Tribunale di Napoli sentenza n. 3845 sez. 7 depositata il 6 aprile 2018
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – SICUREZZA SUL LAVORO – INFORTUNIO SUL LAVORO – RESPONSABILITA’ DEL DATORE DI LAVORO, COME PERSONA GIURIDICA – VIOLAZIONE DELLE NORME IN MATERIA DI SICUREZZA SUL LAVORO
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto di citazione diretta emesso dal Pubblico Ministero presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Napoli in data 27 aprile 2011, veniva disposto il giudizio, innanzi al Tribunale di Napoli in composizione monocratica, nei confronti di C.G., C.C. e L.C. in atti generalizzati, per rispondere dei reati loro ascritti in epigrafe.
All’udienza del 13 giugno 2012, dinanzi al D.D.S., verificata la regolare costituzione delle parti, dichiarata la contumacia degli imputati liberi non comparsi regolarmente avvisati, ammessa la costituzione di parte civile, rigettate le questioni preliminari così come sollevate dalla difesa, veniva dichiarato aperto il dibattimento.
Il P.M. chiedeva l’escussione dei propri testi di lista e l’acquisizione della documentazione così come specificata in atti.
La parte civile, si riservava il controesame dei testi di lista del P.m. e dei testi della difesa.
Le difese si riservavano il controesame dei testi di lista del p.m. e dei testi di lista della difesa.
Ammesse con ordinanza le prove così come richieste dalle parti, il processo veniva rinviato per l’escussione dei testi di lista del p.m.
All’udienza del 17 dicembre 2012, si procedeva all’esame dei testi di lista del P.M. D.E.A., parte offesa, e Brigadiere V.G., in servizio presso il CC Tenenza di Sant’Antimo e all’esito dell’esame, il processo veniva rinviato per il prosieguo dell’istruttoria dibattimentale.
All’udienza del 24 aprile 2013, si procedeva all’escussione dei testi D.M.F. e Dott. M.G. e all’esito dell’escussione dei suddetti testi il processo veniva rinviato per l’assenza degli altri testi di lista del p.m.
All’udienza del 4 maggio 2016, essendo mutata la persona dell’organo giudicante e non avendo le parti prestato il consenso all’utilizzabilità degli atti, si procedeva alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale.
P.m., parte civile e difese, si riportavano alle richieste dei mezzi di prova già formulati e ammessi con ordinanza dal giudice è veniva escusso il teste D.E.A..
All’esito dell’esame, il processo veniva rinviato per l’assenza degli altri testi il teste D.M.F. e il di lista del p.m.
All’udienza del 20 giugno 2016, veniva sentito processo veniva poi rinviato per il prosieguo dell’istruttoria dibattimentale.
All’udienza del 12 dicembre, all’esito dell’esame dei testi Maresciallo C.A. e Brigadiere V.G., entrambi in servizio presso la tenenza dei CC di Sant’Antimo e del teste Dott. M.G. e Geometra A.S., il processo veniva rinviato per il prosieguo dell’istruttoria dibattimentale.
All’udienza del 3 aprile 2017, all’esito dell’esecuzione del teste D.E.A., recitato per alcune delucidazioni in merito a quanto già dichiarato precedentemente, il processo veniva rinviato per l’esame degli imputati e discussione.
All’udienza dell’8 maggio 2017, all’esito dell’esame degli imputati C.G., C.C. e L.C., il processo veniva rinviato per escutere ex art. 307 c.p.p. il Maresciallo C.G., in servizio all’epoca dei fatti presso la Tenenza dei Carabinieri di Sant’Antimo e il processo veniva poi rinviato per il prosieguo dell’istruttoria dibattimentale.
All’udienza del 22 marzo 2018, dopo l’esame del teste C.V., ritenuta la causa sufficientemente istruita e matura per la decisione, veniva dichiarato chiuso il dibattimento.
P.m., parte civile e difesa concludevano così come riportato in epigrafe e il giudice all’esito delle conclusioni delle parti, pronunziava sentenza come da allegato dispositivo, riservandosi il deposito dei motivi nel termine di cui all’art. 544 3° comma c.p.p. di giorni 60.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Osserva questo giudice che le risultanze processuali hanno confermato la fondatezza dell’accusa elevata nei confronti dell’imputato C.G., in ordine al reato di cui all’art. 590 comma 3 in relazione all’art. 583 c.p. a lui ascritto, mentre si impone la formula di improcedibilità dell’azione penale per i restanti capi di imputazione per intervenuta prescrizione.
Per C.C. e L.C. e emersa la penale, responsabilità in ordine ai reati di cui ai capi g) ed h), per i motivi che si andranno qui di seguito ad illustrare.
