Tribunale di Bari sentenza n. 2771 del 14 giugno 2019
Lavoro – Rapporto di lavoro autonomo – Previdenza ed assistenza – Iscrizione alla gestione separata Inps – Requisiti
FATTO
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ricorso depositato in data 20.2.2019, l’opponente in epigrafe indicato chiedeva al Tribunale di Bari, in funzione di giudice del lavoro, previa sospensione del ruolo opposto, di dichiarare l’illegittimità della richiesta di pagamento di contributi dovuti all’Inps e di cui all’avviso di addebito indicato in ricorso; il tutto con vittoria di spese. L’Inps, costituendosi in giudizio, invocava il rigetto della domanda. All’odierna udienza, rientrata questo Giudice in servizio dopo aver fruito del periodo di interdizione obbligatoria dal lavoro per maternità ai sensi degli art. 16 co. 1 lett. a) e c), d.lgs. 151/2001, nonché di un periodo di congedo parentale ai sensi dell’art. 32, d.lgs. n. 151/2001, successivamente alla definizione dell’abnorme numero di controversie ricevute in carico dal Giudicante sin dall’immissione in servizio aventi iscrizione a ruolo di gran lunga più risalente rispetto alla presente (nell’ordine di svariate migliaia) tra cui quelle provenienti alle ex preture circondariali risalenti ai primi anni ’90 nonché tutte quelle iscritte presso la Sezione Lavoro di codesto Tribunale a partire dall’anno 2000 assegnate a questo Giudice, la causa veniva decisa.
Va premesso che il ricorrente in epigrafe indicato, avvocato iscritto all’Ordine Forense di Bari, ha impugnato l’avviso di addebito indicato in ricorso, relativo alla contribuzione anno 2011, ed ha contestato specificamente la legittimità del provvedimento di iscrizione alla Gestione Separata Inps per i liberi professionisti ex art. 2, comma 26, della L. 335/95, comunicatogli dall’Inps con nota del giorno 4/08/2017 ricevuta in data 15/09/2017, nonché della richiesta di pagamento della contribuzione riferibile all’anno 2011, ribadita nell’avviso di addebito i9mpugnato n. 314 2018 00087592 000 chiedendone l’annullamento per insussistenza dei presupposti impositivi. Costituitosi in giudizio, l’Inps ha ribadito la legittimità dell’iscrizione presso la Gestione Separata e la conseguente legittimità della propria pretesa creditoria, insistendo dunque per il rigetto del ricorso.
Va preliminarmente dato atto che la questione controversa fra le parti ha dato vita a un rilevante contenzioso diffuso su tutto il territorio nazionale, che è stato risolto in modo non univoco dalla giurisprudenza di merito; la Suprema Corte si è infine pronunciata con la sentenza della Sezione Lavoro n. 32167 depositata il 12.12.2018, che ha ritenuto fondate le pretese dell’Inps sulla scorta di argomentazioni qui condivise e integralmente richiamate.
“2. La questione principale, oggetto del motivo proposto, concernente l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata presso I’INPS degli avvocati non iscritti obbligatoriamente alla Cassa di previdenza forense alla quale hanno versato esclusivamente un contributo integrativo in quanto iscritti agli albi, cui non segue la costituzione di alcuna posizione previdenziale a loro beneficio, è già stata decisa, sebbene riferita alla categoria professionale degli ingegneri ed architetti, da questa Corte di cassazione con le sentenze nn. 30344 del 2017, n. 30345 del 2017, n. 1172 del 2018, n. 2282 del 2018, n.1643 del 2018, con le quali si è affermata la sussistenza dell’obbligo in discorso.
4. Ciò premesso va rilevata l’insussistenza di ragioni valide per rimettere il ricorso al Primo Presidente, ai sensi dell’art. 374, secondo comma, cod. proc. civ., al fine della sua trattazione da parte delle Sezioni Unite di questa Corte, posto che non si è in presenza di questioni di diritto già decise in senso difforme dalle sezioni semplici; inoltre, ad avviso di questa Corte la questione, seppure complessa, non mostra reali margini di controvertibilità per cui non è integrata l’ipotesi della questione di massima di particolare importanza che presuppone che la questione giuridica – suscettibile di riproporsi in un numero considerevole di casi – presenti aspetti tali da risultare controvertibile e, non essendo stata esaminata in precedenza da parte della Corte di cassazione, possa determinare per ciò solo la opportunità di investirne subito le Sezioni Unite.
5. Questa Corte di cassazione ritiene di dover dare seguito ai propri specifici precedenti in ragione, oltre che di quanto nei medesimi affermato, anche di considerazioni più ampie sollecitate dalla estensione della questione oggetto del presente ricorso a diverse categorie di professionisti (avvocati, praticanti avvocati, commercialisti) che, al pari degli ingegneri e degli architetti, svolgono attività per cui è necessaria l’iscrizione ad albo o ad elenco e per i quali esiste una cassa che gestisce l’assicurazione obbligatoria di categoria alla quale chi esercita l’attività professionale, pur senza esservi iscritto per varie ragioni, versa obbligatoriamente un contributo integrativo.
6. Le tesi reciprocamente contrapposte poggiano sull’affermazione o sulla negazione della permeabilità del sistema professionale di categoria rispetto alla regola fissata dall’art. 2, comma 26, l. n. 335 del 1995, laddove risulti che il reddito prodotto attraverso l’esercizio della professione de qua non sia inciso da obbligo contributivo utile a costituire una posizione previdenziale in favore dello stesso professionista.
7. Esiste, dunque, una questione di fondo, comune alle singole tipologie professionali nei cui confronti l’Inps ha fatto valere l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata la cui soluzione impone, da un lato la verifica dell’ambito di concreta, attuale, operatività di tale Gestione e, quindi, l’individuazione della sua funzione all’interno del sistema della previdenza; b) il confronto del risultato di tale verifica con l’ambito di concreta operatività della gestione affidata dalla legge alle apposite casse professionali (in ragione del disposto del d.lgs. n. 194 del 1994 o del d.lgs. n. 103 del 1996).
Giova ricordare, con riguardo al caso di specie, che per l’iscrizione alla Cassa di Previdenza ed Assistenza Forense, al tempo in cui si colloca la fattispecie, occorrevano due requisiti: l’iscrizione all’albo professionale e l’esercizio della professione con carattere di continuità.
Non potevano usufruire della previdenza forense coloro che esercitavano la libera professione in modo occasionale pur rimanendo iscritti all’albo professionale.
L’obbligo di iscriversi alla Cassa Forense, con conseguente obbligo di contribuzione nei limiti fissati dal Comitato dei Delegati della Cassa, conseguiva al raggiungimento, nel corso dell’anno, di un reddito netto e di un volume di affari (Iva) superiore ai limiti determinati, anno per anno, sempre dal Comitato dei Delegati.
