TRIBUNALE DI ROMA – Sentenza 14 febbraio 2019, n. 1490
Durc non regolare – Domanda di annullamento del Durc negativo – Competenza della giurisdizione ordinaria – Legittimità del Durc negativo appartiene di per sé al rapporto previdenziale – Controversie in materia di appalti soggetti a procedure di evidenza pubblica – Competenza del giudice amministrativo – Plurimi giudizi in corso – Eccezione “ne bis in idem” – Non fondata
Oggetto del processo, domande proposte, eccezioni sollevate e motivi della decisione
Con ricorso telematico pervenuto il 19/11/2018 la Società Cooperativa Sociale Integrata conveniva qui in giudizio l’INPS E l’INAIL. Esposto (in sintesi): di aver partecipato, quale mandataria di (…), alla gara (procedura aperta comunitaria) indetta dalla Regione Lazio con bando pubblicato il 26/6/2015, per l’affidamento delle attività, suddivise in quattro lotti, di Front Office e Back Office relativi alla gestione del servizio CUP presso 17 Aziende Sanitarie Locali; che la Regione, con determinazione n. G14628/2017 del 27/10/2017, confermando l’operato della Commissione, aveva approvato la graduatoria definitiva del Lotto n. 1, nella quale la (…) della quale essa era mandataria era risultata terza classificata; di aver impugnato della deliberazione dinanzi al TAR del Lazio con ricorso iscritto al n. 12079/2017; che nelle more del giudizio la Regione, con determinazione del 15/1/2018, aveva annullalo la deliberazione precedente nella parte in cui questa l’aveva individuata quale terza classificata, dichiarandola esclusa dalla procedura, in ragione di due comunicazioni Inps del 23/11/2017 e del 7/12/2017, relative all’annullamento del DURC n. 8978332, dalle quali emergeva una situazione di grave violazione contributiva nel periodo 31/8/2017-27/9/2017;
che con bando pubblicato il 23/6/2016, la Regione Lazio aveva indetto un’altra gara per l’affidamento di un servizio di call-center reCUP, alla quale la medesima Regione l’aveva ammessa con determinazione del 14/3/2017; che la Regione, con determinazione del 19/9/2017, le aveva aggiudicato l’appalto; che con successiva determinazione del 15/1/2018 la Regione aveva annullato l’aggiudicazione, per la stessa ragione:
che una delle due irregolarità contributive riscontrate dall’Inps traeva origine dal fatto che la società, con “intimazione” del 20/7/2017, aveva chiesto la restituzione dell’importo di €. 372.906.96 corrisposto il 17/9/2012 a 118 dipendenti già appartenenti alla sede di Frosinone a titolo di TFR a carico del Fondo di Tesoreria, anziché richiedere l’Intervento del Fondo cui avrebbe avuto diritto per incapienza dei contributi dovuti; la sede Inps di Frosinone, fatte le opportune verifiche, con nota del 27/7/2017, aveva dato atto che la società, per il periodo gennaio 2013-ottobre 2014, aveva un credito contributivo di €. 20.707,36; il 3 ed il 9/8/2017 la società aveva chiesto all’Istituto di stabilire le modalità operative della compensazione; nelle more la Regione Lazio aveva chiesto il DURC; l’lnps, in data 1/9/2017, aveva inviato alla società un invito alla regolarizzazione ex art. 4 DM 30 gennaio 2015, avendo riscontrato un debito di €. 3.204.94; la società, con nota del 14/9/2017, aveva chiesto di portare a compensazione le note di rettifica a credito precedentemente riconosciute dall’Istituto; quindi, il 18/9/2017, a mezzo modello F24, aveva compensato il credito rivendicato dall’Inps con propri crediti riconosciuti da note di rettifica (€.975,03 per il mese di agosto 2014 come da nota di rettifica del 9/5/2017; €.952,39 per il mese di settembre 2014 come da nota di rettifica del 28/2/2017; €.1.277,52 per il mese di ottobre 2014 come da nota di rettifica del 28/2/2017);
che l’lnps, tuttavia, con nota 8692005 del 27/9/2017 emetteva DURC negativo per €. 3.284,35; la società, per ottenere il DURC, aveva versato l’importo richiesto il 28/9/2017; l’lnps aveva dapprima emesso DURC positivo n. 8978332 con validità fino al 25/1/2018: e poi, con provvedimento del 7/12/2017, ne aveva comunicato l’annullamento per “esito non conforme”; interpellata sui motivi, la sede Inps di Frosinone, con nota del 2/2/2018, aveva confermato l’insussistenza del debito contributivo;
l’altra pretesa irregolarità contributiva aveva ad oggetto:
a) una supposta omessa presentazione della denuncia contributiva relativa alla sede/matricola di Pomezia per il mese di gennaio 2017;
b) pretesi insoluti sulla stessa sede/matricola dei mesi di aprile e maggio 2017;
c) una “squadratura” , rappresentata dalla sede Inps Tuscolano del 2/2/2018, tra parziali e totali verificatasi nelle denunce contributive dei mesi di marzo, aprile e maggio 2017 riguardanti la locale sede/matricola.
In realtà, quanto ai profili sub a) e b) la denuncia di gennaio era stata presentata il 4/5/2017, a seguito dell’invito formulato in pari data dall’Istituto, e giudicata regolare dalla sede Inps di Pomezia con nota del 31/1/2018. Per quanto invece atteneva ai mesi di aprile e maggio 2017 non sussisteva alcuna omissione contributiva, perché in quei mesi in quella sede, chiusa ad aprile, non c’era più alcun dipendente, l’ultimo dei quali essendo cessato il 3/3/2017.
