Tribunale di Nola sentenza n. 836 depositata il 12 aprile 2018
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – SICUREZZA SUL LAVORO – CONTRATTO DI APPRENDISTATO – ESPOSIZIONE A RISCHIO RUMORE – MONTAGGIO DI PANNELLI DI STRUTTURE DI LEGNO
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
A seguito di decreto di giudizio immediato emessa dal Gip in sede il 16.5.2016 a seguito di opposizione a decreto penale di condanna, l’imputato sopra generalizzato era chiamata a rispondere dinanzi a questo giudice monocratico della violazione dell’art 18 del decreto legislativo n. 81 del 2008 perché nella qualità di legale rappresentante della s.r.l. Smaf non sottoponeva un lavoratore alle sue dipendenze alla visita medica obbligatoria prevista dalla suddetta normativa.
All’udienza del 2.12.2016 il Giudice, dr.ssa C., nominata in sostituzione della scrivente, dichiarata l’assenza dell’imputato, rinviando il processo al 10.3.2017.
Alla data suindicata il Tribunale, aperto il dibattimento, ammesse le prove orali e documentali come richieste dalle parti, procedeva all’escussione del teste B.G. e differiva la trattazione dell’udienza per l’escussione dei testi della difesa.
All’udienza del 20.10.2017 il Giudice, stante l’assenza dei suddetti testi, rilevata la rinuncia della difesa all’escussione del teste C. revocata la relativa ordinanza ammissiva della prova testimoniale, rinviava il processo al 9.3.2018.
In siffatta data il Tribunale procedeva all’escussione del teste C.G., disponendo l’accompagnamento coattivo di I.G., stante l’assenza ingiustificata del suddetto.
All’udienza del 23.3.2018 escusso il teste I.G., indicati gli atti utilizzabili ai fini della decisione, apprese le conclusioni sinteticamente trascritte in epigrafe, il giudice procedeva alla deliberazione ed alla lettura del dispositivo della presente sentenza, riservandosi il termine di giorni trenta per i motivi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La decisione si fonda sulle indagini svolte da militari in forza alla stazione di Pomigliano – dipartimento di igiene e medicina presso l’ASL Napoli 3 -, effettuate in data 27.5.2015 presso la ditta dell’odierno imputato del cui esito ha dato contezza in dibattimento il teste a carico B.G. della cui attendibilità non è dato dubitare in ragione della cui attendibilità non è dato dubitare in ragione della linearità precisione delle sue dichiarazioni riscontrate dalla documentazioni in atti.
Il fatto nella sua materialità può essere così brevemente sintetizzato.
In data 27.05.201,5, l’ufficiale di p.g. B.G., si recava presso la ditta SMAF s.r.l., con sede legale in San Giuseppe Vesuviano alla via R. e avente ad oggetto il montaggio di arredamenti per negozi, di cui risultava titolare e legale rappresentante l’odierno imputato, per evadere una delega concernente l’infortunio occorso a I.G., dipendente della suddetta ditta.
Giunto nei locali della dilla SMAF s.r.l. l’ufficiale di p.g., come dichiarato nel corso dell’istruttoria dibattimentale, richiedeva “la documentazione sanitaria del lavoratore, non solo quella strettamente legata all’infortunio, ma anche quella concernente l’idoneità al lavoro, perché ci poteva essere un nesso di casualità con l’infortunio stesso, accertando che I.G. non era stato invialo alla visita medica preventiva obbligatoria, effettuata solo, ma immediatamente dopo la sua richiesta” (cfr. verbale stenotipico del 10.3.2017, p. 6-7).
Il B. specificava che il dipendente I.G., era addetto al montaggio dei mobili, attività che comportava diversi tipi di rischio quali “movimentazione manuale dei carichi, in quanto si debbono spostare pesi anche notevoli, le polveri perché ovviamente si fanno dei tagli e quindi il legno produce polveri e anche il rumore, perché ovviamente al momento in cui si lavoro con il legno ci possono essere dei rumori, anche molto elevati” (cfr. verbale stenotipico udienza del 10.3.2017, p. 8); costui era stato assunto nell’aprile 2014, l’infortunio si era verificato nel dicembre dello stesso anno, mentre il suo sopralluogo e la relativa visita medica erano stati effettuati nel maggio 2015.
Dalle risultanze istruttorie inoltre emergeva che:
– l’infortunio si verificava perché il dipendente I. era salito su uno scaletto a libro, alto 1,50 ml, marcato EN 131 dal costruttore come richiesto dal decreto legislativo 81 del 2008 per cui non era causato dalla mancata predisposizione delle dovute e idonee cautele;
– l’attrezzatura tornita era adeguata alla tipologia di mansione cui era adibito I. e le condizioni ergonomiche dei locali non creavano problemi per lo svolgimento del medesimo.