8. Come è noto, questa Corte di cassazione con la sentenza a SS.UU. n. 3240 del 2010, che per questo aspetto continua ad esprimere arresti del tutto condivisibili e non contrastati, a proposito della L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 2, comma 26, il cui testo dispone: “26. A decorrere dal 1 gennaio 1996 sono tenuti all’iscrizione presso una apposita gestione separata, presso l’Inps, e finalizzata all’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, i soggetti che esercitino, per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo, di cui al T.U. delle imposte sui redditi approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, e successive modificazioni e integrazioni, nonché i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, di cui all’art. 49, comma 2, lett. A), medesimo testo unico e gli incaricati alla vendita a domicilio. Sono esclusi dall’obbligo i soggetti assegnatari di borse di studio, limitatamente alla relativa attività”, ha affermato che:
– con la creazione della nuova gestione separata si è inteso estendere la copertura assicurativa, nell’ambito della cd. “politica di universalizzazione delle tutele”, non solo a coloro che ne erano completamente privi, ma anche a coloro che ne fruivano solo in parte, a coloro cioè che svolgevano due diversi tipi di attività e che erano “coperti” dal punto di vista previdenziale, solo per arti e professioni e quelli di cui al secondo comma dello stesso articolo, derivanti dagli uffici di amministratore e sindaco di società e da altri rapporti di collaborazione coordinata e continuativa;
– la Gestione separata presenta per tale motivo aspetti diversi rispetto alle altre (la gestione dell’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti e le gestioni dei lavoratori autonomi, ossia commercianti, artigiani, coltivatori diretti), che sono caratterizzate da una definizione compiuta del proprio campo di applicazione, corrispondente alla attività lavorativa svolta;
– diversamente, nel citato art. 2, comma 26, il riferimento è invece eteronomo e supportato esclusivamente dalla norma fiscale (i citati articoli del TUIR), per cui, nella gestione separata, l’obbligazione contributiva è basata sostanzialmente sulla mera percezione di un reddito: più che un contributo destinato ad integrare un settore previdenzialmente scoperto, i conferimenti alla gestione separata hanno piuttosto il sapore di una tassa aggiuntiva su determinati tipi di reddito, con il duplice scopo di “fare cassa” e di costituire un deterrente economico all’abuso di tali forme di lavoro”;
– la nuova tutela previdenziale può, quindi, essere “unica”, in quanto corrispondente all’unica attività svolta, oppure “complementare” a quella apprestata dalla gestione a cui il soggetto è iscritto in relazione all’altra attività lavorativa espletata;
– la compatibilità, per i percettori dei redditi di cui all’art. 46 del TUIR, della doppia iscrizione è testualmente prevista dalla L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 59, comma 16, laddove, all’interno della gestione separata, è prevista una differente aliquota per coloro i quali sono iscritti ad altre forme di previdenza obbligatoria e quanti non lo sono; le peculiarità indicate comportano differenze fondamentali fra la gestione separata e tutte le altre sopra indicate e cioè: a) contribuzione basata sul criterio di cassa e non di competenza; b) mancanza di un minimale contributivo, esistente invece, oltre che per l’AGO, anche per l’assicurazione commercianti (per cui, quale che sia il reddito ricavato, la contribuzione non può scendere al di sotto di una certa soglia, cfr. L. 31 dicembre 1991, n. 415, art. 6, comma 7); c); la negazione del principio dell’attività prevalente;
– nella Gestione separata la contribuzione si commisura esclusivamente ai compensi percepiti ed i decreti ministeriali a cui fa rimando la L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 30, ossia il D.M. 24 novembre 1995 ed il successivo D.M. 2 maggio 1996, n. 281, dettano i criteri per il versamento della contribuzione, distinguendo tra i redditi di cui art. 49, comma 1, TUIR, che sono quelli da lavoro autonomo derivanti dall’esercizio di arti o professioni, per i quali il soggetto onerato del versamento della contribuzione è lo stesso soggetto percettore (come previsto per gli altri lavoratori autonomi iscritti nelle gestioni Inps artigiani, commercianti e coltivatori diretti), e i redditi di cui al secondo comma del medesimo art. 49, che derivano dagli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società e dagli altri rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, per i quali il soggetto obbligato al versamento della contribuzione è invece il soggetto erogatore dei compensi (come prescritto per la gestione AGO dei lavoratori dipendenti) attraverso un meccanismo analogo a quello previsto per il sostituto di imposta (il D.P.R. n. 917 del 1986 è stato modificato dal d.lgs. 12 dicembre 2003, n. 344, con effetti dal primo gennaio 2004, ma l’impianto fondamentale, per quanto interessa, è rimasto lo stesso);
– la regola generale è quindi che all’espletamento di duplice attività lavorativa, quando per entrambe sì prevede la tutela assicurativa, deve corrispondere la duplicità di iscrizione e non si ha, peraltro, duplicazione di contribuzione, perché a ciascuna fa capo una attività diversa. Inoltre ciascuna delle obbligazioni contributive viene parametrata sulla base dei compensi rispettivamente percepiti, che non si cumulano, ma restano distinti e sottoposti alla rispettiva aliquota di prelievo.
9. Alle conclusioni cui giunsero le Sezioni Unite n. 3240 del 2010, può aggiungersi, consolidandole e rendendole attuali, che la finalità di conseguire l’estensione delle tutele attribuita alla gestione separata sin dalla sua costituzione, si è accentuata (tanto da realizzare, secondo una condivisibile opinione, una sorta di positiva eterogenesi dei fini rispetto all’originaria mera finalità di cassa) attraverso un’opera di costante ampliamento delle categorie di lavoratori tenute a detta iscrizione.
10. Si è giunti, dunque, all’estensione dell’obbligo assicurativo a quasi tutti i lavoratori autonomi, ricomprendendovi non solo i lavoratori definiti parasubordinati (lavoratori coordinati e continuativi secondo il d.lgs. n. 81 del 2015), ma anche, con interventi normativi mirati, varie altre categorie, quali: addetti a servizi turi-stici, addetti ad attività di intermediazione, incaricati di vendite a domicilio, beneficiari di borse di studio per la frequenza ai corsi di dottorato di ricerca (art. 1, legge n. 315 del 1998), associati in partecipazione (art. 43, d.l. n. 269 del 2003, conv. in l. n. 326 del 2003 ed art. 1, comma 157, l. n. 311 del 2004); (art. 44, comma 2, del D.L. n. 269/2003) lavoratori autonomi occasionali al di sopra di una certa soglia di reddito (Euro 5.000); spedizionieri doganali non dipendenti (l. n. 230 del 1997); assegnisti di ricerca; amministratori locali; beneficiari di borse di studio a sostegno della mobilità internazionale degli studenti (solo da maggio a dicembre 2003) e degli assegni per attività di tutorato, didattico- integrative, propedeutiche e di recupero, i medici con contratto di formazione specialistica, i Volontari del Servizio Civile Nazionale (avviati dal 2006 al 2008).
11. Il presupposto da cui deriva l’obbligo di iscrizione dei suddetti soggetti è in linea di principio strettamente correlato alla qualificazione fiscale dei redditi che essi percepiscono ed alla entità dei medesimi che diventa irrilevante se inferiore alla soglia di cui all’art. 44, comma 2, d.l. n. 269 del 2003.
12. Tale complessivo ed articolato quadro normativo, che si è correttamente ricondotto ad una consapevole scelta legislativa di estensione della copertura assi-curativa anche attraverso il piano oggettivo, perché ancorata direttamente alla produzione di redditi qualificati secondo la disciplina tributaria, induce a ritenere che la copertura previdenziale realizzata attraverso la istituzione della Gestione separata non è limitata alla protezione nominativa di singole figure di lavoratori autonomi rimaste prive di tutela assicurativa ed emergenti via via a seconda delle evoluzioni del sistema economico e produttivo, ma ha assunto una funzione di chiusura del sistema che si rivolge alle aree soggettive ed oggettive non coperte da altre forme di assicurazione obbligatoria e che risponde all’obbligo dello Stato di dare concretezza al principio della universalità delle tutele assicurative obbligatorie relative a tutti i lavoratori (art. 35 Cost.), rispetto agli eventi indicati nell’art. 38, secondo comma, della Costituzione, nei modi indicati dal comma quarto dello stesso articolo 38 della Costituzione.