Per quanto sub c), la “squadratura” era stata generata da un problema tecnico nell’inserimento del codice fiscale del figlio a carico di una lavoratrice fruitrice di congedo parentale a ore, inserimento appena richiesto da una nuova normativa.
Tale inconveniente, peraltro, era stato superato con la trasmissione, da parte della società, il 28/12/2017, di un flusso di correzione che, come la sede Inps di Roma Tuscolano aveva dato atto il 2/2/2018, aveva consentito la “quadratura”, dalla quale era derivato un debito contributivo di €. 46,00, saldato il 10/1/2018, cosa alla luce del quale la stessa sede aveva dichiarato di aver rilasciato DURC positivo n. 10075758 il 4/1/2018. Successivamente, la stessa sede, con nota di rettifica del 26/3/2018, aveva comunicato che per il mese di aprile 2017 la società era in realtà in credito di €. 515,41;
di aver già agito presso questo Tribunale ai sensi dell’art. 700 c.p.c., con ricorso presentato il 10/4/2018, per sentire:
a) dichiarare nullo/inefficace, ovvero annullarsi, il DURC n. 8692005 emesso il 31 agosto 2017 e la nota Inps del 7/12/2017 con la quale era stato annullato il DURC Inail n.8978332 richiesto il 27/9/2017;
b) disporsi il rilascio del DURC alla data del 31/8/2017;
c) condannarsi l’Inps alla restituzione della somma di €. 3.824.35; che il ricorso era stato respinto con ordinanza del 6/6/2018 per ritenuto difetto del “periculum”; che il proposto reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c. era stato respinto con ordinanza del 17/9/2018. sempre per ritenuta carenza di “pericolo”; che non di meno, il Collegio aveva ritenuto la sussistenza del “fumus” riguardo all’irregolari là contributiva rilevata dall’lnps in ordine all’omesso versamento della somma di 3.284,35, posto che la stessa sede Inps di Frosinone ne aveva ammesso la compensazione con un credito della società di pari importo; che il Collegio l’aveva invece negata quanto alle altre irregolarità contestate, relative alle denunce dei mesi di marzo, aprile, maggio e giugno 2017, perché esse erano state sanate oltre il termine di sanatoria di 15 giorni.
Tanto premesso in fatto, deduceva (in sintesi): che il DURC negativo n. 8692005 del 31/8/2017 – 27/9/2017 era illegittimo per violazione dell’art.4 del d.l. n. 34/2014, conv. in legge n.74/2014, e dell’art. 3 del DM 30 gennaio 2015, perché: i) al momento del suo rilascio la vantata compensazione sul debito di €. 3.284,25 era stata verificata dall’Istituto secondo l’art. 3, co.2; ii) conseguentemente, era illegittimo/infondato anche il provvedimento del 7/12/2017 col quale l’Istituto aveva annullato il DURC positivo emesso in pari data al n. 8978332; iii) sulle altre posizioni non esisteva alcuna scopertura contributiva, ma una mera “squadratura” determinata da un problema tecnico che non aveva determinato alcuna omissione contributiva, neppure quella di €. 46,00 che era poi risultata inesistente allo stesso Istituto.
Resisteva l’INPS eccependo pregiudizialmente il difetto di giurisdizione del giudice adito; l’inammissibilità del ricorso per violazione del principio del “ne bis in idem” trattandosi di domanda sovrapponibile a quella già proposta, con esito negativo, dinanzi al giudice amministrativo; nonché, in relazione all’art. 100 c.p.c., per il fatto che i DURC impugnati avevano durata limitata ed ormai esaurita già prima della presentazione del ricorso. Nel merito, chiedeva il rigetto delle domande proposte perché (in sintesi): i) il debito di €. 3.284.35 era stato definito dopo il termine della procedura per la regolarizzazione; ii) esso derivava da una compensazione generata dall’iniziativa pacificamente non dovuta di pagare direttamente il TFR in quota Fondo Tesoreria ai propri dipendenti della sede di Frosinone; come accertato dal Tribunale di Frosinone con sentenza n. 942/2018; iii) anche per quanto riguardava le altre irregolarità di ambito Inps (mancata trasmissione delle denunce mensili dei mesi di gennaio, aprile e maggio 2017 su Pomezia; omissione contributiva per i mesi di aprile e maggio; denunce mensili anomale su Tuscolano) la società non aveva proceduto alla regolarizzazione nel termine assegnato; per quanto atteneva al DURC chiesto il 27/9/2017 la procedura si era chiusa con rilascio di DURC positivo il 6/10/2017; ma a seguito della richiesta di chiarimenti della Regione Lazio del 3/11/2017, si era appurato che al 6/10/2017 l’elaborazione dei flussi di correzione Uniemens su Tuscolano non avevano ancora avuto esito, sicché la sede di Pomezia aveva chiesto alla Direzione centrale di annullare quel DURC positivo, cosa che era avvenuta il 7/12/2017; le irregolarità erano state risolte solo il 28/12/2017, con una differenza pari a €. 46,00 per il mese di aprile e di €. 285.00 per quello di giugno, saldati solo il 10/1/2018, il che solo aveva consentito all’Istituto di emettere DURC positivo il 10/1/2018, sulla richiesta del 4/1/2018; di conseguenza i due DURC negativi erano corretti, cosa che andava valutata all’epoca della scadenza per la regolarizzazione: nulla andava infine restituito, perché il credito portato in compensazione da (…) era stato ormai interamente conguagliato.
Si costituiva in giudizio l’INAIL eccependo il ne bis in idem, il proprio diletto di legittimazione passiva, e l’infondatezza delle domande avverse in quanto passibili di essere ritenute a esso rivolte.
