Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento sentenza n. 53 depositata il 16 febbraio 2017
N. 00053/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00191/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento
(Sezione Unica)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 191 del 2016, proposto dall’Impresa di costruzioni IM S.p.a., in proprio e quale mandataria del RTI con le imprese mandanti G. S.p.a., GN S.p.a., Medipass S.r.l., U. S.p.a. e UF Trentino-Alto Adige, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Fulvio Lorigiola, Elena Laverda e Roberta De Pretis, con domicilio eletto in Trento, via S. Trinità n. 14, presso lo studio dell’avvocato Roberta De Pretis;
contro
la Provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Di Ciommo, Nicolò Pedrazzoli e Giuliana Fozzer, con domicilio eletto in Trento, Piazza Dante n. 15, presso l’avvocato Giuliana Fozzer, nella sede dell’Avvocatura della Provincia;
nei confronti di
– SI S.p.a., in proprio e quale mandataria del RTI costituito con le imprese mandanti C. S.p.a. e SST – Consorzio Stabile a r.l., non costituita in giudizio;
– IP & C S.p.a., in proprio e quale mandataria del RTI con le imprese mandanti A. S.p.a., A. C. S.r.l. e CSE S.r.l., non costituita in giudizio;
– società C.M.B. S.c.r.l., in proprio e quale mandataria del RTI costituito con le imprese mandanti Consorzio Stabile TI, Consorzio LA Soc. Coop., CL S.p.a., M. S.r.l., Co. Soc. Coop., Ed. S.p.a., G. S.p.a., C.C. S.p.a., MB S.r.l., Impresa di costruzioni PS S.p.a., B. S.r.l., E. S.r.l., G. S.r.l., MT S.r.l., Consorzio Stabile TI S.r.l., D.S. M. S.r.l., SO S.p.a., MFM S.p.a., TC S.r.l., Lavanderia Industriale Z. S.p.a., SI S.p.a., PS S.r.l. e SIC S.p.a., non costituita in giudizio;
per l’accertamento
della responsabilità precontrattuale e procedimentale della Provincia autonoma di Trento per la revoca della procedura di gara per l’affidamento, mediante ricorso alla finanza di progetto, del contratto avente ad oggetto la progettazione definitiva ed esecutiva, la costruzione e la successiva gestione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino, con conseguente condanna della Provincia autonoma di Trento a corrispondere alla ricorrente quanto dovuto a titolo di risarcimento del danno ovvero, in via subordinata, a titolo di indennizzo ai sensi dell’art. 21-quinquies della legge n. 241/1990, previo annullamento, se del caso, determinazione dirigenziale n. 37 in data 16 giugno 2016;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Provincia Autonoma di Trento;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 febbraio 2017 il dott. Carlo Polidori e uditi gli avvocati Elena Laverda e Roberta De Pretis, per la parte ricorrente, e Francesco Di Ciommo, per la Provincia Autonoma di Trento;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Il dirigente del Servizio Edilizia Pubblica e Logistica della Provincia autonoma di Trento con la determinazione n. 365 del 14 dicembre 2011 ha autorizzato l’indizione della gara per la progettazione definitiva ed esecutiva, la costruzione e la successiva gestione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino.
2. Alla gara hanno partecipato – oltre al RTI avente come mandataria l’Impresa di costruzioni IM S.p.a. – anche il RTI avente come mandataria la società C.M.B. S.c.ar.l., il RTI avente come mandataria la società Impregilo S.p.a. ed il RTI avente come mandataria la società IP & c. S.p.a.. All’esito della valutazione della Commissione tecnica è stato dichiarato aggiudicatario il RTI Impregilo, che è stato nominato promotore.
