TRIBUNALE PAVIA – Ordinanza 12 luglio 2013, n. 1474
Stranieri – Disabile – Indennità di frequenza ex art. 1 L. 289/90 per il figlio minore – Diniego del beneficio – Carattere discriminatorio della condotta tenuta dall’INPS – Accertamento
Con il ricorso in oggetto la ricorrente esponeva:
– Di essere cittadina salvadoregna regolarmente soggiornante in Italia dal settembre 2009;
– Di aver un figlio (…), nato il 30.07.1996 a E., affetto da una grave forma di disabilità;
– Di aver richiesto, in data 14.06.2011, tramite il patronato INAS CISL, all’INPS la indennità di frequenza ex art. 1 L. 289/90 per il figlio minore;
– Che con provvedimento in data 12.10.2011, la commissione medica dell’ASL di Pavia aveva accertato, ai sensi dell’art. 21 L. 104/92, un grado di invalidità del minore superiore ai 2/3;
– Che in data 15.11.2011 la Commissione medica superiore dell’INPS aveva confermato tale diagnosi, riconoscendolo come “minore invalido con difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della sua età;
– che con lettera in data 18.7.2012 l’INPS aveva comunicato alla ricorrente il diniego del beneficio richiesto per il seguente motivo: “mancanza della carta di soggiorno/permesso di soggiorno di lunga durata o in alternativa, in ottemperanza alla sentenza della Corte costituzionale del 29.07.2008 n. 306, del permesso di soggiorno corredato del decreto di rigetto, per la sola carenza dei requisiti reddituali”:
Tanto premesso chiedeva:
a) – di accertare e dichiarare il carattere discriminatorio della condotta tenuta dall’INPS:
– per aver negato l’indennità mensile di frequenza di cui all’art. 1 legge 289/90;
– per aver omesso di comunicare sul proprio sito e alle proprie sedi periferiche che – a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 329/11 – l’indennità di frequenza spetta a tutti gli stranieri regolarmente soggiornanti anche se privi di permesso di soggiorno CE di lungo periodo – alla sola condizione che siano titolari del requisito di cui all’art. 41 TU – immigrazione:
b) – ordinare all’INPS la cessazione della condotta discriminatoria e conseguentemente a titolo di rimozione degli effetti:
c) – accertare e dichiarare il diritto all’indennità di frequenza ex art. 1 legge 289/90;
d) – condannava l’INPS al pagamento della indennità con effetto dal 1.10.2011 e fino a quando permarranno i requisiti e pertanto condannarlo al pagamento della somma di euro 3.189,00 come maturata al settembre 2012 – con riserva di precisare le somme maturando oltre interessi:
e) – ordinare all’INPS di dare adeguata pubblicità al provvedimento.
Con atto di intervento ex art. 105 c.p.c., ASGI e APN – precisando che gli enti e le organizzazioni di cui all’art. 5 del d.lgs. 215/03 sono legittimati ad agire in giudizio per ottenere una pronuncia di accertamento della discriminazione collettiva – hanno fatto proprie le domande della ricorrente di cui ai punti da a) ad c) del ricorso chiedendone l’accoglimento e in denegato subordine, hanno chiesto di considerare l’intervento di ASGI e APN come un intervento adesivo dipendente a sostegno delle ragioni della ricorrente. In ogni caso ASGI e APN affermano trattarsi di intervento adesivo dipendente per quanto riguarda la domanda sub a) del ricorso.
Si costituiva l’INPS eccependo preliminarmente la improcedibilità del ricorso depositato pendente il termine per la definizione del procedimento amministrativo (ricorso depositato il 13.9 2012, ricorso amministrativo deportato il 26.7.2012).
Eccepiva inoltre la carenza dei presupposti per agire in capo ad ASGI e APN in relazione alla posizione soggettiva della ricorrente, non risultando che la stessa avesse rilasciato alcuna delega a detti enti nonché la carenza di legittimazione ad agire della ricorrente rispetto alla asserita discriminazione collettiva, azione che spetta solo ai soggetti legittimati dalle legge.
Nel merito rilevava la infondatezza dell’azione civile contro la discriminazione Individuale.
All’udienza del 21.3.2013 l’INPS dava atto del pagamento della provvidenza richiesta dalla ricorrente successivamente alla notifica del ricorso.
Entrambi i difensori chiedevano dichiararsi la cessazione della materia del contendere in ordine alle domande di cui ai punti c) e d).
Il Giudice si riservava.
L’INPS con provvedimento del 13.11.2012, intervenuto in corso di causa, ha accollo la domanda della ricorrente di indennità di frequenza per – il figlio minore sulla base della sentenza della Corte Cost. 329/11 con la quale la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del citato art. 80 c. 19 “nella parte in cui subordina al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione, ai minori extracomunitari legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato, della indennità di frequenza di cui all’art. 1 della legge 11 ottobre 1990, n. 289”.
Preliminarmente si osserva che il ricorso è procedibile.
É vero che alla data del deposito dello stesso ora ancora pendente il termine di 90 giorni per la decisione del ricorso amministrativo.
Si ritiene di aderire a quella giurisprudenza che ritiene che qualora la condizione di cui all’art. 443 c.p.c. si realizzi successivamente alla proposizione del ricorso, ma prima della prima udienza, il ricorso deve considerarsi comunque procedibile. In tal senso si è espressa Cass. 22.4.1986 n. 2845.
