Tribunale di Terni sentenza n. 327 depositata il 27 febbraio 2018
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – SICUREZZA SUL LAVORO – AMIANTO – RIVALUTAZIONE CONTRIBUTIVA PER ESPOSIZIONE ALL’AMIANTO – ONERE DELLA PROVA – PRESCRIZIONE
IN FATTO E IN DIRITTO
1.Con ricorso regolarmente notificato la ricorrente deduceva di avere svolto attività di lavoro in esposizione qualificata oltre lo 0,1 ff/cc di fibre e polveri di amianto aereodisperse, per una media giornaliera di oltre 8 ore, per un periodo ultradecennale; di avere prestato la propria attività lavorativa dal 12 giugno 1979 a tutt’oggi alle dipendenze della ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni spa; che il tipo di lavorazioni effettuate presso l’Azienda sopradetta rientravano in quelle per le quali era obbligatoria l’assicurazione contro la silicosi e l’asbestosi; – che, nel corso della predetta attività, era stata esposta in maniera diretta e continua, a causa dei materiali utilizzati e delle condizioni dell’ambiente di lavoro, ad una notevole concentrazione di polveri di amianto; – che invano aveva richiesto all’Inail ( in data 15 febbraio 2005 ed in data 18 giugno 2010) )il rilascio di certificazione attestante la propria esposizione all’amianto; – che aveva avanzato anche istanza all’INPS, infruttuosamente ( domanda per l’adeguamento della posizione contributiva ex art 13 comma 8 legge 257/92 e successive modifiche e domanda ex art 1 commi 20,21,22 legge 247/ 07 e domanda di pensione inoltrata in data 26 marzo 2012) Tanto dedotto, l’istante deduceva di aver diritto, in considerazione dell’attività lavorativa svolta, all’applicazione dei benefici previsti dall’art. 13, comma 8, della L. n. 257/1992; quindi, sulla scorta delle compiute argomentazioni di cui al ricorso, concludeva nei seguenti termini: dichiarare l’avvenuta esposizione all’amianto dal 16 giugno 1979 a tutt’oggi , o per il periodo diverso che sarà accertato, comunque superiore ai dieci anni, accertare e dichiarare il diritto della ricorrente alla rivalutazione del periodo di esposizione ad amianto con il coefficciente 1,5 ex art 1 commi 20,21, 22 legge 247/ 07 e in via subordinata ex art 13 comma 8 l. 257/92 ed ex art 47 comma 6 bis l. 326 / 2003 e art 3 comma 132 l, 350/ 2003 3, in subordine con il coefficiente 1,25; e condannare e/o ordinare all’Inps di modificare la posizione contributiva dell’istante ai fini delle prestazioni pensionistiche, moltiplicando l’intero periodo lavorativo già indicato, in cui l’istante è stato esposto all’amianto, soggetto all’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall’esposizione all’amianto gestita dall’Inail, per il coefficiente 1,5, così come disposto dalla normativa menzionata (in via subordinata per il coefficiente 1,25); condannare l’Inps ad erogare la prestazione previdenziale ed adeguare i ratei maturandi con condanna dell’Inps al pagamento delle differenze sui ratei maturati e maturandi ed ogni conseguenziale ulteriore condanna i ordine all’adeguamento della posizione contributiva e previdenziale della ricorrente; con vittoria di spese e competenze legali, da distrarsi a favore del sottoscritto procuratore che si dichiara antistatario.
