TRIBUNALE DI MANTOVA – Sentenza 11 novembre 2020, n. 490
Lavoratore posto in CIG a causa dell’emergenza sanitaria – Collocamento in ferie – Licenziamento per giustificato motivo oggettivo ex art. 3, L. 604/1966 – Chiusura sede operativa e successiva cessazione dell’attività dell’azienda – Nullità del licenziamento per violazione dell’art. 46 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18
Conclusioni
Per la parte ricorrente
In via principale: Accertare per i motivi e le causali sopra esposte l’illegittimità e/o la nullità del licenziamento intimato da (…) nei confronti della Sig.ra (…) con lettera del 09.06.2020 e, per l’effetto:
a. ordinare a (…), nella persona del legale rappresentante pro tempore, la reintegrazione della Sig.ra (…) nel posto di lavoro;
b. condannare (…), nella persona del legale rappresentante pro tempore, al risarcimento del danno pari ad un’indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto del giorno del licenziamento a quello dell’effettiva reintegra, oltre ad interessi e rivalutazione monetaria, in ogni caso non inferiore a cinque mensilità della retribuzione globale di fatto;
c. condannare al versamento di tutti i contributi previdenziali ed assistenziali dal giorno del licenziamento a quello dell’effettiva reintegra, oltre ad interessi e rivalutazione monetaria.
In via subordinata: nella denegata ipotesi in cui non si ritenesse applicabile quanto previsto dall’art. 2 del d.lgs. n. 23/2015, ordinare a (…) il ripristino del rapporto di lavoro con la Sig.ra (…) ed il pagamento del risarcimento del danno commisurato alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento a quello dell’effettiva riammissione in servizio.
In via ulteriormente subordinata: a. dichiarare risolto il rapporto di lavoro tra le parti dalla data del 30.06.2020; b. condannare la resistente a riassumere la Sig.ra (…) o in alternativa, a risarcirle il danno versandole un’indennità pari a sei mensilità della retribuzione globale di fatto, ovvero la diversa indennità ritenuta congrua, fatta salva la facoltà del ricorrente di poter “monetizzare il diritto alla riassunzione”, in analogia con quanto stabilito per il regime della tutela reale di cui all’art. 18 L. n. 300/70″, oltre ad interessi legali è rivalutazione monetaria dal dovuto al saldo (Cass. Civ., sez. lav. 05.01.01, n. 107, Cass. Civ., sez. lav., 10.12.98, n. 12442, C. Cost. n. 44/96). In ogni caso: Competenze professionali del presente giudizio interamente rifuse.
Esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
Con ricorso depositato in data 1.9.2020 (…) conveniva avanti al Tribunale di Mantova la (…) per sentire accogliere le conclusioni indicate in epigrafe.
Il procuratore della ricorrente esponeva:
che (…) è stata assunta da (…) – che svolge attività di commercio al dettaglio di abbigliamento e bigiotteria, con insegna “(…)” – in data 10.05.2018 con contratto di apprendistato professionalizzante, mansioni di “aiuto commessa” ed inquadrata nel livello 6° del CCNL Commercio con sede presso l’unità locale in (…);
che nel mese di marzo 2020 la ricorrente veniva posto in CIG a causa dell’emergenza sanitaria sino alla fine del mese di maggio; dal 01.06.2020 al 30.06.2020 veniva collocata in ferie e con comunicazione del 09.06.2020, il datore di lavoro le ha comunicato il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, precisando “Con la presente ci dispiace comunicarle che è emersa la necessità di risolvere il rapporto di lavoro ai sensi dell’art. 3 L. 604/1966 per giustificato motivo oggettivo per chiusura sede operativa sita in (…) (MN) e successiva cessazione dell’attività dell’azienda. Tenuto conto del periodo di preavviso previsto dalla legge e di contratto il rapporto cesserà alla data del 30.06.2020.”;
che in realtà la società resistente non ha cessato l’attività aziendale poiché non solo è ancora attivo il negozio (…) (MN) con insegna (…), dove lavorano ancora le colleghe (…), ma sono ad oggi ancora attivi i punti vendita di (…) (VR), (…) (BS) e (…) (BS): che ad oggi la ricorrente è priva di occupazione e la retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto è pari ad € 1.231,95 lordi, ai quali va aggiunta la quota di 13^ e 14^ mensilità per un importo lordo di € 1.437,27.