3. L’aggiudicazione è stata però impugnata dagli altri soggetti partecipanti alla gara innanzi a questo Tribunale (ivi compresa l’Impresa di costruzioni IM S.p.a.), che – riuniti i diversi ricorsi – si è pronunciato con la sentenza n. 30 del 31 gennaio 2014. Tale sentenza è stata poi appellata innanzi al Consiglio di Stato, che si è pronunciato sugli appelli riuniti con la sentenza n. 5057 del 13 ottobre 2014. In particolare tale pronuncia: A) da un lato, ha confermato la sentenza di questo Tribunale nella parte in cui ha annullato il provvedimento di nomina della Commissione tecnica e tutti gli atti di gara successivi; B) dall’altro, ha accolto, in parte, l’appello di due concorrenti (il RTI Impregilo ed il RTI C.M.B.) riammettendoli in gara e precisando in motivazione che la Provincia «può procedere alla rinnovazione della gara a partire dalla fase di presentazione delle offerte. Peraltro, anche alla luce delle criticità emerse nei motivi sollevati dalle parti nei loro ricorsi, si ritiene che l’Amministrazione possa anche intervenire, nell’occasione, per perfezionare alcuni profili contestati delle disposizioni di gara. Sono fatti salvi ovviamente gli ulteriori atti dell’Amministrazione».
4. A seguito della pronuncia del Consiglio di Stato la Provincia ha proceduto a rivalutare le modalità per la realizzazione del nuovo ospedale. In particolare la Giunta Provinciale – previo confronto con altri soggetti interessati, quali l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari (di seguito denominata APSS), il Comune di Trento e la società Cassa del Trentino S.p.a. (di seguito denominata Cassa del Trentino) – con la deliberazione n. 438 del 25 marzo 2016 ha adottato un apposito atto di indirizzo recante la decisione strategica di non ricorrere più alla finanza di progetto, bensì di utilizzare una forma di appalto integrato complesso.
5. L’Amministrazione provinciale ha, quindi, comunicato ai quattro originari concorrenti l’avvio del procedimento finalizzato alla revoca della determina a contrarre relativa alla gara in questione, con caducazione degli atti di gara conseguenti. La società Mantovani, a sua volta, ha inviato le proprie osservazioni, contestando la legittimità della preannunciata revoca e rappresentando che la Provincia avrebbe comunque dovuto corrisponderle un risarcimento, ovvero un indennizzo, determinato in misura pari ad euro 13.602,383,62. Tuttavia tali osservazioni non sono state ritenute foriere di elementi significativi e, quindi, con la determinazione n. 37 del 16 giugno 2016 è stata disposta la revoca della gara indetta nel 2011, senza concedere alcun indennizzo.
6. La società Mantovani con il presente ricorso ha chiesto, in via principale, l’accertamento della responsabilità precontrattuale e procedimentale della Provincia, con conseguente condanna della stessa a corrispondere quanto dovuto a titolo di risarcimento del danno ovvero, in via subordinata, la condanna della Provincia a corrispondere l’indennizzo di cui all’art. 21-quinquies della legge n. 241/1990, previo annullamento, «se del caso», della determinazione dirigenziale n. 37 in data 16 giugno 2016.
7. La domanda principale – tesa all’accertamento dell’illiceità della condotta della Provincia per violazione delle regole di correttezza e buona fede sancite dall’art. 1337 cod. civ., nonché dei principi di celerità del procedimento dettati dall’art. 2 della legge n. 241/1990 – è affidata alle seguenti censure:
I) Elusione del giudicato amministrativo; travisamento della sentenza del Consiglio di Stato, n. 5057 del 13 ottobre 2014; eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà manifesta.
La sentenza del Consiglio di Stato n. 5057/2014 ha consentito all’Amministrazione di adottare ulteriori atti ritenuti opportuni o necessari, ma sempre nel quadro della «rinnovazione della procedura di gara a partire dalla fase di presentazione delle offerte». Pertanto la Provincia avrebbe dovuto rinnovare gli atti della procedura di gara solo a partire dall’atto di nomina della Commissione tecnica, ferma restando la validità ed efficacia di tutti gli atti adottati sino al 21 settembre 2012. Invece la Provincia si è determinata a revocare la gara riproponendosi di realizzare il nuovo ospedale attraverso un appalto ordinario. Sarebbe, quindi, palese la violazione del giudicato, perché la Provincia avrebbe volutamente travisato il contenuto della sentenza n. 5057/2014, nel tentativo di legittimare una scelta che si porrebbe in aperto contrasto con tale stessa.
