TRIBUNALE DI TREVISO – Decreto 02 luglio 2020, n. 2571

Protocollo di regolamentazione – Misure per il contenimento della diffusione del Covid-19 negli ambienti di lavoro – Costituzione in azienda di un comitato per l’applicazione e la verifica delle regole – Gestione deficitaria dell’emergenza sanitaria – Modifica del DVR – Applicazione integrale di tutte le disposizioni contenute nel CCNL di categoria e negli accordi integrativi

1. F. Cisl lamenta la antisindacalità della condotta di R. spa consistente nell’avere omesso la costituzione, all’interno dell’ospedale Cà Foncello di Treviso, del Comitato per la verifica dell’attuazione del protocollo Covid 19 del 14 marzo 2020 senza neanche avere coinvolto le RSA e RLS Cisl dell’ospedale di Cà Foncello nel Comitato centrale unico per la sede operativa del Nord Est invece costituito il 24 marzo 2020 a Mestre.

Premesso che R. spa era subentrata a C. scrl del servizio di pulizia, sanificazione e smaltimento dei rifiuti dell’ospedale Cà Foncello il 2 aprile 2018 obbligandosi all’applicazione dei CCNL di categoria e degli accordi integrativi dello stesso in vigore nel tempo e località del servizio (da cui la vincolatività dell’accordo 13.2.2018 stipulato con C. che riconosceva le RSL in ogni cantiere di lavoro con impegno dell’azienda di fornire loro la formazione e gli aggiornamenti necessari), ha esposto che, verificatasi l’emergenza sanitaria per il Covid 19,in esecuzione del DPCM 11/3/2020 che raccomandava intese tra organizzazioni datoriali e sindacali , era stato il 14 marzo 2020 sottoscritto il “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contenimento della diffusione del virus Covid 19 negli ambienti di lavoro” il cui articolo 13 prevedeva la costituzione in azienda di un “comitato per l’applicazione e la verifica delle regole del Protocollo di regolamentazione con la partecipazione delle rappresentanze sindacali aziendali e delle RLS”.

La R. non aveva, tuttavia, costituito il comitato presso l’ospedale Cà Foncello limitandosi a costituire un unico comitato centrale del quale non facevano parte né erano in qualche modo coinvolte le RSA e RLS Cisl di Cà Foncello.

L’organizzazione sindacale ricorrente ha, poi, esposto che la gestione dell’emergenza sanitaria era stata, da parte di R. anche sostanzialmente deficitaria in quanto non erano mai stati effettuati i controlli sullo stato di salute delle lavoratrici impegnate nella pulizia dell’ospedale (compresi i reparti di malattie infettive e Covid), neanche al rientro di costoro da periodi di malattia e non era stato integrato il personale come invece necessario.

La questione era stata oggetto di reiterate segnalazione, anche da parte della CGIL, ad esempio in data 4 febbraio 2020 (quando era stata lamentata l’assenza di norme comportamentali da parte dell’azienda), 23 febbraio 2020 (quando era stata rappresentata l’assenza per malattia id 30 lavoratrici, 4 delle quali positive Covid e due ricoverate) 11 marzo 2020 (quando era stata segnalata la necessità di integrare di 2 o 3 unità il personale in servizio al reparto infettivi, tenuto anche conto che gli operatori per garantire il servizio dovevano lavorare senza il rispetto dei turni), 17 marzo 2020 (quando, ribadite le problematicità di cui sopra, era stata sollecitata la costituzione del comitato), fino ad arrivare al comunicati stampa dell’1 aprile 2020 -cui la R. aveva risposto sempre a mezzo stampa accusando il sindacato di diffondere notizie non vere per ragioni di visibilità- ed alla segnalazione al Prefetto di Treviso del 6 aprile 2020.

2. R. spa ha precisato che l’appalto era stato messo a gara dal concessionario Ospedale Grando che si era riservato la direzione operativa del servizio e che era il soggetto che aveva assunto l’obbligo di applicare i contratti collettivi vigenti nel tempo e nel luogo del servizio.

