Tribunale di Modena Sentenza n. 89 del 5 maggio 2017
GIUSTA CAUSA – DIRIGENTE – FORNITORI – INADEGUATEZZA – OMESSO MONITORAGGIO DELLA PRODUZIONE – RITARDI NELLE CONSEGNE – DANNO ALLA SOCIETA’ – SUSSISTE
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato il 4.12.2013 ai sensi dell’art. 1 comma 48 legge 92/12 C.S. premesso:
– di avere prestato attività lavorativa dal 23.7.2002 per conto della C.E.S. s.r.l. in qualità di lavoratore subordinato con la qualifica di dirigente, mansione di responsabile degli acquisti “sourcing manager” e responsabilità sull’area I. relativa a fornitori sul territorio italiano o delocalizzati con le loro aziende oltre confine;
– di avere poi dal 2005 ricevuto un ulteriore mandato con assunzione della responsabilità dell’area E (omissis e quindi dal 2008 la responsabilità di tutto il S.I. (I. accettando poi a far tempo dal marzo 2011 la richiesta diretta ad un suo potenziale trasferimento in India;
– di avere presentato un dettagliato progetto diretto alla creazione di una squadra di persone atte al controllo ed al coordinamento dei lavori nell’area S.I. che era stato verbalmente respinto per affermata eccessiva onerosità;
– di essere nel tempo stato privato dell’organico da lui coordinato e segnatamente delle persone addette al controllo qualità e quindi del reparto tessuti ed infine di quelle di supporto per la gestione dei campionari e produzione essendo supportato, a fronte delle rilevanti responsabilità assegnate, in via esclusiva da una stagista;
– di essere stato destinatario di una lettera di contestazione disciplinare del 27.3.2013 per asseriti ritardi nella consegna dei prodotti e per scarsa qualità di essi con riferimento agii anni fiscali 2010, 2011 e 2012 e quindi di una ulteriore contestazione disciplinare del 18.4.2013 per affermata sottrazione di documenti aziendali;
– di essere quindi stato licenziato per giusta causa in data 24.4.2013 nonostante le lettere di giustificazione rese;
– di essere stato licenziato senza che ricorresse la giusta causa e che vi fossero gli estremi per la giustificatezza del recesso essendo la situazione creatasi nei mesi precedenti al licenziamento conseguente dell’operato della C. che a fronte del progressivo aumento delle responsabilità e delle mansioni affidate aveva fatto mancare ogni idoneo supporto costringendolo a svolgere la propria attività lavorativa con l’unico supporto di una stagista;
– di essere stato licenziato in palese violazione dell’art. 7 e segnatamente del principio dell’immediatezza della contestazione nonché del principio di proporzionalità;
– di avere subito a seguito del licenziamento illegittimo un danno non patrimoniale conseguente alla insorgenza di un disturbo dell’adattamento con umore depresso;
chiedeva accertarsi l’insussistenza della giusta causa e della giustificatezza e condannarsi la C. alla corresponsione della indennità sostitutiva del preavviso corrispondente a 10 mensilità e pari ad euro 142.426,08 ed alla corresponsione della indennità supplementare corrispondente a 27 mensilità e pari ad euro 274.659,38, nonché condannarsi la C. al risarcimento del danno non patrimoniale subito a seguito del licenziamento quantificato euro 500.000.
Si costituiva in giudizio C.E.S. s.r.l. rilevando:
– che era inapplicabile il rito ex art. 1 commi 48 e segg. legge 92/12;
– che la C.S. aveva ad oggetto la prestazioni di servizi per le altre società del Gruppo e segnatamente servizi di assistenza e consulenza tecnica tra cui, per quanto di rilievo in questa sede, la fornitura dei servizi relativi alla fabbricazione di prodotti di abbigliamento e di articoli relativi ad accessori quali la selezione dei fornitori, lo sviluppo tecnico per l’avvio di nuovi programmi produttivi, lo sviluppo delle strategie di approvvigionamento, il controllo sulla attività di produzione, di spedizione e di consegna, la verifica sui campioni e sui modelli;
– che al momento dell’assunzione erano stata affidata a C. la responsabilità dell’area geografica coincidente con il territorio dello stato italiano con incarico di reperire e gestire fornitori aventi sede in Italia;
– che dal 1.11.2005 era a lui stata in aggiunta affidata l’area definita E. (I.) di fatto peraltro ricomprendente oltre all’Italia la sola Turchia essendo in tale territorio la sede degli ulteriori fornitori C.;
– che nel corso del 2008 la responsabilità del ricorrente era stata estesa ai continente indiano denominato I. comprendente i territori di (omissis);
– che peraltro era stato successivamente dato corso ad un processo riorganizzativo caratterizzato dalla contrazione del numero dei fornitori e dalla concentrazione della produzione su pochi e consolidati partner strategici con consistente riduzione dei fornitori ubicati in Italia e Turchia e contenimento di quelli nel continente indiano;
– che a causa di gravi inefficienze nelle aree di competenza del C. la C. aveva consistentemente ridotto la produzione allocata presso i fornitori delle aree di sua competenza con complessiva contrazione della sua attività per calo dei fornitori e dei volumi di produzione a lui affidati nonostante l’aumento delle aree di competenza;
– che fino ad agosto 2011 riportavano direttamente a C. due impiegate con anzianità ed esperienza elevate, S.C. e S.P., allorché in ragione della riduzione dei carichi la C. era stata adibita ad altre mansioni;
– che successivamente C. era sempre stato supportato ed assistito prima dalla P. fino alle sue dimissioni, poi dal dott. E.D. e quindi dalla dott. G.C. che inoltre dal 2009 C. aveva potuto avvalersi della collaborazione permanente di un consulente esterno dedicato di stanza in India incaricato di controllare e supportare i fornitori;
– che il ricorrente, sollecitato ad incrementare la sua presenza in India dotandosi di una struttura adeguata, aveva formulato una proposta del tutto sovradimensionata al giro di affari del subcontinente indiano;
– che le prestazioni del ricorrente a partire dall’anno fiscale 2010 avevano subito un graduale e progressivo peggioramento sia sotto il profilo della qualità, sia sotto il profilo della puntualità ed affidabilità dei fornitori con causazione di ingenti danni;
– che vi erano state precise segnalazioni al ricorrente delle criticità riscontrate rispetto alle sue performance di lavoro ed egli non aveva conseguito gli obiettivi ed i bonus;
– che tali inefficienze ed incapacità raggiungevano il culmine nel 2013 allorché si erano verificate gravissime disfunzioni e rilevantissimi ritardi nella fabbricazione e consegna dei capi relativi alla stagione primavera-estate derivanti da intenzionalità o quantomeno grave negligenza del C. che, dopo avere scelto interlocutori inaffidabili, non aveva monitoriate adeguatamente la loro attività e non aveva acquisito consapevolezza di gravi ritardi che questi stavano accumulando non avvertendo il datore di lavoro di quanto in corso di accadimento ed anzi fornendo informazioni rassicuranti ed inveritiere;
– che egli aveva ignorato le segnalazioni a lui fatte da altre due dipendenti che si erano recate in Bangladesh per altri fini ed avevano verificato una serie di inadempimenti e gravi ritardi ed anzi aveva messo in discussione le loro competenze e chiesto di non interferire nelle sue funzioni;
– che quindi aveva presentato un report in data 9.12.2012 sottacendo le criticità ed affermando che i tempi di consegna sarebbero stati rispettati;
– che anche dopo la manifestazione dei primi ritardi C. aveva cercato di minimizzare la situazione avviando una contrattazione con il fornitore che prevedeva di addossare alla C. i relativi costi;
– che a seguito delle condotte del C. la C. aveva subito danni per euro 482.624,94 per mancata consegna della merce ed euro 119.447,00 per cancellazione di ordini da parte dei clienti, euro 17.195,60 per penali contrattuali applicate ed aveva subito maggiori costi per la successiva collezione che aveva dovuto ricollocare in urgenza per euro 247.595,00;
– che C. dopo il ricevimento in data 27.3.2013 della prima contestazione disciplinare a lui inviata in data 12.4.2013 era stato notato nell’atto di caricare alcuni scatoloni di grandi dimensioni nella propria auto che, da successivi accertamenti svolti, erano emersi contenere tutto l’archivio aziendale che era in suo possesso per strette ragioni di ufficio;
– che pertanto pienamente sussistente era la giusta causa e la giustificatezza del licenziamento.
