TRIBUNALE DI PALMI – Ordinanza 13 gennaio 2022
Licenziamento – Superamento del periodo di comporto – Assenza per malattia Covid-19 – Illegittimità – Reintegrazione nel posto di lavoro
1.- Con ricorso depositato il 3 novembre 2021 (…) ha adito questo giudice del lavoro chiedendo, previa declaratoria della nullità del licenziamento irrogato per superamento del periodo di comporto, comminato con provvedimento del 3 giugno 2021 e comunicato all’istante in data 11 giugno 2021, la condanna della società resistente alla reintegra nel posto di lavoro precedentemente ricoperto, oltre al pagamento di una indennità commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino all’effettiva reintegra; in via subordinata, ha domandato che la società resistente sia condannata al pagamento di un indennizzo compreso tra le 12 e 24 mensilità e commisurato all’ultima retribuzione globale di fatto, nonché al risarcimento del danno subito per effetto del licenziamento.
In fatto, premesso di essere dipendente della società convenuta dal 30 settembre 2011 con la qualifica di ausiliario di vendita (4° livello), ha rappresentato che:
– con lettera del 3 giugno 2021, ricevuta in data 11 giugno 2021, la società resistente le ha comunicato il licenziamento per superamento del periodo di comporto;
– la società ha posto a fondamento del proprio recesso la circostanza che la dipendente è stata assente per malattia dal 27 novembre 2020 sino al 3 giugno 2021, superando così il periodo di comporto di 180 giorni previsto dagli artt. 186 e 188 del CCNL;
– con lettera trasmessa a mezzo Pec in data 25 giugno 2021, la ricorrente ha impugnato il suddetto provvedimento;
– il predetto licenziamento deve ritenersi illegittimo e/o nullo per mancato superamento del periodo di comporto, dal momento che, in applicazione dell’art. 26 del D.L. n. 18/2020 (cd. Decreto Cura Italia), il periodo ricompreso tra il 27 novembre 2020 e il 15 dicembre 2020 non può essere computato ai fini del periodo di comporto;
– ai fini dell’individuazione del periodo di comporto la società ha erroneamente richiamato gli artt. 186 e 188 del C.C.N.L. vecchia formulazione, laddove nel caso in esame trova applicazione l’art. 36 del C.C.N.L. in vigore dal 12 settembre 2018 all’11 settembre 2021 che prevede che il periodo di importo sia di 180 giorni di calendario in un anno (decorrente dal 1° gennaio al 31 dicembre successivo);
– il licenziamento è altresì illegittimo per violazione degli obblighi di buona fede e correttezza, dal momento che la società non ha provveduto a comunicare preventivamente alla dipendente l’imminente scadenza del periodo di comporto al fine di garantire la conservazione del posto di lavoro.
Si è costituita la società resistente che ha rivendicato la correttezza della scelta operata, ritenendo superato il periodo di comporto, dal momento che la ricorrente ha trasmesso al datore di lavoro un certificato medico che attestava l’assenza per malattia dal 27/11/2020 al 06/06/2021, e ha rappresentato che nel caso in esame non trova applicazione l’art. 26 cit. in quanto tale normativa esclude, ai fini del computo del periodo di comporto, soltanto i periodi di quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva, non anche l’ipotesi in cui il lavoratore abbia contratto l’infezione da Covid-19. Ha specificato, inoltre, che il C.C.N.L. invocato dalla ricorrente non può trovare applicazione nel caso in esame in quanto lo stesso è stato sottoscritto da organizzazioni sindacali autonome cui né la società datrice di lavoro, né la ricorrente hanno mai aderito. Infine, ha escluso l’esistenza di un obbligo, in capo al datore di lavoro, di avvertire il lavoratore assente per malattia dell’imminente scadenza del periodo di comporto.
2.- Il ricorso appare fondato per le ragioni di seguito illustrate.
Occorre premettere che l’istituto del comporto per malattia del lavoratore è regolato dall’art. 2110, comma 2, c.c. il quale stabilisce che nei casi di assenza dal lavoro per infortunio, malattia, gravidanza e puerperio, il datore di lavoro ha diritto di recedere dal contratto decorso il periodo stabilito dalla legge, dai contratti collettivi, dagli usi o secondo equità. La durata del periodo di comporto, pertanto, è determinata dalle fonti cui la norma rinvia e, in particolare, dal CCNL applicabile.
