Tribunale di Civitavecchia sentenza n. 69 depositata il 12 febbraio 2018
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – SICUREZZA SUL LAVORO – AMIANTO – BENEFICIO PENSIONISTICO – ESPOSIZIONE A POLVERI D’AMIANTO
Fatto/Diritto
Con ricorso depositato in data 27.6.2014 l’istante in epigrafe indicato ha chiesto, previo accertamento dell’esposizione all’amianto sin dall’assunzione ovvero dal 1.7.1982 sino al 31.12.1995, la declaratoria del proprio diritto all’applicazione del beneficio previdenziale di cui all’art. 13, comma 8, della L. n. 257 del 1992 e, per l’effetto, la condanna dell’Istituto di previdenza sociale all’accreditamento dei relativi contributi moltiplicando per il coefficiente di 1,5 – o, in subordine, di 1,25 – l’intero periodo di esposizione, con il conseguente adeguamento della posizione pensionistica, con maggiorazione dei relativi ratei, oltre accessori e spese.
A sostegno della domanda, il ricorrente ha riferito di aver lavorato dal 1.7.1982 alle dipendenze dell’E. S.P.A. – stabilimento di Ca. con la qualifica di operatore di produzione, addetto alla manutenzione e sezione esercizio, operativo all’interno della miniera e nella centrale termoelettrica di Santa Barbara. Più precisamente fino al 31.12.1995 presso il gruppo minerario di Santa Barbara e successivamente presso la centrale elettrica di Montalto di Castro.
In ragione dell’attività di lavoro svolta in esposizione ad amianto, il ricorrente inoltrava domanda all’Inail in data 11.5.2004 che veniva negata relativamente al periodo espletato alle dipendenze di E. presso la centrale elettrica di Montalto di Castro con lettera del 14.7.2005.
In data 26.3.2013, l’istante chiedeva pertanto all’Inps di Viterbo, la rivalutazione della posizione contributiva ex art. 13 comma 8, della L. n. 257 del 1992, cui seguiva, in assenza di determinazioni da parte dell’ente, ricorso amministrativo al Comitato Provinciale Inps, rimasta senza riscontro.
Pertanto adiva l’Inps per il riconoscimento giudiziale.
Instauratosi il contraddittorio, l’Inps ha eccepito preliminarmente la decadenza dal diritto azionato e l’improponibilità della domanda. Nel merito, ha contestato la fondatezza del ricorso, evidenziando l’onere probatorio incombente sul ricorrente.
Acquisita la documentazione prodotta, escussi i testi ed esperita consulenza tecnica d’ufficio ed acquisita consulenza tecnica svolta in altri processi ed elaborata in favore di colleghi di lavoro del ricorrente riguardanti i medesimi luoghi di lavoro e le medesime mansioni, all’odierna udienza il giudice ha deciso dando contestuale lettura delle seguenti ragioni.
Preliminarmente deve ritenersi priva di rilievo giuridico l’eccezione di improponibilità, avendo, il ricorrente, prodotto l’istanza amministrativa ricevuta dall’Inps il 28.3.2013.
Né può essere accolta l’eccezione di decadenza.
Con riferimento alla disciplina di cui all’art. 47 del D.P.R. n. 639 del 1970, va, infatti, osservato che il presente ricorso è stato depositato il 27.6.2014, dunque entro il termine di 3 anni e 300 giorni dalla presentazione della domanda amministrativa.
Né parimenti è incorso il ricorrente, ad avviso del giudice, nella decadenza prevista dall’art. 47 della L. n. 326 del 2003, considerato che tale ultima norma prevede, per i soggetti destinatari di tale norma, l’obbligo di presentare la domanda all’Inail entro e non oltre il 15 giugno 2005.
Deve osservarsi quindi che la normativa è stata correttamente applicata atteso che il ricorrente ha presentato la domanda all’Inail per il riconoscimento dei benefici in data 11.5.2004.
Passando all’esame del merito, giova rammentare che – secondo il consolidato e condivisibile orientamento della S.C. in subiecta materia – il disposto del comma 8 dell’art. 13 della L. n. 257 del 1992 deve essere interpretato, in ragione dei criteri ermeneutici letterale, sistematico e teleologico, nel senso che il beneficio in questione va attribuito unicamente agli addetti a lavorazioni che presentano valori di rischio per esposizione a polveri d’amianto superiori a quelli consentiti dagli artt. 24 e 31 D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277 (cfr., ex multis, Cass. 4913/2001, Cass. 8859/2001, Cass. 2926/2002, Cass. 10114/2002, Cass. 10185/2002, Cass. 7084/2002, Cass. 997/2003, Cass. 16256/2003, Cass. 2004/21862, Cass. 16118/2005; Cass. 400/2007, che ha precisato che il disposto dell’art. 13, ottavo comma, della L. n. 257 del 1992 va interpretato nel senso che l’esposizione all’amianto ivi prevista è identificabile con un’esposizione superiore al valore di 0,1 fibre per centimetro cubo di cui all’art. 24, terzo comma, del D.Lgs. n. 277 del 1991, successivamente abrogato dall’art. 5 del D.Lgs. n. 257 del 2006; conformi, successivamente, Cass. 18945/2007, Cass. 29660/2008 e Cass. 849/2009, Cass. 17916/2010, in motivazione, Cass. 21089/2010, Cass. 17753/2011).