Tanto premesso eccepiva la nullità del licenziamento per violazione dell’art. 46 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (“Decreto Cura Italia”), convertito in L. n. 27/2020 e succ. integrazioni.
In via subordinata evidenziava che il licenziamento impugnato è motivato in maniera generica e non è sorretto da gmo ribadendo che sia la sede di Ostiglia che le altre sedi in provincia di Verona e Brescia sono tutt’ora aperte.
In ulteriore subordine eccepiva la violazione dell’obbligo di repecheage gravante sul datore di lavoro rilevando che la convenuta avrebbe potuto collocare il lavoratore in altre sedi lavorative.
Concludeva come sopra riportato.
(…) non si costituiva e, pertanto, verificata la regolarità della notifica del ricorso introduttivo e del pedissequo decreto di fissazione della prima udienza, veniva dichiarata contumace.
La causa, istruita mediante la documentazione versata in causa della parte, all’odierna udienza veniva discussa e decisa.
Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
Il divieto generalizzato di licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo è stato inizialmente introdotto dall’art. 46 del Decreto c.d. Cura Italia (D.L. n. 18/2020) fino alla data del 17 maggio 2020, è stato prorogato con il Decreto c.d. Rilancio (D.L. n. 34/2020) fino alla data del 17 maggio, è stata prorogato con il Decreto c.d. Rilancio (D.L. n. 34/2020) fino alla data del 17 agosto 2020 e nuovamente prorogato con l’art. 14 del c.d. decreto Rilancio 2 (D.L. 14 agosto 2020, n. 104) che consente di intimare licenziamenti per giustificato motivo oggettivo solo dopo aver concluso il periodo di ammortizzatori sociali previsti dall’art. 1 del Decreto o soltanto dopo aver fruito dell’agevolazione contributiva prevista dall’art. 3 del D.L. 104/2020.
Trattasi di una tutela temporanea della stabilità rapporti per salvaguardare la stabilità del mercato del sistema economico ed è una misura di politica del mercato del lavoro e di politica economica collegata ad esigenze di ordine pubblico.
Dal carattere imperativo e di ordine pubblico della disciplina del blocco dei licenziamenti consegue la nullità dei licenziamenti adottati in contrasto con la regola, con una sanzione ripristinatoria ex art. 18, 1° comma l. 300/1970 e ex art. 2 d.lgs. 23/2015 (derivando la nullità “espressamente” dall’art. 1418 c.c.).
La giurisprudenza prevalente ritiene applicabile al contratto di apprendistato la disciplina del licenziamento valevole per i contratti a tempo indeterminato stante l’assimilabilità del rapporto di apprendistato all’ordinario rapporto di lavoro con la conseguenza che la ricorrente, pacificamente licenziata in data 9.6.2020 in violazione del divieto di cui sopra, dovrà essere reintegrata nel posto di lavoro precedentemente occupato e (…) dovrà essere condannata al pagamento della retribuzione di riferimento per il calcolo del tfr (euro 1437,27 lordi) dalla data del licenziamento fino alla riammissione in servizio, ferma restando la facoltà della lavoratrice di optare per la indennità sostitutiva della reintegra.
Vi è da aggiungere, in ogni caso, che è noto che è onere del datore di lavoro provare la giusta causa o il giustificato motivo del licenziamento e nella fattispecie in esame nulla è stato dimostrato poiché (…) ha scelto di non costituirsi con la conseguenza che, a prescindere dalla legislazione d’emergenza, la ricorrente ha diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro perché il datore di lavoro non ha provato di aver cessato l’attività come enunciato nella lettera di licenziamento.
In definitiva, la domanda principia della ricorrente deve essere accolta.
Le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando, ogni altra istanza, eccezione e deduzione disattesa o assorbita, così provvede:
accoglie il ricorso e per effetto dichiara nullo il licenziamento intimato in data 9.6.2020 a (…) e condanna (…) in persona del legale rappresentante pro tempore, alla reintegrazione della lavoratrice nel posto di lavoro precedentemente occupato;
condanna la società convenuta al pagamento in favore della ricorrente di un’indennità commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR dal giorno del licenziamento a quello dell’effettiva reintegrazione, nonché al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali dal giorno del licenziamento a quello dell’effettiva reintegra;
condanna infine (…), in persona del legale rappresentante pro tempore, alla rifusione delle spese di lite sostenute da (…) che liquida in complessivi euro (…), oltre rimb. forf., iva e cpa di legge.
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