13. Sono lavoratori tutti coloro che traggono dalla loro personale attività professionale i mezzi necessari a soddisfare le esigenze di vita proprie e familiari, ivi compresi anche i lavoratori autonomi ed i liberi professionisti, secondo il dettato costituzionale, per cui essi vanno tutelati dal punto di vista previdenziale al verificarsi di una delle situazioni di bisogno individuate dallo stesso art. 38 Cost.
14. Su queste premesse va verificata la sostenibilità, rispetto alla appena enunciata regola dell’universalizzazione delle tutele, della tesi avallata dal ricorrente secondo cui, in applicazione del disposto dell’art. 2, comma 26, l. n. 335 del 1995come interpretato dall’art. 18, comma 12, d.l. n. 98 del 2011 conv. in l. n. 11 del 2011, si sottrae all’obbligo di iscrizione alla gestione separata il professionista che, per svariate ragioni dovute alle specifiche discipline previdenziali di categoria, non sia soggetto alla iscrizione presso la cassa professionale di riferimento benché soggetto all’obbligo di versamento del contributo integrativo.
15. La risposta non può essere positiva proprio in quanto la funzione assunta nel sistema dalla Gestione separata risponde ad una logica di copertura universale, soggettiva ed oggettiva, delle attività umane produttive di reddito da lavoro che è ben distante dalla logica, sostanzialmente rispondente a scelte organizzative dello Stato in materia previdenziale, sottesa all’attribuzione alle casse professionali (sia privatizzate che di nuova istituzione) della gestione dei rapporti assicurativi degli iscritti.
16. In altri termini, il principio di universalizzazione soggettivo ed oggettivo della copertura assicurativa obbligatoria si traduce operativamente nella regola secondo la quale l’ obbligo (ex art. 2, comma 26, l. n. 335 del 1995) di iscrizione alla gestione separata è genericamente rivolto a chiunque percepisca un reddito derivante dall’esercizio abituale (anche se non esclusivo), ma anche occasionale (entro il limite monetario indicato nell’art. 44, comma 2, del D.L. n. 269/2003) di un’attività professionale per la quale è prevista l’iscrizione ad un albo o ad un elenco, anche se il medesimo soggetto svolge anche altra diverse attività per cui risulta già iscritto ad altra gestione.
17. Tale obbligo viene meno solo se il reddito prodotto dall’attività professionale predetta è già integralmente oggetto di obbligo assicurativo gestito dalla cassa di riferimento. Per tale ragione non è corretto adottare, nella ricerca della soluzione della questione, una logica limitata ad un mero riparto di competenze tra Gestione separata e cassa professionale con la pretesa di paralizzare il pieno dispiegarsi del principio di universalizzazione delle tutele, improntato a precisi obblighi derivanti dalla Costituzione, per effetto dell’attribuzione alla cassa professionale del compi-to di gestire il rapporto assicurativo dei propri associati.
18. Va, infatti, rimarcato che il principio di autonomia riconosciuto alle Casse professionali dal d.lgs. 509 del 1994realizza, nel rispetto della natura pluralista dell’intero sistema previdenziale, il diverso scopo di rispettare le istanze del gruppo professionale nella gestione dell’assicurazione obbligatoria, all’interno dello spazio assegnato loro dalla legge (art. 3, comma 12, l. n. 335 del 1995), senza il concorso finanziario da parte dello Stato.
19. L’art. 2 del d.lg. n. 509/1994 ha attribuito autonomia gestionale, organizzativa e contabile a tali associazioni o fondazioni, con i limiti dovuti “alla natura pubblica dell’attività svolta” (art. 2, 1° co.). Così i nuovi soggetti fruiscono di autonomia statutaria e regolamentare (art. 1, 4 co.), si finanziano attraverso i versamenti contributivi dei propri iscritti, con divieto di contribuzioni pubbliche (art. 1, 1° e 3° co.) ma permane, nei loro confronti, il controllo pubblico (art. 3).
20. Anzi, tale controllo si è rafforzato con modifiche alla legge di sistema (v. l. 30-7-2010, n. 122 e 15-7-2011, n. 111) e con leggi di settore che, per specifici aspetti, hanno attratto le attività delle Casse nel proprio ambito oggettivo. La dot-trina, che aveva approfondito, sin da prima della privatizzazione di quelli di tipo professionale, la natura degli enti previdenziali, aveva colto la differenza tra quelli gestori di forme di tutela per i lavoratori dipendenti e quelli gestori di alcune forme di tutela per i lavoratori autonomi. In particolare, il tratto differenziale era stato ravvisato nella diversa struttura e nella disciplina di scelta degli organi di governo.
Ciò chiarito quanto alla struttura, sotto il profilo funzionale rimane la considerazione che in realtà entrambi gli enti si pongono nello stesso modo nei riguardi dello Stato, giacché seppure in passato poteva ritenersi che il fine della solidarietà all’interno della categoria fosse proprio ed esclusivo della stessa categoria protetta, con il nuovo assetto costituzionale la copertura assicurativa previdenziale è divenuto un compito diretto dello Stato a cui spetta fissare i limiti delle tutele.
21. La giurisprudenza costituzionale conforta tale assunto, essendo stato rilevato che la trasformazione in soggetti privati ha lasciato “immutato il carattere pubblicistico dell’attività istituzionale di previdenza ed assistenza svolta dagli enti, articolandosi invece sul diverso piano di una modifica degli strumenti di gestione e della differente qualificazione giuridica dei soggetti stessi: l’obbligo contributivo costituisce un corollario, appunto, della rilevanza pubblicistica dell’inalterato fine previdenziale. L’esclusione di un intervento a carico della solidarietà generale consegue alla stessa scelta di trasformare gli enti, in quanto implicita nella premessa che nega il finanziamento pubblico o altri ausili pubblici di carattere finanziario” (Corte Cost. n. 248/1997). La Corte ha pure chiarito, quanto alla natura della “contribuzione obbligatoria” che non si tratta di finanziamento pubblico ma del “corollario della rilevanza pubblicistica del fine previdenziale”. Costituisce lo strumento per abilitare, facilitare promuovere l’autorganizzazione di una comunità di professionisti in fatto di previdenza e, conseguentemente, l’equilibrio di un sistema previdenziale basato su una “solidarietà endocategoriale” o “comunanza d’interessi”; l’appartenenza obbligatoria all’ente privatizzato non lede la libertà negativa di associazione, riconosciuta dall’art. 18 Cost., in quanto è funzionale alla “[…] tutela di altri interessi costituzionalmente garantiti”, “purché non siano altrimenti offesi libertà, diritti e principi costituzionalmente garantiti (diversi dalla libertà negativa di associarsi)”, e risulti al tempo stesso che tale previsione “assi-cura lo strumento meglio idoneo all’attuazione di finalità schiettamente pubbliche, trascendenti la sfera nella quale opera il fenomeno associativo costituito per la libera determinazione dei privati” (sentenza n. 40/1982), o di un fine pubblico “che non sia palesemente arbitrario, pretestuoso o artificioso” (sentenza n. 20/1975; e cfr. anche le sentenze n. 120/1973 e n. 69/1962).