Il teste a discarico C.G., medico alle dipendente della SMAF, all’udienza del 9.3.2018 sosteneva che sul P.S. non incombeva l’obbligo di sottoporre il dipendente I. alla visita medica. Invero, a suo dire, lo I. sebbene fosse un dipendente della indicata società addetto al montaggio di pannelli di strutture di legno, non rientrava in quella categoria di lavoratori a rischio sottoposti per legge alla visita medica preventiva obbligatoria. Osservava il teste che essendo il lavoratore al momento del sinistro stato assunto di recente, “non svolgeva un’attività specifica, quella di montatore del pannello, né svolgeva lavori in quota cioè ad altezza superiori a 2 metri” (cfr. verbale stenotipico del 9 marzo 2018, p. 8).
La persona offesa I.G. all’udienza del 23.3.2018 affermava di essere stato assunto con un contratto di apprendistato, ancora valido ed efficace al momento dell’infortunio, per svolgere la funzione di addetto all’assemblaggio dei mobili, confermava al contempo “di non poter venire a contatto con gas nocivi; che durante la sua fase lavorativa non vi è la possibilità di formazione di polveri da amianto in quanto le attività di taglio vengono effettuate laddove vi sono i macchinari che procedono alle dovute e necessarie aspirazioni”; tuttavia ammetteva “di essere esposto a rumori, seppur moderatamente in quanto come gli altri dipendenti dotato di cuffie” (cfr. verbale stenotipico del 23.3.2018, pag. 6-7).
Sulla base di tali emergenze processuali può essere emessa una pronuncia di assoluzione dell’imputato dal reato a lui contestato ai sensi dell’art. 131 bis c.p.perché non punibile per tenuità del fatto e dell’offesa.
Appare dimostrata la realizzazione da parte dell’imputato di una condotta integrante tutti gli elementi costitutivi delle fattispecie criminosa a lui ascritta, non avendo, in qualità di titolare e legale rappresentante della ditta, adempiuto all’obbligo imposto dall’art. 18, comma 1, lettera g., del decreto legislativo 81 del 2008 di inviare i lavoratori alla visita medica entro le scadenze previste dal programma di sorveglianza sanitaria e richiedere al medico competente l’osservanza degli obblighi previsti a suo carico.
A parere di chi scrive, infatti, nel caso che ci occupa l’obbligo in parola incombeva sul datore di lavoro e non veniva adempiuto dallo stesso.
Sul tema va osservato che il comma 1 dell’art. 41 del suddetto decreto legislativo 81 del 2008 prevede che la sorveglianza sanitaria è effettuata dal medico competente nei casi previsti dalla normativa vigente e comprende la visita medica preventiva intesa a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro cui il lavoratore è destinato al fine di valutare la sua idoneità alla mansione specifica.
Se è vero che l’art. 42 del decreto legge 69 del 2013 (cd. decreto del fare) ha abrogato il certificato medico di idoneità per l’assunzione degli apprendisti previsto dall’art. 9 del DPR 1668 del 1956 e gli altri obblighi di certificazione relativamente alle lavorazioni non a rischio, rimane invece fermo l’obbligo della visita preventiva per tutte le mansioni esposte a rischio siano esse svolte nella forma di contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato o di contatto di apprendistato o con altra forma giuridica.
Sul punto è anche intervenuta a giurisprudenza di legittimità, occupandosi dell’incidenza della riforma normativa di cui si discorre affermando che la dizione utilizzata dal legislatore (“l’incipit del primo comma dell’art. 42 del d.l. n. 69/2013 è il seguente: “Fermi restando gli obblighi di certificazione previsti dal decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81 per i lavoratori soggetti a sorveglianza sanitaria” non lascia alcun dubbio sulla vigenza delle disposizioni concernenti la sicurezza e la salute sul lavoro previste dalla normativa del 2008 e sull’applicabilità delle relative sanzioni penali Corte di Cassazione, Sez. Pen. III, sent. n. 5811 del 2015).
Più in generale La Corte di Cassazione, inoltre, ha osservato che l’obbligo di sottoporre i lavoratori a sorveglianza sanitaria non è esteso genericamente, dalla normativa, a tutte le lavorazioni, ma è circoscritto ai casi previsti da specifiche disposizioni, vale a dire nei confronti di lavoratori esposti a singoli rischi esplicitamente previsti (Corte di Cassazione, Sezione III, sentenza n. 30919/2014), come nel caso di specie.
Invero, alla luce delle coordinate ermeneutiche fornite dal Supremo Consesso e da quanto emerso nel corso dell’istruttoria dibattimentale. P.S. è responsabile della violazione dell’art. 18, comma 1, lett. g, del decreto legislativo 81 del 2008 per non aver richiesto al medico competente di sottoporre I.G. alla visita medica preventiva imposta dall’art. 11, in quanto dipendente assunto con un contratto di apprendistato nel 2014, addetto al montaggio di pannelli di strutture di legno; della attività, per ammissione stessa del teste a discarico I. (vedi supra), è definibile quale attività esposta ai rischio specifico del rumore, che è un rischio esplicitamente previsto e disciplinato dagli artt. 186 e ss. delle norme concernenti la sicurezza e la salute sul lavoro.