Si costituiva in giudizio l’Inps, il quale, preliminarmente, eccepiva la decadenza dall’azione giudiziaria ex art 47 del D.P.R. 639/1970 come modificato per effetto dell’art 38 comma 1 lettera d) del D.L. 6 luglio 2011 n. 98 recante disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria e la prescrizione quinquennale dei ratei non liquidati e ribadiva, in ogni caso, la correttezza del proprio operato, e chiedeva la integrazione del contraddittorio nei confronti dell’Inail in quanto a seguito delle recenti innovazioni legislative l’Inail ha una funzione certificativa in merito alla concentrazione media annua non inferiore a 100 ff/ll come valore medio su otto ore al giorno e pertanto i lavoratori che intendono ottenere il riconoscimento dei benefici derivanti dalla esposizione all’amianto devono presentare la domanda amministrativa all’Inail entro 180 gg dalla entrata in vigore del regolamento di attuazione di cui al comma 6 della L. 326/2003; l’Inps quindi sarebbe vincolato all’accertamento dell’Inail ed a riconoscere il beneficio in caso di dichiarazione positiva ed a negarlo in caso di dichiarazione negativa.
Nel corso del giudizio venivano escussi i testi
Disposta ed espletata consulenza tecnica di natura ambientale, all’udienza del 24 ottobre 2017, sulle conclusioni delle parti come in atti, veniva pronunciata la presente sentenza, dando lettura del dispositivo e della esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione ai sensi dell’art. 429 c.p.c., come di recente novellato, ed applicabile al caso di specie in considerazione della data di iscrizione del ricorso.
2. Il contraddittorio è stato correttamente integrato nei confronti dell’INPS, unico legittimato passivo.
Costituisce ius receptum che “nella causa introdotta dal lavoratore per ottenere l’accertamento giudiziale del diritto alla rivalutazione, ai fini pensionistici, del periodo lavorativo nel quale è stato esposto all’amianto, ai sensi dell’art. 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257 (come modificato dall’art. 1, comma 1, del d.l. 5 giugno 1993, n. 169, conv. in legge 4 agosto 1993, n. 271), l’unico soggetto legittimato a stare in giudizio è l’INPS, difettando l’INAIL della legittimazione passiva (“ad causam”), in quanto soggetto del tutto estraneo al rapporto, di natura previdenziale, che dà titolo alla proposta domanda, atteso che il beneficio dell’accredito figurativo è diretto ad assicurare una più rapida acquisizione dei requisiti contributivi utili per ottenere le prestazioni pensionistiche dell’assicurazione generale obbligatoria e non a facilitare l’accesso alle diverse prestazioni oggetto del regime assicurativo a carico dell’INAIL” (cfr., ex ceteris, Sez. 6 – L, Ordinanza n. 16592 del 21/07/2014).
Ritiene questo giudice di condividere pienamente l’orientamento della Suprema Corte in quanto la legittimazione passiva si radica in capo al soggetto giuridico tenuto all’erogazione della prestazione richiesta, mentre nel caso in esame non è stata avanzata alcuna domanda che possa giustificare l’estensione del contraddittorio al datore di lavoro ed all’Inail (pure sollecitata dall’Inps).
3. Appaiono destituite di fondamento le eccezioni preliminari proposte dall’INPS.
Appare, infondata l’eccezione di prescrizione del diritto tempestivamente sollevata dall’Istituto nella comparsa di costituzione secondo cui ai sensi dell’art. 47 bis del D.P.R. 639/70 ” si prescrivono in cinque anni i ratei arretrati ancorchè non liquidati e dovuti a seguito di pronuncia giudiziale dichiarativa del relativo diritto…”
In realtà la ricorrente, essendo ancora una lavoratrice dipendente nulla chiede a titolo di ratei ma solo le maggiorazioni contributive utili ai fini del prepensionamento ovvero alla rivalutazione della prestazione se e quando maturata e quindi la ricorrente chiede soltanto l’accredito delle maggiorazioni contributive per esposizione amianto; Tra l’altro la Suprema Corte ha chiarito che l’iniziale termine di prescrizione decennale può essere ricondotto al momento del pensionamento e, la ricorrente solo in data 23 febbraio 2012 ha preso contezza del fatto che l’Inps non aveva accreditato le maggiorazioni contributive per esposizione ad amianto per i periodi di lavoro nel corso dei quali l’esposizione è stata maggiore delle 100ff/l e, da allora può semmai partire il termine prescrizionale in quanto decorrente dal momento in cui il soggetto può essere messo in condizioni di far valere un proprio diritto e, nel caso in esame, nel momento in cui ha avuto conoscenza dell’inadempimento; la ricorrente ritenendo che l’Inps avesse conteggiato le contribuzioni in esposizione professionale a polveri da amianto e quindi con il coefficiente 1,5 e/o con il coefficiente 1,25 invece che con il coefficiente 1, ha potuto esercitare il suo diritto solo e soltanto quando ne ha appreso della violazione e/o dell’inadempimento dell’ente e cioè del fatto che l’accredito fosse stato fatto con il coefficiente 1 e non con il coefficiente 1,5.