Dalle dichiarazioni rese da D.E.A., è emerso che lo stesso il 7 luglio del 2010 a seguito dello smontaggio di un ponteggio per conto della ditta G. Costruzioni, sito in Via T., riportava delle lesioni. Il teste ha dichiarato che non era munito di cinture, né di casco protettivo e all’esito della caduta, riportava lesioni dichiarate guaribili in giorni 20 come da referto medico acquisito in atti.
Il teste Maresciallo C.A. a seguito dell’infortunio del D.E.A., procedeva, unitamente al collega, a fare i relativi accertamenti e a sentire a sommarie informazioni il titolare della ditta G.C.G. e a seguito del sopralluogo effettuato sul cantiere dove era avvenuto l’infortunio, si procedeva ad escutere a s.i. C.C. e L.C., i quali fornivano false indicazioni sul luogo dell’incidente, indicando il cantiere di Via A. e non quello di Via T. Ciò veniva riscontrato a seguito di un intervento fatto sul posto, in Via A., dove non vi era alcun cantiere.
Il teste M.G., in servizio presso l’ASL Napoli 2, ha dichiarato di aver effettuato un sopralluogo sul cantiere di Via A. e solo a seguito del mancato riconoscimento dello stato dei luoghi da parte del D.E., procedeva ad individuare l’altro cantiere in essere, ma del quale il D.E. non sapeva fornire indicazioni precise non conoscendone l’indirizzo.
A seguito degli accertamenti effettuati si procedeva a redigere due prescrizioni una per il cantiere di Via A. e l’altra per il cantiere di Via T., emergendo l’assenza di nomina del coordinatore della sicurezza in fase di progettazione delle opere.
Adempimento che è stato evaso solo successivamente dalla ditta G., non risultando all’ufficio sicurezza alcun permesso rilasciato.
Inoltre, non risultavano essere state fornite al dipendente le attrezzature previste per legge quali cinture di sicurezza e caschi.
Il Maresciallo C., a seguito degli accertamenti effettuati, riscontrava che il cantiere indicato in Via A. dal C.C. e L.C., non era quello dove era accaduto l’infortunio e solo a seguito delle relative indagini esperite si risaliva al cantiere di Via T.
All’esito del dibattimento, osserva questo giudice che l’esame dei testi, assolutamente credibili per la chiarezza e coerenza della loro deposizione e per la loro competenza nelle rispettive materie e la denuncia-querela sporta da D.E.A., il referto ospedaliero relativo alle lesioni subite dallo stesso portano a ritenere integrato il reato, ascritto all’imputato C.G., sussistendo tutti gli elementi della fattispecie criminosa contestata.
Infatti, dal punto di vista oggettivo risulta assolutamente provato che il D.E. non era stato fornito delle attrezzature di protezione previste dalla legge.
Essa prevede dunque espressamente l’obbligo a carico del datore di lavoro di predisporre a favore del lavoratore tutto quanto ha bisogno per lo svolgimento delle sue funzioni lavorative.
Orbene, l’omessa adozione di tali precauzioni ha senz’altro concorso a produrre l’evento lesivo.
E’ stata inoltre accertata la mancanza di autorizzazione presentata all’Asl competente, avendo adempito solo in data successiva ed avendo pagato la penale prevista.
Dal punto di vista soggettivo, nessun dubbio sussiste circa la responsabilità penale di C.G., in qualità di titolare della G. Costruzioni.
Lo stesso, invero, omettendo colposamente, per negligenza, imprudenza o imperizia, di predisporre e assicurare le attrezzature idonee al proprio dipendente, cagionava al D.E.A. lesioni personali gravi.
E’ opportuno precisare che nel D.Lgs. 626/94 (art. 2 lett. b), vengono individuati, quali requisiti per l’attribuzione della qualifica di datore di lavoro e delle relative conseguenze, in via alternativa, la titolarità del rapporto di lavoro e la responsabilità dell’impresa o dell’unità produttiva con poteri decisionali e di spesa. Negli enti ad organizzazione complessa la persona imputabile per le violazioni alla normativa di prevenzione e per gli eventi lesivi subiti dai lavoratori connessi con tali violazioni è da individuare nel legale rappresentante; egli in pratica è titolare di quella che viene definita “posizione di garanzia”.