La causa, istruita per documenti, è stata decisa come da dispositivo.
Le domande attoree appaiono buona parte fondate e meritano accoglimento per quanto di ragione.
L’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla difesa dall’Inps appare infondata.
La domanda di ripetizione della somma di €. 3.284,35 si sottrae evidentemente all’eccezione, afferendo puramente e semplicemente al rapporto obbligatorio previdenziale, che rientra “de plano” nella ordinaria giurisdizione sui diritti.
Le domande di annullamento dei due DURC negativi appaiono anch’esse, peraltro, appartenere alla giurisdizione ordinaria perché, come già osservato in sede di reclamo cautelare, la legittimità del DURC negativo appartiene di per sé al rapporto previdenziale, mentre il giudice amministrativo ne conosce solo incidentalmente e senza efficacia di giudicato nei rapporti interni nell’ambito della giurisdizione per materia del quale è investito nell’ambito delle controversie in materia di appalti soggetti a procedure di evidenza pubblica, ai fini del sindacato sulla legittimazione a partecipare e ad impugnare (Cass. SU nn. 8117/2017, 3169/2011, 14608/2010, 25818/2007).
Sebbene la soluzione fin qui accolta in modo pressoché unanime presenti l’inconveniente della possibilità di conflitti tra giudicati non solo pratici, non apparendo dubbio che il giudicato almeno implicito atto a formarsi nel giudizio amministrativo concorra in tali casi potenzialmente, quando vi sia coinvolto l’Inps, con quello atto a formarsi dinanzi al giudice ordinario chiamato a giudicare sulla stessa questione in via principale, la soluzione non appare eludibile in mera ragione del rilievo, messo in campo dalla difesa dell’lnps, secondo il quale il cd. principio del “petitum sostanziale” che regola, secondo un principio inveterato, i rapporti tra le due giurisdizioni, richiederebbe di considerare il fatto che in alcuni casi, quale quello di specie, l’esperimento della tutela giurisdizionale dinanzi al giudice ordinario possa risultare più o meno apertamente strumentale allo sradicamento delle basi motivo di una sentenza di primo grado negativa del giudice amministrativo, o comunque alla tutela mediata di interessi inerenti l’altro ambito di giurisdizione.
Le basi fattuali di tale prospettazione appaiono evidenti e solide.
La società ricorrente risulta aver impugnato l’aggiudicazione di una gara pubblica ad un terzo; aver subito da questo ricorso incidentale sulla sua legittimazione a concorrere in base ai DURC negativi in esame, e quindi ad impugnare; aver a sua volta impugnato nello stesso giudizio contro l’Inps i DURC negativi; il Tar del Lazio, giudicando incidentalmente della legittimità dei DURC negativi, l’ha affermata, ed ha dichiarato inammissibile l’impugnazione principale della (…) (sent. Tar Lazio 24/7/2018 n. 8370).
In un’altra gara pubblica, che (…) ha vinto, l’aggiudicazione é stata revocata dalla Regione, per lo stesso motivo,(…) ha proposto ricorso dinanzi al G.A. ed ha perso in primo grado per lo stesso motivo (sent. Tar Lazio 24/7/2018, n.8371).
C. risulta aver appellato almeno la seconda sentenza, e con nota del 30/11/2018 ha sollecitato la fissazione e la definizione del presente procedimento per il motivo specifico che questo sarebbe “pregiudiziale” all’altro, fissato per il 19 marzo p.v..
Tutto ciò finisce col suggerire, se non palesare, che il ricorso oggi in esame è mosso essenzialmente dall’intento specifico di ottenere una sentenza da “presentare” tempestivamente “ad ogni buon fine”, al Consiglio di Stato.
La base fattuale dell’obiezione dell’Inps non sembra venir meno neppure in rapporto alla prospettazione, oggi riproposta da C. dopo essere stata respinta per motivi di rito in sede di reclamo cautelare, della lesività irreversibile della situazione di “DURC negativo” generatasi tra il 31/8/2017 ed il 4/1/2018, in rapporto a tutte le gare pubbliche alle quali la società abbia partecipato o stia partecipando, e che fossero già in corso in quel periodo, in relazione al fatto che secondo l’insegnamento del Consiglio di Stato la regolarità contributiva deve persistere dall’offerta all’aggiudicazione, pena l’esclusione dalla gara.
Anche tenendo conto di ciò, resta virtualmente il fatto che l’accertamento dell’illegittimità di una situazione di “DURC negativo” ormai esaurito si presenta per sua natura sempre meramente strumentale alla tutela di situazioni soggettive derivanti dalla partecipazione ad una gara ad evidenza pubblica.
Tuttavia, stima il giudicante che i limiti della giurisdizione ordinaria dettati dall’intrinseca inerenza ad essa dell’accertamento della situazione di regolarità previdenziale non possano dipendere dai motivi soggettivi che muovono l’azione, né dai profili di connessione con un accertamento che altri è chiamato ad effettuare solo incidentalmente ed a altro fine.
L’eccezione di “ne bis in idem” non appare fondata, sotto il solo profilo serio per il quale merita di essere esaminata (non vi può essere “ne bis in idem” tra processo cautelare definito e giudizio di merito, perché il primo non ha attitudine al giudicato in senso tecnico), che è quello del rapporto col giudizio amministrativo, perchè sebbene consti in atti che, in modo che appare inappropriato, C. abbia già chiesto al giudice amministrativo l’annullamento del DURC negativo, il Tar del Lazio, nella sentenza n.8370/2018, ha già dato atto espressamente che in quell’ambito “non si pone tanto un problema di espressa impugnazione del DURC, quanto piuttosto di accertamento (incidentale) della regolarità del DURC da parte del giudice amministrativo… ai fini dello svolgimento del procedimento di gara, rispetto al quale la regolarità della posizione contributiva costituisce requisito di partecipazione ….”