Inoltre, costituisce ius receptum che il beneficio della rivalutazione contributiva per esposizione ad amianto costituisce un diritto del tutto autonomo rispetto al trattamento pensionistico sul quale pure incide: colui che, pensionato o meno, agisce per ottenere il riconoscimento della rivalutazione contributiva non lo fa per rivendicare una componente essenziale del credito pensionistico da liquidarsi ovvero già liquidato (parzialmente), bensì per chiedere qualcosa di nuovo e di autonomo. Ciò che si fa valere non è il diritto al ricalcolo della prestazione pensionistica, ovvero alla rivalutazione dell’ammontare dei singoli ratei erroneamente (o ingiustamente) liquidati in sede di determinazione amministrativa, bensì il diritto ad un beneficio che, seppure previsto dalla legge “ai fini pensionistici” e ad essi, quindi, strumentale, è dotato di una sua specifica individualità e autonomia, operando sulla contribuzione ed essendo ancorato a presupposti propri e distinti da quelli in presenza dei quali era sorto (o sarebbe sorto) – in base ai criteri ordinati – il diritto al trattamento pensionistico (cfr., da ultimo, Sez. 6 – L, Ordinanza n. 10980 del 27 maggio 2015,; Sez. 6 – L, Ordinanza n. 2351 del 09/02/2015).
La giurisprudenza di legittimità è, dunque, ormai attestata sulla configurabilità del beneficio della rivalutazione contributiva della posizione assicurativa come un diritto autonomo rispetto al diritto a pensione (solo questo primario ed intangibile: Cass., sez. un., 10 giugno 2003, n. 9219) che sorge in conseguenza del “fatto” della esposizione ad amianto e determina una maggiorazione pensionistica avente in un certo qual modo natura risarcitoria, e ciò perchè nel sistema assicurativo – previdenziale la posizione assicurativa, nonostante la sua indubbia strumentalità, “costituisce una situazione giuridica dotata di una sua precisa individualità”, potendo spiegare effetti molteplici, anche successivamente alla data del pensionamento, e costituire oggetto di autonomo accertamento. Non si è, allora, in presenza di una prestazione previdenziale a sè stante ovvero di una pretesa all’esatto adempimento di una prestazione previdenziale (pensione) riconosciuta solo in parte, ma di una situazione giuridica ricollegabile ad un “fatto” in relazione al quale viene ad essere determinato – in via meramente consequenziale – , con la maggiorazione, il contenuto del diritto alla pensione (“la disposizione di cui alla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8,… non ha istituito una nuova prestazione previdenziale, ma soltanto un sistema più favorevole di calcolo della contribuzione per la determinazione della pensione”: Corte cost. 20 novembre 2008, n. 376).
Quindi, laddove abbia la consapevolezza della esposizione ad amianto, il soggetto interessato può, a prescindere dalla questione se sia o meno pensionato e da quando, agire in giudizio, previa domanda amministrativa, per far valere il suo autonomo diritto. Non, dunque, per rivendicare una componente essenziale del credito previdenziale da liquidarsi ovvero già liquidato (parzialmente), bensì per chiedere qualcosa di nuovo e di autonomo.