Al fine di ottenere l’attribuzione della maggiorazione contributiva di cui si discute è necessario, pertanto, accertare, da un lato, che l’esposizione all’amianto sia stata superiore, per intensità, alla suddetta soglia, e segnatamente ad numero di fibre per centimetro cubo, in rapporto ad un periodo di riferimento di otto ore, pari a 0,1, ovvero a 100 fibre per litro; dall’altro, che tale esposizione si sia protratta per oltre un decennio.
Nel caso in esame, va in primo luogo rilevato che l’Inps non ha specificamente e puntualmente contestato le mansioni svolte dal ricorrente, né il periodo di lavoro (risultante anche dalla documentazione in atti) e la descrizione delle fasi di lavoro contenute nell’atto introduttivo, limitandosi a formulare contestazioni generiche.
Inoltre, nel corso del giudizio, venivano escussi i colleghi di lavoro M.M. e G.P. che hanno entrambi confermato le mansioni del ricorrente ovvero che nel primo periodo (1.7.1982-estate 1991) era aiutante di squadra produzione e manutentore provetto a contatto con macchine ed argani composti di amianto e nel secondo periodo (estate 1991-31.12.1995) era addetto ai servizi comuni e alle manovre degli impianti, operando sulle coibentazioni in amianto, sui rivestimenti delle centrali e dei bruciatori.
Confermavano altresì l’uso dei guanti in amianto per la pulizia dei bruciatori e la presenza dell’amianto nei componenti degli escavatori, nastri trasportatori e nei ferodi dei freni.
In ordine infine alla misura di esposizione, va osservato che il consulente nominato nel corso del giudizio ha accertato che il ricorrente è stato esposto ad una concentrazione di fibre d’amianto aerodisperse, mediate nell’arco delle ore e degli anni lavorativi, in misura superiore a 0,1 ff per centimetro cubo negli anni dal 1.7.1982 sino al 31.12.1995 oltre ad essere dotato di guanti in amianto quale Dispositivo di Protezione Individuale. Le conclusioni del ctu, che peraltro non sono state oggetto di specifica contestazione, sono condivisibili, in quanto sorrette da un accurato esame delle mansioni svolte dal ricorrente e dei luoghi di lavoro, della documentazione prodotta e dei dati risultanti dalla letteratura scientifica.
Può, pertanto, ritenersi, alla stregua dei descritti elementi istruttori, che il ricorrente è stato esposto ad amianto – in misura superiore alla soglia giuridicamente rilevante, secondo l’impostazione sopra esposta, ai fini del riconoscimento della rivalutazione contributiva per cui è causa (100 fibre per litro, ovvero 0,1 fibre per cm. cubo) – dal 1.7.1982 sino al 31.12.1995.
Quanto all’individuazione del coefficiente da applicare per l’accreditamento dei contributi, come noto, l’art. 13, comma 8, della L. n. 257 del 1992 prevede che, per i soggetti esposti all’amianto per un periodo superiore a dieci anni, l’intero periodo di esposizione venga moltiplicato per il coefficiente di 1,5 ai fini delle prestazioni pensionistiche.
L’art. 47 D.P.R. n. 639 del 1970 citato – dopo aver previsto, al comma 1, a decorrere dal 1 ottobre 2003, la riduzione del coefficiente stabilito dall’articolo 13 L. n. 257 del 1992 da 1,5 a 1,25 e la sua rilevanza ai soli fini della determinazione dell’importo delle prestazioni pensionistiche e non della maturazione del diritto di accesso alle medesime – ha stabilito, al comma 5, che i lavoratori che intendano ottenere il riconoscimento dei benefici di cui al comma 1 devono presentare, a pena di decadenza, domanda alla Sede Inail di residenza entro 180 giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto interministeriale di cui al successivo comma 6 (cioè entro il 15.6.2005), decreto cui è stata demandata, è bene sottolinearlo, esclusivamente la disciplina delle modalità di attuazione delle disposizioni di cui all’art. 47 D.P.R. n. 639 del 1970 stesso; al comma 6-bis, che “Sono comunque fatte salve le previgenti disposizioni per i lavoratori che abbiano già maturato, alla data di entrata in vigore del presente decreto, il diritto di trattamento pensionistico anche in base ai benefici previdenziali di cui all’articolo 13, comma 8, della L. 27 marzo 1992, n. 257, nonche’ coloro che alla data di entrata in vigore del presente decreto, fruiscono dei trattamenti di mobilità, ovvero che abbiano definito la risoluzione del rapporto di lavoro in relazione alla domanda di pensionamento”.