R. non era, pertanto, vincolata al rispetto del contratto integrativo del febbraio 2018 e non aveva neanche accettato la nomina di S.B. a rappresentante dei lavoratori per la sicurezza da parte di CISL e CGIL, ritenendo sufficiente il numero di 18 RLS già presenti sul territorio nazionale -tra i quali G.F. e M.S., dei quali veniva fornito il numero di telefono- e che la semplice commessa non fosse riconducibile alla definizione di unità produttiva, oltre ad essere la questione oggetto di trattativa in corso a livello esclusivamente nazionale.

Verificatasi l’emergenza Covid la R. aveva immediatamente comunicato tramite portale le informazioni necessarie, aveva affisso in bacheca la documentazione occorrente, aveva modificato il DVR e sottoscritto protocolli oltre ad avere fornito tutti i DPI, con una gestione della crisi efficiente come riconosciuto anche da componenti dell’organizzazione ricorrente in una intervista al Corriere della Sera dell’aprile 2020.

La costituzione del comitato previsto dal Protocollo 14/3/20 all’interno dell’ospedale Cà Foncello non era doverosa, non essendo il Protocollo una fonte del diritto vincolante e non avendo il Protocollo neanche previsto la necessità di comitati in ogni cantiere ma solo a livello aziendale.

Il coinvolgimento dell’RLS nel comitato di Mestre non era neanch’essa doverosa, anche in ragione del non avere la R. legittimamente riconosciuto l’RLS dell’ospedale di Cà Foncello.

Le dichiarazioni contenute nel comunicato stampa a firma Patrizia Manca avevano travalicato il limite del diritto di critica, da cui la necessità della precisa reazione di R..

3.Oggetto del presente contenzioso è la lesione – o meno -alle prerogative sindacali della Cisl derivante dalla mancata costituzione all’interno dell’ospedale Cà Foncello del Comitato previsto dall’art. 13 Protocollo 14/3/20 senza che l’interlocuzione con il sindacato -e, in particolare, con il RLS nominato che R. non riconosce- sia stata garantita neanche attraverso la partecipazione dello stesso al comitato costituito a Mestre.

La società resistente afferma la piena legittimità del proprio operato non reputandosi vincolata dall’accordo sindacale intercorso con la precedente affidataria del servizio di pulizia C. -che riconosceva le RLS in ogni “cantiere di lavoro” e neanche ritenendo cogente il Protocollo 14 marzo 2020 che, in ogni caso, interpreta come non impositivo di un comitato per ogni sede di lavoro.

La posizione assunta dalla resistente non è condivisibile nei termini che seguono.

Ancorché il ruolo e la posizione di “Ospedal Grando” nella disciplina e gestione dell’appalto di pulizie di cui si tratta non sia stato dalle parti chiarito, risulta tuttavia dalla lettera del 27 marzo 2018 proveniente dalla ULSS che dopo la cessazione dell’appalto con C. (nell’ambito del quale non è noto l’eventuale ruolo di Ospedal Grando sr) e, quindi, dal 2 aprile 2018 “i servizi di pulizia presso il presidio ospedaliero di Treviso dovranno essere gestiti da Ospedal Grando srl (“concessionario”) in forza di quanto contemplato nel contratto di concessione 28.11.2015 fermo restando che Ospedal Grando ha comunicato che gestirà il suddetto servizio di pulizie per il tramite di M. Facility Management srl (mandante nell’associazione temporanea di imprese in cui il concessionario ha affidato taluni servizi oggetto di concessione”)

Dal tenore della lettera di cui sopra si evince che, anziché essere M.-R. subentrata nell’appalto di C., dopo la cessazione di tale appalto il servizio di pulizia è stato affidato dalla Ulss al Concessionario Ospedal Grando il quale lo avrebbe gestito attraverso la propria mandataria M. R. senza che questa concludesse direttamente contratti con la Ulss, la cui interfaccia è data solo dal Concessionario.

