TRIBUNALE DI GENOVA – Ordinanza 30 gennaio 2013
Locazione di immobili urbani – Contratti di locazione ad uso abitativo, comunque stipulati, non registrati entro il termine stabilito dalla legge – Disciplina applicabile a decorrere dalla (tardiva) registrazione – Durata quadriennale del contratto (con rinnovo automatico alla scadenza) e canone annuo pari al triplo della rendita catastale (con adeguamento ISTAT dal secondo anno) in sostituzione del maggior importo eventualmente convenuto dalle parti – Federalismo fiscale – Denunciata estraneità ai principi e criteri direttivi della legge n. 42 del 2009 – Contrasto con i principi dello Statuto dei diritti del contribuente, richiamati tra quelli della delega – Eccesso di delega – Irragionevole disparità di trattamento tra contratti di locazione ad uso abitativo e ad uso commerciale, nonché fra conduttore e locatore solidalmente obbligati a chiedere la registrazione – Ingiustificata applicabilità “delle medesime sanzioni sia in caso di omessa registrazione del contratto, sia in caso di registrazione di un contratto prevedente un canone inferiore a quello effettivo” – Irragionevole decremento del gettito delle imposte sui redditi e dell’imposta di registro, conseguente alla riduzione per almeno quattro anni dei canoni locatizi – Decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, art. 3, commi 8 e 9 – Costituzione, artt. 3 e 76
Nel procedimento di sfratto per morosità n. 13451/12 R.G. promosso da: C.A.. avv. A.T., attore-intimante;
Nei confronti di H.A.H.K. e J.M.L.M., avv. P.M., convenuti-intimati.
Con atto di intimazione di sfratto per morosità e contestuale citazione per la convalida, ritualmente notificato l’8 novembre 2012, C.A. conveniva in giudizio H.A.H.K. e J.M.L. M., esponendo:
di avere concesso ai convenuti in locazione ad uso abitativo l’immobile di sua proprietà situato in Genova, via Venezia n. 26/6, con contratto in data 1° luglio 2011, registrato all’Agenzia delle entrate di Genova il 14 dicembre 2011, per la durata di quattro anni decorrenti dal 1° luglio 2011 e per un corrispettivo mensile di 690 euro, di cui 630 euro a titolo di canone e 60 euro a titolo di acconto oneri accessori;
di avere ricevuto in data 22 novembre 2011 una raccomandata con cui l’odierno convenuto H.A. lo aveva informato di avere comunicato all’Agenzia delle entrate il rapporto di locazione e di ritenere pertanto che il contratto, ai sensi e per gli effetti del decreto legislativo n. 23/2011, decorresse dal 1° dicembre 2011 al canone annuo di 1812,75 euro, pretendendo di versare da quella data il canone mensile di 151,06 euro anziché quello di 630 euro;
che nei mesi di dicembre 2011 e gennaio 2012 i conduttori avevano versato rispettivamente 145,05 e 150 euro, mentre dal febbraio 2012 avevano versato 150 euro al mese e nulla per le spese; nell’estate 2012, a fronte della contestazione dell’esponente, avevano portato i versamenti mensili a 151,06 euro per canone e 60 euro per spese, coprendo anche le mensilità da febbraio 2012;
che, attesa la manifesta incostituzionalità della normativa richiamata dai conduttori, gli stessi dovevano essere considerati morosi (a prescindere dai canoni di dicembre 2011 e gennaio 2012, già oggetto di altro giudizio) a titolo di canone, per i mesi da febbraio a ottobre 2012 compresi, per l’importo di 4.310,46 euro.
In particolare, parte intimante rilevava l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, commi 8, 9 e 10 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, per violazione degli articoli 3, 41, 42, 47, 53 e 76 Cost; concludeva, quindi, chiedendo la convalida dello sfratto per morosità, nonché, in caso di opposizione, la pronuncia di ordinanza provvisoria di rilascio ex art. 665 del codice di procedura civile «previa occorrendo rimessione degli atti alla Corte Costituzionale».
