TRIBUNALE DI CASSINO – Ordinanza 21 giugno 2021, n. 206

Pensioni – Lavoratori marittimi – Requisiti per la pensione di vecchiaia – Previsioni che non consentono di calcolare tale pensione, escludendo dal computo, a ogni effetto, il prolungamento contributivo di cui all’art. 24 della legge n. 413 del 1984, qualora tale calcolo porti a un risultato più favorevole per l’interessato. – Legge 29 maggio 1982, n. 297 (Disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica), art. 3, comma ottavo, in combinato disposto con l’art. 24 della legge 26 luglio 1984, n. 413 (Riordinamento pensionistico dei lavoratori marittimi).

l giudice A.G., a scioglimento della riserva che precede, letti gli atti ed esaminati i documenti di causa, rilevato che, con ricorso depositato presso la Cancelleria dell’intestato Tribunale in data 12 novembre 2019, introduttivo all’odierna controversia, E.D., già titolare di pensione di vecchiaia I.N.P.S. cat. VO n. 10086220 con decorrenza 1° gennaio 2019, lamenta l’errata attribuzione da parte dell’Istituto, ai fini del calcolo della pensione, del c.d. prolungamento contributivo previsto dall’art. 24 della legge n. 413/84 (corrispondente ai giorni di sabato, domenica, festivi ed ai giorni di ferie trascorsi durante l’imbarco), ricadente nelle ultime duecentosessanta settimane contributive prese a riferimento per il calcolo della retribuzione media settimanale pensionabile e commisurato al periodo di effettiva navigazione svolto, chiedendo che l’I.N.P.S venga condannato alla corresponsione a suo favore del trattamento pensionistico nell’importo dovuto, debitamente ricalcolato;

che l’I.N.P.S., costituendosi in giudizio, afferma che la retribuzione media annua è stata liquidata applicando, ai sensi dell’art. 24 legge 26 luglio 1984 n. 413, un prolungamento del periodo assicurativo oltre la data di cessazione dell’attività lavorativa e dunque aumentando il numero dei contributi complessivi, ma diminuendo l’importo della retribuzione media annua degli ultimi cinque anni rispetto a quella risultante sulla base dei contributi effettivamente maturati in costanza del rapporto di lavoro e che tale normativa è volta a favorire il raggiungimento del requisito contributivo utile per il riconoscimento del diritto alla pensione e non può essere utilizzata da chi è già titolare di pensione per trarre diversi vantaggi, quali quello di ottenere un ricalcolo più favorevole della prestazione stessa;

che nel richiamato ricorso introduttivo parte attrice prospetta l’incostituzionalità della normativa applicata dall’I.N.P.S., specificatamente indicata nell’art. 3 comma 8 legge n. 297/1982 e nell’art. 24 I e IV comma legge n. 413/1984 (Riordinamento pensionistico dei lavoratori marittimi) per violazione degli articoli 3, 36, 38 della Corte Costituzionale, nella parte in cui non consentono che la pensione di vecchiaia venga calcolata escludendo dal computo il prolungamento previsto dal suddetto art. 24, qualora l’assicurato, con la suddetta esclusione, conservi il diritto a pensione ed il calcolo risulti più favorevole al medesimo;

Osserva

che la prospettata questione di costituzionalità è indubbiamente rilevante, emergendo dalla documentazione in atti (doc. 2 ric. – non contestata) che il ricorrente ha maturato nell’assicurazione obbligatoria un numero di contributi che sommati a quelli effettivi maturati nella previdenza marinara, superano abbondantemente il minimo previsto per il conseguimento del diritto al pensionamento di vecchiaia;

che è pacifico tra le parti nonché documentato in atti che l’applicazione del prolungamento di cui all’art. 24 legge n. 413/1984 viene ad incidere in modo significativo nel calcolo della retribuzione media rivalutata relativa agli ultimi cinque anni di contribuzione, determinando una diminuzione dell’importo della pensione mensile che il ricorrente avrebbe diritto a percepire se non fosse stato applicato il citato prolungamento;

che pertanto, ove la normativa impugnata venisse dichiarata costituzionalmente illegittima, la domanda del ricorrente dovrebbe essere accolta;

che invero la questione appare anche, ad avviso di questo giudicante, non manifestamente infondata con riferimento agli artt. 3, 36 e 38 comma secondo della Costituzione;

che l’art. 3 della legge 29 maggio 1982 n. 297 (Disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica) è già stata oggetto di diverse pronunce della Corte costituzionale e precisamente:

della sentenza 26 maggio 1989 n. 307 con cui la Corte ha dichiarato «l’illegittimità costituzionale dell’ottavo comma dell’art. 3 della legge 29 maggio 1982 n. 297 (Disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica), nella parte in cui non prevede che, in caso di prosecuzione volontaria nell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed superstiti da parte del lavoratore dipendente che abbia già conseguito in costanza di rapporto di lavoro la prescritta anzianità assicurativa e contributiva, la pensione liquidata non possa comunque essere inferiore a quella che sarebbe spettata a raggiungimento dell’età pensionabile sulla base della sola contribuzione obbligatoria»;

della successiva sentenza 18 novembre 1992 n. 428 con cui la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del citato comma ottavo dell’art. 3 «nella parte in cui non consente, in caso di pensione di anzianità, che dopo il raggiungimento pensionabile, la pensione debba essere ricalcolata sulla base della sola contribuzione obbligatoria qualora porti ad un risultato più favorevole per l’assicurato»;