Chiedeva dichiararsi l’inammissibilità di ricorso od in subordine il mutamento del rito e nel merito il rigetto delle domande.
Disposto il mutamento del rito ed istruita la causa a mezzo di assunzione testimoniale, questa era decisa all’odierna udienza come da separato dispositivo.
Motivi della decisione
C.S. è stato licenziato per giusta causa con lettera del 24.4.2013 con riferimento alle lettere di contestazione del 27.3.2013 e 16.4.2013 a lui in precedenza recapitate, particolarmente estese ed elaborate.
Nella prima di esse è contesto di avere contravvenuto ai doveri di diligenza e collaborazione ed alle direttive impartite dalla società datrice di lavoro ed in particolare si adduce “non ha adeguatamente monitorato la produzione dei capi relativi alla stagione primavera-estate 2013 affidata al fornitore J. e al fornitore N. ha omesso di avvertire tempestivamente la nostra società del grave ritardo accumulato da detti fornitori e, anzi, ha fornito a più riprese informazioni tranquillizzanti quanto inveritiere circa il rispetto dei termini di consegna da parte degli stessi”.
Rispetto a tali fatti è ascritto che:
1) ancorché avesse fatto visita ai fornitori predetti tra la fine di novembre e gli inizi di dicembre prendendo atto dello stato della produzione non aveva adottato alcun intervento atta a rimediare i ritardi e viceversa comunicato con report del 9.12.20012 che la situazione era sotto controllo fornendo dati non veritieri;
2) che aveva inoltre ignorato i dubbi palesati dalla collega P.S. che, quale responsabile industrializzazione del prodotto, si era parimenti recata sui luoghi negando la esistenza del problema e sollecitandola a non farne cenno in Azienda;
3) che aveva affermato, una volta che i problemi avevano cominciato a manifestarsi, secondo modalità non veridiche che era stato raggiunto un accordo con il fornitore J.;
4) aveva cercato di caricare sulla datrice di lavoro i costi per ottenere la spedizione in via aerea di parte della produzione N. senza chiedere la previa autorizzazione ed anzi cercando di tenere all’oscuro la direzione generale di tale operazione;
5) aveva nel tempo fornito in successione diverse nuove versioni di piani di spedizione con slittamenti sempre maggiori dei tempi di consegna;
6) che il numero di capi consegnati era sensibilmente inferiore a quello ordinato con inoltre un notevole ritardo rispetto alle tempistiche indicate;
7) che aveva causato ingenti danni per mancato guadagno dell’ordine prevedibile di euro 3,5 milioni per danni contrattuali e per pregiudizio all’immagine e di maggiori costi sopportati per l’invio di personale in loco per limitare i ritardi.
Nella medesima lettera di contestazione è poi evidenziato come le condotte ascritte si inserissero in un quadro di perdurante inadeguatezza sia sotto il profilo della qualità che della puntualità già manifestate anche in precedenza. In particolare è evidenziato come nell’anno fiscale 2012 si fossero resi responsabili di gravi ritardi di consegna due dei quattro fornitori appartenenti all’area India, come per l’anno fiscale 2011 l’area dei fornitori indiani fosse stata caratterizzata da inefficienze del servizio e l’area dei fornitori T. avesse evidenziato problemi di qualità e di tracciabilità del prodotto, come nell’anno 2010 vi fossero stati problemi di qualità dei prodotti e gravi ritardi di consegna.
In ordine a tale contestazione la teste resistente a mezzo dei testi addotti ha portato i seguenti elementi fattuali.
M.T., dipendente della C. con mansioni nell’area acquisto, logistica e sistemi informatici, ha confermato che la C. aveva affidato dalla J. la fabbricazione di 437.253 capi dei quali 336.053 dovevano essere spediti entro il 31.12.2012, 86.358 dovevano essere spediti entro il gennaio 2013, e 14.842 dovevano essere spediti a febbraio e marzo 2013 e che viceversa entro gennaio erano giunti 47.126 capi, entro febbraio 4.087 capi, entro marzo 256.153 capi ed entro aprile 52.261 capi per una complessivo numero di 359.267 capi.
Ha altresì confermato che la C. aveva affidato a N. la fabbricazione di 150.041 capi di cui 116.009 da prodursi entro il 31.12.2012, 4.432 da prodursi entro gennaio 2013 e 29.600 da prodursi entro febbraio 2016 e che di questi ne erano stati spediti 35.757 in dicembre, 35.610 a Gennaio, 62.354 a Febbraio e 14.023 a Marzo.
Ha poi affermato, rispetto a quanto riferito da C. dopo il viaggio in Bangladesh compiuto dal predetto tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre 2012 in ordine al fornitore J. “Ricordo che al rientro da tale viaggio non era emerso alcun allarme su quel fornitore. Solo al rientro dalle festività natalizie però ci siamo accorti del grave divario tra le consegne previste al 31.12.2012 e quelle effettivamente avvenute. Ciò è stato rilevato dall’ufficio acquisti che rispondeva a me. A questo punto abbiamo interpellato due colleghe che si erano recate in Bangladesh ai primi di dicembre 2012 e queste ci hanno in effetti confermato che durante il loro viaggio avevano potuto constatare il grave ritardo della produzione. E in particolare c’erano solo tre linee che lavoravano e, quindi una capacità produttiva assolutamente insufficiente a fare fronte alle consegne previste. Preciso che le due colleghe sono P.S. e B.Z. e si sono recate in Bangladesh per verificare lo stato di avanzamento dei campioni della stagione successiva. Il ricorrente non ha presentato a me il report. Non ricordo se fu consegnato anche a me, ma comunque il ricorrente non rispondeva a me”.
Ha poi confermato che al rientro dalle feste natalizie, durante il controllo degli ordini di spedizione, la E.A. dell’Ufficio Approvvigionamenti si era resa conto del fatto che nonostante le tempistiche previste, J. non aveva ancora fatto pervenire i documenti di spedizione e aveva sollevato la questione durante il sourcing meeting di metà gennaio 2013 affermando “Preciso di aver partecipato al sourcing meeting di cui al capitolo”.
Ha poi confermato che C. presente al sourcing meeting, ha liquidato la questione rispondendo che si era di recente recato in Bangladesh e che la situazione era sotto controllo puntualizzando “È vero quanto al capitolo nel senso che la questione era stata affrontata a margine del meeting e che il ricorrente disse che il fornitore stava lavorando e che non vi erano preoccupazioni”.
Ha confermato che solo nei primi giorni di febbraio 2013 C, sollecitato dall’Amministratore Delegato, ha portato a conoscenza, seppure in maniera parziale, che la J. fosse in ritardo con le spedizioni e le produzioni e che C. inoltre, per tentare di velocizzare le consegne da parte del fornitore N. aveva avviato una negoziazione per ottenere la spedizione per via aerea tentando di convincere la sig. E.A. ad addebitare all’azienda parte dei relativi costi senza ottenere l’autorizzazione della Direzione Generale ed anzi tenendola all’oscuro dell’operazione. Ha riferito che quanto alla produzione N. una notevole quantità di capi per un controvalore di euro 500.000 presentava problemi di qualità.
