TRIBUNALE BOLOGNA – Ordinanza 30 settembre 2013
Lavoro – Stranieri – Accesso all’assegno sociale – Negazione – Mancanza del requisito della titolarità del permesso di soggiorno – Discriminazione – Accertamento
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
Con ricorso proposto ai sensi dell’art. 28 del D.lgs. n. 150/2011 depositato in cancelleria in data 20.6.2013, cittadina marocchina, adiva il Tribunale di Bologna, in funzione di giudice del lavoro, per ottenere, in contraddittorio, con l’INPS, l’accertamento, della discriminazione, quale cittadina straniera extracomunitaria, attuata in suo danno, essendole stata negata in data 6.2.2012, l’erogazione dell’assegno sociale di cui all’art. 3, comma 6 della legge n. 335/95, per difetto del requisito della titolarità del permesso di soggiorno.
La ricorrente esponeva, inoltre, che si era trasferita in Italia, ove soggiornava dal settembre 2000, per ricongiungersi al figlio, morto tragicamente per incidente stradale nel 2010; che dopo il decesso del figlio si era trasferita presso una nipote; che in data 17.10.2010, era stata dichiarata invalida civile ultrasessantacinquenne grave al 100% dalla Commissione medica istituzionale, di Bologna, con certificazione di status di portatore di handicap in situazione di gravità.
Si costituiva in giudizio l’INPS chiedendo nel merito la declaratoria d’insussistenza, nel caso di specie, dei presupposti previsti dalla legge per la concessione delle prestazioni richieste e pertanto il rigetto delle domande attoree.
Il giudice adito, con sentenza, emessa all’udienza odierna ai sensi dell’art. 429 cpc testo novellato decideva, la causa come da dispositivo di cui era data pubblica lettura.
Ciò premésso, il ricorso, è fondato per le ragioni che seguono.
La Corte Costituzionale, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 80 comma 19 della legge n. 388/2000, in relazione a quanto previsto, dall’art. 9 comma 1 del Dlgs. n. 286/1998 e successive modificazioni, con riferimento, alla pensione d’inabilità, civile (sentenza n. 11 del 23.1.2009), dando, seguito alla pronuncia n. 306 del 30.7.2008, in tema d’indennità di accompagnamento, ha escluso che detti, benefici, possano essere attribuiti agli stranieri extracomunitari se essi non risultano in possesso dei requisiti reddituali previsti dalla carta, di soggiorno, statuizione ribadita dalla stessa Corte nella sentenza n. 40/2013, ancora con riferimento all’indennità di accompagnamento. La stessa argomentazione, deve ritenersi valida ai fini della erogazione dell’assegno sociale.
La legge 2 agosto 1999, n. 302 “ratifica ed esecuzione dell’accordo euro mediterraneo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e il Regno del Marocco, dall’altra, con sette allegati, cinque protocolli e atto finale, fatto a Bruxelles il 26 febbraio 1996”, all’art. 65 stabilisce che: “…i lavoratori di cittadinanza marocchina ed i loro familiari conviventi godono in materia di previdenza sociale di un regime caratterizzato dall’assenza di qualsiasi, discriminazione basata sulla cittadinanza rispetto ai cittadini degli Stati membri, nei quali essi sono, occupati.
L’espressione “previdenza sociale” copre gli aspetti della previdenza, sociale attinenti alle prestazioni in caso di malattia e di maternità, di invalidità, di vecchiaia, di reversibilità, le prestazioni per infortuni, sul lavoro e per malattie professionali, le indennità in caso di decesso, i sussidi di disoccupazione e prestazioni familiari…”
La Corte di Cassazione ha affermato la piena parità di trattamento tra i lavoratori del Marocco ed i loro familiari in materia di sicurezza sociale, basata sulla cittadinanza rispetto ai cittadini degli stati membri nei quali sono occupati (Cass. Sez. lav. n. 17966 del 18.5.2011)
Ciò detto, non vi è dubbio che l’assegno sociale (già pensione sociale) rientri nel novero delle prestazioni di “sicurezza sociale” coperte dall’Accordo euro mediterraneo citato.
Inoltre la nozione di “familiari” ricomprende non soltanto il coniuge ed i discendenti del lavoratore migrante, ma anche le persone che abbiano uno stretto legame di parentela con quest’ultimo quali i discendenti ed i suoi affini -stretti (Corte di Giustizia sentenza 11.11.1999 causa C-179/98, Meshbah, punto 46).
Risulta non contestato che la ricorrente si è trasferita in Italia per ricongiungersi al figlio e ha continuato a risiedere in Italia anche dopo la morte di quest’ultimo, dove convive con la nipote, cittadina marocchina, che vive e lavora in Italia.
L’art. 3 comma 6 della legge n. 335/95 prevede che “Con effetto dal 1 gennaio 1996, in luogo della pensione sociale e delle relative maggiorazioni, ai cittadini italiani, residenti in Italia, che abbiano compiuto 65 anni, e si trovino nelle condizioni reddituali di cui al presente comma è corrisposto un assegno di base non reversibile fino ad un ammontare annuo netto da imposta pari, per il 1996, a lire 6.240.000, denominato “assegno sociale”.
Risulta, non contestato e documentato che la ricorrente, in data 17.10.2011, era stata, dichiarata invalida civile ultrasessantacinquenne grave al 100% dalla Commissione medica Istituzionale di Bologna, con certificazione di status di portatore di handicap in situazione di gravità e che possiede i requisiti reddituali di cui all’art. 3 citato.
Ne deriva che, la ricorrente, cui è stato negato dall’INPS il diritto a percepire l’assegno sociale non possedendo la “carta di soggiorno” è stata, ingiustamente discriminata in ragione della cittadinanza extracomunitaria: la stessa ha, pertanto diritto a percepire dalla domanda amministrativa, l’assegno sociale ex art. 3 comma 6 della legge n. 335/95 .
Le spese del processo, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:
1. Accerta il comportamento, discriminatorio sotteso ai provvedimenti dell’INPS nell’aver negato alla ricorrente l’assegno sociale ex art. 3, comma 6, della legge n. 335/95; per l’effetto, condanna l’INPS ad erogare a (…) l’assegno sociale dalla data- di presentazione, della domanda amministrativa, oltre agli interessi legali;
2. Condanna l’INPS alla rifusione delle spese del processo che liquida in €.1000,00 oltre IVA e CPA.
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