Ne deriva che, avendo il concessionario affidato a M. R. il servizio così come disciplinato in accordo con la Ulss, titolare dello stesso, i poteri, gli obblighi, le prerogative contrattuali tutti di M.- R. sono derivati da quelle assunte e riconosciute da Ospedal Grando anche nel disciplinare in oggetto sottoscritto da Ulss e Concessionario il quale, se vincolasse esclusivamente Ospedal Grando, non avrebbe alcuna efficacia e,quindi, ragione d’essere.

A maggior ragione la norma del disciplinare invocata dall’organizzazione ricorrente che prevede “il concessionario è obbligato ad applicare a fare applicare integralmente tutte le disposizioni contenute nel CCNL di categoria e negli accordi integrativi dello stesso, in vigore per il tempo e nella località in cui si svolge il servizio” ha ragione di essere ed efficacia solo se intesa (secondo la doverosa interpretazione conservativa) a vincolare, attraverso il Concessionario che l’ha concordata, il soggetto che, individuato unilateralmente dal Concessionario, ha assunto i lavoratori da impiegare per lo svolgimento del servizio affidatogli e al quale solo,quindi, la norma può essere diretta.

Sicché essendo R. l’affidataria, per designazione del Concessionario, del servizio di pulizia dell’ospedale Cà Foncello ed il datore di lavoro degli operatori in esso impiegato, la pretesa di essere svincolata dalla disciplina concordata per il servizio medesimo tra la Ulss e la società sola titolare della concessione risulta sostanzialmente abrogativa dell’efficacia del disciplinare e,quindi, irrazionalmente priva di fondamento.

Che, peraltro, l’intento delle parti del rapporto di concessione fosse stato quello di vincolare l’assuntore effettivo e concreto del servizio al rispetto diretto del disciplinare risulta anche testualmente dall’integrazione al DUVRI sub 30 parte ricorrente, nella clausola destinata al subappalto; è infatti evidente che se tanto il concessionario quanto l’esecutore del servizio/attività” (definizione che sembra attagliarsi a R.) sono obbligati a far rispettare ad eventuali subappaltatori “gli obblighi ed oneri previsti dal contratto principale”, a maggior ragione l’esecutore del servizio è obbligato ad osservare esso stesso il contratto principale della sua integralità.

Il tenore letterale della norma del disciplinare richiamato estende l’efficacia vincolante anche alla normativa contrattuale di secondo livello se integrativa del CCNL di categoria.

Anche a prescindere, però, dall’efficacia vincolante per R. del riconoscimento degli RLS già nominati come da accordo 13/2/2018 con C. (l’accordo era ancora in vigore al momento dell’assunzione del servizio da parte del Concessionario con affidamento a R., avendo le parti dello stesso previsto quale termine di efficacia dell’accordo la primavera del 2020; non è, però, chiaro se tale accordo possa essere considerato integrativo della contrattazione nazionale e, soprattutto, non è diretto oggetto della presente questione il mancato riconoscimento del detto accordo), la rilevanza delle rappresentanze dei lavoratori per la sicurezza nell’ambito delle specifiche realtà lavorative ha acquisito peculiare rilievo a seguito della pandemia, che -per quanto qui interessa- ha dato luogo ad una capillare normativa -di livello secondario, ma attuativa di normativa di rango legislativo- intesa a rendere prioritaria la necessità di trovare il migliore equilibrio possibile tra la tutela della salute dei lavoratori e le esigenze produttive o, comunque, di continuità dei servizi, ossia di risolvere problematiche dichiaratamente connotate da potenziali irripetibili singolarità ambientali e come tali -altrettanto dichiaratamente- efficacemente affrontabili a livello essenzialmente locale.