Quanto all’elemento soggettivo, venendo in rilievo una fattispecie contravvenzionale, esso, a norma dell’ultimo comma dell’art. 42, può essere addebitata al suo autore anche a mero titolo di colpa.
Tuttavia, l’imputato va assolto ai sensi dell’art. 131 bis c.p., nuova causa di non punibilità “per particolare tenuità del fatto”, introdotta dal decreto legislativo 16 marzo 2015 n. 28, in attuazione della legge delega n. 67/14; la normativa in esame non prevede una disciplina transitoria ma, poiché il nuovo istituto ha natura sostanziale, in base al disposto di cui all’art. 2, comma 4, c.p., esso può trovare applicazione nei giudizi di merito pendenti alla data di entrata in vigore del decreto legislativo (2 aprile del 2015), con conseguente retroattività della disciplina più favorevole, secondo quanto stabilito dall’art. 2, comma 4 cod. pen. (v. sul punto Cass. Sez. 3, sentenza n. 15449/15). Il fondamento costituzionale della nuova causa di non punibilità deve rinvenirsi nei principi di proporzione ed economia processuale. L’istituto in esame rappresenta, infatti, un momento di bilanciamento tra il principio costituzionale dell’obbligatorietà dell’azione penale (art. 112 Cost.) e la finalità rieducativa della pena (articolo 27 Cost.), che presuppone, appunto, la proporzionalità tra la sanzione irrogata e la condotta commessa. Inoltre, nella relazione illustrativa allegata allo schema di decreto legislativo, si precisa che l’istituto in esame realizza il principio, anch’esso di rango costituzionale, secondo cui la sanzione penale è l’extrema ratio dell’ordinamento giuridico. La causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto si applica ai reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, quando vi è particolare tenuità dell’offesa e non abitualità del comportamento, valutazioni che vanno realizzate tenuto conto delle specifiche modalità della condotta e dell’entità del danno o del pericolo, e salvo che non ricorrano determinare circostanze aggravanti comuni (avere agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, avere adoperato sevizie, avere profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all’età della stessa) ovvero che la condotta abbia cagionato, o da essa siano derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona (omicidio colposo, lesioni colpose gravissime e ogni altra ipotesi di evento di tal tipo che derivi, quale conseguenza non voluta, dalla commissione di un delitto doloso, secondo quanto previsto dall’art. 586 c.p.).
Alle luce di tali parametri di portata generale deve evidenziarsi che nel caso di specie ricorrono i presupposti per l’applicazione del nuovo istituto e ciò in quanto, alla stregua degli elementi a disposizione di questo giudice, la condotta dell’odierno imputato appare aver determinato un’offesa di particolare tenuità.
Depongono in tal senso plurime circostanze.
I locali della SMAF s.r.l. erano attrezzati adeguatamente per la tipologia di lavoro svolta dal dipendente infortunatosi e non si presentavano per altre e diverse ragioni ostative allo svolgimento del medesimo; l’attività lavorativa era mera occasione, e non causa, dell’incidente occorso alla persona offesa di tale processo.
Il comportamento tenuto regolarmente dall’imputato e la condotta posta in essere a seguito della richiesta effettuata dall’ufficiale di p.g. a seguito del sopralluogo nei locali della ditta suggellano l’applicabilità della causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis c.p. Invero dall’istruttoria dibattimentale è emerso che P.S. ottemperava regolarmente agli obblighi impostigli dalla legge, eliminando o riducendo i fattori di rischio cui sono esposti i suoi dipendenti, come dimostrato dall’utilizzazione da parte dei medesimi delle cuffie per le attività esposte a rumore e dal ricorso ad appositi macchinari per l’aspirazione delle polveri da amianto, nonché dall’aver fatto sottoporre con immediatezza I.G. alla visita medica obbligatoria a seguito della richiesta dell’ufficiale B. in occasione del sopralluogo da lui effettuato, elidendo in tal modo anche la possibilità di un danno alla salute del lavoratore correlata ad una sua eventuale inidoneità in ordine alle specifiche mansioni lavorative assegnategli.
Infine lo stato d’incensuratezza dell’imputato, espressione di una personalità non proclive a delinquere, e la non abitualità della condotta criminosa posta in essere inducono a ritenere che lo stesso abbia violato occasionalmente la normativa penale.
In ragione del gravoso carico di lavoro pendente presso il prefato Tribunale e dunque del numero dei provvedimenti da redigere e dei pressanti impegni d’udienza appare opportuno riservare il deposito delle motivazioni nel termine di giorni trenta.
P.Q.M.
Letti gli art. 530 c.p.p. e 131 bis c.p. assolve P.S. perché non punibile per speciale tenuità del fatto.
Letto l’art. 544 comma III riserva in giorni trenta il termine per il deposito dei motivi.
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