TRIBUNALE DI TRENTO – Ordinanza 16 ottobre 2017
Indennità giornaliera di maternità – Previsione che tra la sospensione del rapporto di lavoro e l’inizio del periodo di congedo di maternità non siano decorsi più di 60 giorni – Ipotesi di deroga al computo del limite – Mancata previsione dell’assenza per congedo straordinario riconosciuto al genitore di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata – D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, art. 24, comma 3
Rilevato in fatto
Con ricorso ex art. 442 cod. proc. civ., depositato in data 22.5.2017, la ricorrente T P. chiede sia accertato il suo diritto all’indennità giornaliera di maternità ex art. 22 co.1 d.lgs. 26.3.2001, n. 151, in relazione al congedo di maternità ex art. 16 e 17 co.2 lett. a) d.lgs. cit., afferente il periodo 23.8.2016 – 25.4.2017, con condanna dell’I.N.P.S. all’erogazione delle relative prestazioni.
A sostegno della domanda allega che:
i) ella lavora alle dipendenze della società GPI s.p.a., a far data dal 19.7.2011, in virtù di un contratto di lavoro a tempo indeterminato,
ii) a decorrere dal 4.4.2016 ha fruito del congedo straordinario ex art. 42 co.5 e co.5ter d.lgs. 151/2001 per assistere il figlio minore F F (nato a Trento il 3.8.2013) affetto da handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell’art. 4 co.1 L. 5.2.1992, n. 104;
iii) nel maggio 2016 ha iniziato una nuova gravidanza;
iv) con effetto dal 23.8.2016 l’Azienda sanitaria ha disposto l’astensione anticipata dal lavoro della ricorrente ai sensi dell’art. 17 co. 2 lett. a) d.lgs. 151/2001:
v) in data 14.9.2016 ella ha presentato all’I.N.P.S. domanda di erogazione del trattamento economico ex art. 16 e 17 co.2 lett. a) d.lgs. 151/2001, a far data dal 23.8.2016;
vi) con nota del 16.11.2016 l’I.N.P.S. ha rigettato la domanda adducendo che «l’indennità di maternità non può essere riconosciuta essendo trascorsi più di 60 giorni dall’inizio del congedo straordinario».
Ritenuto in diritto
Viene sollevata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 24 co. 3 d.lgs. 26.3.2001, n. 151 («Ai fini del computo dei predetti sessanta giorni, non si tiene conto delle assenze dovute a malattia o ad infortunio sul lavoro, accertate e riconosciute dagli enti gestori delle relative assicurazioni sociali, né del periodo di congedo parentale o di congedo per la malattia del figlio fruito per una precedente maternità, né del periodo di assenza fruito per accudire minori in affidamento, né del periodo di mancata prestazione lavorativa prevista dal contratto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale») nella parte in cui, in contrasto con gli articoli 3 co.1, 31 e 37 co. 1 Cost., non annovera anche il congedo straordinario ex art. 42 co.5 e co.5ter d.lgs. 151/2001 (spettante al genitore di soggetto affetto da handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell’art. 4 co.1 L. 5.2.1992, n. 104) tra le fattispecie di assenza o congedo o mancata prestazione lavorativa, di cui non si tiene conto ai fini del computo dell’intervallo, tra l’inizio della assenza o della sospensione o della disoccupazione e l’inizio del periodo di congedo di maternità, di sessanta giorni, il cui superamento preclude, ai sensi dell’art. 24 co.2 d.lgs. 151/2001, l’attribuzione dell’indennità giornaliera di maternità ex art. 22 co.1 d.lgs. 151/2001.
Sulla rilevanza nel giudizio a quo.
Il giudizio non può essere definito indipendentemente dalla soluzione della suddetta questione di legittimità costituzionale.