Identica affermazione compare in Tar Lazio n. 8371/2018.
Non consta che tali statuizioni, che escludono che il TAR abbia inteso arrogarsi il potere di annullare i DURC (cosa che peraltro ad avviso del giudicante non ha senso) invece che accertarne incidentalmente la legittimità, siano state impugnate.
Il caso è già stato esaminato da Cass. S.U. n. 3169/2011, che in un caso in cui il Consiglio di Stato oltre a fare quello che gli competeva aveva anche annullato il DURC negativo, ha giudicato che il fatto che esso potesse aver esorbitato dalle proprie attribuzioni fosse irrilevante in rapporto all’interesse all’impugnazione del terzo in punto di giurisdizione, e ciò malgrado anche in quel caso l’Ente Previdenziale (in quel caso, la Cassa Edile) fosse in causa, il che evidentemente ha prodotto il giudicato anche nei confronti di questo.
In buona sostanza, il giudicante non ritiene che dagli atti emerga attualmente la pendenza dinanzi al G.A. di un giudizio realmente volto a sentir propriamente annullare i DURC negativi, pendendo invece effettivamente solo domande volte a sentirli disapplicare da quel giudice ai fini delle gare in questione.
In ogni caso, ove cosi non fosse, il G.A. ad avviso del giudicante non avrebbe giurisdizione rispetto a quella domanda, ed il fatto che l’abbia in ipotesi realmente proposta dinanzi a quel giudice, non potrebbe esimere questo giudice, che la giurisdizione ritiene di averla, dal dovere di pronunciarsi su di essa.
Il divieto di “‘ne bis in idem” addita ad abuso del processo la proposizione della stessa domanda davanti allo stesso giudice, che non può pronunciarsi più volte su di essa nello stesso grado (cass. 7813/2014, 2064/99). La proposizione della stessa domanda dinanzi a giurisdizioni diverse non è abusiva, e comporta solo che il giudice che ha giurisdizione deve esercitarla e l’altro la dovrebbe declinare, e l’eventuale conflitto si compone con i mezzi previsti dall’ordinamento in favore del giudice munito di giurisdizione, e non con l’inammissibilità della domanda proposta per seconda.
Merita aggiungere che in ogni caso non è neppure detto che i due giudizi debbano essere decisi in base alle stesse identiche questioni rilevanti.
Ad es. Cass. SU n. 8117/2017 e Cons. Stato n. 4801/2016 insegnano che l’istituto dell’invito a regolarizzare riguarderebbe solo i rapporti interni tra imprese ed Ente, e non necessariamente il rapporto tra impresa e stazione appaltante e terzi concorrenti, in particolare per quanto attiene alla veridicità dell’autodichiarazione iniziale; e sebbene paia che il giudice amministrativo, nell’interpretare la nozione di “violazione grave” contenuta nell’art.80, co.4, del d.lgs n.50/2016, ai fini dell’esclusione, solga darle un senso pienamente coincidente con i presupposti di rilascio del DURC regolare, tale conclusione non appare affatto scontata, specie dopo che, come consta in atti, il Consiglio di Stato ha sospeso gli effetti della sentenza del Tar, facendo riferimento motivo obliquo, ma suggestivo, alla “consistenza delle irregolarità rilevate dall’Inps….ed ai profili di compatibilità coi princìpi eurocomunitari che potrebbero porsi in relazione alla lettura della pertinente normativa così come avallata nella sentenza di primo grado”. Espressioni che, se si guarda al “succo” della decisione impugnata, e come meglio apparirà dall’esame concreto della fattispecie, paiono preannunciare una revocazione in dubbio dell’idea che mere irregolarità formali pur atte a non consentire l’immediato controllo sulla regolarità contributiva nei ristretti termini concessi per la regolarizzazione, possano giustificare l’esclusione da una gara pubblica, anche per ragioni che potrebbero non rilevare ad altro fine.
Merita peraltro aggiungere, in punto di interesse ad agire in accertamento, come questo sussista a prescindere dall’esistenza attuale di contenziosi sulla legittimità della partecipazione di (…) a gare di evidenza pubblica, apparendo evidente, anche alla stregua della documentazione oggi prodotta, che il periodo di “‘scopertura DURC” in atto tra il 31/8/2017 ed il 4/1/2018, giusto il fatto che in dette gare la “regolarità contributiva” deve esistere dall’inizio alla fine, minaccia sistematicamente la posizione della società nelle procedure in corso, e le impedisce di assolvere agli obblighi di asseverazione giurata imposti dalla legge al riguardo.
E se può ragionevolmente porsi in dubbio – cosa che non spetta a questo giudice appurare – che il giudizio qui intentato abbia piena attitudine a proteggere l’interesse della società nei giudizi amministrativi pendenti, in ragione del fatto che, da un lato, l’art.8 del d.lgs. n. 104/2010 consente al giudice amministrativo di conoscere autonomamente in via incidentale dei diritti la cui esistenza si ponga come pregiudiziale anche dove esso non ha giurisdizione esclusiva (e li ce l’ha); e dall’altro, dei limiti soggettivi del giudicato che in questa sede può prodursi in rapporto ai terzi controinteressati nel giudizio amministrativo; non per questo sembra potersi porre in dubbio l’interesse di (…) ad una statuizione che avrebbe plausibilmente almeno efficacia riflessa, e che altrettanto plausibilmente le consentirebbe di assolvere utilmente agli oneri di autocertificazione nelle procedure in corso, e comunque di prevenire l’intrapresa a suo carico di ulteriori procedimenti di esclusione.
