei consumatori ad approvvigionarsi in un mercato regolato dal principio della libera concorrenza.
Più specificamente, il principio di esaurimento comunitario previsto in ambito nazionale dall’art. 5 del d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 e in ambito europeo dagli artt. 13 del Reg. 207/2009/CE e 21 del Reg. 6/2002/CE, rappresenta quella regola generale che vige in tema di diritti di proprietà industriale secondo cui, una volta che un bene viene messo in commercio nel territorio comunitario o nello spazio unico europeo da parte del titolare, o con il suo consenso, egli perde le relative facoltà di privativa con riferimento allo specifico bene immesso in commercio.
Il principio è stato elaborato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea per favorire le cosiddette “importazioni parallele”, ossia le importazioni di beni all’interno di uno spazio territoriale senza o perfino contro il consenso del titolare della privativa, nel caso in cui la differenza di prezzo applicato per differenti mercati permette l’acquisto in uno spazio e la rivendita in un altro spazio con il percepimento di un margine di profitto.
Anche in tema di dispositivi medici la giurisprudenza della Corte di giustizia si è espressa, più volte, positivamente con riferimento all’ammissibilità delle importazioni parallele (cfr., ad esempio,
Corte di giustizia, 13 ottobre 2016, causa C-277/15; 24 novembre 2016, causa C-662/15).
La stazione appaltante non ha dunque raccolto e comunque indicato nel procedimento de quo, elementi sufficienti per affermare che il diritto di esclusiva, vigente nella fattispecie in questione, possa , dunque, non costituire un ostacolo all’approvvigionamento dei servizi o della fornitura dei pezzi di ricambio da soggetti diversi da Medicair.
Riguardo, invece, al profilo concernente la tutela della salute, giustamente posto in luce dall’Amministrazione in ragione dell’essenzialità delle apparecchiature di ventiloterapia e dei pezzi di ricambio originali, il collegio ritiene che tale tutela venga in ogni caso nella fattispecie adeguatamente assicurata in ragione delle specifiche e dettagliate modalità di effettuazione del servizio, nonché della obbligatoria e rigorosa compatibilità dei pezzi di ricambio e di consumo contemplate dalla lex specialis di gara: e se E. non potesse concretamente dimostrare di essere in grado di svolgerla, non potrebbe conseguire l’aggiudicazione, ma per una ragione evidentemente del tutto diversa da quella stabilita dalla stazione appaltante.
Da tutto quanto sopra osservato emerge, dunque, come si sia verificato, nella fattispecie all’esame del collegio, un palese difetto di istruttoria, anche con riferimento alle necessarie valutazioni in ordine all’economicità dell’affidamento del servizio, atteso che l’offerta di Medicair aveva ottenuto un punteggio più basso sia riguardo al profilo tecnico che a quello economico.
Alla luce delle suesposte considerazioni, assorbendosi le ulteriori censure dedotte, il ricorso va accolto e, per l’effetto, va disposto l’annullamento dell’aggiudicazione della gara alla società controinteressata, con il conseguente obbligo dell’Amministrazione di proseguire la procedura di specie conformandosi ai succitati principi.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, dispone l’annullamento dell’aggiudicazione della gara alla società controinteressata.
Condanna l’Ats Citta’ Metropolitana di Milano e M. S.r.l., in solido ed in parti uguali, alla rifusione delle spese di giudizio nei confronti della società ricorrente, che si liquidano in una somma complessiva pari ad euro 7.000,00, oltre ad oneri di legge e alla rifusione del contributo unificato dalla stessa versato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 8 febbraio 2018 con l’intervento dei magistrati:
Angelo Gabbricci, Presidente
Elena Quadri, Consigliere, Estensore
Roberto Lombardi, Primo Referendario
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Elena Quadri | Angelo Gabbricci | |
IL SEGRETARIO
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