22. Corte Cost. n. 15/1999 rammenta che “la privatizzazione degli enti pubblici di previdenza e assistenza è inserita nel contesto del complessivo riordinamento o della soppressione di enti previdenziali, in corrispondenza ad una direttiva più generale volta ad eliminare duplicazioni organizzative e funzionali nell’ambito della pubblica amministrazione”, le Casse sono sfuggite a questo processo di “razionalizzazione organizzativa” o “fusioni ed incorporazioni” in quanto “enti che, non usufruendo di alcun sostegno finanziario pubblico, intendono mantenere la loro specificità ed autonomia, assumendo la forma dell’associazione o della fondazione”.
23. Da ultimo, con la sentenza 7/2017 la Corte ha ribadito che la trasformazione delle Casse operata dal decreto n. 509/1994, “pur avendo inciso sulla forma giuri-dica dell’ente e sulle modalità organizzative delle sue funzioni, non ha modificato il carattere pubblicistico dell’attività istituzionale di previdenza ed assistenza. Peraltro, la Corte delle leggi ricorda come il principio del buon andamento di cui all’art. 97 Cost. stia alla base del portato normativo del d.lgs. n. 509/1994, essendola riforma stata ispirata dall’esigenza di “percorrere una strada alternativa di tipo mutualistico rispetto alla soluzione “generalista” della previdenza”.
24. Risulta, per quanto sin qui detto, allo stesso modo errato e fuorviante il richiamo ai precedenti di questa Corte nn. 3622 del 2007, 11634 del 2007 e 13218 del 2008 che miravano a stabilire se una certa attività (quella delle guide turistiche) dovesse o meno essere inquadrata nell’ambito della Gestione separata e, quindi, erano orientati a definire i soli profili soggettivi dell’obbligo assicurativo presso la Gestione separata e non la ben diversa ipotesi qui trattata della possibile esistenza di un vuoto di obbligo assicurativo relativo all’attività professionale del libero professionista iscritto ad un ordine professionale per cui esiste una cassa previdenziale di riferimento.
25. Sulle premesse sin qui esposte va esaminato il disposto dell’art. 18, comma 12, del d.l. n. 98 del 6 luglio 2011, convertito dalla legge n. 111 del 15 luglio del 2011, che, esplicitando l’intento di voler chiarire quali liberi professionisti siano tenuti alla iscrizione alla gestione separata, dispone che il comma 26 del citato art. 2 della l. 335 del 1995 va inteso nel senso che “i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo tenuti all’iscrizione presso l’apposita gestione separata INPS sono esclusivamente i soggetti che svolgono attività il cui esercizio non sia subordinato alla iscrizione ad apposi-ti albi professionali ovvero attività non soggette al versamento contributivo agli enti di cui al comma 11 in base ai rispettivi ordinamenti, con esclusione dei soggetti di cui al comma 11”.
26. La congiunzione “ovvero” può avere sia funzione meramente esplicativa, per cui sarebbero tenuti alla iscrizione i soggetti che esercitano una attività professionale per il cui esercizio non è richiesta l’iscrizione agli albi professionali e che dunque non sono tenuti al versamento di alcuna contribuzione alle casse professionali, che funzione disgiuntiva, per cui sarebbero tenuti alla iscrizione i soggetti che esercitano una attività professionale per il cui esercizio non è richiesta l’iscrizione agli albi professionali ed altresì coloro che, pur iscritti agli albi, non sono tenuti al versamento di alcuna contribuzione alle casse professionali.
27. Dal punto di vista astratto, è possibile, poi, intendere il “versamento contributivo”, come riferito al contributo soggettivo o anche a quello integrativo, giacche viene messo in dubbio se il versamento che esonera dalla iscrizione sia solo quel-lo soggettivo, finalizzato alla creazione di una posizione previdenziale o anche quello integrativo (che viene versato da tutti coloro che sono iscritti agli albi ma non alle casse). Quest’ultimo versamento in quanto “sterile”, perché non produttivo di alcuna prestazione per il soggetto tenuto al pagamento, avrebbe una mera finalità solidaristica in senso lato.
28. Queste ulteriori questioni derivate dalla legge interpretativa, come già sottolineato dai precedenti specifici di questa Corte nn. 30344 del 2017, n. 30345 del 2017, n. 1172 del 2018, n. 2282 del 2018, n.1643 del 2018, vanno risolte, necessariamente, alla luce della ricostruzione sistematica sopra rappresentata perché una interpretazione meramente letterale non potrebbe mai giungere a soluzioni certe essendo il termine “versamento contributivo” senza ulteriore specificazione del tutto ambiguo così come la valenza della congiunzione “ovvero”. Per tale ragione va certamente condivisa l’impostazione dei precedenti specifici di questa Corte ricordati al punto 3) che hanno correttamente rimarcato che la legge interpretativa non può essere letta senza considerare la norma che si intende interpretare e sul cui contenuto di centrale rilievo sistematico si è sin qui detto.
29. La norma interpretata, infatti, significativamente intitolata all’armonizzazione degli ordinamenti pensionistici, pur nel rispetto della pluralità degli organismi assicurativi (art. 1, comma 1 l. n. 335 del 1995), ha chiaramente indicato la volontà di estendere l’area della tutela assicurativa attraverso l’istituzione della Gestione separata, facendone un principio dell’intera riforma. Il principio ha trovato sostanziale, seppure non totale, concretizzazione nei sensi sopra ricordati, e la sua portata deve incidere anche sulla disciplina sostanziale delle previdenze di categoria, ridimensionando in caso di sua negazione, i criteri di autonomia e di separazione delle tutele, che caratterizzano il provvedimento sulla privatizzazione, adottato dal d.lgs. n. 509 del 1994.
30. Pertanto, l’unica forma di contribuzione obbligatoriamente versata che può inibire la forza espansiva della norma di chiusura contenuta nell’art. 2, comma 26 , l. n. 335 del 1995 come chiarita dall’art. 18, comma 12, d.l. n. 98 del 2011, non può che essere quella correlata ad un obbligo di iscrizione ad una gestione di categoria, in applicazione del divieto di duplicazione delle coperture assicurative incidenti sulla medesima attività professionale.
31. Per tale ragione la contribuzione integrativa, in quanto non correlata all’obbligo di iscrizione alla cassa professionale, ed a prescindere dalla individuazione della funzione assolta all’interno del sistema di finanziamento delle attività demandate alla cassa professionale, non attribuisce al lavoratore una copertura assicurativa per gli eventi della vecchiaia, dell’invalidità e della morte in favore dei superstiti per cui non può essere rilevante ai fini di escludere l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata presso l’INPS.
32. La conclusione qui esposta non è contraddetta, infine, neanche dalle considerazioni, evocate soprattutto in sede di discussione, circa la eventuale non utilità della contribuzione versata dal professionista presso la Gestione separata a seguito della sua iscrizione d’ufficio, posto che questa Corte di cassazione ha avuto modo da tempo (Cass. n. 10396 del 2009) di ribadire che dall’obbligo introdotto dall’art. 2, comma 26, l. n. 335 del 1995 e dal successivo comma 32, che regola l’emanazione di norme regolamentari, si trae la deduzione che la nuova gestione separata è chiamata fondamentalmente a rappresentare un’ulteriore gestione della assicurazione generale obbligatoria, che si aggiunge a quelle preesistenti per i lavoratori dipendenti e i lavoratori autonomi dell’agricoltura, commercio e artigianato. Peraltro, anche gli sviluppi recenti della legislazione (vd. l. n. 228 del 2012 e l. n. 232 del 2016) si sono mossi nel senso di ampliare la sfera della cumulabilità della diversa contribuzione, non coincidente, maturata da ciascun lavoratore secondo le proprie valutazioni di convenienza.