L’INAIL appare evidentemente difettare di legittimazione passiva, posto che nessuno dei due DURC impugnati risulta riguardare premi inerenti la contribuzione antinfortunistica.
Il capo (virtuale) di domanda col quale (…) chiede accertarsi
“l’adempimento delle obbligazioni di natura contributiva su di sé gravanti” appare inammissibile ex art. 100 c.p.c.
(…) gode pacificamente di DURC positivo dal 4/1/2018, e l’Inps non ha mai contestato che a quella data tutte le irregolarità formali o sostanziali erano state sanate, né svolge nell’attualità ulteriori rivendicazioni contributive.
I DURC impugnati, come meglio si mostrerà infra, sono rimasti negativi, e l’Inps difende il proprio operato rispetto ad essi, solo perché C. non avrebbe sanato nei termini previsti dall’art. 4 del DM 30 gennaio 2015 irregolarità esistenti e rilevabili alla data del 31/8/2017, di prima richiesta di DURC da parte della Regione Lazio, ed alla data del 27/9/2017. di seconda richiesta.
L’esame degli atti consente di ricostruire i fatti, in modo forse più ordinato di quanto si sia fatto nell’espositiva, nei termini che seguono.
La stazione appellante Regione Lazio chiese un primo DURC il 31/8/2017.
La procedura venne rubricata al n. 8692005.
II giorno dopo, 1/9/2017, l’INPS rilevò le seguenti irregolarità, invitando C. a sanarle nel termine di 15 gg. previsto dall’art. 4 cit.:
a) omissione contributiva di €. 3.284,17 su Frosinone per indebita compensazione sulle mensilità contributive di agosto, settembre ed ottobre 2014;
b) “squadramento” degli Uniemens su Tuscolano per i mesi di marzo, aprile e maggio 2017 (nell’invito si scrive omessa denuncia, ma è chiaro che non era così, come meglio si vedrà infra);
c) omessa presentazione Uniemens su Pomezia per i mesi di gennaio, aprile e maggio 2017 (anche qui non era proprio cosi);
d) € 10,36 di sanzioni civili maturate nella Gestione separata dei lavoratori autonomi.
L’irregolarità sub a) non sussisteva. Consta in atti che la sede Inps competente, dopo aver comunicato a C., il 27/7/2017, che questa vantava un credito nei suoi confronti di €. 20.707,36 su Frosinone per il periodo gennaio 2013- ottobre 2014, l’aveva poi autorizzata, il 9/8/2017, a portare il credito in compensazione su F24, proprio su quelle mensilità, per le quali la sede lnps di Frosinone aveva già emesso, il 13/2/2017 ed il 8/5/2017, apposite note di rettifica. L’Inps di Frosinone lo confermerà poi con messaggio del 2/2/2018.
Il fatto che la pratica informatica sia stata chiusa dall’Inps il 4/10/2017 è all’evidenza irrilevante, non potendo certo l’Istituto additare ad omissione contributiva una omissione che non esiste dall’inizio solo perché chiude esso la pratica fuori termine. E tantomeno può oggi pretendere, come fa, di rimettere in discussione la legittimità del fatto che fosse stata autorizzata dai suoi stessi uffici a portarsi quel credito in compensazione. Tanto più che esso ne diede ulteriormente atto, come si viene a vedere, non riproducendo la contestazione in questione nel procedimento DURC successivo.
Qualche irregolarità in punto di sub b) esisteva pacificamente. L’Inps l’aveva già segnalata a C. (o meglio al suo consulente) il 19/5/2017 (per marzo), il 15/6/2017 (per aprile) ed il 15/7/2017 (per maggio). Il messaggio sub doc. 26 fasc. parte ricorrente (nota lnps Tuscolano del 2/2/12018) parla di una “squadratura” tra parziali individuali e totali. Le comunicazioni originarie (doc. 2 fasc. parte Inps) parlavano di “squadrature” del saldo. Tale irregolarità venne sanata fuori termine, solo il 28/12/2017.
L’irregolarità sub e) non esisteva per i mesi di aprile e maggio. Appare infatti pacifico tra le parti che a Pomezia l’ultimo dipendente era cessato il 3/3/2017 sicché non c’era nulla da denunciare. Quanto all’Uniemens di Pomezia di gennaio, in realtà era stato a suo tempo presentalo (doc.23 fase, parte ricorrente, che proviene dall’Inps e che lo dà per presentato il 4/5/2017), ma presentava anch’esso una “squadratura” che (…) corresse fuori termine il 20/10/2017 (doc 24) senza che ne fossero derivate conseguenze contributive.
Al 15/9/2017 (…) non aveva nemmeno pagato gli €. 10,36. Lo fece solo il 29/9/2017.
Il 27/9/2017 PINPS emise DURC negativo, ricevuto dalla Regione il successivo giorno 28, mettendoci anche l’irregolarità sub a).
Ad avviso del giudicante, al 27/9/2017 (…) non era in regola solo perché:
a) non aveva corretto gli “squadramenti” sugli Uniemens Tuscolano;
b) non aveva ancora corretto l’Uniemens di gennaio di Pomezia, che era stato presentato, ma anch’esso era “squadrato”;
c) non aveva ancora pagato gli €. 10,36.
Lo stesso giorno 27/9/2017 la Regione (chissà perché), prima di ricevere l’esito della precedente richiesta, chiese un nuovo DURC, al quale venne dato il n. 8978332.