Applicando la norma oggetto della questione di legittimità costituzionale il ricorso proposto dalla ricorrente T P dovrebbe essere rigettato (e così ha deciso l’ I.N.P.S. in sede amministrativa);
infatti:
a) all’inizio del periodo di congedo di maternità ex art. 16 e 17 co.2 lett. a) d.lgs. 151/2001 ossia in data 23.8.2016 il rapporto di lavoro della ricorrente era sospeso da più di sessanta giorni, avendo iniziato in data 4.4.2016 a fruire del congedo straordinario ex art. 42 co.5 e co.5ter d.lgs. 151/2001 (per poter assistere il figlio minore F.F. affetto da handicap in situazione di gravità ex art. 4 co.1 L. 104/1992);
b) del periodo di sospensione del rapporto di lavoro a titolo di congedo straordinario ex art. 42 co.5 e co.5ter d.lgs. 151/2001 occorre tener conto nel verificare se tra l’inizio della sospensione e l’inizio del periodo di congedo di maternità sia trascorso un intervallo superiore a sessanta giorni in quanto costituisce una fattispecie che la norma oggetto della questione di costituzionalità non annovera tra quelle escluse ai fini del computo di detto intervallo; siffatta interpretazione deve ritenersi diritto vivente alle luce dell’orientamento espresso dalla Suprema Corte (Cass. 24.3.2017, n. 7675;), secondo cui, in tema di tutela delle lavoratrici madri, i periodi di assenza volontaria dal lavoro a titolo di aspettativa, congedo o permesso senza retribuzione (nel corso del congedo ex art. 42 co.5 e co.5ter d.lgs. 151/2001 restano sospese non solo l’obbligazione a carico del lavoratore di rendere la prestazione, ma anche quella a carico del datore di lavoro di corrispondere la retribuzione: infatti il pagamento dell’indennità prevista in favore del lavoratore grava sull’I.N.P.S. e l’intero periodo, seppur coperto da contribuzione figurativa, non rileva ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto), anche se giustificati da motivi di famiglia, non sono esclusi dal computo dei sessanta giorni immediatamente antecedenti al congedo di maternità di cui all’art. 24 co.2 d.lgs. 151/2001 in quanto le ipotesi di deroga di cui al comma 3 dello stesso articolo hanno un «contenuto limitato».
Sulla non manifesta infondatezza.
Come ha già osservato la Suprema Corte (Cass. 7675/2017 cit.; Cass. 7.11.2003, n. 16765;), l’indennità giornaliera di maternità ex art. 22 co. 1 d.lgs. 151/2001 è volta a sopperire al venir meno del reddito da lavoro per effetto della mancanza della prestazione lavorativa conseguente alla astensione obbligatoria e, quindi, presuppone il pregresso svolgimento di un’attività lavorativa (peraltro la Corte costituzionale ha evidenziato, nella sentenza n. 405 del 2011, che: «Gli interventi legislativi succedutisi in materia attestano come il fondamento della protezione sia sempre più spesso e sempre più nitidamente ricondotto alla maternità in quanto tale e non più, come in passato, solo in quanto collegata allo svolgimento di un’attività lavorativa subordinata»).
L’art. 24 co.2 d.lgs. 15/2001 attenua questo principio, salvaguardando la spettanza dell’indennità di maternità anche quando all’inizio del periodo di congedo di maternità la lavoratrice non stia lavorando, purché rispetto alla sospensione, all’assenza o all’inizio della disoccupazione non siano decorsi più di sessanta giorni. Il successivo co.3 estende ulteriormente l’area delle beneficiarie dell’ indennità di maternità prevedendo che ai fini del computo dei sessanta giorni non si deve tener conto:
1) delle assenze dovute a malattia o ad infortunio sul lavoro, accertate e riconosciute dagli enti gestori delle relative assicurazioni sociali,
1) del periodo di congedo parentale fruito per una precedente maternità,
2) del periodo di congedo per la malattia del figlio,
3) del periodo di assenza fruito per accudire minori in affidamento,
4) del periodo di mancata prestazione lavorativa prevista dal contratto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale.
Con quest’ultima norma il legislatore ordinario del 2001 ha, in primo luogo, recepito la portata precettiva di due sentenze della Corte costituzionali (la n. 106 del 1980 e la n. 332 del 1988), che, nella vigenza di una norma (art. 17 co.2 L. 30.12.1971, n. 1204), che escludeva ai finì del computo dei sessanta giorni tra l’inizio dell’assenza dal lavoro e l’inizio del congedo di maternità solamente le assenze determinate da malattia o da infortunio sul lavoro, hanno statuito:
– la prima l’illegittimità di detta norma nella parte in cui non escludeva dal computo dei sessanta giorni immediatamente antecedenti all’inizio del periodo di astensione obbligatoria dal lavoro l’assenza facoltativa non retribuita di cui la lavoratrice gestante avesse funto in seguito ad una precedente maternità;
– la seconda l’illegittimità di detta norma nella parte in cui non escludeva dal computo dei sessanta giorni immediatamente antecedenti all’inizio del periodo di astensione obbligatoria dal lavoro il periodo di assenza di cui la lavoratrice avesse fruito per accudire i minori a lei affidati in preadozione.
Entrambe le pronunce si fondano sulla distinzione tra le ipotesi di assenza volontaria dal lavoro a titolo di aspettativa, congedo o permesso, anche se giustificate da motivi di famiglia o da altra ragione personale (che vanno incluse del computo) e quelle relative ad assenze sì facoltative, ma costituenti l’esercizio di un diritto connesso alla speciale situazione della lavoratrice madre e dell’infante nei primi anni di vita o della lavoratrice che abbia un bambino in affidamento preadottivo.