Alla luce del suddetto orientamento (confermato da Cass. n. 17941 del 13 agosto 2014) non vi è ragione per non ritenere che, proprio perchè vi è differenza tra diritto alla rivalutazione contributiva e diritto alla pensione nonchè diritto ai singoli ratei, la prescrizione del diritto alla rivalutazione è definitiva e non può incidere solo sui singoli ratei (di maggiorazione).
I principi testè enunciati sono stati, di recente, affermati nelle pronunce della Corte di legittimità nn. 3959 e 3960 del 26 febbraio 2015, nelle quali – oltre a richiamarsi Cass. 12685 del 19 maggio 2008; Cass. n. 7527 del 29 marzo 2010, Cass. n. 8926 del 19 aprile 2011, Cass. n. 6331 del 19 marzo 2014, Cass. n. 7934 del 4 aprile 2014, Cass. n. 13578 del 13 giugno 2014 – è stato precisato che non è validamente invocabile il principio di imprescrittibilità del diritto a pensione, in quanto, come pure dalla Corte già specificato, “tale particolarissimo regime non si estende a tutte le singole azioni relative alla costituzione della posizione contributiva. E del carattere sostanzialmente costitutivo del procedimento amministrativo e dell’azione in giudizio diretto al riconoscimento del beneficio contributivo per esposizione all’amianto sembra non potersi dubitare, stanti i vincoli sostanziali, temporali e procedurali posti dalla legislazione in materia” (cfr. Cass. n. 1629 del 3 febbraio 2012; Cass. n. 11400 del 6 luglio 2012; Cass. n. 14531 del 16 agosto 2012; Cass. n. 14472 del 14 agosto 2012; Cass. nn. 20031 e 20032 del 15 novembre 2012; Cass. n. 27148 del 4 dicembre 2013; Cass. n. 4778 del 27 febbraio 2014).
Peraltro, alla luce del suddetto orientamento, proprio perchè vi è differenza tra diritto alla rivalutazione contributiva e diritto alla pensione nonchè diritto ai singoli ratei, la prescrizione del diritto alla rivalutazione è definitiva e non può incidere solo sui singoli ratei di maggiorazione (cfr., ancora, Sez. 6 – L, Ordinanza n. 2351 del 09/02/2015).
Ciò posto, il termine di prescrizione del diritto alla rivalutazione contributiva può essere fatto valere anche dal momento in cui la ricorrente ha avuto consapevolezza della esposizione qualificata, ovvero dal momento della domanda all’Inail.
Come detto, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che il lavoratore, laddove abbia la consapevolezza della esposizione ad amianto, può, a prescindere dalla questione se sia o meno pensionato e da quando, agire in giudizio, previa domanda amministrativa, onde far valere il suo autonomo diritto.
Posto che – come detto – il soggetto interessato può agire in giudizio prima ed a prescindere dal pensionamento, deve ritenersi che il dies a quo del termine di prescrizione vada identificato nel momento in cui il lavoratore/pensionato acquisisce la consapevolezza dell’esposizione.
Invero, non ignora questo giudice che l’art. 2935 c.c. stabilisce che la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere e si riferisce solo alla possibilità legale di fare valere il diritto, quindi agli impedimenti di ordine giuridico e non già a quelli di mero fatto, rientrando in questi ultimi anche l’ignoranza del titolare del diritto (cfr. Sez. L, Sentenza n. 10828 del 26/05/2015); ciononostante, va rilevato che quando il presupposto per l’esercizio del diritto è ricollegato dalla stessa fattispecie legale ad un “fatto” – ovvero, nel caso che ci occupa, l’esposizione qualificata all’amianto1 – è solo dal momento in cui tale fatto, quale presupposto dell’esistenza stessa del diritto, diviene oggettivamente percepibile e riconoscibile che può rilevare l’inerzia dell’interessato.
In tale prospettiva, dunque, non può essere seguito nè il criterio della data di entrata in vigore del D.Lgs. 271/93 (4.8.1993), nè il diverso orientamento – pure emerso in qualche pronuncia di merito – secondo cui il termine prescrizionale scatterebbe in modo automatico dal maturare del decennio di esposizione, purchè in epoca posteriore all’entrata in vigore della legge sui benefici.