Il 29/9/2017 l’Inps rivolse a (…) un nuovo invito a regolarizzare, simile al precedente, ma nel quale l’irregolarità sub a) non compariva più (evidentemente si erano accorti che quell’irregolarità non esisteva), e si aggiungeva l’omessa denuncia di giugno per Tuscolano e Pomezia. La denuncia di giugno per Pomezia non era dovuta perché era chiusa da tre mesi. Per Tuscolano a giugno si era riverificata la “squadratura”.
Nei giorni successivi C. sanò gli 10,36, ed inviò l’Uniemens corretto di Pomezia di gennaio. Restava solo la “squadratura” degli Uniemens di marzo, aprile maggio e giugno per Tuscolano.
L’INPS emise il 6/10/2017 DURC positivo avente effetto dalla stessa data (27/7/2017) nella quale aveva emesso prima DURC negativo al 31/8/2017.
Quando la Regione, il 3/11/2017, gliene chiese ragione, l’Inps dapprima, il 23/11/2017, confermò che il precedente DURC era negativo, e poi, il 7/12/2017. comunicò a C. di aver annullato il DURC positivo del 6/10/2017, perché a quella data c’erano ancora le “squadrature” di gennaio su Pomezia (sanata solo il 20/10/2017, e quindi in ritardo anche in rapporto alla seconda procedura); e di marzo, aprile, maggio e giugno su Tuscolano, che vennero sanate solo il 28/12/2017.
La rilevanza contributiva della faccenda risulta pressoché nulla.
Dai controlli “sostanziali” resi possibili “ex post” dopo la trasmissione dei “flussi” volli a dar conto delle “squadrature” risultò che non c’era stata alcuna omissione contributiva, tranne gli €. 46,00 su aprile per Pomezia, pagati il 10/1/2018 (doc. 27 fase, parte ricorrente), ovviamente neppure contestati, che sono poi risultati pure indebiti, perché in realtà per quel mese C. era in credito per €. 515,41 (nota Inps Tuscolano del 29/3/2018, doc. 42 fase, parte ricorrente).
Da tali controlli sarebbe altresì emerso un debito per Tuscolano per giugno 2017 di €. 285,00, saldato il 10/1/2018. ma questo non è mai stato contestato nel secondo procedimento DURC, che contestò solo la “squadratura” della denuncia.
Non è un sofisma: se l’Inps avesse rilevato quel debito avrebbe dovuto assegnare a C. il termine per sanarlo.
L’art.3, co.3 del dm 30 gennaio 2015 prevede che lo scostamento tra dovuto è non grave, e quindi non osta al rilascio del DURC. se di importo pari o inferiore ad €. 150,00, sicché la tardività della regolarizzazione delle altre somme non era ostativa al rilascio del DURC positivo, nella prima procedura né nella seconda.
In pratica, la condizione DURC-negativa verificatasi tra il 31/8/2017 ed il 4/1/2018 trae esclusiva ragione utile dagli “squadramenti” verificatisi a gennaio su Pomezia, e da marzo a giugno su Tuscolano.
Sebbene l’Inps non contesti specificamente che si trattasse solo di una questione di inserimento di codici fiscali, l’assunto di parte ricorrente per cui l’inconveniente tecnico non avrebbe potuto generale alcuna questione di accertamento della contribuzione dovuta “cozza” col fatto che l’Ufficio affermò sempre, e senza contestazioni, che l’inconveniente non consentiva la conciliazione tra parziali e totali, e col fatto documentato che il consulente di (…) si sia poi dato carico della conciliazione e del successivo controllo del suo esito contabile. Quegli errori, plausibilmente, generarono un problema di esalta ricostruzione del contenuto delle dichiarazione.
Sulla consistenza di tali “squadramenti” non si sa molto in causa, se non che essi impedirono l’accertamento certo ed immediato di una differenza contributiva di €. 46,00 poi risultata fasulla su aprile Tuscolano, e di €. 285,00 effettiva su giugno Tuscolano. Non si sa neppure se ci fosse nesso tra il problema contabile ed il mancato pagamento di quei saldi, visto che per gli altri mesi c’erano gli stessi errori, ma le dichiarazioni erano esatte.
Ed infatti sia il Tar che il collegio investito dal reclamo hanno dato ragione all’Inps sul mero rilievo, oggi riproposto dalla difesa dell’Istituto, che “solamente con la presentazione di una denuncia corretta e completa l’Ente Previdenziale è messo nella condizione di controllare e quantificare i contributi dovuti”.
Il giudicante lascia volentieri al Consiglio di Stato, al quale a suo avviso il compito spetta, stabilire se “squadrature” di questo tipo e di tale rilevanza possano giustificare l’esclusione di un concorrente da una o più gare pubbliche del valore di decine di milioni di euro.
Per quanto gli pertiene, ossia sul piano dei rapporti interni, ritiene di dover osservare che poiché:
a) la stessa espressione ‘’documento di regolarità contributiva” rimanda letteralmente all’idea che “conti” che si sia in regola con gli obblighi contributivi e non necessariamente col rispetto rigoroso delle forme della denuncia contributiva;
b) il DM 30 gennaio 2015 esclude chiaramente che qualunque irregolarità negli adempimenti richiesti osti al rilascio del DURC, stabilendo piuttosto all’art. 3. co. 1 che “la verifica….riguarda i pagamenti dovuti dall’impresa….”, ed all’art. 3, co. 3 che non osta al rilascio del DURC uno scostamento non grave tra somme dovute e somme pagate;
c) il DM non ha espresso riguardo alle violazioni non inerenti all’inadempimento sostanziale di obblighi contributivi, se non all’art.8 che rimanda ad un allegato A nel quale non compare la violazione delle disposizioni regolamentari di compilazione delle denunce contributive;
ci si deve domandare quale sia la base normativa della presunta attitudine ostativa al rilascio del DURC del tipo di irregolarità meramente formale rilevata ed effettivamente esistente.