Ha poi confermato che la C. ha subito ingenti danni confermando le somme di cui al documento 20 e 21 della parte resistente di cui ha dichiarato di avere collaborato nella redazione.
EA, dipendente C. dal 2001 nel ramo acquisti e sourcing, ha confermato che la C. aveva affidato dalla J. la fabbricazione di 437.253 capi dei quali 336.053 dovevano essere spediti entro il 31.12.2012, 86.358 dovevano essere spediti entro il gennaio 2013, e 14.842 dovevano essere spediti a febbraio e marzo 2013 mentre entro gennaio erano giunti 47.126 capi, entro febbraio 4.087, entro marzo 256.153 ed entro aprile 52.261 per una complessivo numero di 359.267.
Ha altresì confermato che la C. aveva affidato a N. la fabbricazione di 150.041 capi di cui 116.009 da prodursi entro il 31.12.2012, 4.432 da prodursi entro gennaio 2013 e 29.600 da prodursi entro febbraio 2016 e che di questi ne erano stati spediti 35.757 in dicembre, 35.610 a Gennaio, 62.354 Febbraio, 14.023 a Marzo.
Ha poi confermato, al rientro dalle feste natalizie, durante il controllo degli ordini di spedizione, di essersi resa conto del fatto che, nonostante le tempistiche previste, J. non aveva ancora fatto pervenire i documenti di spedizione, che pertanto aveva sollevato la questione durante il sourcing meeting di metà gennaio 2013 e che C. presente al sourcing meeting, aveva risposto che si era di recente recato in Bangladesh e che la situazione era sotto controllo puntualizzando “Ci sono state queste rassicurazioni da parte del C”.
Ha confermato che solo nei primi giorni di febbraio 2013 C., sollecitato dall’Amministratore Delegato, aveva portato a conoscenza seppure in maniera parziale che la J. fosse in ritardo con le spedizioni e le produzioni precisando “Ricordo che ci furono diverse mail e diversi meeting sulla questione J. in cui era stata sollecitata al ricorrente una risposta. Venivo contattata dai vari commerciali i quali volevano sapere le tempistiche di consegna della merce al fine di informare i clienti ed eventualmente recepire le cancellazioni che poi in effetti ci furono in parte”.
Ha inoltre confermato che C. per tentare di velocizzare le consegne da parte del fornitore aveva avviato una negoziazione per ottenere la spedizione per via aerea tentando di convincerla ad addebitare all’azienda parte dei relativi costi senza ottenere l’autorizzazione della Direzione Generale ed anzi tenendola all’oscuro dell’operazione, con conferma del doc. 12 delle produzioni di parte resistente e riferendo “Non mi risulta alcuna autorizzazione alla spedizione in via aerea e tantomeno a carico di C.”.
Ha affermato inoltre che, quanto alla produzione N. una notevole quantità di capi per un controvalore di euro 500.000 presentava problemi di qualità.
Ha poi confermato che la C. ha subito ingenti danni confermando le somme di cui al documento 20 e 21 della parte resistente e puntualizzando “Ho provveduto a raccogliere le relative informazioni da parte dei commerciali. Riconosco i documenti che mi vengono rammostrati e ne confermo il contenuto”.
P.S. già dipendente C. con mansioni di personalizzazione del prodotto, ha confermato di essersi recata in Bangladesh con BZ alla fine di novembre 2012 e di avere potuto constatare che la produzione affidata a J. da C. ivi inclusa la produzione primavera estate 2013, era stata suddivisa tra diversi fornitori autonomi e distanti tra loro in difformità con quanto assicurato alla C. ovvero che tutta la produzione sarebbe stata concentrata nel solo stabilimento denominato A che era l’unico validato da C. di avere quindi segnalato a C. la circostanza e sottoposta la questione anche alla J. durante una riunione nella quale aveva fatto presente che la dislocazione tra diversi produttori, oltre ad essere in contrasto con gli impegni assunti, poneva un problema di uniformità del prodotto e di controllo della qualità ottenendo assicurazioni dalla J. che la loro azienda si sarebbe occupata direttamente dell’acquisto dei filati e della tessitura ed avrebbe affidato ai subfornitori solo la confezione dei capi, di avere inoltre riscontrato nel corso del viaggio che la produzione dei campionari per la stagione autunno inverno 2013 era in grave ritardo sotto tale profilo puntualizzando “Il controllo della produzione del campionario A/I 2013 era lo scopo del nostro viaggio. Preciso che il ritardo del campionario era di 2 o 3 settimane in quanto avrebbe dovuto essere consegnato prima di Natale e invece la produzione era indietro. Noi ci siamo recati in Bangladesh l’ultima settimana di novembre e ci siano trattenuti sino ad inizio di dicembre”.
Ha poi confermato che durante le indagini volte ad accertare lo stato di avanzamento dei campionari aveva avuto occasione di visionare anche i piani di produzione della collezione primavera estate 2013 dai quali si evinceva che le fasi intermedie di fabbricazione erano in ritardo rispetto ai tempi previsti, ma i termini finali di spedizione non erano stati posticipati, che tale anomalia era stata segnalata al C, che aveva a sua volta avuto modo di visionare i piani di produzione, facendogli presente che lo slittamento delle fasi di lavorazione intermedie avrebbe inevitabilmente comportato lo slittamento anche delle date di spedizione e che di ciò era necessario fornire evidenza a CS per gli accorgimenti del caso. Ha altresì confermato che C. aveva risposto sostenendo che a la Z. avevano male interpretato le informazioni ricevute, aveva messo in discussione le loro competenze in materia ed affermato che la situazione era sotto controllo puntualizzando “Durante una conference call con C. avvenuta quando noi eravamo ancora là ed il C. era ancora in Turchia, abbiamo posto il problema ed il C. ha risposto come da capitolo. I ritardi della campionatura in effetti si verificarono, ma furono contenuti, mentre per quanto riguarda la consegna della produzione PE 2013 ci sono stati ritardi consistenti, anche se non posso essere più precisa, in quanto non mi occupavo di questo aspetto. Credo sia avvenuta in marzo 2013”.
Ha poi confermato di avere ribadito insieme alla Z. le sue perplessità in ordine allo stato di avanzamento della produzione relativa alla stagione primavera-estate 2013 e, più in generale, in ordine alla affidabilità del fornitore sottolineando che contrariamente alle assicurazioni rese da J. qualche giorno prima, ciascun sito produttivo si stava occupando autonomamente di tutte le fasi di lavorazione del prodotto e nemmeno l’acquisto delle materie prime era centralizzato, che C. a quel punto aveva avuto una reazione molto seccata ed aveva chiesto alle colleghe di non interferire con le sue funzioni e di non fare cenno di questi problemi in azienda, invocando la propri esclusiva competenza sul controllo del fornitore così puntualizzando “Il C. ha sottolineato di avere competenza esclusiva nella gestione del fornitore ed ha chiesto di non occuparsene per non metterlo in cattiva luce”.