In attuazione del DPCM 11 marzo 2020, che ha raccomandato intese tra le organizzazioni datoriali e le organizzazioni sindacali, è stato concordato, su invito delle più alte cariche dello Stato, tra le parti sociali il Protocollo 14/3/2020 nelle cui premesse si legge :”va favorito il confronto preventivo con le rappresentanze sindacali nei luoghi di lavoro e per le piccole imprese le rappresentanze territoriali affinché ogni misura adottata possa essere condivisa e resa più efficace dal contributo di esperienze di persone che lavorano, in particolare degli RLS e RLST tenendo conto delle specificità di ogni singola realtà produttiva e delle situazioni territoriali”.

IL Protocollo concorda una serie di misure e, all’art. 13, prevede “E’ costituito in azienda un Comitato per l’applicazione e la verifica delle regole del Protocollo di regolamentazione con la partecipazione delle rappresentanze sindacali aziendali e delle RLS” .

Posto che il carattere vincolante del Protocollo 14/3/2020 è, ancorché negato, riconosciuto nei fatti dalla stessa R. che ha comunque inteso darvi attuazione anche se con forme contestate dalla ricorrente, la sua forza precettiva per gli aspetti che qui rilevano (consistenti nel costituire possibile parametro di antisindacalità della condotta che ad esso non si sia correttamente conformata) deriva dall’essere emanazione di una raccomandazione di fonte regolamentare ed il frutto degli inviti istituzionali delle più alte cariche dello Stato al fine di fronteggiare una obiettiva situazione di emergenza nazionale; il DPCM 11 marzo 2020 è, poi, attuativo dell’art. 3 del d.l. 6/20 ed è legittimato dalla fondamentale legge 88/400, non vedendosi, pertanto, come, anche sotto il profilo delle fonti del diritto in senso classico, possa dubitarsi dell’efficacia vincolante dello stesso, a maggior ragione per i fini che qui rilevano.

Il contenuto del Protocollo è correttamente interpretato dall’O.S. ricorrente come finalizzato alla realizzazione di comitati di controllo a livello delle specifiche e singole realtà economico/produttive concretamente interessate dall’emergenza sanitaria.

La valorizzazione delle rappresentanze sindacali -e, in particolare, delle RLS- è espressamente prevista al fine di adottare misure efficaci e l’efficacia è, secondo le parole usate nel Protocollo, sinonimo di specificità rispetto alla “singola realtà produttiva”.

E’, poi, noto che la pandemia ha avuto, ed ha, una diffusione ed una intensità ampiamente irregolare sul territorio italiano da cui la indispensabilità di risposte differenziate a seconda dei bisogni prescritta letteralmente dal Protocollo è coerente con l’evidenza dei fatti, ed assume rilevanza particolarmente intensa nel settore che qui interessa, essendo proprio gli ospedali le strutture di centrale rilievo anche come maggiori potenziali fonti di contagio e quindi bisognosi di particolari attenzioni.

Ne deriva la piena ragionevolezza della -peraltro letterale- interpretazione per la quale per costituzione “in azienda” del comitato di controllo sull’attuazione del protocollo con la partecipazione di RSA e RLS è da intendersi la costituzione nella specifica realtà territoriale ed ambientale ove il lavoro dell’azienda datrice (consistente, nel caso di specie, nella pulizia, sanificazione, gestione dei rifiuti) viene svolto, in quanto luogo dove si manifestano le concrete e specifiche esigenze da monitorare, attenzionare, risolvere in modo condiviso e con il contributo ” di esperienza di persone che lavorano e in particolare degli RLS e RLST” come il Protocollo si esprime.