E sebbene un approccio strettamente letterale possa apparire non appagante, potendo apparire non ragionevole che si rilasci il DURC ad un soggetto che abbia omesso una denuncia contributiva dovuta, non per questo appare convincente l’equiparazione con la presentazione di una denuncia viziata da un errore nella quantificazione del contributo dovuto, reso di per sé evidente da una sfasatura tra parziali e totali, cosa che non consente nemmeno, a rigore, di parlare di denuncia infedele (e tantomeno omessa), posto che in linea di principio l’Inps, svolgendo gli opportuni accertamenti, se la contabilità aziendale è in ordine, potrebbe verificare da sé dove sta l’errore, ed a quanto ammonta il contributo effettivamente dovuto che sia superiore al dichiarato, ed in tal caso peraltro si genererebbe un iter nel quale sarebbe eventualmente emessa una nota di rettifica che potrebbe essere contestata, con effetti impeditivi del rifiuto del rilascio del DURC ai sensi dell’art.3, co. 2, lett. d) e e) del dm.
L’illogicità della conclusione che qui si avversa appare invero resa palese dal fatto che anche se, in ipotesi, la denuncia fosse stata ritenuta nel suo contenuto in ipotesi ricostruibile apertamente erronea, nel senso che dal suo esame l’lnps avesse ritenuto possibile verificare che il contributo dovuto era superiore a quello dichiarato, non per questo l’lnps avrebbe potuto rifiutare il DURC. ma avrebbe dovuto emettere un verbale di accertamento o una nota di rettifica che avrebbero potuto essere impugnati in sede amministrativa o giurisdizionale con effetto impeditivo del mancato rilascio del DURC.
Una diversa interpretazione del sistema, che con il pretesto della necessità che l’accertamento sia fatto “in tempo reale”, consentisse all’Ente previdenziale di negare il rilascio del DURC sulla base di inadempienze solo presunte ed accertate lì per lì in modo potenzialmente arbitrario (e quante volte capita alle imprese di piegarsi al pagamento di contributi che poi risultano non dovuti, solo per ottenere quel benedetto documento) ed a prescindere dall’emissione di atti di accertamento suscettibili di tutela amministrativa e giurisdizionale, si porrebbe ad avviso del giudicante in conclamato contrasto con la necessità inderogabile posta da Cost. 111 riguardo alla giustiziabilità delle situazioni giuridiche soggettive, specie laddove si accetti l’idea che poi in sede di giustizia amministrativa su una gara pubblica, il tutto si risolva in un apprezzamento del tutto estrinseco e formale dell’operato dell’Ente, come se la procedura DURC costituisse svolgimento di una attività autoritativa, invece che in un compiuto accertamento di merito sulla sussistenza della violazione.
In tal senso, ed anche per necessità costituzionale, l’art.3, co.2, lett. d) e e) del DM pare invece rendere palese, almeno in linea di principio, che l’inps può rilevare in sede di procedura DURC solo inadempienze che abbia già formalmente accertato e comunicato, senza che il contribuente abbia a ciò tempestivamente reagito con i prescritti rimedi amministrativi e giurisdizionali.
Una diversa interpretazione del sistema integrerebbe invero un chiaro aggiramento del principio, espresso dalla disposizione in questione, che il DURC non può essere negato nemmeno per una inadempienza contributiva sostanziale, se questa è controversa in sede di contenzioso amministrativo o giudiziario; cosa che implica che al contribuente dev’essere stata data la possibilità di contestarla.
Rovesciando il ragionamento, riesce difficile non giudicare stravagante l’idea che le imprese possano imporre all’lnps il rilascio del DURC di fronte al più fondato degli accertamenti di inadempienza contributiva gravissima, semplicemente proponendo il più pretestuoso dei ricorsi amministrativi, per poi impugnarne l’esito, fino al passaggio in giudicato della sentenza (salvo autorizzazione del giudice all’iscrizione a ruolo): e per converso debbano onorare impotenti il più arbitrario dei rilievi formanti oggetto dell’invito a regolarizzare, pena la paralisi, salvo l’esito del futuro giudizio.
Il sistema normativo mostra invece di perseguire un bilanciamento tra la necessità di accertamento immediato della situazione contributiva dell’impresa e la necessità che il contribuente non si veda negare il DURC per inadempienze inesistenti, dando per esistenti le violazioni già accertate e comunicate alla data della richiesta (nella quale la situazione viene, per cosi dire, come dice la difesa dell’Inps, “fotografata”), o risultanti come tali da autodichiarazioni, con atti contro i quali il contribuente non abbia a quella data azionati i rimedi.
Anche alla luce di tale ricostruzione complessiva del sistema, negare il DURC solo perché il contribuente non è stato in grado in 15 giorni di mettere capo ad una incongruenza intrinseca di qualche denuncia contributiva, oltre ad apparire illegittimo per mancanza di fondamento normativo (e le circolari non sono fonti di diritto oggettivo: Cass. 15482/2018, 10595/2016), appare anche contraddittorio ed irriconducibile a qualunque riconoscibile canone di razionalità/ragionevolezza.
I DURC sono attestazioni di scienza e non atti autoritativi né negoziali produttivi di effetti propri sicché applicare ad essi la categoria dell’annullabilità non ha, ad avviso del giudicante, senso.
II DURC negativo 8692005 e l’annullamento del DURC 8978332 vanno dichiarati illegittimi.