della sentenza 30 giugno 1994 n. 264 con cui la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del medesimo art. 3 ottavo comma, «nella parte in cui non prevede che, nel caso di esercizio, durante l’ultimo quinquennio di contribuzione, di attività lavorativa meno retribuita da parte di un lavoratore che abbia già conseguito la prescritta anzianità contributiva, la pensione liquidata non possa essere comunque inferiore a quella che sarebbe spettata, al raggiungimento dell’età pensionabile, escludendo dal computo, ad ogni effetto, i periodi di minore retribuzione, in quanto non necessari ai fini del requisito dell’ anzianità contributiva minima;

infine, della sentenza 23 dicembre 1997 n. 427, con la quale la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, ottava comma, della legge 29 maggio 1982, n. 297 (Disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica) e dell’art. 25, primo e quarto comma, della legge 26 luglio 1984, n. 413 (Riordinamento pensionistico dei lavoratori marittimi), «nella parte in cui non consentono che la pensione di vecchiaia venga calcolata escludendo dal computo, ad ogni effetto, il prolungamento previsto dal citato art. 25, qualora l’assicurato – nonostante siffatta esclusione – abbia maturato i requisiti per detta pensione ed il relativo calcolo porti ad un risultato per il medesimo più favorevole»;

che anche nel caso portato all’esame di questo giudicante, come nelle ipotesi già portate al vaglio della Corte costituzionale, gli effetti derivanti dalla disciplina contenuta nell’art. 3 comma ottavo legge n. 287/1982 (nella specie in combinato disposto con l’art. 24 legge n. 413/1984) risultano irrazionali e privi di giustificazione;

che infatti, come espressamente accertato dalla Corte con l’ultima delle richiamate sentenze «a tal fine è sufficiente richiamare le varie precedenti pronunzie con le quali la Corte ha già avuto occasione di constatare ripetutamente i paradossali effetti ai guai può condurre l’art. 3, ottavo comma, della legge 29 maggio 1982, n. 297, nei casi in cui la prosecuzione della contribuzione previdenziale, successiva a quella obbligatoria già versata in misura tale da radicare di per sé il diritto a pensione, determini, nonostante il maggior apporto contributivo, una riduzione del trattamento pensionistico e, in definitiva, un peggioramento di esso rispetto a quello che l’assicurato avrebbe goduto ove non fosse stata accreditata l’ulteriore contribuzione» (Corte costituzionale sentenza 23 dicembre 1997 n. 427);

che «tale depauperamento, incidendo …sulla proporzionalità tra il trattamento pensionistico e la quantità e la qualità del lavoro prestato durante il servizio attivo, viola anche l’art. 36, oltre che il principio di adeguatezza dì cui all’art. 38 secondo comma della Costituzione» (Corte costituzionale 38 giugno 1994 n. 264);

che si tratta di una questione riconducibile alla stessa ratio decidendi delle menzionate pronunzie, nel senso che «nella fase successiva al perfezionamento del requisito minimo contributivo, l’ulteriore contribuzione (qualunque ne sia la natura: obbligatoria, volontaria o figurativa) è destinata unicamente ad incrementare il livello di pensione già consolidatosi, senza mai poter produrre l’effetto opposto di compromettere la misura della prestazione potenzialmente maturata in itinere» (Corte costituzionale 38 giugno 1994 n. 264);

che non può essere intrapresa la strada dell’interpretazione costituzionalmente orientata, ostandovi l’univoco tenore letterale della norma impugnata che deve pertanto impone il ricorso al sindacato di legittimità costituzionale (Corte Cost. n. 78/1989 e n. 26/2016), anche in considerazione di quanto affermato dalla Corte con la recente sentenza n. 82 del 2017, laddove la Corte ha dichiarato: «Inoltre, le pronunce di questa Corte, nel vagliare l’art. 3, ottavo comma, della legge n. 297 del 1982, hanno sempre ponderato le peculiarità delle fattispecie di volta in volta scrutinate (la contribuzione volontaria, con riferimento alle diversificate discipline di settore, i periodi di minore retribuzione, l’integrazione salariale) nei rapporti con la determinazione della retribuzione pensionabile (sentenze n. 433, n. 432 e n. 201 del 1999, sentenze n. 427 del 1997, n. 388 del 1995, n. 264 del 1994, n. 428 del 1992 e n. 307 del 1989. Le pronunce menzionate, pur presupponendo una ratio decidendi unitaria, intervengono in maniera puntuale sulla normativa applicabile, con valutazioni calibrate sulla specificità delle molteplici situazioni coinvolte»;

che pertanto appare non manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 36 e 38 comma secondo della Costituzione delle disposizioni sopra richiamate nella parte in cui tali norme non consentono che, nel caso dell’assicurato che abbia maturato i requisiti per la pensione di vecchiaia senza applicazione dei prolungamento di cui al citato art. 24, la pensione venga calcolata escludendo dal computo, ad ogni effetto, tale prolungamento, qualora tale calcolo porti ad un risultato più favorevole per l’interessato;

P.Q.M.

Dichiara rilevante e non manifestamente infondata per contrasto con gli articoli 3, 36 e 38 comma secondo, della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 3, comma ottavo, legge 29 maggio 1982 (Disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica) e dell’art. 24 legge 26 luglio 1984 n. 413 (Riordinamento pensionistico dei lavoratori marittimi) nella parte in cui tali norme non consentono che la pensione di vecchiaia venga calcolata escludendo dal computo, ad ogni effetto, il prolungamento previsto dal citato art. 24, qualora l’assicurato abbia maturatati con tale esclusione i requisiti per la pensione di vecchiaia e tale calcolo porti ad un risultato più favorevole per l’interessato;

Ai sensi dell’art. 23 legge 11 marzo 1953 n. 87, sospende il presente procedimento ed ordina trasmettersi gli atti alla Corte costituzionale;

Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio del Ministri e sia altresì comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.