La ratio della predetta disposizione si individua nell’esigenza di contemperare, da un lato, l’interesse del lavoratore a disporre di un congruo periodo di assenze per ristabilirsi a seguito di malattia od infortunio e, dall’altro, l’esigenza del datore di lavoro di non dover subire a tempo indefinito ripercussioni sull’organizzazione aziendale per effetto dell’assenza del lavoratore.
Al fine di garantire un equo bilanciamento tra gli interessi di entrambe le parti, quindi, deve ritenersi che il datore di lavoro non possa unilateralmente recedere prima del superamento del limite di tollerabilità dell’assenza del lavoratore (cd. periodo di comporto), astrattamente predeterminato, e che il mero superamento del predetto limite costituisca condizione sufficiente di legittimità del recesso, nel senso che non è necessaria la prova del giustificato motivo oggettivo del licenziamento o della sopravvenuta impossibilità della prestazione lavorativa, né della correlata impossibilità di adibire il lavoratore a mansioni superiori (v. Cass. n. 5413/2003).
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, infatti, il licenziamento per superamento del periodo di comporto costituisce una fattispecie autonoma di recesso, vale a dire una situazione di per sé idonea a consentirlo, diversa da quelle riconducibili ai concetti di giusta causa o giustificato motivo di cui all’art. 2119 c.c., e agli artt. 1 e 3 della L. n. 604/1966 (v. Cass. sez. un., n. 12568/2018 e Cass. n. 19661/2019).
Nel caso in esame, il contratto collettivo applicabile è il CCNL di lavoro per i dipendenti da aziende del terziario della Distribuzione e dei Servizi del 30/07/2019, il quale all’art. 186 prevede un periodo di comporto di 180 giorni in un anno solare, decorso il quale il datore di lavoro potrà liberamente recedere dal contratto.
Ed invero, come si evince dalla documentazione in atti (v. comunicazioni UniLav), il CCNL applicato al rapporto di lavoro in esame è indicato con il codice 042, il quale è riferito al CCNL per i dipendenti dalle aziende del terziario, della distribuzione e dei servizi – CONFCOMMERCIO.
Risulta documentalmente provato (v. certificato medico allegato alla memoria difensiva) che la ricorrente si sia assentata per malattia dal 27/11/2020 al 6/06/2021, senza alcuna interruzione.
È altresì dimostrato (v. esito tamponi allegati al ricorso) che nel periodo ricompreso tra il 26/11/2020 e il 15/12/2020 la dipendente abbia contratto l’infezione da Covid-19 e che in tale arco temporale, con ordinanza del sindaco n. 307 del 27/11/2020 in atti, alla ricorrente sia stato imposto di collocarsi in isolamento domiciliare con divieto assoluto di contatti e spostamenti.
Ebbene, sul punto l’art. 26 del D.L. n. 18/2020 prevede che “fino al 31 dicembre 2021, il periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva di cui all’articolo 1, comma 2, lettere h) e i) del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, e di cui all’articolo 1, comma 2, lettere d) ed e), del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, dai lavoratori dipendenti del settore privato, è equiparato a malattia ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento e non è computabile ai fini del periodo di comporto”.
La predetta norma, per individuare il periodo trascorso in quarantena o permanenza domiciliare richiama a sua volta l’art. 1, comma 2, lett. d) ed e) del D.L. n. 19/2020, il quale indica, da un lato, i soggetti ai quali sia stata applicata la misura della quarantena precauzionale in quanto “hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva o che entrano nel territorio nazionale da aree ubicate al di fuori del territorio italiano”, dall’altro, coloro che siano stati sottoposti a “divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora per le persone sottoposte alla misura della quarantena, applicata dal sindaco quale autorità sanitaria locale, perché risultate positive al virus”.
Ne consegue che, secondo quanto previsto dalla normativa citata, non può essere valutato ai fini del superamento del periodo di comporto sia il tempo trascorso in quarantena precauzionale per chi ha avuto contatti con un soggetto infetto, sia quello passato in isolamento domiciliare, disposto da un apposito provvedimento del sindaco, per coloro che siano risultati positivi al virus.