Nel caso di specie 2012 a fronte di un ricorso amministrativo presentato il 26.7.2012 la prima udienza si è tenuta il 20.11.2012 e dunque trascorsi i 90 giorni previsti dalla legge per la descrizione del ricorso.
Da respingere la eccezione pregiudiziale dell’INPS di inammissibilità dell’azione così come qualificata.
L’INPS infatti ritiene che non possa qualificarsi come discriminatoria una condotta adottata nella mera esecuzione delle norme di legge.
Si osserva che pacifico che per aversi discriminazione sia irrilevante l’elemento soggettivo.
E’ cioè sufficiente, per aversi discriminazione diretta o indiretta, il fatto oggettivo della discriminazione a prescindere da qualsiasi intento soggettivo discriminatorio.
Ciò che rileva è inesistenza o meno di una oggettiva violazione del principio di parità di trattamento, nei limiti in cui questo principio vige oggi, nel nostro ordinamento, tra italiani e extracomunitari, con riferimento alle prestazioni sociali.
In particolare l’art. 43, comma 1 e 2 pone un divieto generai e di diversità di trattamento in ragione della condizione di straniero di un individuo.
L’art. 2 D. Lgs nr. 215/2003 di attuazione alla direttiva CE nr. 43/2000, a sua volta, ravvisa una discriminazione indiretta allorquando “una disposizione, un criterio, una prassi, un patto, un comportamento apparentemente neutro può mettere una persona appartenente ad una razza o ad una etnia in posizione svantaggiosa rispetto ad altre”.
In questo caso il comportamene che viene indicato come discriminatorio è riconducibile ai diniego opposto dall’INPS alla richiesta della ricorrente.
Il legislatore configurando anche le ipotesi di discriminazione indiretta ha infatti voluto far riferimento a quei comportamenti che per quanto privi da parte del soggetto agente di un interno discriminatorio vengono comunque ad assumere tale connotato. L’elemento soggettivo non ha pertanto alcuna valenza, così come analogamente è stato affermato in relazione al contenuto antisindacale di un comportamento, atteso che ciò che rileva è l’esito finale costituito dall’obiettiva condizione di trattamento disuguale sulla base esclusivamente dell’essere o meno cittadini.
A ciò va aggiunto che gli artt. 43 e 44 D. Lgs 286/98 prevedono che l’azione venga esercitata innanzi al giudice ordinario; nello specifico, trattandosi di questione attinente i rapporti di lavoro i ricorrenti hanno correttamente adito il Giudice del Lavoro.
Il comportamento dell’INPS va dichiarato qualificato come discriminatorio.
Va peraltro dichiarata la cessazione della materia del contendere in ordine alla erogazione della provvidenza, avendo l’ente riconosciuto il beneficio a seguito di ricorso amministrativo.
Va accertata, seppur nei termini generali di una discriminazione collettiva (che legittima l’intervento in causa delle due associazioni ASGI e APN) la natura discriminatoria della condotta tenuta dall’INPS che, nel suo sito, mette in evidenza tra i requisiti per godere della indennità di frequenza quello della cittadinanza italiana, e quando – dopo alcuni paragrafi – tratta degli stranieri, si limita a riportare la successione delle norme, senza riferire della pronunciati della Corte Costituzionale e comunque senza assolutamente chiarire che il requisito del permesso di soggiorno di lungo periodo non è più richiesto. La legittimazione ad agire degli enti intervenuti si fonda sul disposto dell’art. 5 de d.l.vo n. 215/2003 che nell’u.c. abilita le associazioni di cui allo speciale elenco ad agire in caso di discriminazione collettiva cioè laddove non siano individuabili in modo diretto ed immediato le persone lese dalla discriminazione, (si richiamano le considerazioni sul punto della ordinanza Trib. Milano 29.9.2010 in sede di reclamo e della ordin. Trib Brescia 11.4.2012).
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Accerta il carattere discriminatorio della condotta tenuta dall’INPS consistente nell’aver negato alla ricorrente, nella sua qualità indicata in epigrafe, l’indennità mensile di frequenta di cui all’art. 1 I. 289/90 con provvedimento del 18.7.2012;
– dichiara cessata la materia del contendere in ordine alle domande di cui alle lett. b) e c) del ricorso;
– accerta il carattere discriminatorio della condotta dell’INPS consistente nella mancata comunicazione sul proprio sito e alle proprie sedi periferiche, che – a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 329/11 – l’indennità di frequenza spetta a tutti gli stranieri regolarmente: aggiornanti, anche se privi di permesso di soggiorno di lungo periodo, alla sola condizione che siano titolari del requisito di cui all’art. 41 TU immigrazione
a) ordinare all’INPS di cessare la condotta discriminatoria di cui sopra: e conseguentemente, a titolo di rimozione degli effetti ordina all’INPS
– di dare adeguata pubblicità al presente provvedimento comunicandolo a tutte le sedi periferiche dell’INPS e ai patronati sindacali:
– di modificare la pagina del proprio sito Internet precisando che, a seguito della sentenza della Corte Costituzione n. 329/11, l’indennità di frequenza spetta a tutti gli stranieri regolarmente soggiornanti, anche se privi di permesso di soggiorno CE di lungo periodo e alla sola condizione che siano titolari del requisito del permesso di soggiorno di almeno un anno di cui all’art. 41 TU immigrazione;
dichiara tenuto e condanna l’INPS alla rifusione delle spese di lite della ricorrente e degli enti intervenuti che liquida nella complessiva somma di euro 2000 oltre accessori che distrae a favore dei difensori attorei anticipatari.
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