La costituzione del comitato unico come composto da cinque sottocomitati, uno dei quali (quello che qui rileva) per la zona del Nord Est non risulta, pertanto, conforme alla letteralità del Protocollo soprattutto perché neanche il sottocomitato per la zona del Nord Est ha inteso avvalersi di alcun rappresentante (non solo RLS ma nemmeno RSA) dell’ospedale Cà Foncello pur costituendo una peculiare ad ampia realtà (vi operano incontestatamente 170 dipendenti R.) interessata dall’emergenza sanitaria e pur non essendo presenti nel sottocomitato per la zona del Nord Est rappresentanti dei lavoratori impegnati nella pulizia di ospedali.

Sul punto si rileva, infatti, che dal documento 13 di parte resistente, costituente comunicazione ufficiale R. dell’avvenuta costituzione del comitato, risulta che il sotto comitato Nord Est è composto dai signori M.M., quale ASPP, e F.G. quale RSA/RSL il quale, incontestatamente, non lavora nel settore sanitario; mentre dal documento 34 di parte resistente risulta solo che nel 2005 S.M., operatrice nell’ospedale di Verona,era stata nominata RLS nei confronti di Mantencoop, ma non anche che la stessa sia stata nominata membro del Comitato, o del sottocomitato del nord est, come è,peraltro, escluso dal contenuto della comunicazione ufficiale R. in merito.

E’, pertanto, da concludersi che il mancato riconoscimento del RLS e RSA CISL a componente del Comitato ex art. 13 Protocollo, neanche nelle forma centralizzata in cui il comitato è stato formato, costituisce condotta che lede le prerogative sindacali così come specificamente previste e conformate dalla normativa anti Covid, invece permeata (peraltro conformemente con le differenziazioni territoriali ed aziendali con il quale la epidemia si è realmente manifestata) tutta dalla valorizzazione delle specificità delle singole realtà lavorative attraverso l’interlocuzione privilegiata con la rappresentanza sindacale necessariamente locale; e senza, nella peculiarità data, possano essere correttamente invocate generali definizioni di “cantieri” o “aziende” in quanto prive di rilevanza attuale.

Non costano atti normativi o amministrativi che abbiano ufficializzato la cessazione dell’emergenza sanitaria, sicché l’attuale minore gravità pandemica che sembra almeno momentaneamente interessare la zona di Italia di interesse non è elemento sufficiente ad escludere l’attualità dell’interesse ad agire in capo alla O.S. ricorrente.

Si ritiene che, ferma la compatibilità con le prescrizioni del Protocollo della costituzione del comitato nella sede specifica dell’ospedale di Cà Foncello, misura minima ma sufficiente ad eliminare la antisindacalità della condotta sia la partecipazione del RLS o RSA Cisl dell’ospedale di Cà Foncello quale membro del sottocomitato dell’area Nord Est.

Non si ritiene, infine, che lo scambio dialettico sia pure acceso e coinvolgente alcuni mezzi di comunicazione di massa intercorso tra R. e componenti F. abbia travalicato i limiti del diritto di critica ed i opinione, al punto di configurare lesione alla libertà di espressione sindacale.

La condanna alle spese -che si liquidano in base ai parametri propri dei procedimenti cautelari tenuto conto dell’assenza di attività istruttoria -segue la soccombenza.

P.Q.M.

Dichiara la antisindacalità della condotta di R. consistente nella esclusione dal Comitato ex art. 13 Protocollo 14/3/2020 del RSA e/o RLS Cisl dell’ospedale di Cà Foncello ordinando, per l’effetto alla convenuta di cessare dalla condotta antisindacale e dai relativi effetti ammettendo l’RSA e/o l’RSL Cisl ospedale Cà Foncello al Comitato costituito, sottocomitato nord est, ferma restando la compatibilità con la normativa in esame e le conseguenti prerogative sindacali riconosciute la costituzione del Comitato nello specifico luogo di lavoro ospedale Cà Foncello con la partecipazione RSA/RLS Cisl;

Rigetta nel resto;

Condanna la convenuta al pagamento delle spese processuali sostenute dalla organizzazione ricorrente che liquida in €4400,00 oltre oneri di legge per competenze professionali ed €259,00 per esposti.