C. nella lettera inviata a seguito della contestazione ricevuta e prodotta a corredo del ricorso quale doc. 3 afferma quanto alla J. “Solo a metà gennaio 2013 dopo avere ricevuto il regolare status di produzione mi sono accorto che le date della filiera produttiva non erano più le stesse e non seguivano più quelle precedentemente indicate con l’ultimo report ricevuto da J. prima della chiusura Natalizia. Le date delle fasi produttive erano state scambiate con vari spostamenti, ritardando tutte le attività compresi i controlli e le consegne finali. Solo oggi, dopo essere stato in loco per 7 settimane al controllo delle produzioni mi rendo conto che in realtà l’attività produttiva è partita nell’ultima decade di Dicembre 2012 con le disposizioni tessuti e il resto dei lavori. Durante la mia permanenza in Bangladesh vi ho costantemente aggiornato riguardo l’evolversi delle situazioni e dello stato attuale delle produzioni con i relativi piani di spedizione. Nonostante le difficoltà dovute anche al perdurare degli scioperi la merce ordinata è stata prodotta e spedita. Gli ultimi quantitativi pari a 40.000 capi sono alla prenotazione dei voli dove verranno spediti sempre per via aerea prepagata dal fornitore stesso”.
Quanto alla N. “Vorrei confermare che la merce ordinata è stata spedita al 98%”. Nel ricorso egli assume la insussistenza di giusta causa per essere la sua mancanza stata conseguente alla condotta della ricorrente che gli aveva affidato mansioni implicanti notevoli responsabilità e adempimenti senza fornirlo di un adeguato apparato ed anzi da ultimo sottraendogli risorse. Lamenta da ultimo la mancata approvazione di un suo progetto proprio proposto per la zona asiatica. Sotto tale profilo i testi addotti si sono come oltre espressi.
A.O. già dirigente C. fino al 2012 e quindi licenziato con contenzioso in corso con la resistente, ha confermato che nel marzo 2011 il ricorrente aveva presentato un progetto diretto alla costituzione di una squadra per il coordinamento ed il controllo sull’area i Precisando “Il progetto mi era stato presentato dal ricorrente e lo avevamo discusso e perfezionato e presentato alla Direzione Generale. (…) la società lo riteneva oneroso, ma a nostro avviso non era così dispendioso e poteva dare dei buoni risultati. Proposto il progetto del C. non ci fu inizialmente l’approvazione della società. Successivamente la società propose delle soluzioni alternative per quest’area. Non ricordo se furono proposte 6 mesi o 12 mesi dopo”
Ha poi riferito “Confermo che nell’ultimo periodo i nostri uffici erano vicini e ho prestato a volte la mia assistente al ricorrente in quanto lavorava da solo. Mi riferisco in particolare al periodo gennaio-novembre 2012. Anche in precedenza, a quanto ricordo, la struttura del ricorrente era sottodimensionata. Era sottodimensionata anche la mia struttura e tutte quelle del sourcing che erano le nostre, la mia e del ricorrente”.
Ha poi confermato che la sede di lavoro del ricorrente fino al marzo 2012 era a Badia a Settimo (FI) allorché la struttura Sourcing Coordination all’interno della quale C. operava è stata trasferita a Carpi presso la sede centrale del Gruppo, che fino al 2011 al ricorrente riportavano due impiegate con anzianità ed esperienza elevate, che quindi C. aveva avuto quale collaboratore fino al settembre 2012 il dott. D. e poi la dott. C. appositamente assunta e che inoltre C. aveva potuto dal 2009 disporre della collaborazione permanente e stabile di un consulente esterno dedicato di stanza in India con il compito di controllare e supportare i fornitori dislocati in India.
Ha poi negato che CS abbia proposto a C. di incrementare la sua presenza in India dotandosi in loco di una struttura adeguata affermando “negli ultimi anni c’era una riduzione dei costi”.
M.T. ha a sua volta confermato che la sede di lavoro del ricorrente fino al marzo 2012 era a Badia a Settimo (FI) allorché la struttura S.C. all’interno della quale C. operava è stata trasferita a Carpi presso la sede centrale del Gruppo, che fino al 2011 al ricorrente riportavano due impiegate con anzianità ed esperienza elevate, che quindi C. aveva avuto quale collaboratore fino al settembre 2012 il dott. D. e poi la dott. C. appositamente assunta e che inoltre C. aveva potuto dal 2009 disporre della collaborazione permanente e stabile di un consulente esterno dedicato di stanza in India con il compito di controllare e supportare i fornitori dislocati in India.
Ha poi affermato “Il controllo qualità fu sottratto all’area sourcing e assegnato all’area SC per garantire che il controllo qualità dei fornitori fosse affidato ad un soggetto diverso da quello che era deputato a sceglierli e gestirli. A mio avviso le restanti responsabilità del ricorrente sono rimaste invariate, in quanto le aree di competenza erano le stesse. Il personale del controllo qualità fu trasferito unitamente alle relative funzioni. (…) Mi pare di ricordare che il ricorrente fosse coadiuvato dalla dott. C. Prima della C. fu coadiuvato da D. e prima ancora da SC e da SP. Queste persone rispondevano al C.
C.S., già dipendente C. fino al marzo 2012 con mansioni nell’area sourcing ha affermato “Fino a quando c’ero io il reparto tessuti e il reparto campionario erano di competenza del S. Il ricorrente si occupava di queste attività con riferimento alle aree sourcing di sua competenza. (…) Preciso che io sono stata spostata sotto il sig. R.A. nel luglio 2010 mentre con il C. è rimasta SP. Successivamente non so dire da quando. Sono stata nuovamente spostata all’ufficio del sig. C. ma continuavo a rispondere al sig. A., Poiché il C. e l’A. erano due manager del S svolgevo qualche attività anche per il C. ad esempio la reportistica”. Ha poi confermato che dal 2009 C. poteva disporre della collaborazione permanente di un consulente esterno dedicato di stanza in India.
E.A. ha a sua volta confermato che la sede di lavoro del ricorrente fino al marzo 2012 era a Badia a Settimo (FI) allorché la struttura SC all’interno della quale C. operava è stata trasferita a Carpi presso la sede centrale del Gruppo, che fino al 2011 al ricorrente riportavano due impiegate con anzianità ed esperienza elevate, che quindi C. aveva avuto quale collaboratore fino al settembre 2012 il dott. D. e poi la dott. C. appositamente assunta e che inoltre C. aveva potuto dal 2009 disporre della collaborazione permanente e stabile di un consulente esterno dedicato di stanza in India con il compito di controllare e supportare i fornitori dislocati in India.
Ha poi affermato “Mi risulta una suddivisione tra acquisti e sourcing in modo tale che non fossero duplicate le attività”.
P.S., dipendente di C. fino al marzo 2012 ed assistente del C. con mansioni di segretaria amministrativa, ha confermato che nel marzo 2011 il ricorrente aveva presentato un progetto per la costituzione di una squadra per il coordinamento e controllo dei lavori nell’area INC e ha affermato che il C. le aveva riferito che la C. non aveva approvato il progetto ritenendolo eccessivamente oneroso.
Ha poi confermato che nel corso del 2012 e 2013 erano stati spostati il reparto ordini, campionario e il reparto tessuti e che la collega S.C. era stata anch’essa spostata.
F.M. dipendente della C. fino ad agosto 2014 con mansioni di C.D. della linea uomo, bimbo e accessori, ha riferito di avere sentito parlare di un progetto redatto dal C. per il controllo dell’area I e di avere avuto riferito da C. e da altri che questo non era poi stato approvato. Ha poi confermato che a “C era stato sottratto il reparto tessuti, controllo qualità e forse modellistica. Inoltre furono spostate delle collaboratrici che rispondevano al C.
Preciso che nonostante questo depauperamento le responsabilità del C. aumentarono”.
Ha poi riferito “il ricorrente aveva l’aiuto di una stagista che poi è stata assunta tale G.C.C.”.