Neanche può ritenersi che il termine di prescrizione decorra necessariamente dall’epoca del pensionamento. E invero, la data di effettivo pensionamento, in sè e per sè, appare del tutto ininfluente ai fini che in questa sede ci occupano, atteso che, come detto, il diritto in questione, da un lato, può certamente essere fatto valere anteriormente al pensionamento, con la conseguenza che anche nel periodo antecedente l’inerzia dell’avente diritto non può che rilevare sotto il profilo del decorso del termine prescrizionale, e, dall’altro, l’eventuale intervenuto pensionamento sulla base dei contributi già versati non implica affatto, di per sè, la consapevolezza della esposizione ad amianto, restando irrilevante ai fini della individuazione del dies a quo.
Ed è appena il caso di evidenziare, in proposito, che le sentenze n. 2351/15, n. 2773/15, n. 3008/15, n. 10980/15 della Corte di Cassazione assumono come data di decorrenza della prescrizione quella del pensionamento dell’interessato solo in quanto nelle sentenze di merito impugnate detta data era stata ritenuta coincidente con la consapevolezza dell’esposizione qualificata. A ben vedere, infatti, la statuizione circa l’effettiva correttezza nell’individuazione del dies a quo del termine prescrizionale non ha formato oggetto di alcun approfondimento da parte della Suprema Corte, mancando ogni specifica censura sul punto.
Del resto, è la stessa giurisprudenza della Cassazione a richiamare l’elemento della consapevolezza al fine di individuare il dies a quo di decorrenza della prescrizione. E invero, la sentenza n. 15814 del 27.7.2015 afferma: “Il lavoratore, laddove abbia la consapevolezza della esposizione ad amianto, può … agire in giudizio” (cfr. alinea 29): quindi, secondo i Giudici di legittimità, prima di acquisire tale consapevolezza l’interessato non può agire ed il termine di prescrizione non decorre.
E ancora, coerentemente, la menzionata pronuncia n. 15814/2015 afferma: “nella fattispecie in esame la Corte territoriale ha ritenuto … che detta consapevolezza fosse coincisa con il pensionamento (essendo già a tale data “nota e rimediabile la lesione del già maturato diritto alla maggiorazione contributiva …”); era da tale momento che il lavoratore poteva agire in giudizio” (cfr. alinea 32).
In definitiva, nella fattispecie soggetta al vaglio della Suprema Corte, in tanto il pensionamento è stato ritenuto il momento da cui far decorrere il termine prescrizionale in quanto a tale epoca poteva farsi risalire la consapevolezza dell’esposizione all’amianto.
Tanto acclarato, deve, comunque, rilevarsi, mutatis mutandis, che i predetti principi sono già stati affermati dalla Suprema Corte con riferimento agli istituti di cui all’art. 112 e 135 d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124. E invero, la Corte, alla luce delle sentenze dichiarative della illegittimità costituzionale, in parte qua, di tali articoli di legge (Corte Cost. 30 giugno 1969 n. 116 e 11 febbraio 1988 n. 206), ha costantemente affermato che, fermo restando che l’azione per conseguire la rendita per inabilità permanente non si prescrive con il decorso del termine triennale dalla manifestazione della malattia nel caso in cui, entro tale termine, l’attitudine al lavoro non sia stata ridotta in misura superiore al minimo indennizzabile e, soprattutto, considerato che non sussiste più una presunzione assoluta di verificazione della malattia professionale nel giorno in cui viene presentata all’Istituto assicuratore la denuncia con il certificato medico, il dies a quo per la decorrenza del termine di prescrizione del diritto per ottenere dall’INAIL la rendita deve essere individuato con riferimento al momento in cui l’interessato abbia avuto consapevolezza – che può anche essere desunta, ai sensi degli artt. 2727 e 2729 c.c., da fatti noti che costituiscano presunzioni gravi, precise e concordanti – dell’esistenza dello stato morboso, dell’eziologia professionale della malattia e del raggiungimento della soglia legale di indennizzabilità (cfr., ex ceteris, Sez. L, Sentenza n. 12734 del 01/09/2003, Sez. L, Sentenza n. 27323 del 12/12/2005). è stato, altresì, precisato che la predetta consapevolezza è desumibile da eventi oggettivi ed esterni alla persona dell’assicurato, che costituiscano fatto noto, ai sensi degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., come la domanda amministrativa, nonchè la diagnosi medica contemporanea, dai quali la malattia sia riconoscibile per l’assicurato (Sez. L, Sentenza n. 2285 del 31/01/2013).
