TRIBUNALE DI RAVENNA – Ordinanza 22 febbraio 2018
Contributi previdenziali ed assistenziali dovuti dai datori di lavoro agricolo – Agevolazioni per le cooperative e i consorzi operanti in zone svantaggiate o di montagna – Pagamento dei contributi in misura ridotta anche per le cooperative e i consorzi, non operanti in zone svantaggiate o di montagna, in misura proporzionale alla quantità di prodotto coltivato o allevato dai propri soci, anche avvalendosi di contratti agrari di natura associativa, in zone svantaggiate o di montagna e successivamente conferito alla cooperativa – Esclusione della ripetizione di eventuali versamenti contributivi effettuati antecedentemente all’entrata in vigore della disposizione dell’art. 32, co. 7-ter, del D.L. n. 69/2013
Motivi
1 – I fatti di causa e il processo a quo.
Ai fini della valutazione della rilevanza (Corte cost. ordinanze nn. 207/2015, 52/2015, 183/2014, 176/2014) vengono di seguito esposte le domande e i fatti di causa.
Con ricorso ex art. 442 codice di procedura civile (R.L.N. 189/2015) M. Società Agricola Cooperativa domandava «dichiararsi che la società M., ai sensi dell’art. 9, legge n. 67/1988 interpretato in modo autentico dall’art. 32, comma VII-ter della legge n. 98/2013, ha titolo per ottenere in restituzione i contributi previdenziali indebitamente versati all’I.N.P.S. nel periodo 2011/2012 e che ammontano complessivamente a € 391.234,89, da accertarsi anche previa assunzione di consulenza tecnico-contabile nei termini di cui sopra, per essere la M. cooperativa agricola operante in zona di pianura e che lavora materie prime conferite dai soci, titolari di aziende agricole, che, anche con contratti di soccida, allevano animali ubicati in zone montane o svantaggiate, nonché, con riguardo alla posizione previdenziale n. 6602834081, ha titolo per ottenere in restituzione la somma di € 649.372,38».
In particolare, la ricorrente espone: 1) di essere una cooperativa agricola a scopo mutualistico che ha per oggetto la lavorazione, macellazione, trasformazione, conservazione e vendita di carni animali; 2) che i soci di M. sono tutte aziende agricole, che effettuano l’attività di allevamento presso aziende di proprietà o si servono dello strumento del contratto di affitto o di soccida per acquisire la disponibilità del bene-terra da sfruttare, che può essere ubicato in territori di pianura, di montagna o aree svantaggiate, secondo la nota classificazione prevista a livello previdenziale; 3) che con il Messaggio I.N.P.S. 3 marzo 2006, n. 6613, ad oggetto «Riconoscimento benefici contributi cooperative ex lege n. 240/1984 assuntrici di Oti e Otd», veniva riconosciuta dall’I.N.P.S. la possibilità, per le cooperative di trasformazione ed i loro consorzi con sede in zona non svantaggiata, di poter usufruire dei benefici contributivi previsti per i datori di lavoro ai sensi dell’art. 9, legge n. 67/1988 e successive modificazioni, in riferimento alla quota parte di prodotti conferiti dai propri soci, e provenienti da territori montani o da aree svantaggiate; 4) che INPS procedeva al rimborso alla ricorrente dei contribuiti pagati dal 1996 al 2005 in riferimento alla lavorazione dei prodotti conferiti dai propri soci e di provenienza da territori montani e dalle aree svantaggiate; 5) che tale orientamento è stato successivamente modificato con il messaggio I.N.P.S. n. 008594 del 18 maggio 2012, che forniva la seguente precisazione: «alle cooperative e loro consorzi di trasformazione, qualora le attività di trasformazione, manipolazione e commercializzazione avvengano in territori diversi da quelli di provenienza del prodotto oggetto delle suddette attività, sono concessi i benefici che sarebbero spettati ai singoli soci, conferenti il prodotto, in relazione ai territori di provenienza del prodotto stesso; I citati benefici non spettano, in ogni caso, per i prodotti che, benché conferiti direttamente dai soci della cooperativa, provengono da soggetti terzi, in virtù di contratti di tipo associativo con il socio della cooperativa, ma estranei al rapporto societario»; 6) che a seguito di tale nuova indicazione, la società