C.D. dipendente della C. con ruolo di direttore delle risorse umane ha confermato che la sede di lavoro del ricorrente fino al marzo 2012 era a Badia a Settimo (FI) allorché la struttura SC all’interno della quale C. operava è stata trasferita a Carpi presso la sede centrale del Gruppo, che fino al 2011 al ricorrente riportavano due impiegate con anzianità ed esperienza elevate, che quindi C. aveva avuto quale collaboratore fino al settembre 2012 il dott. D. poi la dott. C. appositamente assunta e che inoltre C. aveva potuto dal 2009 disporre della collaborazione permanente e stabile di un consulente esterno dedicato di stanza in India con il compito di controllare e supportare i fornitori dislocati in India.
Ha poi affermato “si è venuta a restringere l’area di responsabilità del C. in quanto l’azienda ha concentrato l’attività di produzione su alcuni fornitori. Per quanto riguarda il controllo qualità è stato accentrato”. Ha quindi riferito che C. su richiesta dell’azienda aveva proposto una organizzazione stabile in India ed ha confermato che la C.S. aveva a più riprese proposto al ricorrente di incrementare la sua presenza in India dotandosi di una struttura idonea e segnalando anche una possibile candidata, che quindi C. aveva declinato la proposta dicendo che preferiva essere coadiuvato da personale locale e che allora era stato a lui richiesto di formulare una proposta adeguata e ciò agli inizi del 2011, che egli aveva allora proposta una struttura decisamente sovradimensionata precisando “ha proposto una struttura organizzativa eccessivamente onerosa per l’azienda in quanto prevedeva 7 addetti oltre al C.”.
Ha riferito “Originariamente quando era a Firenze, C. aveva due collaboratrici, la P e la C. Successivamente una di esse gli fu sottratta in quanto eccessiva per le mansioni e le responsabilità affidate al ricorrente. Quando è stato trasferito da Firenze a Carpi ha mantenuto il collaboratore che aveva a Firenze, ma poiché la P che era rimasta sotto di lui, non accettò il trasferimento a Carpi, gli fu affidato un altro collaboratore, prima D. e poi la C. Preciso che da un certo momento in poi gli fu sottratto il controllo di qualità poiché è stato accentrato. Inoltre c’è stata una riduzione dei fornitori delle aree di sua competenza. Il passaggio del controllo qualità è avvenuto a fine 2010, mentre la riduzione dei fornitori è stata progressiva ed è avvenuta dal 2009 al 2012. La C. prima collaborava con A., poi è passata al C. in modo esclusivo”.
Nella seconda lettera di contestazioni è ascritta la violazione degli obblighi su di incombevi sul C. in forza del rapporto di lavoro in essere con riferimento al seguente fatto “Il 12.4.2013 alle ore 13.40 circa, lei è stato visto dal nostro Direttore Risorse Umane dott. C.D. nel parcheggio della nostra sede di Carpi intento a caricare sulla sua autovettura in uso personale scatoloni contenenti numerosi faldoni di documenti. Insospettita dalla circostanza, anche in razione del fatto che è attualmente pendente un procedimento disciplinare nei Suoi confronti, la dott. D. Le ha chiesto spiegazioni circa il materiale che stava asportando e Lei ha risposto che si sarebbe trattato di effetti personali e, dopo avere terminato le operazioni di carico, è rientrato in ufficio”. In particolare poi è contestato che, accertata da parte della D. la presenza fra il materiale caricato di documenti ed altro materiale aziendale, era stato chiesto l’intervento delle forze dell’ordine alle quali C. aveva ribadito la natura personale della documentazione, circostanza che era rivelata infondata allorché, aperto il bagagliaio ed esibito il materiale, era stato accertato che trattavasi di documenti e materiale aziendale in buona parte contenente informazioni e dati riservati e dal contenuto confidenziale fra cui i guide books di tutte le collezioni dal 2003 al 2013, i contratti con fornitori, le condizioni di consegna, la modellistica contrattuale, il manuale controllo qualità, piani di sviluppo aziendale, specifiche tecniche di produzione, calendario consegne ecc.
C.D. sentita sul punto ha confermato che in data 12.4.2013 alle ore 13.40 circa C. era stato notato nell’area cortiliva antistante gli uffici della sede centrale di Carpi da due dipendenti dell’ufficio risorse umane C. ed incerti nell’atto di caricare alcuni scatoloni di grandi dimensioni, pieni di faldoni cartacei e documentazione varia nell’auto aziendale a lui assegnata, ivi parcheggiata.
Ha poi riferito “io sono scesa in corridoio e ho incontrato il C. che aveva uno scatolone in mano.
Gli ho chiesto cosa stesse facendo e lui mi ha risposto che si trattava di effetti personali. A quel punto l’ho seguito, perché a prima vista si vedeva che quello trasportato dal C. era materiale aziendale. Giunta nei pressi della sua auto ho visto che sulla stessa erano già presenti molti altri faldoni contenenti materiale aziendale e l’ho fatto notare al C. che ha ribadito trattarsi di sue cose personali. Preciso che lo scatolone che C. aveva in mano era aperto. Erano aperti anche quelli che erano già nel baule. Preciso che i guide book hanno una particolarità in quanto hanno una copertina blu che li rende molto riconoscibili. Il guide book è uno strumento di lavoro e può essere asportato dai dipendenti per consultazione, ma la cosa che mi parve strana era la quantità del materiale presente, visto che l’auto del C. era piena, ciò anche in considerazione della contestazione disciplinare da lui ricevuta. Preciso che si trattava di tutto lo storico, cioè di tutti i guide book da quando C. era in servizio, oltre ai guide books delle due stagioni che dovevano ancora uscire e cioè (omissis) e (omissis). Oltre ai guide books c’erano i profili di circa 160 fornitori con le relative condizioni contrattuali e la relativa corrispondenza. Preciso che si trattava sia di fornitori situati nelle aree di competenza del C. sia dei fornitori di altre aree o di potenziale interesse. Tra la documentazione (…) c’erano anche i contratti con i fornitori, costi e tempi di fornitura, i volumi di vendita e piano delle consegne della stagione successiva (omissis) ed i relativi costi, il manuale della qualità con tutti i dettagli delle produzioni C. curricula dei potenziali candidati in aree sourcing, i mansionari di alcuni dipendenti od altro. Si trattava di materiale presente nell’ufficio del C. in ragione del ruolo ricoperto in azienda”.
Ha poi confermato tutto l’elenco dei documenti contenuto nella memoria di costituzione e che tutto il materiale era catalogato dalla dipendente addetta alla Segreteria M.F. secondo l’elenco prodotto sub. 15.
A.O. in ordine ai guide books ha affermato “In base alla mia esperienza e conoscenza della attività svolta dal ricorrente tali documenti sono necessari per l’esecuzione del lavoro”
M.T. sempre in ordine ai guide books ha affermato “Certamente sono documenti sensibili ed importanti”.
FM ha riferito in ordine ai medesimi libri ha riferito “Preciso che fin quando ero al lavoro io erano strumenti di utilizzo quotidiano che venivano utilizzati da diversi funzionari”. Ha poi confermato che avevano valore storico rappresentando per la maggior parte vecchi modelli non più in uso e non più in vendita e che detti libri e le relative condizioni di consegna erano utilizzai dal ricorrente per la consultazione nelle varie sedi dell’azienda precisando “quando infatti il ricorrente da Scandicci si recava a Carpi per le riunioni, durante le quali era presente, arrivava con due o tre trolley contenenti i guide books. Preciso che utilizzavo anch’io i guide books che ho portato anche fuori dall’azienda, anche in albergo, ove soggiornavo durante la settimana per studiarli, ma mai a casa durante il fine settimana”.