Nel caso in esame, quindi, deve essere scomputato dal periodo di comporto l’arco temporale in cui la ricorrente ha contratto la predetta infezione e, per l’effetto di un’apposita ordinanza disposta dal Sindaco, si trovava in isolamento domiciliare (26/11/2020 – 15/12/2020).
Procedendo in tal modo è evidente come non sia stato superamento il periodo di comporto di 180 giorni previsto dalla contrattazione collettiva, avendo la ricorrente totalizzato 172 giorni di malattia (dal 15/12/2020 al 6/06/2021).
Il predetto calcolo è stato effettuato considerando come base annua, cui va rapportato il periodo di comporto, l’anno solare e cioè nei 365 giorni decorrenti dall’inizio della malattia, in quanto continuativa (v. sul punto Cass. n. 13396/12).
Ne consegue che, avendo la società comminato alla dipendente la sanzione del licenziamento prima della scadenza del periodo di comporto, lo stesso deve ritenersi nullo per violazione della norma imperativa di cui all’art. 2110, comma 2, c.c. e, conseguentemente, ai sensi dell’art. 18, commi 4 e 7, L. n. 300/1970 il datore di lavoro va condannato alla reintegrazione della ricorrente nel posto di lavoro e al pagamento, in favore di quest’ultima, di una indennità risarcitoria commisurata alla retribuzione globale di fatto dalla data del licenziamento sino a quella dell’effettiva reintegrazione, oltre accessori.
3.- Le spese seguono la soccombenza e si liquidano, tenuto conto del valore e dell’attività svolta, in 1.823,00, euro, oltre accessori.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando:
1) dichiara la nullità del licenziamento impugnato e, per l’effetto, condanna parte resistente a reintegrare la ricorrente nel posto di lavoro precedentemente occupato;
2) condanna la società resistente al pagamento in favore della ricorrente di una indennità risarcitoria commisurata alla retribuzione globale di fatto dalla data del licenziamento sino a quella dell’effettiva reintegrazione, oltre rivalutazione e interessi legali dalla maturazione dei singoli ratei al saldo;
3) condanna parte resistente al pagamento delle spese di lite, in favore della ricorrente, che si liquidano in complessivi euro 1.823,00, oltre spese generali, iva e cpa.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Cassazione, sezione lavoro, ordinanza n. 582 depositata l' 8 gennaio 2024 - Al lavoratore assente per malattia è consentito di mutare il titolo dell'assenza con la richiesta di fruizione delle ferie già maturate al fine di sospendere il…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 6336 depositata il 2 marzo 2023 - In tema di licenziamento per superamento del comporto, non assimilabile a quello disciplinare, il datore di lavoro non deve specificare i singoli giorni di assenza, potendosi ritenere…
- TRIBUNALE DI BARI - Ordinanza 12 maggio 2022 - Nel licenziamento per superamento del periodo di comporto per malattia la tempestività del licenziamento non può risolversi in un dato cronologico fisso e predeterminato e la valutazione del tempo decorso…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 13 settembre 2019, n. 22928 - Licenziamento per superamento del periodo di comporto - In tema di licenziamento per superamento del periodo di comporto, devono essere inclusi nel calcolo del periodo, oltre ai giorni…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 28 dicembre 2020, n. 29672 - Licenziamento per superamento del periodo di comporto - Periodo di protrazione dell'assenza oltre il comporto - Sussistenza di un caso "particolarmente grave" - Condizioni per l'ulteriore…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 25520 depositata il 31 agosto 2023 - Ai fini della determinazione in dogana del valore delle merci importate ai sensi dell'art. 30 CDC, nell'osservanza della procedura di cui all'art. 181 bis DAC, legittimamente…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Gli amministratori deleganti sono responsabili, ne
La Corte di Cassazione, sezione I, con l’ordinanza n 10739 depositata il…
- La prescrizione quinquennale, di cui all’art. 2949
La Corte di Cassazione, sezione I, con l’ordinanza n. 8553 depositata il 2…
- La presunzione legale relativa, di cui all’a
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 10075 depos…
- Determinazione del compenso del legale nelle ipote
La Corte di Cassazione, sezione III, con l’ordinanza n.10367 del 17 aprile…
- L’agevolazione del c.d. Ecobonus del d.l. n.
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza n. 7657 depositata il 21 ma…