L’ultimo capo di domanda col quale la società ricorrente chiede di essere rimborsata della somma di €. 3.284,35 appare infine fondato.
La società ricorrente ha documentato di aver pagato quella somma il 28/9/2017 (doc.19) e si è già sopra osservato che tale pagamento non era dovuto, perché la società era già stata ammessa dallo stesso Istituto a portarsi in compensazione su quelle poste un credito di pari importo.
L’inps si difende sul punto assumendo che l’Inps avrebbe rimborsato anche la somma in questione nell’ambito della composizione bonaria della controversia insorta tra le patti riguardo alla pretesa di (…) di vedersi rimborsare gli €. 372.026,83 che aveva pagato ai propri dipendenti di Frosinone nel 2012 al posto dell’Inps: componimento, che giusta la sentenza di cessata materia del contendere risultante resa dal Tribunale di Frosinone il 31/10/2018, sarebbe avvenuta mediante autorizzazione di (…) a portarsi tale credito in compensazione su una posta aperta di agosto 2012 su Tuscolano.
Osserva il giudicante che sebbene dalle stesse allegazioni di (…) sui capi 22 e segg. del ricorso sembri indicato un collegamento tra la predetta posta e la posta creditoria di €. 20.707,36 dalla quale scaturì la somma che (…) si porto in compensazione sul debito su Frosinone per i mesi di agosto-settembre- ottobre 2014, al capo 24 si precisa che quel saldo venne accertato dalla sede frusinate per il periodo gennaio 2013-ottobre 2014, e tanto risulta confermato dal doc. 11 fase, parte ricorrente.
Dalla documentazione inerente il rimborso degli €. 372.026,83 risulta invece che la questione sì compose con un conguaglio tra i TFR anticipati ed il debito della società su Tuscolano del mese di agosto 2012.
Pertanto, anche a dare per pacifico per incontestazione che (…) si sia poi portata il credito di €. 372.026,83 a compensazione sulla matricola Tuscolano dello stesso mese, la vicenda risulta neutra rispetto al documentalo pagamento indebito di €. 3.284,35, che vanno pertanto restituiti con gli accessori di cui all’art.16, co.6, della legge n.412/91 dalla domanda al soddisfo.
Poiché nell’economia della causa la questione della legittimità del DURC negativo appare del tutto preponderante, e su tale questione questo giudice ha ritenuto di contraddire gli arresti precedenti, ci sarebbero tutti i presupposti per una compensazione fondata su “rèvirement” ex art. 13 del d.lgs n. 162/2014.
Poiché tuttavia l’Inps ha ingiustamente resistito sulla restituzione degli €. 3.284,35, ad esso si pongono a carico un terzo delle spese.
Compensazione integrale rispetto all’Inail perché, pur sostenendo fondatamente il proprio difetto di legittimazione passiva, ha formulato anch’essa una eccezione di inammissibilità del ricorso per violazione del ‘‘ne bis in idem” utile alla consorte previdenziale ed infondata.
Tali i motivi della decisione in epigrafe.
Dispositivo
definitivamente pronunciando, contrariis reiectis:
a) dichiara il difetto di legittimazione passiva dell’Inail;
b) dichiara illegittimi il DURC negativo n. 8692005 e l‘annullamento del DURC positivo n. 8978332;
c) condanna l’Inps alla restituzione, in favore della ricorrente, della somma di €. 3.284,35, oltre alla maggior somma tra interessi legali e rivalutazione istat dalla domanda al soddisfo;
d) condanna l’lnps alla rifusione, in favore della società ricorrente, di un terzo delle spese del giudizio, che liquida, per questa parte, in €. 20,00 per spese e €. 2.000.00 per compensi, oltre S.F. Iva e Cpa; compensa il resto tra dette parti e l’intero rispetto all’Inail.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 26681 depositata il 15 settembre 2023 - In tema di controversie su atti di riscossione coattiva di entrate di natura tributaria, il discrimine tra giurisdizione tributaria e giurisdizione ordinaria va così…
- Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 1394 depositata il 18 gennaio 2022 - Nel sistema del combinato disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2 e del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 49 e segg., ed in particolare dell'art. 57 di quest'ultimo,…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 18 gennaio 2022, n. 1394 - Nel sistema del combinato disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2 e del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 49 e segg., ed in particolare dell'art. 57 di quest'ultimo, come emendato dalla…
- Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 8465 depositata il 15 marzo 2022 - La linea di confine fra giurisdizione ordinaria e giurisdizione tributaria è costituita dalla notifica della cartella esattoriale, tenuto conto di quanto previsto…
- TRIBUNALE DI ROMA - Sentenza 09 settembre 2021, n. 3636 - Illegittimità dell'efficacia retroattiva per i periodi precedenti all’accertamento di irregolarità contributiva del DURC negativo
- Corte di Cassazione ordinanza n. 21202 del 5 luglio 2022 - In caso di proposizione di plurime domande legate da nesso di subordinazione, il giudice adito deve valutare la giurisdizione con riferimento alla domanda proposta in via pregiudiziale, venendo…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- E’ onere del notificante la verifica della c
E’ onere del notificante la verifica della correttezza dell’indirizzo del destin…
- E’ escluso l’applicazione dell’a
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 9759 deposi…
- Alla parte autodifesasi in quanto avvocato vanno l
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 7356 depositata il 19…
- Processo Tributario: il principio di equità sostit
Il processo tributario, costantemente affermato dal Supremo consesso, non è anno…
- Processo Tributario: la prova testimoniale
L’art. 7 comma 4 del d.lgs. n. 546 del 1992 (codice di procedura tributar…