All’udienza di convalida del 7 dicembre 2012 i conduttori convenuti si costituivano in giudizio, depositando comparsa con cui si opponevano alla convalida; deducevano che:
il contratto di locazione in data 1° luglio 2011 non è stato registrato nei termini di legge e quindi, ai sensi dell’art. 1, comma 346 , legge n. 311/2004 lo stesso era nullo;
di avere, anche al fine di evitare la declaratoria di nullità, comunicato in data 1° dicembre 2011 all’Agenzia delle entrate l’esistenza del rapporto di locazione in oggetto, in conformità di quanto statuito dal decreto legislativo n. 23/2011;
di avere pertanto versato dal dicembre 2011 il canone di locazione nella misura determinata ex lege pari a tre volte la rendita catastale e cioè a 1812,75 euro annui;
che non sussisteva alcuna morosità, avendo essi, in conformità dell’art. 3, comma 8, decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 231, registrato volontariamente in data 1° dicembre 2011 il contratto stipulato il 1° luglio 2011.
Ciò premesso, la questione di illegittimità costituzionale dell’art. 3, commi 8, 9 e 10, decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, deve ritenersi rilevante ai fini della presente causa, in quanto dalla sua risoluzione dipendono tanto la concessione della chiesta ordinanza ex art. 665 del codice di procedura civile, quanto la decisione sulle domande di merito di risoluzione del contratto locatizio per inadempimento e di condanna al pagamento dei canoni.
Tale questione non appare, inoltre, manifestamente infondata sotto diversi profili; innanzitutto, sotto il profilo del contrasto con l’art. 76 Cost. per violazione della legge-delega 5 maggio 2009, n. 42.
Il decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 «Disposizioni in materia di federalismo fiscale» è stato emanato in attuazione delle delega contenuta nella legge 5 maggio 2009, n. 42 «Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’art. 119 della Costituzione», espressamente richiamata in preambolo con specifico riferimento agli articoli 2, comma 2, 11, 12, 13, 21 e 26 della legge medesima.
I commi 8, 9 e 10 dell’art. 3 del decreto legislativo n. 23/2011, stabiliscono: «8. Ai contratti di locazione degli immobili ad uso abitativo, comunque stipulati, che, ricorrendone i presupposti, non sono registrati entro il termine stabilito dalla legge, si applica la seguente disciplina: a) la durata della locazione è stabilita in quattro anni a decorrere dalla data della registrazione, volontaria o d’ufficio; b) al rinnovo si applica la disciplina di cui all’art. 2, comma 1, della citata legge n. 431 del 1998; c) a decorrere dalla registrazione il canone annuo di locazione è fissato in misura pari al triplo della rendita catastale, oltre l’adeguamento, dal secondo anno, in base al 75 per cento dell’aumento degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli impiegati ed operai. Se il contratto prevede un canone inferiore, si applica comunque il canone stabilito dalle parti. 9. Le disposizioni di cui all’art. 1, comma 346, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, ed al comma 8 del presente articolo si applicano anche ai casi in cui: a) nel contratto di locazione registrato sia stato indicato un importo inferiore a quello effettivo; b) sia stato registrato un contratto di comodato fittizio.
10. La disciplina di cui ai commi 8 e 9 non si applica ove la registrazione sia effettuata entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto».
Anche senza operare un coordinamento di tale normativa con la precedente disciplina, il legislatore ha, pertanto, previsto, da un lato, con l’espresso richiamo contenuto nel comma 8 all’art. 1, comma 346 della legge n. 311/2004 («i contratti di locazione o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati»), la nullità del contratto di locazione ad uso abitativo non registrato e di quello registrato per un canone inferiore a quello effettivo nonché delle locazioni abitative dissimulate da comodati fittizi, e, dall’altro, a far data dalla registrazione tardivamente intervenuta, volontaria o d’ufficio, una sorta di sostituzione/conversione del contratto nullo in un altro contratto avente lo schema legale dei contratti ordinari di cui all’art. 2, comma 1, legge n. 431/1998 quanto alla durata (4+4) e con un canone annuo ridotto in misura pari al triplo della rendita catastale, con possibilità di aggiornamento, a decorrere dal secondo anno, nella misura del 75% degli indici istat. Non hanno alcuna attinenza con il contenuto dei commi 8, 9 e 10 in oggetto i seguenti articoli della legge delega, espressamente richiamati dal decreto legislativo n. 23/2011: l’art. 11, avente ad oggetto «principi e criteri direttivi concernenti il finanziamento delle funzioni di comuni, province e città metropolitane»; l’art. 12, contenente «principi e criteri direttivi concernenti il coordinamento e l’autonomia di entrate degli enti locali»; l’art. 13, che prevede «principi e criteri direttivi concernenti l’entità e il riparto dei fondi perequativi per gli enti locali»; l’art. 21, che detta «norme transitorie per gli enti locali».