33. Si tratta certamente di una estensione della copertura assicurativa e non può certo confondersi la funzione dell’imposizione dell’obbligo dell’iscrizione alla Gestione separata con la concreta valorizzazione della contribuzione maturata da ciascun iscritto, come tale legata alle peculiarità della vita lavorativa di ciascuno, in assenza di un rapporto di indefettibile corrispondenza tra le pensioni e le retribuzioni e tra le pensioni e l’ammontare della contribuzione versata, ed in presenza di “[…] una tendenziale correlazione, che salvaguardi l’idoneità del trattamento previdenziale a soddisfare le esigenze di vita” (Corte Cost. n. 259 del 2017)””.
I principi sinora esposti, sono stati, di recente, riaffermati dalla Suprema Corte con la sentenza dell’11.01.2019 n. 519 della quale si riportano alcuni salienti passaggi motivazionali: “19. Tale complessivo ed articolato quadro normativo, che si è correttamente ricondotto ad una consapevole scelta legislativa di estensione della copertura assicurativa anche attraverso il piano oggettivo, perchè ancorata direttamente alla produzione di redditi qualificati secondo la disciplina tributaria, induce a ritenere che la copertura previdenziale realizzata attraverso l’istituzione della Gestione separata non è limitata alla protezione nominativa di singole figure di lavoratori autonomi, rimaste prive di tutela assicurativa ed emergenti, via via, a seconda dell’evoluzione del sistema economico e produttivo, ma ha assunto una funzione di chiusura del sistema che si rivolge alle aree soggettive e oggettive non coperte da altre forme di assicurazione obbligatoria e che risponde all’obbligo dello Stato di dare concretezza al principio di universalità delle tutele assicurative obbligatorie relative a tutti i lavoratori (art. 35 Cost.), rispetto agli eventi indicati nell’art. 38 Cost., comma 2, nei modi indicati dal comma 4 dello stesso art. 38 Cost..
20. Sono lavoratori tutti coloro che traggono dalla loro personale attività professionale i mezzi necessari a soddisfare le esigenze di vita proprie e familiari, ivi compresi anche i lavoratori autonomi ed i liberi professionisti, secondo il dettato costituzionale, per cui essi vanno tutelati dal punto di vista previdenziale al verificarsi di una delle situazioni di bisogno individuate dallo stesso art. 38 Cost..
21. Su queste premesse va verificata la sostenibilità, rispetto alla appena enunciata regola dell’universalizzazione delle tutele, della contraria tesi secondo cui, in applicazione del disposto della L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, come interpretato dalla D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 12, conv. in L. n. 11 del 2011, si sottrae all’obbligo di iscrizione alla gestione separata il professionista che, per svariate ragioni dovute alle specifiche discipline previdenziali di categoria, non sia soggetto alla iscrizione presso la cassa professionale di riferimento benchè soggetto all’obbligo di versamento del contributo integrativo.
22. La risposta non può essere positiva proprio in quanto la funzione assunta nel sistema dalla Gestione separata risponde ad una logica di copertura universale, soggettiva ed oggettiva, delle attività umane produttive di reddito da lavoro che è ben distante dalla logica, sostanzialmente rispondente a scelte organizzative dello Stato in materia previdenziale, sottesa all’attribuzione alle casse professionali (sia privatizzate che di nuova istituzione) della gestione dei rapporti assicurativi degli iscritti.
23. In altri termini, il principio di universalizzazione soggettivo e oggettivo della copertura assicurativa obbligatoria si traduce operativamente nella regola secondo la quale l’obbligo (L. n. 335 del 1995, ex art. 2, comma 26) di iscrizione alla gestione separata è genericamente rivolto a chiunque percepisca un reddito derivante dall’esercizio abituale (anche se non esclusivo), ma anche occasionale (entro il limite monetario indicato nel D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 2) di un’attività professionale per la quale è prevista l’iscrizione ad un albo o ad un elenco, anche se il medesimo soggetto svolge anche altra diverse attività per cui risulta già iscritto ad altra gestione.
24. Tale obbligo viene meno solo se il reddito prodotto dall’attività professionale predetta è già integralmente oggetto di obbligo assicurativo gestito dalla cassa di riferimento.
25. Per tale ragione non è corretto adottare, nella ricerca della soluzione della questione, una logica limitata ad un mero riparto di competenze tra Gestione separata e cassa professionale con la pretesa di paralizzare il pieno dispiegarsi del principio di universalizzazione delle tutele, improntato a precisi obblighi derivanti dalla Costituzione, per effetto dell’attribuzione alla cassa professionale del compito di gestire il rapporto assicurativo dei propri associati.
26. Va, infatti, rimarcato che il principio di autonomia riconosciuto alle Casse professionali dal D.Lgs. n. 509 del 1994realizza, nel rispetto della natura pluralista dell’intero sistema previdenziale, il diverso scopo di rispettare le istanze del gruppo professionale nella gestione dell’assicurazione obbligatoria, all’interno dello spazio assegnato loro dalla legge (L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12), senza il concorso finanziario da parte dello Stato. 27. Il D.Lgs. n. 509 del 1994, art. 2 ha attribuito autonomia gestionale, organizzativa e contabile a tali associazioni o fondazioni, con i limiti dovuti “alla natura pubblica dell’attività svolta” (art. 2, comma 1); così i nuovi soggetti fruiscono di autonomia statutaria e regolamentare (art. 1, comma 4), si finanziano attraverso i versamenti contributivi dei propri iscritti, con divieto di contribuzioni pubbliche (art. 1, commi 1 e 3) ma permane, nei loro confronti, il controllo pubblico (art. 3).
28. Tale controllo si è, anzi, rafforzato con modifiche alla legge di sistema (v. L. 30 luglio 2010, n. 122 e L. 15 luglio 2011, n. 111) e con leggi di settore che, per specifici aspetti, hanno attratto le attività delle Casse nel proprio ambito oggettivo.
29. La dottrina, che aveva approfondito la natura degli enti previdenziali, sin da prima della privatizzazione di quelli di tipo professionale, aveva colto la differenza tra quelli gestori di forme di tutela per i lavoratori dipendenti e quelli gestori di alcune forme di tutela per i lavoratori autonomi e, in particolare, il tratto differenziale era stato colto nella diversa struttura e nella disciplina di scelta degli organi di governo.
30. Tanto chiarito quanto alla struttura, sotto il profilo funzionale rimane la considerazione che, in realtà, entrambi gli enti si pongono nello stesso modo nei riguardi dello Stato, giacchè seppure, in passato, poteva ritenersi che il fine della solidarietà all’interno della categoria fosse proprio, ed esclusivo, della stessa categoria protetta, con il nuovo assetto costituzionale la copertura assicurativa previdenziale è divenuto un compito diretto dello Stato al quale spetta fissare i limiti delle tutele.
31. La giurisprudenza costituzionale conforta tale assunto, essendo stato rilevato che la trasformazione in soggetti privati ha lasciato “immutato il carattere pubblicistico dell’attività istituzionale di previdenza ed assistenza svolta dagli enti, articolandosi invece sul diverso piano di una modifica degli strumenti di gestione e della differente qualificazione giuridica dei soggetti stessi: l’obbligo contributivo costituisce un corollario, appunto, della rilevanza pubblicistica dell’inalterato fine previdenziale. L’esclusione di un intervento a carico della solidarietà generale consegue alla stessa scelta di trasformare gli enti, in quanto implicita nella premessa che nega il finanziamento pubblico o altri ausili pubblici di carattere finanziario” (v. Corte Cost. n. 248/1997).