In definitiva, in applicazione delle argomentazioni innanzi svolte, deve individuarsi come termine di decorrenza della prescrizione quello in cui l’interessato ha avuto consapevolezza della propria esposizione qualificata, cioè ultradecennale e superiore alle 100 ff/l (cfr., in senso conforme, sentenza del 29.9.2015 del Tribunale di Rieti, dott.ssa Valentina Cacace; sentenza del 15.10.2015 del Tribunale di Grosseto, dott.ssa Antonella Casoli).
E’ evidente che tale consapevolezza, in mancanza di prove dirette, non può che essere desunta da indici indiziari, attraverso le previsioni presuntive di cui agli artt. 2727 e 2729 c.c..
Ebbene, nel caso di specie, deve ritenersi che la presentazione da parte della signora Ma. El. della domanda all’Inail in data 14.02.2005 – domanda tendente proprio all’accertamento dell’esposizione qualificata all’amianto – rivela indubbiamente la consapevolezza della presenza di un rischio ambientale e della ragionevole presunzione di essere stato esposto in modo qualificato all’amianto.
Prima di tale epoca, invece, non vi sono seri elementi per ritenere che la ricorrente avesse detta consapevolezza. E invero, nè l’entrata in vigore della legge che concedeva i benefici per cui è causa nè la cessazione, in fatto, dell’esposizione all’amianto (peraltro, nella specie, in epoca anteriore all’introduzione della predetta normativa) comportano, di per sè, la consapevolezza da parte della ricorrente della esposizione qualificata ultradecennale.
Pertanto, non vi è alcuna ragionevole certezza che il ricorrente prima del 15.2.2005 fosse consapevole della sua pregressa, e qualificata, esposizione a fibre di amianto.
Tanto precisato, occorre chiarire che la durata del termine di prescrizione è quella ordinaria decennale (art. 2946 c.c.), posto che il beneficio della rivalutazione contributiva è un diritto autonomo e non concerne i singoli ratei.
Per tale motivo deve ritenersi inconferente l’art. 47 bis del D.P.R. 369/70 introdotto dal d.l. 98/11 conv. in L. 111/11, che prevede il termine di prescrizione quinquennale dei singoli ratei arretrati, ancorchè non liquidati e dovuti a seguito di pronunzia giudiziale dichiarativa del relativo diritto, dei trattamenti pensionistici, nonchè delle prestazioni della gestione di cui all’art. 24 della legge 88/80 o delle relative differenze dovuto a seguito di riliquidazioni.
E’, poi, pacifico che il termine di prescrizione si conteggia dal sorgere del diritto in avanti e non a ritroso dal ricorso giudiziario e può essere interrotto attraverso atti che valgono a costituire in mora il debitore – ovvero l’INPS – secondo l’ordinario regime civilistico (art. 2943 c.c.). La domanda amministrativa all’Inps costituisce senz’altro atto interruttivo della prescrizione.
Ne segue che, nella specie, dovendosi ritenere presuntivamente che la consapevolezza della esposizione qualificata da parte di Ma. El. sia coincisa con il momento della presentazione della domanda all’Inail, non è maturata la prescrizione del diritto in questione, posto che la domanda all’Inps volta ad ottenere la maggiorazione contributiva ex L. 257/92 è pervenuta in data 15.02.2005 , ovvero entro il decennio.