M. era stata destinataria di un verbale unico di accertamento e notificazione, nonché di alcuni avvisi di addebito, con i quali veniva avviata azione di ripetizione dei contributi che – a detta dell’I.N.P.S. – sarebbero stati indebitamente restituiti; 7) che successivamente entrava in vigore la legge di interpretazione autentica n. 98/2013, il cui art. 32, comma 7-ter prevedeva che «Il comma 5, dell’art. 9, della legge 11 marzo 1988, n. 67, e successive modificazioni, si interpreta nel senso che il pagamento dei contributi previdenziali e assicurativi in misura ridotta è riconosciuto anche alle cooperative e relativi consorzi di cui al comma 1, dell’art. 2, della legge 15 giugno 1984, n. 240, non operanti in zone svantaggiate o di montagna, in misura proporzionale alla quantità di prodotto coltivato o allevato dai propri soci, anche avvalendosi contratti agrari di natura associativa di cui al libro V, titolo II, capo II, del codice civile, in zone di montagna o svantaggiate e successivamente conferito alla cooperativa…»; 8) che sulla scorta di questa prescrizione normativa, l’INPS ha proceduto ad attivare il procedimento di autotutela con l’annullamento del verbale di accertamento, che aveva dato luogo all’azione di recupero contributivo; 9) che, tuttavia, l’ultima parte dell’art. 32, comma 7-ter della legge n. 98/2013, prevede che «…Non si dà luogo alla ripetizione di eventuali versamenti contributivi effettuati antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente disposizione»; 10) che la norma da ultimo richiamata, pertanto, preclude a che la società cooperativa possa agire in ripetizione di quanto ha dovuto versare, a titolo di contribuzione previdenziale, dopo che l’I.N.P.S. aveva modificato il proprio precedente orientamento, allorché aveva negato alla società cooperativa il trattamento agevolativo, applicandole quello ordinario; 11) che la società M. nel periodo 2010/2013 aveva versato all’I.N.P.S. di Ravenna, con riferimento alla posizione previdenziale n. 6602834081, relativamente allo stabilimento di Castiglione di Ravenna, l’importo complessivo di € 49.372,38; 12) che la società M. aveva proceduto, altresì, a presentare denunce trimestrali per la gestione agricola ex S.C.A.U., per gli operai a tempo determinato (pari a circa 300 unità lavorative), nonché a tempo indeterminato pari a circa 90 unità lavorative, nel periodo 2011 e 2012, anche se l’attività lavorativa dei soccidari, nei contratti di allevamento perfezionati dai soci della società cooperativa, veniva esercitata in zona svantaggiata, e quindi godeva del regime agevolativo in materia previdenziale, con un indebito di € 391.234,89; 13) che, tuttavia, INPS non aveva accolto tali istanze restitutorie; 14) che, quindi, in relazione agli anni 2010/2013, non venivano rimborsati contributi previdenziali versati dalla società M., che aveva lavorato prodotti conferiti dai propri soci e provenienti da territori montani o da aree svantaggiate; 15), che il divieto di agire per l’indebito destava forti sospetti di illegittimità costituzionale, in quanto da una parte si riconosceva il valore di interpretazione autentica della legge, quindi con efficacia retroattiva, dall’altra si negava il rimborso delle somme versate (Corte cost. 333/2007, 320/2005, 416/2000; 227/2009).
INPS resisteva al ricorso.
Con diverso ricorso (R.L.N. 396/2015) ex art. 442 codice di procedura civile (R.G.N. 189/2015) M. Società Agricola cooperativa domandava «dichiararsi che la società M., ai sensi dell’art. 9, legge n. 67/1988 interpretato in modo autentico dall’art. 32, comma VII-ter, della legge n. 98/2013, ha titolo per ottenere in restituzione i contributi e/o premi assicurativi indebitamente versati all’I.N.A.I.L. nel periodo 1996/2012 e che ammontano complessivamente a € 463.319,37 da accertarsi anche previa assunzione di consulenza tecnico-contabile nei termini di cui sopra, per essere la M. cooperativa agricola operante in zona di pianura e che lavora materie prime conferite dai soci, titolari di aziende agricole, che, anche con contratti di soccida, allevano animali ubicati in zone montane o svantaggiate».