32. Il Giudice delle leggi ha pure chiarito, quanto alla natura della contribuzione obbligatoria, che non si tratta di finanziamento pubblico ma del “corollario della rilevanza pubblicistica del fine previdenziale”; che costituisce lo strumento per abilitare, facilitare promuovere l’auto-organizzazione di una comunità di professionisti in fatto di previdenza e, conseguentemente, l’equilibrio di un sistema previdenziale basato su una “solidarietà endocategoriale” o “comunanza d’interessi”; che l’appartenenza obbligatoria all’ente privatizzato non lede la libertà negativa di associazione, riconosciuta dall’art. 18 Cost., in quanto è funzionale alla “tutela di altri interessi costituzionalmente garantiti”, “purchè non siano altrimenti offesi libertà, diritti e principi costituzionalmente garantiti (diversi dalla libertà negativa di associarsi)”, e risulti, al tempo stesso, che tale previsione “assicura lo strumento meglio idoneo all’attuazione di finalità schiettamente pubbliche, trascendenti la sfera nella quale opera il fenomeno associativo costituito per la libera determinazione dei privati” (sentenza n. 40/1982), o di un fine pubblico “che non sia palesemente arbitrario, pretestuoso o artificioso” (Corte Cost. sentenza n. 20/1975; e cfr. anche le sentenze n. 120/1973 e n. 69/1962).
33. Ed ancora, Corte Cost. n. 15/1999 rammenta che “la privatizzazione degli enti pubblici di previdenza e assistenza è inserita nel contesto del complessivo riordinamento o della soppressione di enti previdenziali, in corrispondenza ad una direttiva più generale volta ad eliminare duplicazioni organizzative e funzionali nell’ambito della pubblica amministrazione”, e che le Casse sono sfuggite a questo processo di “razionalizzazione organizzativa” o “fusioni ed incorporazioni” in quanto “enti che, non usufruendo di alcun sostegno finanziario pubblico, intendono mantenere la loro specificità ed autonomia, assumendo la forma dell’associazione o della fondazione”.
34. Da ultimo, con la sentenza n.7/2017 la Corte costituzionale ha ribadito che la trasformazione delle Casse operata dal D.Lgs. n. 509 del 1994, “pur avendo inciso sulla forma giuridica dell’ente e sulle modalità organizzative delle sue funzioni, non ha modificato il carattere pubblicistico dell’attività istituzionale di previdenza ed assistenza. Peraltro, la Corte delle leggi ricorda come il principio del buon andamento di cui all’art. 97 Cost. stia alla base del portato normativo del citato D.Lgs. n. 509, essendo la riforma stata ispirata dall’esigenza di “percorrere una strada alternativa di tipo mutualistico rispetto alla soluzione “generalista” della previdenza”.
35. Risulta, per quanto sin qui detto, allo stesso modo errato e fuorviante il richiamo ai precedenti di questa Corte, nn. 3622 del 2007, 11634 del 2007 e 13218 del 2008, che miravano a stabilire se una certa attività (quella delle guide turistiche) dovesse o meno essere inquadrata nell’ambito della Gestione separata e, quindi, erano orientati a definire i soli profili soggettivi dell’obbligo assicurativo presso la Gestione separata e non la ben diversa ipotesi, qui trattata, della possibile esistenza di un vuoto di obbligo assicurativo relativo all’attività professionale del libero professionista iscritto ad un ordine professionale per cui esiste una cassa previdenziale di riferimento.
36. Sulle premesse sin qui esposte va esaminato il disposto del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 18, comma 12, convertito dalla L. 15 luglio 2011, n. 111, che, esplicitando l’intento di voler chiarire quali liberi professionisti siano tenuti alla iscrizione alla gestione separata, dispone che la L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26 cit., va inteso nel senso che “i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorchè non esclusiva, attività di lavoro autonomo tenuti all’iscrizione presso l’apposita gestione separata INPS sono esclusivamente i soggetti che svolgono attività il cui esercizio non sia subordinato alla iscrizione ad appositi albi professionali ovvero attività non soggette al versamento contributivo agli enti di cui al comma 11 in base ai rispettivi ordinamenti, con esclusione dei soggetti di cui al comma 11”.
37. La congiunzione “ovvero” può avere sia funzione meramente esplicativa, per cui sarebbero tenuti alla iscrizione i soggetti che esercitano una attività professionale per il cui esercizio non è richiesta l’iscrizione agli albi professionali, e che dunque non sono tenuti al versamento di alcuna contribuzione alle casse professionali, sia funzione disgiuntiva, per cui sarebbero tenuti alla iscrizione i soggetti che esercitano una attività professionale per il cui esercizio non è richiesta l’iscrizione agli albi professionali ed altresì coloro che, pur iscritti agli albi, non sono tenuti al versamento di alcuna contribuzione alle casse professionali.
38. Dal punto di vista astratto, è possibile, poi, intendere il versamento contributivo, come riferito al contributo soggettivo o anche a quello integrativo, giacche viene messo in dubbio se il versamento che esonera dalla iscrizione sia solo quello soggettivo, finalizzato alla creazione di una posizione previdenziale o anche quello integrativo (che viene versato da tutti coloro che sono iscritti agli albi ma non alle casse). Quest’ultimo versamento in quanto sterile, perchè non produttivo di alcuna prestazione per il soggetto tenuto al pagamento, avrebbe una mera finalità solidaristica in senso lato.
39. Queste ulteriori questioni derivate dalla legge interpretativa, come già sottolineato dai precedenti specifici di questa Corte nn. 30344 del 2017, n. 30345 del 2017, n. 1172 del 2018, n. 2282 del 2018, n.1643 del 2018, vanno risolte, necessariamente, alla luce della ricostruzione sistematica sopra rappresentata perchè un’interpretazione meramente letterale non potrebbe mai giungere a soluzioni certe essendo il termine versamento contributivo, senza ulteriore specificazione, del tutto ambiguo, così come la valenza della congiunzione ovvero.
40. Per tale ragione va certamente condivisa l’impostazione dei precedenti specifici di questa Corte già ricordati nei paragrafi che precedono, che hanno correttamente rimarcato che la legge interpretativa non può essere letta senza considerare la norma che si intende interpretare e sul cui contenuto, di centrale rilievo sistematico, si è sin qui detto.
41. La norma interpretata, infatti, significativamente intitolata all’armonizzazione degli ordinamenti pensionistici, pur nel rispetto della pluralità degli organismi assicurativi (L. n. 335 del 1995, art. 1, comma 10), ha chiaramente indicato la volontà di estendere l’area della tutela assicurativa attraverso l’istituzione della Gestione separata, facendone un principio dell’intera riforma.
42. Il principio ha trovato sostanziale, seppure non totale, concretizzazione nei sensi sopra ricordati, e la sua portata deve incidere anche sulla disciplina sostanziale delle previdenze di categoria, ridimensionando in caso di sua negazione, i criteri di autonomia e di separazione delle tutele, che caratterizzano il provvedimento sulla privatizzazione, adottato dal D.Lgs. n. 509 del 1994.
43. Pertanto, l’unica forma di contribuzione obbligatoriamente versata che può inibire la forza espansiva della norma di chiusura contenuta nella L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, come chiarita dal D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 12, non può che essere quella correlata ad un obbligo di iscrizione ad una gestione di categoria, in applicazione del divieto di duplicazione delle coperture assicurative incidenti sulla medesima attività professionale.