Procedendo in via preliminare alla valutazione della eccezione formale svolta dal ricorrente in ordine alla tardività della contestazione deve essere rilevato come la giurisprudenza di legittimità a cui si ritiene di aderire ha sul punto statuito “osserva, innanzitutto, il Collegio che la giurisprudenza di questa Suprema Corte è consolidata nel ritenere che il principio dell’immediatezza della contestazione disciplinare e della tempestività della irrogazione della relativa sanzione, esplicazione del generato precetto di conformarsi alla buonafede e alla correttezza nell’attuazione del rapporto di lavoro, deve essere inteso in senso relativo, potendo in concreto essere compatibile con un intervallo di tempo più o meno lungo, quando l’accertamento e la valutazione dei fatti richiedano uno spazio temporale maggiore, ovvero quando la complessità della struttura organizzativa dell’impresa possa far ritardare il provvedimento di recesso; in ogni caso, la valutazione relativa alla tempestività costituisce giudizio di merito, non sindacabile in cassazione ove adeguatamente motivato (Cass. 6 settembre 2006 n. 19159 e fra le numerose altre V. pure Cass. 29 marzo 2004 n. 6228, Cass. 11 maggio 2004 n. 8914, Cass. 23 aprile 2004 n. 7724, Cass. 19 agosto 2003 n. 12141). Analogamente questa Corte ha più volte ribadito che, ai fini di cui trattasi, il lasso temporale tra i fatti e la contestazione deve decorrere dall’avvenuta conoscenza da parte del datore di lavoro della situazione contestata e non dalla astratta percettibilità o conoscenza dei fatti stessi, tenuto conto dei mezzi a sua disposizione (V. per tutte Cass. 15 ottobre 2007 n. 21546 e Cass. 6 settembre 2006 n. 19159 cit.)” (Cassazione civile sez. lav. 25 giugno 2009 n. 14952)
Nel caso di specie, quanto al primo addebito relativo alla produzione e consegna della collezione primavera/estate 2013, la contestazione effettuata in data 22.3.2013 appare tempestiva. Ed invero, anche per quanto emerso in sede istruttoria, la conoscenza da parte della società dei problemi alla produzione e dei ritardi in consegna è databile ai primi mesi del 2012 allorché i due fornitori J. e N. cominciarono a palesare ritardi nelle consegne e lo stesso ricorrente venne inviato in India per gestire la situazione e per comprenderne le concrete criticità. Ne consegue che la contestazione appare essere stata immediatamente svolta non appena le circostanze fattuali poi oggetto di contestazione sono apparse nella loro concreta estensione ed è stato verificato come anche la presenza in loco di un dirigente C. non era idonea a consentire il rispetto degli tempi e quantitativi di fornitura o quantomeno il contenimento del ritardo. Poiché la valutazione della situazione e l’emersione concreta dei fatti occorsi nella loro definitiva estensione quanto al numero di capi non consegnati ed alla rilevanza del ritardo ha necessariamente implicato il decorso di un certo lasso temporale dalle prime avvisaglie emerse all’inizio del 2013 si reputa del tutto tempestiva la contestazione come svolta a marzo 2013. Peraltro la effettiva comprensione dei fatti occorsi e delle loro ricadute sotto il profilo commerciale derivava in primis dalle informazioni fornite dal C. invito sui luoghi allo scopo, il quale peraltro aveva evidente interesse a minimizzare la situazione sperando in un possibile aggiustamento, piuttosto che fare emergere fin dall’immediatezza i problemi che si stavano verificando nella loro effettiva consistenza.
La non tempestività non appare poi possa farsi discendere dalla individuazione all’interno della medesima contestazione delle ulteriori circostanze relative agli anni fiscali 2012, 2011 e 2010. Queste invero da un lato non potrebbero comunque inficiare la tempestività della contestazione principale di cui si è ritenuta la tempestività e gli elementi evidenziati con riferimento ai predetti anni fiscali sono ascrivibili a circostanze a corollario finalizzate a fare emergere come a carico del C. già in precedenza fossero emersi profili di inadeguatezza quanto alla gestione del sourcing a lui affidato sia sotto il profilo della quantità che della tempestività delle forniture nelle aree a lui affidate. Non si ritiene che pertanto gli elementi ascritti siano a riferiti a separate contestazioni levate, ma siano stati esplicitati al fine di una complessiva valutazione della prestazione lavorativa del ricorrente tenuto conto della sua qualifica dirigenziale e pertanto della possibile individuazione a suo carico di elementi tali da supportare un giudizio di giustificatezza del recesso al di là della giusta causa invocata. Del resto avendo la lettera di contestazione la finalità di palesare al lavoratore gli elementi ritenuti di rilievo dalla parte datoriale per supportare la irrogazione di provvedimenti disciplinari appare evidente che a fini di tutela sia corretto che il dirigente, nei confronti del quale è configurabile una valutazione anche riferita alla giustificatezza di un eventuale recesso, sia posto nella possibilità di rendere giustificazioni ad ampio raggio rispetto alle proprie condotte.
Del tutto tempestiva appare poi la contestazione riferita alla lettera del 16.4.2013 in quanto riferita a fatti occorsi appena 4 giorni prima ovvero il 12.4.2013. La eccezione di tardività deve pertanto essere respinta. Non accoglibile appare poi la eccezione relativa alla incapacità a testimoniare della teste C.D. per avere ella presenziato ad udienze nel presente procedimento quale procuratrice speciale della resistente. Sotto tale profilo deve rilevarsi come l’art. 246 c.p.c. ricolleghi la incapacità a testimoniare alla sussistenza di un interesse che potrebbe legittimare la partecipazione al giudizio in capo al teste, interesse che non appare ravvisabile nel caso di specie rimanendo comunque il procuratore speciale estraneo ai fatti di cui al giudizio e privo di legittimazione processuale per intervenirvi. Sotto tale profilo si ritiene di aderire alla giurisprudenza di legittimità risalente, ma non successivamente contraddetta, secondo la quale “Nel rito del lavoro il conferimento (ex art. 420 c.p.c.) ad un soggetto di procura speciale perché rappresenti una parte nel processo con potere di conciliare e transigere la controversia, non comporta una legittimazione sostanziale del detto procuratore, né pertanto una sua incapacità a testimoniare ai sensi dell’art. 246 c.p.c.” (Cassazione civile, sez. lav., 19.05.1988, n. 3503).
Nel merito, per giurisprudenza costante, nella valutazione del recesso posto in essere a carico del dirigente occorre fare riferimento ai due diversi e concorrenti requisiti della giusta causa e della giustificatezza: “mentre la giusta causa consiste in un fatto che, in concreto valutato (e cioè, sia in relazione alle sua oggettività sia con riferimento alle sue connotazioni soggettive), determina una grave lesione della fiducia del datore di lavoro nel proprio dipendente, tale da non consentire la prosecuzione, neppure temporanea, del rapporto, tenuto conto altresì della natura di quest’ultimo e del grado di fiducia che esso postula, la ricorrenza della giustificatezza dell’atto risolutivo – ancor più strettamente vincolata al carattere fiduciario del rapporto di lavoro dirigenziale – è da correlare alla presenza di valide ragioni di cessazione del rapporto lavorativo, come tali apprezzabili sotto il profilo della correttezza e della buonafede” (Cassazione civile, sez. lav. 19.9.2011 n. 19074).