Le ragioni esposte erano del tutto analoghe a quelle poste a fondamento del ricorso R.L.N. 189/2015.
INAIL resisteva al ricorso.
I due processi venivano riuniti.
2 – La norma impugnata.
Ritiene questo giudice necessario sollevare questione di legittimità. costituzionale dell’art. 32, comma 7-ter, legge n. 98/2013 di conversione con emendamenti del decreto-legge n. 69/2013, ai sensi del quale «Il comma 5, dell’art. 9, della legge 11 marzo 1988, n. 67, e successive modificazioni, si interpreta nel senso che il pagamento dei contributi previdenziali e assicurativi in misura ridotta è riconosciuto anche alle cooperative e relativi consorzi di cui al comma 1, dell’art. 2, della legge 15 giugno 1984, n. 240, non operanti in zone svantaggiate o di montagna, in misura proporzionale alla quantità di prodotto coltivato o allevato dai propri soci, anche avvalendosi di contratti agrari di natura associativa di cui al libro V, titolo II, capo II, del codice civile, in zone di montagna o svantaggiate e successivamente conferito alla cooperativa. Non si dà luogo alla ripetizione di eventuali versamenti contributivi effettuati antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente disposizione», nella parte in cui prevede che «Non si dà luogo alla ripetizione di eventuali versamenti contributivi effettuati antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente disposizione».
Il testo della norma oggetto di interpretazione autentica (art. 9, 5 comma, legge n. 67/1988) è il seguente «I premi ed i contributi relativi alle gestioni previdenziali ed assistenziali, dovuti dai datori di lavoro agricolo per il proprio personale dipendente, occupato a tempo indeterminato e a tempo determinato nei territori montani di cui all’art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, sono fissati nella misura del 20 per cento a decorrere dal 1° ottobre 1994, del 25 per cento a decorrere dal 1° ottobre 1995 e del 30 per cento a decorrere dal 1° ottobre 1996. I predetti premi e contributi dovuti dai datori di lavoro agricolo operanti nelle zone agricole svantaggiate, delimitate ai sensi dell’art. 15, della legge 27 dicembre 1977, n. 984, sono fissati nella misura del 30 per cento a decorrere dal 1° ottobre 1994, del 40 per cento a decorrere dal 1° ottobre 1995, del 60 per cento a decorrere dal 1° ottobre 1990.
3 – L’impossibilità di procedere ad una interpretazione adeguatrice.
Trattandosi di previsione normativa di significato univoco ed indiscutibile, non risulta possibile una interpretazione adeguatrice, che si risolverebbe nella sostanza in un sindacato diffuso di costituzionalità, vietato dal nostro ordinamento costituzionale positivo.
4 – La rilevanza della questione.
La questione è rilevante per la definizione dei giudizi (riuniti) a quibus.
La cooperativa ricorrente, infatti, ha sede in una zona non svantaggiata.
Tuttavia, alcuni soci della stessa hanno sede in zone montane o in zone svantaggiate ai sensi dell’art. 9, 5 comma, legge n. 67/1988, con conseguente diritto ad una contribuzione assistenziale e previdenziale ridotta, pro quota.
Nell’incertezza normativa relativa all’applicazione di tale norma, venivano seguiti dagli enti impositori indirizzi differenti.
La cooperativa in questione versava contributi previdenziali e assistenziali senza godere, in relazione ai prodotti provenienti dalle aree disagiate, degli sgravi previsti dall’art. 9, 5 comma, legge n. 67/1988.
Interveniva poi la legge n. 98/2013 di conversione con emendamenti del decreto-legge n. 69/2013 che forniva un’interpretazione della normativa del 1998 favorevole al riconoscimento degli sgravi contributivi anche per le cooperative ed i consorzi che, come la ricorrente, pur non operando in zone svantaggiate o di montagna, sono conferitarie di prodotti coltivati o allevati dai propri soci, anche avvalendosi di contratti agrari di natura associativa, in zone montane o svantaggiate.