44. Per tale ragione la contribuzione integrativa, in quanto non correlata all’obbligo di iscrizione alla cassa professionale, ed a prescindere dalla individuazione della funzione assolta all’interno del sistema di finanziamento delle attività demandate alla cassa professionale, non attribuisce al lavoratore una copertura assicurativa per gli eventi della vecchiaia, dell’invalidità e della morte in favore dei superstiti, per cui non può essere rilevante ai fini di escludere l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata presso l’INPS.
45. La conclusione qui esposta non è contraddetta, infine, neanche dalle considerazioni, evocate soprattutto in sede di discussione, circa la eventuale non utilità della contribuzione versata dal professionista presso la Gestione separata a seguito della sua iscrizione d’ufficio, posto che questa Corte di cassazione ha avuto modo da tempo (Cass. n.10396 del 2009) di ribadire che dall’obbligo introdotto dalla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, e dal successivo comma 32, che regola l’emanazione di norme regolamentari, si trae la deduzione che la nuova gestione separata è chiamata fondamentalmente a rappresentare un’ulteriore gestione della assicurazione generale obbligatoria, che si aggiunge a quelle preesistenti per i lavoratori dipendenti e i lavoratori autonomi dell’agricoltura, commercio e artigianato.
46. Peraltro, anche gli sviluppi recenti della legislazione (v. L. n. 228 del 2012 e L. n. 232 del 2016) si sono mossi nel senso di ampliare la sfera della cumulabilità della diversa contribuzione, non coincidente, maturata da ciascun lavoratore secondo le proprie valutazioni di convenienza.
47. Si tratta certamente di una estensione della copertura assicurativa e non può certo confondersi la funzione dell’imposizione dell’obbligo dell’iscrizione alla Gestione separata con la concreta valorizzazione della contribuzione maturata da ciascun iscritto, come tale legata alle peculiarità della vita lavorativa di ciascuno, in assenza un rapporto di indefettibile corrispondenza tra le pensioni e le retribuzioni e tra le pensioni e l’ammontare della contribuzione versata, ed in presenza di “una tendenziale correlazione, che salvaguardi l’idoneità del trattamento previdenziale a soddisfare le esigenze di vita” (Corte Cost. n. 259 del 2017)”.
Chiarita così la legittimità dell’iscrizione dell’odierno ricorrente alla Gestione Separata, va analizzata l’eccezione di prescrizione quinquennale del credito vantato dall’INPS in relazione all’anno 2011.
La giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. Lav., Sentenza n. 27950 del 31/10/2018) ha effettivamente statuito, in linea con quanto sostenuto in ricorso, che il termine prescrizionale decorre dalla data di scadenza per il versamento dei contributi, sulla base delle seguenti argomentazioni.
“3.1 Si è recentemente affermato, ed è qui condiviso, che in tema di contributi cd. “a percentuale”, il fatto costitutivo dell’obbligazione contributiva è costituito dall’avvenuta produzione, da parte del lavoratore autonomo, di un determinato reddito (Cass. 29 maggio 2017, n. 13463).
È peraltro chiaro che, pur sorgendo il credito sulla base della produzione del reddito, la decorrenza del termine di prescrizione dipende dall’ulteriore momento in cui la corrispondente contribuzione è dovuta e quindi dal momento in cui scadono i termini di pagamento di essa, in armonia del resto con il principio generale in ambito di assicurazioni obbligatorie secondo cui la prescrizione corre appunto dal momento in cui “i singoli contributi dovevano essere versati” (art. 55 r.d.l. 1827/1935).
In proposito vale la regola, fissata dall’art. 18, co. 4, d Igs. 9 luglio 1997, n. 241, secondo cui “i versamenti a saldo e in acconto dei contributi dovuti agli enti previdenziali da titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate da enti previdenziali sono effettuati entro gli stessi termini previsti per il versamento delle somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi”.
Nel caso di specie il versamento del saldo, che è il termine più avanzato da cui, non considerando gli acconti, si può ipotizzare la decorrenza della prescrizione, era fissato dall’art. 17, co. 1, d.p.r. 435/2011, nel testo ratione temporis vigente, al 20 giugno dell’anno di presentazione della dichiarazione dei redditi, che è l’anno successivo a quello in cui i redditi sono stati prodotti; mentre la dichiarazione dei redditi, sempre secondo le cadenze del tempo (redditi 2004) doveva essere presentata “tra il 1 maggio ed il 31 luglio ovvero in via telematica entro il 31 ottobre” dell’anno successivo (2005) a quello di chiusura del periodo di imposta.
3.2 La dichiarazione dei redditi, d’altra parte, quale dichiarazione di scienza (tra le molte, Cass. 4 febbraio 2011, n. 2725) non è presupposto del credito contributivo, così come non lo è rispetto all’obbligazione tributaria, in quanto il fatto costitutivo resta, come detto, la produzione di redditi rilevante ai sensi di legge.
Semmai ad essa, quale atto giuridico successivo all’esigibilità del credito, può riconoscersi effetto interruttivo della prescrizione, se ed in quanto dalla medesima consti la ricognizione dell’esistenza del debito contributivo (per i principi, pur se in diversa fattispecie contributiva, v. Cass. 22 febbraio 2012, n. 2620; Cass. 12 maggio 2004, n. 9054).
Non diversamente, anche i successivi atti con cui l’Agenzia delle Entrate abbia accertato, ex art. 1 del d.lgs. n. 462 del 1997, un determinato reddito dapprima non emerso, non individuano fatti costitutivi del riconnesso diritto contributivo dell’ente previdenziale, ma dispiegano soltanto efficacia interruttiva della prescrizione, anche a beneficio dell’I.N.P.S. (Cass. 13463/2017 cit.).
3.3 Tutto ciò posto è chiaro che tra il momento di esigibilità del credito ed il successivo momento in cui intervenga la dichiarazione dei redditi o comunque l’accertamento tributario, munito di valenza anche previdenziale, quella che si determina è una difficoltà di mero fatto rispetto all’accertamento dei diritti contributivi.
Non è vero infatti quanto affermato dalla Corte territoriale, ovverosia che il diritto dell’ente previdenziale sorgerebbe solo nel momento in cui il professionista si iscriva alla Gestione Separata, in quanto l’obbligo di iscrizione, trattandosi di previdenza obbligatoria, non dipende dall’iniziativa dell’interessato, ma dal maturare dei corrispondenti fatti costitutivi; e quindi anche il termine di prescrizione dei conseguenti crediti matura con il sopravvenire del termine di esigibilità di tali crediti.
D’altra parte, allorquando non vi sia stata previa iscrizione e non siano ancora intervenuti atti ricognitivi (dichiarazione dei redditi, contenente l’indicazione dell’obbligo contributivo) o di controllo della dichiarazione da parte degli enti tributari o previdenziali, nulla vieta che si possa in ipotesi avere – in particolare tra il momento della scadenza dell’obbligo di pagamento a saldo e quello di scadenza del termine di presentazione della dichiarazione dei redditi – un accertamento tributario da cui possano emergere, ai sensi dell’art. 1 ss. del d.lgs. n. 462 del 1997 i presupposti del diritto dell’ente previdenziale, il che conferma l’esclusione del ricorrere di un caso di impedimento giuridico.
Vale dunque la consolidata regola secondo cui “l’impossibilità di far valere il diritto, alla quale l’art. 2935 c. c. attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino l’esercizio e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il successivo art. 2941 c.c. prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione, tra le quali, salva l’ipotesi di dolo prevista dal n. 8 del citato articolo, non rientra l’ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, il dubbio soggettivo sull’esistenza di tale diritto, né il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento” (Cass. 26 maggio 2015, n. 10828; Cass. 6 ottobre 2014, n. 21026)”.