Il legislatore ordinario del 2001 ha, inoltre, esteso ulteriormente la sfera delle beneficiarie dell’ indennità di maternità escludendo dalle ipotesi di assenza volontaria dal lavoro per motivi di famiglia o di altra ragione personale da includere nel computo dei sessanta giorni la fattispecie del congedo per la malattia del figlio ex art. 47 segg. d.lgs. 151/2001 (oltre ad altra in cui la mancanza della prestazione lavorativa all’inizio del periodo di congedo di maternità non è connessa a motivi di famiglia, ma è prevista dal contratto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale).
La tutela prevista dall’art. 24 co.2 d.lgs. 151/2001 in favore della lavoratrice madre che si trova in congedo ex art. 47 segg. d.lgs. 151/2001 per assistere il figlio ammalato appare costituire un tertium comparationis idoneo a fungere da riferimento nel ritenere non manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale – alla luce del principio di eguaglianza originale ex art. 3 co.1 Cost. – dello stesso art. 24 co.2 d.lgs. 151/2001 nella parte in cui non annovera anche il congedo straordinario ex art. 42 co.5 e co.5ter d.lgs. 151/2001 (spettante al genitore di soggetto affetto da handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell’art. 4 co.1 L. 104/1992) tra le fattispecie di assenza o congedo o mancata prestazione lavorativa, di cui non si tiene conto ai fini del computo dell’intervallo, tra l’inizio della assenza o della sospensione o della disoccupazione e l’inizio del periodo di congedo di maternità, di sessanta giorni, il cui superamento preclude, ai sensi dell’art. 24 co.2 d.lgs. 151/2001, l’attribuzione dell’indennità giornaliera di maternità ex art. 22 co. 1 d.lgs. 151/2001.
Infatti le due fattispecie appaiono espressive di esigenze di tutela assai simili:
– in entrambi i casi una lavoratrice al momento dell’inizio del congedo di maternità manca dal lavoro per assistere un figlio nato in precedenza nel primo caso affetto da malattia, nel secondo caso portatore di handicap in situazione di gravità;
– anzi dalla norma positiva concernente la prima fattispecie potrebbe evincersi un principio generale secondo cui la sospensione di un rapporto di una lavoratrice al momento dell’inizio del congedo per una nuova maternità, se dovuta per assistere un figlio affetto da infermità psico-fisiche, deve essere esclusa dal computo volto a verificare se sia stato superato il periodo di sessanta giorni tra l’inizio della sospensione e l’inizio del congedo di maternità;
– tuttavia tale principio non consente di configurare una nuova ipotesi di esclusione alla luce del già ricordato orientamento della Suprema Corte secondo quelle indicate espressamente dal legislatore ordinario (tra cui non vi è la sospensione per fruizione del congedo straordinario ex art. 42 co.5 e co.5ter d.lgs. 151/2001) hanno «carattere limitato».
Inoltre, considerando che l’inclusione del congedo straordinario ex art. 42 co.5 e co.5ter d.lgs. 151/2001 nel computo del periodo di sessanta giorni determina l’esclusione della lavoratrice dalla fruizione dell’indennità di maternità ex art. 22 co.1 d.lgs. 151 /2011 appaiono violati anche i precetti ex art. 31 e 37 co.1 Cost., di cui la previsione di quella prestazione costituisce attuazione.
P.Q.M.
Visto l’articolo 23 L. 11.3.1953, n. 87
dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’ articolo 24, comma 3 d.lgs. 26.3.2001. n. 151 nella parte in cui – in contrasto con gli articoli 3 co.1, 31 e 37 co.1 Cost. – non annovera anche il congedo straordinario ex art. 42 co.5 e co. 5-ter d.lgs. 151/2001 (spettante al genitore di soggetto affetto da handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell’art. 4 co.1 L. 5.2.1992, n. 104) tra le fattispecie di assenza o congedo o mancata prestazione lavorativa, di cui non si tiene conto ai fini del computo dell’intervallo, tra l’inizio della assenza o della sospensione o della disoccupazione e l’inizio del periodo dì congedo di maternità, di sessanta giorni, il cui superamento preclude, ai sensi dell’art. 24 co. 2 d.lgs. 151/2001, l’attribuzione dell’indennità giornaliera di maternità ex art. 22 co. 1 d.lgs. 151/2001, dispone l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
sospende il giudizio in corso;
dispone che a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonché comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
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