Si è pertanto proceduto a C.T.U. al fine di accertare l’effettiva esistenza di contributi che sarebbero da restituirsi se non fosse presente la disposizione oggetto di censura. La relazione del C.T.U. ha evidenziato che, sia nei confronti di INPS, che nei confronti di INAIL, sussistono rilevanti pagamenti che potrebbero astrattamente essere oggetto di restituzione (secondo il C.T.U., nella peggiore delle ipotesi per il ricorrente € 250.751,60 nei confronti di INPS; nella peggiore delle ipotesi per il ricorrente € 372.994,66 nei confronti di INAIL), laddove l’unico ostacolo al riconoscimento del diritto della ricorrente è rappresentato dalla norma che chiude l’art. 32, comma 7-ter, della legge n. 98/2013, che esclude la ripetizione di ciò che non sarebbe dovuto se dovesse ancora essere pagato, ma che in quanto già pagato non può essere ripetuto.
5 – La non manifesta infondatezza: i vizi di incostituzionalità.
La prima parte della disposizione dell’art. 32, comma 7-ter prevede una disposizione interpretativa.
Non solo il lessico utilizzato («si interpreta nel senso che»), ma soprattutto la finalità di porre fine ad un contrasto interpretativo effettivamente esistente (e più sopra descritto), inducono a ritenere tale natura.
Ne discende la natura retroattiva della norma.
Ne dovrebbe discendere, ulteriormente, una generalizzata applicazione della disposizione in questione per il pregresso, senza distinzione tra le situazioni di coloro i quali hanno provveduto ad un pagamento (poi qualificato indebito) e coloro i quali non avevano pagato alcunché (e che non sono tenuti a pagare).
Invece, la seconda parte della disposizione, introduce una norma tesa a limitare ed anzi ad escludere – per evidenti finalità di stabilità finanziaria – i diritti, che nascono dall’interpretazione recata dalla prima parte della norma, a coloro i quali hanno già operato il pagamento delle somme sicuramente non più dovute, escludendo il diritto alla ripetizione dell’indebito.
La disposizione in esame si presenta in contrasto innanzi tutto con l’art. 3, 1° comma della Costituzione, laddove il legislatore ha discriminato, senza ragionevole motivo, due situazioni sostanzialmente identiche, ossia la posizione di chi ha pagato i contributi non dovuti da quella di chi non ha pagato i contributi non dovuti, escludendo per i primi l’applicazione della norma interpretativa retroattiva.
Ne risulta inoltre una violazione del principio di ragionevolezza, per contraddittorietà intrinseca tra la complessiva finalità perseguita dal legislatore e la disposizione espressa dalla norma censurata, perché il legislatore cade in una contraddizione formale ove qualifichi un versamento (in quel caso, contributivo) come non dovuto e nello stesso tempo lo sottragga all’azione di ripetizione di indebito.
A supporto di tali considerazioni, si citano i precedenti rappresentati da Corte cost. sentenze nn. 320/2005, 416/2000, 421/1995.
In tali casi la Corte ha dichiarato l’incostituzionalità di disposizioni del tutto analoghe per struttura e finalità a quella oggetto della presente ordinanza di rimessione, ritenendo violati proprio i canoni della uguaglianza e della ragionevolezza.
Appare violato anche il diritto di azione di cui all’art. 24, venendo essenzialmente scorporata (per essere negata) l’azione in giudizio dal diritto sottostante, che viene invece riconosciuto.
In sostanza, si riconosce l’esistenza di un diritto privo di qualsiasi possibilità di azione.
P.Q.M.
Ritenuta la questione rilevante e non manifestamente infondata dispone, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 23 della legge n. 87/1953, la trasmissione degli atti (comprese le comunicazioni e le notificazioni di cui alla presente ordinanza) del presente procedimento alla Corte costituzionale affinché valuti se sia costituzionalmente legittimo, con riferimento agli articoli 3, 1° comma e 24 Cost., l’art. 32, comma 7-ter, legge n. 98/2013 di conversione con emendamenti del decreto-legge n. 69/2013, nella parte in cui prevede che «Non si dà luogo alla ripetizione di eventuali versamenti contributivi effettuati antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente disposizione»;
Ordina che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa, nonché al Presidente del Consiglio dei ministri;
Dispone, altresì, che la presente ordinanza sia comunicata con immediatezza ai Presidenti delle due Camere del Parlamento;
Dispone la sospensione del presente giudizio sino alla decisione della Corte costituzionale.
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