Tali termini risultano evidenziati dalle circolari Inps e dai vari d.P.C.M. che si sono succeduti nel tempo in subiecta materia, ovvero: 20 giugno 2006 per il saldo 2005 (v. circolare n. 75 del 23.5.2006); 9 luglio 2007 per il saldo 2006 (v. circolare INPS m. 92 del 12.6.2007 e successivo DPCM 14.6.2007); 16 giugno 2008 per il saldo 2007 (v. circolare n. 64 del 5.6.2006); 6 luglio 2009 per il saldo 2008 (v. circolare n. 79 del 5.6.2009 nonché DPCM 4.6.2009); 6 luglio 2010 per il saldo 2009 (v. circolare n. 73 del 14.6.2010 nonché DPCM 10.6.2010); 16 giugno 2011 slittato al 6.7.2011 per il saldo 2010 senza alcun pagamento aggiuntivo ai sensi dell’art. 1 del D.P.C.M. del 12.5.2011 pubblicato sulla G.U. – serie generale n. 111 del 14.5.2011 (v. circolare n. 84 del 13.6.2011); 18 giugno 2012 slittato al 9.7.2012 per il saldo 2011 senza alcun pagamento aggiuntivo ai sensi dell’art. 1 del D.P.C.M. del 6.6.2012 pubblicato sulla G.U. – serie generale n. 135 del 12.6.2012 (v. circolare n. 90 del 27.6.2012).
In relazione ai differimenti previsti dai citati d.P.C.M. 14.6.2007, 14.6.2009 e 10.6.2010, essi si applicano indistintamente ai contribuenti che esercitano attività economiche per le quali sono stati elaborati gli studi di settore di cui all’art. 62bis del d.l. 30 agosto 1993, n. 331 convertito, con modificazioni, dalla l. 29 ottobre 1993, n. 427, e che dichiarano ricavi o compensi di ammontare non superiore al limite stabilito per ciascuno studio di settore dal relativo decreto di approvazione del Ministro dell’economia e delle finanze (circostanza pacifica nel caso di specie).
Tali argomentazioni sono state affermate anche dalla Corte d’Appello di Bari che, con sentenza n. 245 del 6.2.2019, ha statuito che “2.6. Per quanto riguarda poi l’eccezione di prescrizione, reiterata in questa sede da parte appellata, va osservato che in tema di contributi c.d. “a percentuale”, il fatto costitutivo dell’obbligazione contributiva è costituito dall’avvenuta produzione, da parte del lavoratore autonomo, di un determinato reddito (v. Cass. 29 maggio 2017, n. 13463).
È peraltro chiaro che, pur sorgendo il credito sulla base della produzione del reddito, la decorrenza del termine di prescrizione dipende dall’ulteriore momento in cui la corrispondente contribuzione è dovuta e quindi dal momento in cui scadono i termini di pagamento di essa, in armonia del resto con il principio generale in ambito di assicurazioni obbligatorie secondo cui la prescrizione corre appunto dal momento in cui “in cui i sin-goli contributi dovevano essere versati” (art. 55 r.d.l. n. 1827 del 1935).
In proposito vale la regola, fissata dall’art. 18, comma 4, del d.lgs. n. 241 del 1997, secondo cui “i versamenti a saldo e in acconto dei contributi dovuti agli enti previdenziali da titolari di posizione assicurativa in una del-le gestioni amministrate da enti previdenziali sono effettuati entro gli stessi termini previsti per il versamento delle somme dovute in base alla dichiara-zione dei redditi”.
Tali termini risultano evidenziati dalle circolari Inps e dai vari d.P.C.M. che si sono succeduti nel tempo in subiecta materia, ovvero: 20 giugno 2006 per il saldo 2005 (v. circolare n. 75 del 23.5.2006); 9 luglio 2007 per il saldo 2006 (v. circolare INPS m. 92 del 12.6.2007 e successivo DPCM 14.6.2007); 16 giugno 2008 per il saldo 2007 (v. circolare n. 64 del 5.6.2006); 6 luglio 2009 per il saldo 2008 (v. circolare n. 79 del 5.6.2009 nonché DPCM 4.6.2009); 6 luglio 2010 per il saldo 2009 (v. circolare n. 73 del 14.6.2010 nonché DPCM 10.6.2010); 16 giugno 2011 slittato al 6.7.2011 per il saldo 2010 senza alcun pagamento aggiuntivo ai sensi dell’art. 1 del D.P.C.M. del 12.5.2011 pubblicato sulla G.U. – serie generale n. 111 del 14.5.2011 (v. circolare n. 84 del 13.6.2011); 18 giugno 2012 slittato al 9.7.2012 per il saldo 2011 senza alcun pagamento aggiuntivo ai sensi dell’art. 1 del D.P.C.M. del 6.6.2012 pubblicato sulla G.U. – serie generale n. 135 del 12.6.2012 (v. circolare n. 90 del 27.6.2012)” (nello stesso senso C. App. Bari sentenza n. 375 del 19.2.2019).
Per cui, in conclusione, posto che la contribuzione oggetto di causa riguarda l’anno 2011 e che la medesima doveva essere versata, per tutto quanto sopra esposto, entro il 9.7.2012, da considerarsi dunque dies a quo del quinquennio prescrizionale, si deve concludere che la notifica del primo atto di costituzione in mora (rappresentato dalla nota con cui era stata comunicata l’iscrizione d’ufficio alla Gestione separata), siccome pacificamente intervenuta in data 15.9.2017, risulta NON idonea ad interrompere il termine di prescrizione quinquennale vigente in materia.
Sulla scorta delle precedenti considerazioni l’eccezione di prescrizione deve essere accolta.
Pertanto, la domanda diretta a dichiarare non dovute le somme richieste dall’Inps per l’anno 2011 con contestuale cancellazione dalla Gestione Separata per lo stesso anno deve essere accolta per intervenuta prescrizione.
Le considerazioni sinora svolte sono dirimenti e assorbono ulteriori questioni in fatto o in diritto eventualmente contestate tra le parti.
Invero, il principio della “ragione più liquida” consente di sostituire il profilo di evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare, di cui all’art. 276 c.p.c., in una prospettiva aderente alle esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, valorizzate dall’art. 111 Cost., con la conseguenza che la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente le altre (cfr., ex plurimis, Cass. ord. n. 15350/2017, Cass. ord. n. 15064/2017, Cass. n. 23531/2016, n. 17214/2016).
La complessità della questione controversa e l’esistenza di un contrasto interpretativo sulla medesima, risolto dalla giurisprudenza di legittimità solo in corso di causa, giustificano l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.
Tali sono i motivi della presente decisione.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando,
disattesa ogni diversa istanza, deduzione ed eccezione, così provvede:
– accoglie l’opposizione e, per l’effetto, dichiara non dovute dalla parte ricorrente all’INPS le somme richieste per l’anno 2011 con la nota ricevuta il 15/09/2017, a titolo di contributi, sanzioni e accessori, per intervenuta prescrizione ed indicate nell’avviso di addebito impugnato e ne ordina la cancellazione dei relativi titoli dai ruoli esattoriali;
– dispone la cancellazione dell’iscrizione alla Gestione Separata di cui all’art.2, comma 26, della legge n. 335 del 1995 con decorrenza dal 01°/01/2011;
– compensa integralmente tra le parti le spese processuali.
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