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, per stabilire in concreto l’esistenza di una giusta causa di licenziamento occorre valutare se una condotta sia suscettibile di scuotere la fiducia del datore di lavoro e di far ritenere che la continuazione del rapporto possa risolversi in un pregiudizio per gli scopi aziendali valutando l’intensità dell’elemento intenzionale, il grado di affidamento richiesto dalle mansioni svolte dal dipendente, ma anche le precedenti modalità di attuazione del rapporto, la sua durata, l’assenza di precedenti sanzioni e la sua particolare natura e tipologia (Cassazione civile, sez. lav., 30.9.2013, n. 22321) cosicché l’irrogazione della massima sanzione risulti giustificata solo in presenza di un notevole inadempimento tale da non consentire neppure la prosecuzione provvisoria del rapporto di lavoro.
Dunque per valutare la legittimità del licenziamento è necessario accertare se:
1) in relazione alla qualità del singolo rapporto intercorso fra le parti, ed alla qualità ed al grado di fiducia che il rapporto comporta, la specifica mancanza risulti oggettivamente e soggettivamente idonea a ledere in modo grave, così da farla venir meno, la fiducia che il datore di lavoro ripone nel proprio dipendente, senza che possa assumere rilievo l’assenza o la modesta entità del danno patrimoniale subito dal datore;
2) l’irrogazione della massima sanzione disciplinare risulta giustificata solamente in presenza d’un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali o comunque di un comportamento tale che non consenta la prosecuzione del rapporto di lavoro (Cass. civ., sez. lav., n. 4060/11). Viceversa “La nozione di giustificatezza del licenziamento dei dirigenti, si discosta, sia sul piano soggettivo che su quello oggettivo, da quella di giustificato motivo di cui alla legge n. 604/1966, art. 3. Anche la semplice inadeguatezza del dirigente rispetto ad aspettative riconoscibili “ex ante”, o una importante deviazione del dirigente dalla linea segnata dalle direttive generali del datore di lavoro, o un comportamento extralavorativo incidente sull’immagine aziendale possono, a seconda delle circostanze, costituire ragione di rottura del rapporto fiduciario e quindi giustificarne il licenziamento sul piano della disciplina contrattuale dello stesso, con valutazione rimessa al giudice di merito sindacabile, in sede di legittimità, solo per vizi di motivazione” (Cassazione civile, sez. lav., 8.10.2012, n. 17086) “Ai fini della giustificatezza del licenziamento del dirigente può rilevare qualsiasi motivo, purché apprezzabile sul piano del diritto, idoneo a turbare il legame di fiducia con il datore. Anche la semplice inadeguatezza del dirigente rispetto ad aspettative riconoscibili “ex ante”, o una importante deviazione del dirigente dalla linea segnata dalle direttive generali del datore di lavoro, o un comportamento extralavorativo incidente sull’immagine aziendale possono, a seconda delle circostanze, costituire ragione di rottura del rapporto fiduciario e, quindi, giustificarne il licenziamento sul piano della disciplina contrattuale dello stesso, con valutazione rimessa la giudice di merito” (Cassazione civile, sez. lav., 1.2.2012, n. 1424)
Si ritiene che nel caso di specie i fatti di cui alle due lettere di contestazione inviate siano entrambi e separatamente idonei a giustificare il recesso per giusta causa della parte datoriale come intimato. Quanto ai fatti di cui alla lettera del 22.3.2013 il ricorrente di fatto non contesta i ritardi nelle forniture verificatesi, il numero di capi indicato come mai consegnato nonostante gli ordini accettati, la scarsa qualità di un certo numero di capi e neppure di fatto le ricadute economiche sulla società rispetto agli inadempimenti ed ai ritardi riferite alla J. ed alla N. la cui sussistenza ed incidenza è stata oggetto peraltro di ampia conferma testimoniale anche rispetto alla documentazione prodotta dalla resistente.
Non in contestazione è poi che i due fornitori di cui sopra fossero nell’area affidata al ricorrente e che questo per la propria mansione dovesse in preciso scegliere i fornitori e monitorare la loro attività e capacità produttiva al fine del raggiungimento del livello quantitativo, qualitativo e di tempestività nella consegna delle forniture.
Dalle testimonianze raccolte, pienamente confermative della sussistenza in fatto degli addebiti levati della società, è emerso poi un rilevante inadempimento da parte del C. rispetto alle mansioni ad esso affidate.
Ed invero egli, inviato in Bangladesh alla fine di novembre proprio per verificare presso i fornitori lo stato della prevista produzione per la stagione primavera estate 2013 rispetto alla quale i primi invii quanto alla J. avrebbero dovuto essere spediti entro il 31.12.2012, ha omesso di comunicare alla società la sussistenza di palesi circostanze ben rilevabili che avrebbero necessariamente implicato i rilevanti ritardi di consegna e l’impossibilità di provvedere alla fornitura nei tempi e nelle quantità concertate secondo quanto poi in concreto verificatosi.
In particolare J. aveva disatteso gli accordi presi parcellizzando la produzione tra un rilevante numero di subfornitori senza neppure provvedere all’acquisto dei filati ed alla fornitura creando evidenti problemi sia sotto il profilo della uniformità del prodotto e del controllo della qualità, aveva modificato gli originali piani di produzione indicando le fasi intermedie in ritardo rispetto al concertato senza peraltro modificare il termine finale di consegna dando contezza di come da un lato non fossero stati rispetti i tempi di inizio della produzione e dall’altro vi fosse una evidente volontà di dissimulare i ritardi.
Di tali circostanze C. era inoltre a precisa conoscenza poiché esse, che pure egli nella qualità avrebbe dovuto autonomamente rilevare, erano state a lui evidenziate da altro personale della azienda che ad altri fini aveva in corso un accesso presso il medesimo fornitore ed aveva avuto modo di rilavare e constatare tali inadempimenti. Sotto tale profilo la deposizione della teste S dà piena contezza non solo della evidente inerzia del C. rispetto a problematiche di rilevante rilievo e foriere di notevolissimi problemi come poi in concreto verificatisi, ma della sua precisa volontà di non fare emergere le circostanze tenendo all’oscuro la C. di quanto in corso di accadimento. La S infatti, con modalità credibili ed in assenza di ogni interesse nella controversia per avere al momento della escussione oramai cessato il rapporto di lavoro con C. non solo ha attestato di avere precisamente fatto rilevare al C. le circostanze sopra esposte, ma ha anche in specifico riferito di come il ricorrente abbia malamente reagito alle sue sollecitazioni mettendo in contestazione le sue capacità professionali rivendicando a sé la valutazione della situazione in corso per la posizione rivestita e pretendendo di gestire in autonomia anche le comunicazioni alla C.
Ancora una volta a gennaio allorché erano emersi i primi ritardi egli ha fornito mendaci informazioni alla società che lo sollecitava affermando la situazione essere sotto controllo.
Emerge pertanto evidente la volontarietà delle condotte finalizzate a dissimulare quanto in corso di accadimento onde non consentire alla C. di apprendere le problematiche oramai conclamate che avrebbero per certo determinato inadempimenti e ritardi nella fornitura.
C. pertanto risulta avere posto in essere condotte in violazioni degli obblighi propri della sua mansione sotto svariati ordini di profili: dapprima ha prescelto fornitori inidonei, poi non ha monitorato per tempo la loro prestazione, quindi non ha rilevato e evidenziato le criticità nel momento che queste erano oramai conclamate non consentendo alla società di apprestare idonei rimedi, volutamente infine ha omesso di fornire le informazioni rispetto agli inadempimenti e cercato di dissimulare gli stessi il più a lungo possibile aggravando peraltro il tal modo le conseguenze per l’azienda che non ha potuto apprestare per tempo le contromisure opportune per limitare i danni eventualmente ricollocando altrove la produzione.