In tema di prevenzione infortuni se il datore di lavoro è una persona giuridica destinatario delle norme è il legale rappresentante dell’ente imprenditore, quale persona fisica attraverso la quale il soggetto collettivo agisce nel campo delle relazioni intersoggettive, così che la sua responsabilità penale, in assenza di valida delega, è indipendente dallo svolgimento o meno di mansioni tecniche, attesa la sua qualità di proposto alla gestione societaria. (Nell’occasione la Corte ha ulteriormente affermato che il legale rappresentante non può esimersi da responsabilità adducendo una propria incapacità tecnica, in quanto tale condizione lo obbliga al conferimento a terzi dei compiti in materia antinfortunistica). Sez. 3, Sentenza n. 28358 del 04/07/2006 Ud. (dep. 08/08/2006) Rv. 234949.
Nel caso in oggetto non vi è prova di alcun atto di delega di funzioni.
E’ dunque evidente la responsabilità del C.G. per il reato a lui contestato.
Per quanto attiene all’applicabilità dell’art. 590, comma 3 c.p. anche nel caso in cui il danneggiato non sia legato da un rapporto di lavoro subordinato con l’imprenditore obbligato al rispetto di tali norme, la Cassazione ha più volte chiarito che: “In tema di lesioni e di omicidio colposi, perché possa ravvisarsi l’ipotesi del fatto commesso con violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, è sufficiente che sussista tra siffatta violazione e l’evento dannoso un legame causale, il quale non può ritenérsi escluso solo perché il soggetto colpito da tale evento non sia un lavoratore dipendente (o soggetto equiparato) dell’impresa obbligata al rispetto di dette norme, ma ricorre tutte le volte che il fatto sia ricollegabile all’inosservanza delle norme stesse secondo i principi dettati dagli articoli 40 e 41 cod. pen. Ne consegue che deve ravvisarsi l’aggravante di cui 590, comma terzo, cod. pen. anche nel caso di soggetto passivo estraneo all’attività ed all’ambiente di lavoro, purché la presenza di tale soggetto nel luogo e nel momento dell’infortunio non abbia tali caratteri di anormalità, atipicità ed eccezionalità da far ritenere interrotto il nesso eziologico tra l’evento e la condotta inosservante e purché, ovviamente, la norma violata miri a prevenire incidenti come quello in effetti verificatosi.
Alla luce di quanto è emerso nel corso dell’istruttoria dibattimentale C.G. e L.C. hanno volontariamente dichiarato il falso, circa il cantiere dell’avvenuto infortunio, al fine di depistare le indagini.
Accertata la responsabilità penale degli impupati, non resta che passare alla determinazione della pena da applicare in concreto.
Per C.G., per il reato di cui al capo a) concesse le attenuanti generiche equivalenti alle contestate, aggravanti e l’incensuratezza dello stesso, si ritiene pena equa quella di mesi tre di reclusione.
Per C.G. i reati di cui ai capi b), c), d) ed f) si impone la formula di improcedibilità per intervenuta prescrizione.
Per C.C. e L.C. per i reati di cui ai capi g) ed h), alla stregua dei criteri di cui all’art. 133 c.p., stimasi equo condannare i predetti alla pena di mesi due di reclusione ciascuno, oltre al pagamento delle spese processuali.
Pena sospesa e non menzione per tutti gli imputati.
Gli imputati vanno poi condannati al risarcimento dei dami in favore della costituita parte civile, essendo evidente il danno economico riportato dal D.E. per effetto dell’incidente, danno che dovrà essere liquidato in separata sede.
Gli stessi, vanno condannati alla rifusione alla predetta parte civile delle spese di rappresentanza, costituzione ed assistenza dalla stessa sostenute, che si liquidano in complessive euro cinquemila,00, oltre IVA e CPA come per legge.
P.Q.M.
Letti gli artt. 533 e 535 c.p.p. dichiara C.G. colpevole del reato a lui ascritto al capo a) e, concesse le attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante di cui all’art. 583 1° comma c.p.p., lo condanna alla pena di mesi tre di reclusione, oltre al pagamento in solido delle spese processuali.
Pena sospesa e non menzione.
Letti gli artt. 129 e 531 c.p.p. dichiara di non doversi procedere nei confronti di C.G., in ordine ai reati a lui ascritti ai capi b), c), d) ed f) di imputazione, perché estinti per intervenuta prescrizione.
Letti gli artt. 533 e 535 c.p.p. dichiara C.C. e L.C., colpevoli del reato loro ascritto e condanna ciascuno alla pena di mesi due di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.
Pena sospesa e non menzione per entrambi.
Condanna C.G., C.C. e L.C. al pagamento del risarcimento dei danni nei confronti della costituita parte civile da liquidarsi in separata sede, nonché al pagamento delle spese ed onorari nei confronti della parte Civile costituita, in complessive euro 5000,00, oltre IVA e CPA come per legge.
Fissa per il deposito della motivazione giorni 60 ai sensi dell’art. 544 3° comma c.p.p.
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