Il successivo art. 3, comma 132, della L. 27 dicembre 2003, n. 350, ha, peraltro, stabilito che “in favore dei lavoratori che abbiano già maturato, alla data del 3 ottobre 2003, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all’art. 13, comma 8, della L. 27 marzo 1992,n. 257, e successive modificazioni, sono fatte salve le disposizioni previgenti alla medesima data del 2 ottobre 2003. La disposizione di cui al primo per1iodo si applica anche a coloro che hanno avanzato domanda di riconoscimento all’INAlL o che ottengono sentenze favorevoli per cause avviate entro la stessa data. Restano salve le certificazioni già rilasciate dall’INAlL…
La Suprema Corte – dalle cui conclusioni non v’è motivo di discostarsi – ha chiarito che la disposizione da ultimo citata va interpretata nel senso che:
• a) per maturazione del diritto deve intendersi la maturazione del diritto a pensione;
• b) tra coloro che non hanno ancora maturato il diritto a pensione, la salvezza concerne esclusivamente gli assicurati che, alla data indicata, abbiano avviato un procedimento amministrativo o giudiziario per l’accertamento del diritto alla rivalutazione contributiva (cfr. Cass., sez. lav., 18 novembre 2004, n. 21862; Cass., sez. lav., 15 luglio 2005, n. 15008 e Cass., sez. lav., 11 luglio 2006, n. 15679).
Quanto alla normativa applicabile, poi, risulta pacifico che alla data del 2 ottobre 2003 il ricorrente non aveva presentato all’Inail una domanda amministrativa volta all’accertamento dell’esposizione all’amianto (in quanto come si è visto l’ha presentata solo in data 26.3.2013) né aveva promosso un procedimento giudiziario.
Neppure può dirsi sussistente, la terza ipotesi in cui la legge fa salva l’applicazione della normativa previgente: dall’estratto contributivo depositato in giudizio non risulta, infatti, che il ricorrente avesse maturato il diritto a pensione alla data del 2 ottobre 2003 (anche moltiplicando il montante contributivo a quella data maturato per 1,5, così come previsto dalle norma vigente in quel momento). Ed, infatti, posto che il ricorrente è nato il (omissis…), alla data del 2 ottobre 2003 aveva 43 anni e, dunque, poteva conseguire il diritto a pensione soltanto con 37 anni di contributi (ma invece ne aveva maturati solo 22 e 9 mesi effettivi, di cui moltiplicati i 13 anni e 6 mesi di esposizione all’amianto per 1,5 ha maturato 29 anni circa).
Pertanto, risulta applicabile al caso di specie la disciplina successiva alle modifiche apportate dal D.L. n. 269 del 2003, conv nella L. n. 326 del 2003, con conseguente rigetto della domanda avanzata in via principale dal ricorrente.
La domanda subordinata (volta a richiedere l’applicazione del beneficio previsto dalla nuova normativa) è invece fondata e va accolta.
Va, pertanto, riconosciuto il diritto del ricorrente alla rideterminazione dell’importo delle prestazioni pensionistiche con applicazione del coefficiente 1,25 ai sensi dell’art. 47 del D.L. n. 269 del 30 settembre 2003, relativamente al periodo lavorativo dal 1.7.1982 sino al 31.12.1995.
Per l’effetto l’INPS va condannata a liquidare ed erogare in favore del ricorrente le conseguenti prestazioni, maggiorate degli interessi legali sui ratei arretrati.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo da distrarsi in favore del procuratore di parte ricorrente, dichiaratosi antistatatario. Le spese di ctu – liquidate come da separato decreto – seguono anch’esse la soccombenza.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, così decide:
accerta il diritto del ricorrente alla rideterminazione dell’importo delle prestazioni pensionistiche con applicazione del coefficiente 1,25 ai sensi dell’art. 47 del D.L. n. 269 del 30 settembre 2003, relativamente al periodo lavorativo dal 1.7.1982 sino al 31.12.1995 e per l’effetto condanna l’INPS a liquidare ed erogare le conseguenti prestazioni, maggiorate degli interessi legali sui ratei arretrati.
PQM
• Condanna l’INPS al pagamento in favore del ricorrente delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi oltre iva e cpa come per legge, da distrarsi in favore del procuratore antistatario;
• Pone definitivamente a carico dell’Inps le spese di C.T.U., liquidate come da separato decreto.
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