Egli poi agendo ancora una volta secondo modalità non trasparenti, al fine di contenere il danno da ritardo, ha intavolato trattative con la N. tentando di accollare spese di spedizione per via aerea alla C. senza autorizzazione della società datrice di lavoro ed anzi cercando di non rendere edotto della circostanza la Direzione Generale.
Appare pertanto evidente la messa in atto di una condotta di tale rilevanza da determinare la perdita fiduciaria in capo alla parte datrice di lavoro atteso che C. non ha soltanto evidenziato una rilevante incapacità rispetto alla mansione scegliendo interlocutori inidonei e quindi non monitorandoli, ma anche in specifico ha posto in essere un comportamento dolosamente improntato a trascurare gli interessi della società e finalizzato solo a dissimulare quanto in corso di accadimento nell’ottica di non fare emergere le proprie mancanze. La condotta risulta oltremodo grave ed indicativa di un tratto caratteriale del tutto incompatibile con la mansione rivestita di dirigente che quale alter ego dell’imprenditore dovrebbe modulare i propri comportamenti per il raggiungimento delle finalità aziendali assumendosi le conseguenze delle proprie azioni e non viceversa cercare di sottrarsene ulteriormente aggravando il danno già recato.
La condotta appare poi in violazione degli obblighi contrattuali di lealtà e buona fede che dovrebbero improntare la condotta del prestatore di lavoro.
L’entità dei danni causati confermati in sede testimoniale attesta poi la rilevante consistenza anche sotto il profilo delle ricadute economiche delle azioni incongrue poste in essere e la preminente incidenze di esse sul rapporto fiduciario col dirigente.
Né appaiono sotto tale profilo dirimenti le circostanze addotte a giustificazione da parte del ricorrente e segnatamente la riconducibilità di quanto occorso a inadempimenti e trascuratezze della parte datoriale che lo avrebbe gravato di numerose responsabilità senza un adeguato apparato di supporto, esponendolo a possibili errori.
La consecuzione degli eventi come emersa è di per sé ostativa alla rilevanza delle circostanze dedotte poiché la caduta del vincolo fiduciario è collegata a condotte del C. rispetto alle quali la sussistenza di collaboratori a supporto ovvero di una struttura non è di rilevo. Invero quello che appare di maggiore momento per individuare la sussistenza della giusta causa non è tanto la erronea scelta dei fornitori e il difetto di controllo su di essi nei mesi precedenti al termine di consegna dei capi, ma la condotta tenuta da C. allorché, alla fine del mese di novembre 2012, egli ha fatto accesso in Bangladesh essendo avvisato anche da terzi della precaria situazione in essere. La scelta di ignorare il problema, ed anzi le precise azioni poste in essere per non farlo emergere con modalità volutamente dissimulatorie non possono certo essere ascritte al numero più o meno nutrito di collaboratori assegnati, ma ad una deliberata volontà volta a non consentire alla società datoriale di cogliere il problema onde poterlo affrontare in palese violazione degli obblighi gravanti sul C. per la posizione apicale rivestita.
Al di là poi del numero di risorse che riportavano a C. non è emerso in concreto dalla prova assunta che vi fosse una effettiva incompatibilità tra il carico di lavoro e le mansioni assegnate ovvero che C. avesse un trattamento deteriore rispetto ad altri dirigenti secondo modalità tali da non consentirgli di svolgere il lavoro.
Anche quanto alla seconda violazione contestata i fatti acclarati nel corso dell’istruttoria sono oltremodo indicativi della ricorrenza della giusta causa di recesso.
C. invero, dopo avere ricevuto la prima lettera di contestazione e pertanto con evidente consapevolezza della sua oramai precaria posizione in azienda, è stato colto nell’atto di caricare sul mezzo un rilevante numero di documenti riservati della C. di cui egli aveva la disponibilità per ragione del suo ufficio.
Le ondivaghe giustificazioni rese appaiono di per sé indicative di come la condotta non potesse essere in alcun modo collegata alla prestazione lavorativa. C. secondo quanto emerso in istruttoria ha dapprima giustificato il carico del materiale riferendo di aver appreso della documentazione personale mentre nella presente fase ha affermato che il materiale gli era necessario per svolgere attività di lavoro.
La natura del materiale secondo quanto emerso dalla prova dichiarativa, nell’ambito della quale la teste D. ha inoltre confermato l’elenco in atti della documentazione caricata sul mezzo del C. prodotto quale doc. 15, è chiaramente riferibile alla C. ed esso, per come emerso, era inerente informazioni di primaria rilevanza in ambito aziendale comprendendo i note book anche di collezioni ancora da presentare e comunque tutto il know how aziendale rispetto ai modelli, ai materiali, ai costi di tutte le collezioni dell’ultimo decennio. Vi erano inoltre i nomi dei fornitori, i relativi contratti, il collegato indirizzario, dati tutti altamente sensibili e di primario valore, oltre che di estrema appetibilità per la concorrenza.
La mole di materiale caricato sul mezzo secondo quanto riferito dalla teste, acclarato dall’elenco confermato da essa, è tale da escludere che C. potesse apprenderlo al solo fine di studio per una qualche circostanza di lavoro. Del resto nulla è stato provato sotto tale profilo sicché non emerge che il ricorrente dovesse fare concretamente fronte ad una quale incombenza di lavoro per la quale aveva la necessità di condurre fuori dai locali aziendali il materiale raccolto. Ove tale necessità fosse stata esistente C. fin nell’immediatezza avrebbe ben potuto indicarla alla D. al momento in cui è stato richiesto di giustificare l’asporto e quindi offrirne prova nel corso del giudizio.
Viceversa appare evidente come C. avesse un preciso interesse ad appropriarsi di tale materiale nelle probabile imminente cessazione del suo rapporto di lavoro per avere la disponibilità del know how aziendale e poterlo quindi spendere sul mercato presso qualche azienda concorrente o quantomeno per potere in un nuovo contesto fare affidamento sulle conoscenze e i contatti per essere immediatamente produttivo ed efficace.
Deve poi escludersi che i guide book avessero mero valore storico dal momento che da un lato dalla istruttoria è emerso come vi fossero anche quelli riferiti alle stagioni in corso e dall’altro essi comunque, anche per le collezioni passate, contenevano dati di rilevante valore per valutare i capi prodotti e le relative caratteristiche produttive e merceologiche.
Anche tale condotta appare in palese violazione degli obblighi contrattuali e tale non consentire la prosecuzione del rapporto poiché la apprensione di materiale riservato e delicato contente know how aziendale per finalità chiaramente extralavorative delinea precise violazioni degli obblighi del prestatore di lavoro rilevanti anche sotto il profilo penale, rendendo palese in capo ad esso una evidente caduta degli stessi freni inibitori e manifesta la volontà di porre in essere condotte passibili di grave danno per la società datrice di lavoro oltre a una concreta inaffidabilità.
Il licenziamento come irrogato rispetto a due addebiti gravi e separatamente idonei a supportare la giusta causa di recesso deve pertanto essere ritenuto legittimo e le domande proposte dal ricorrente, tutte presupponenti l’illegittimità del licenziamento, rigettate.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale di Modena, in composizione monocratica, quale giudice del lavoro, definitivamente pronunciando, così giudica:
– rigetta il ricorso;
– condanna C.S. alla rifusione delle spese di lire nei confronti di C.E.S. che liquida in complessivi euro 7.000 oltre al 15% per spese forfettarie, oltre Iva e Cpa come per legge;
Indica in giorni 60 il termine per il deposito della sentenza.
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