4. Nel merito, il ricorso è fondato e merita accoglimento.
4.1. Dagli atti (cfr., in particolare, curriculum proveniente dal datore di lavoro, allegato alla produzione dell’istante doc,n. 2 e 3) risulta che la ricorrente ha lavorato alle dipendenze della Thyssen Krupp Acciai Speciali Terni spa dal 12 6 1979 all’ 1 9 1993 come impiegata con funzioni amministrative presso la Amministrazione, Caldar.e Condotte F, Prod Magnetico, Amministrazione e che presso lo stabilimento suddetto, operante nel settore della metallurgia e siderurgia l’amianto era utilizzato è stato direttamente manipolato dalla ricorrente.
In ordine alle mansioni espletate, in concreto, dall’istante hanno riferito, nel corso dell’istruttoria, i testi Marchetti Ilario, Vescarelli Bruno e Todini Rina.
Ebbene, dalle deposizioni dei testi è emerso che la ricorrente, nel corso dell’attività lavorativa è venuta a contatto con materiale a base di amianto e che non venivano utilizzati materiali di protezione.
I testi hanno circostanziato le modalità lavorative in modo chiaro e concordante tra di loro e pertanto della loro deposizione non vi è motivo di dubitare.
Ciò posto, il C.t.u. nominato, sulla base degli atti di causa e delle risultanze delle prove testimoniali, delle informazioni raccolte, dei sopralluoghi effettuati sui luoghi di lavoro per casi analoghi e dei modelli valutativi e di calcolo, ha accertato che: (a) i reparti nei quali ha lavorato Ma. El. erano interessati alla presenza di amianto; (b) dal 12 6 1979 al 31 8 1979 la ricorrente è stata esposta con valori inferiori a 100ff/l; (c) dal 1 settembre 1979 al 31 dicembre 1985 valori superiori a 100 ff/l ( valori stimati pari a 250 ff/l) ; ( d) dal 1 gennaio 1986 al 31 agosto 1993 valori superiori a 100 ff/l ( valori stimati pari a 125 ff/l); ( f) dal 1 settembre 1993 ad oggi: valori inferiori a 100 ff/l.
Questo giudice, valutate anche le osservazioni fatte dai ctp alla relazione peritale e le relative risposte del CTU ritiene di adeguarsi alla relazione perchè coerente ed avulsa da vizi logici e tecnici
5. Le spese seguono la soccombenza; a carico solidale delle parti le spese di c.t.u., liquidate con separato decreto.
P.Q.M.
Il Giudice del lavoro, definitivamente pronunciandosi in ordine al ricorso proposto dalla signora Ma. El. ogni altra domanda, eccezione e deduzione disattesa, così provvede:
1) dichiara che la ricorrente, è stata esposta, in ragione dell’attività lavorativa espletata, in modo qualificato all’amianto dall’1 /9/ 1979 al 31/8/1993;
2) per l’effetto, condanna l’Inps a modificare la posizione contributiva della ricorrente ai fini delle prestazioni pensionistiche, moltiplicando l’intero periodo di esposizione all’amianto di cui al punto 1), per il coefficiente 1,5 nei limiti dei massimali contributivi;
3) condanna l’INPS al pagamento delle spese di lite in favore della ricorrente, liquidate nella misura complessiva di Euro 2.500,00, oltre spese generali (15%), IVA e CPA come per legge da distrarsi a favore del procuratore antistatario;
4) pone le spese di CTU a carico solidale delle parti, liquidate con separato decreto;
5) fissa il termine di gg 60 per il deposito della motivazione della sentenza ex art 429 comma 1 ultima parte cpc ;
6) respinge nel resto
1 Anche Cass. n. 11399 del 6 luglio 2012 ha valorizzato la circostanza che l’esposizione all’amianto e la sua durata sono “fatti”.
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