Le uniche norme della legge delega che fanno riferimento al «contrasto all’evasione e all’elusione fiscale» sono gli articoli 2, comma 2 e 26, cui tuttavia appaiono del tutto estranee le disposizioni di cui all’art. 3, commi 8, 9 e 10 del decreto legislativo n. 23/2011; infatti, ai sensi del secondo comma dell’art. 2 gli emanandi decreti legislativi dovevano essere informati «ai seguenti principi e criteri direttivi generali: … d) coinvolgimento dei diversi livelli istituzionali nell’attività di contrasto all’evasione e all’elusione fiscale prevedendo meccanismi di carattere premiale» e l’art. 25, intitolato «Contrasto dell’evasione fiscale», specifica che «I decreti legislativi di cui all’art. 2, con riguardo al sistema gestionale dei tributi e delle compartecipazioni, nel rispetto dell’autonomia organizzativa delle regioni e degli enti locali nella scelta delle forme di organizzazione delle attività di gestione e di riscossione, sono adottati secondo seguenti principi e criteri direttivi: a) previsione di adeguate forme di reciproca integrazione delle basi informative di cui dispongono le regioni, gli enti locali e lo Stato per le attività di contrasto dell’evasione dei tributi erariali, regionali e degli enti locali, nonché di diretta collaborazione volta a fornire dati ed elementi utili ai fini dell’accertamento dei predetti tributi; b) previsione di adeguate forme premiali per le regioni e gli enti locali che abbiano ottenuto risultati positivi in termini di maggior gettito derivante dall’azione di contrasto dell’evasione e dell’elusione fiscale».
La legge delega n. 42/2009 appare violata anche nella parte in cui, al già citato comma 2 dell’art. 2, prevedeva che gli emanandi decreti legislativi fossero informati «ai seguenti principi e criteri direttivi generali: … c) rispetto dei principi sanciti dallo statuto dei diritti del contribuente di cui alla legge 27 luglio 2000, n. 212».
L’art. 10, comma 3 dello statuto dei diritti del contribuente di cui alla legge 27 luglio 2000, n. 212, stabilisce, infatti, che «Le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto».
La questione di legittimità dei commi 8, 9 e 10 in oggetto non appare, inoltre, manifestamente infondata sotto il profilo del contrasto con l’art. 3 Cost.
Considerato che la ratio della disciplina introdotta da tali articoli è non soltanto quella di evitare l’evasione dell’imposta di registro, ma, soprattutto, quella di ridurre le possibilità di evasione dell’imposta sui redditi, l’applicazione delle sanzioni da essi previste ai contratti di locazione di immobili ad uso abitativo e non a quelli ad uso diverso dall’abitativo dà luogo ad una differenza non giustificata da alcuna ragionevole scelta di politica legislativa.
Le norme in questione danno, altresì, luogo ad una disparità di trattamento tra locatore e conduttore, in quanto, nonostante, ai sensi dell’art. 8 della legge n. 392/1978 e dell’art. 10 della legge di registro (decreto del Presidente della Repubblica n. 634/1972), l’imposta di registro faccia carico in misura eguale ad entrambi, che sono obbligati in via solidale verso il fisco a richiedere la registrazione, esse sanzionano il primo e premiano il secondo, sostituendo al canone pattuito quello, irrisorio, risultante dalla triplicazione della rendita catastale dell’immobile locato per, almeno, quattro anni.
Appare, ancora, in contrasto con l’art. 3 Cost. l’applicazione delle medesime sanzioni sia in caso di omessa registrazione del contratto sia in caso di registrazione di un contratto prevedente un canone inferiore a quello effettivo.
Appare, infine, irragionevole in quanto, comportando per almeno quattro anni la riduzione dei canoni locatizi, determina per lo stesso periodo un inferiore gettito erariale da imposte sui redditi e da imposta annuale di registro.
P.Q.M.
Visti gli articoli 134 e 137 Cost., 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi 8 e 9, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, per contrasto con gli articoli 3 e 76 Cost.
Ordina che il presente provvedimento, a cura della cancelleria, sia notificato alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei ministri nonché comunicato al Presidente del Senato e al Presidente della Camera dei deputati e, all’esito, sia trasmesso alla Corte costituzionale insieme al fascicolo processuale e con la prova delle avvenute regolari predette notificazioni e comunicazioni.
Sospende il presente giudizio.
—
Provvedimento pubblicato nella G.U. della Corte Costituzionale 17 luglio 2013, n. 29.
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