II) Violazione dell’art. 2 della legge n. 241/1990 e dei principi di concentrazione e speditezza delle procedure di evidenza pubblica; negligenza e cattiva amministrazione per il grave ritardo nella revoca della procedura di gara.
La ricorrente contesta l’ulteriore assunto della Provincia – desumibile dall’atto d’indirizzo richiamato nell’impugnata determinazione dirigenziale – secondo il quale la revoca della procedura di gara sarebbe giustificata dal lungo lasso di tempo trascorso tra la pubblicazione del bando di gara (dicembre 2011) e la pubblicazione della predetta sentenza del Consiglio di Stato (ottobre 2014). In particolare la pretestuosità delle ragioni addotte dalla Provincia a supporto della revoca sarebbe resa palese dal fatto che: A) la Provincia con l’appello proposto avverso la sentenza di questo Tribunale n. 30 del 31 gennaio 2014 ha difeso l’attività svolta, ivi compresa la nomina della Commissione tecnica ed il suo operato, così confermando che il tempo trascorso dal dicembre 2011 all’ottobre 2014 non ha comportato alcuna nuova valutazione dell’interesse pubblico sotteso alla scelta di procedere all’affidamento mediante lo strumento della finanza di progetto; B) di converso il lungo periodo di tempo trascorso tra la pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato e l’adozione del provvedimento di revoca costituirebbe un chiaro sintomo della negligenza della Provincia, perché le gare pubbliche devono essere svolte con celerità anche al fine di evitare che, per effetto delle sopravvenienze, le condizioni tecnico-economiche cristallizzate nella lex specialis non rispondano più alle effettive esigenze dell’Amministrazione.
III) Insussistenza delle sopravvenienze invocate dalla Provincia a supporto della revoca della procedura di gara.
La ricorrente, nel richiamare le osservazioni presentate nel corso del procedimento, contesta le molteplici motivazioni addotte dalla Provincia a supporto della decisione assunta con la determinazione dirigenziale n. 37 del 2016. In particolare, con riferimento all’invocata evoluzione del quadro normativo della spending review, osserva che tale evoluzione era già intervenuta ben prima della nomina del promotore e della sentenza di questo tribunale. Quanto alla possibilità di finanziare direttamente l’intervento attraverso la Banca Europea degli Investimenti (di seguito denominata BEI), senza ricorrere alla finanza di progetto, osserva che: A) tale operazione è compatibile con l’impegno che la Provincia avrebbe assunto in caso di ricorso alla finanza di progetto; B) il costo di tale operazione non può essere posto a confronto con quello derivante dall’operazione di finanza di progetto, perché questa comprende anche l’espletamento di servizi il cui costo deve essere aggiunto a quello connesso agli interessi del mutuo; C) la finanza di progetto avrebbe garantito all’Amministrazione la certezza della spesa complessiva dei servizi per tutta la durata della concessione, a fronte della totale incertezza connessa alla nuova operazione di finanziamento prescelta; D) tenuto conto di quanto previsto nella sentenza del Consiglio di Stato n. 5057/2014, la Provincia avrebbe comunque potuto introdurre nella lex specialis apposite previsioni per rendere più attuali i volumi e le caratteristiche dei servizi offerti dall’affidatario; E) non risulta che la BEI abbia dato l’effettiva disponibilità a finanziare l’opera, né risulta che il finanziamento diretto possa garantire alla Provincia condizioni migliori di quelle che i quattro originari concorrenti avrebbero potuto offrire nel 2016, alla luce delle mutate condizioni del mercato, più favorevoli di quelle del 2012. Infine, secondo la ricorrente, analoghe considerazioni valgono anche per l’ampliamento delle aree disponibili per la realizzazione dell’intervento grazie alle intese raggiunte con il Comune di Trento, sia perché la questione era stata già affrontata prima del dicembre 2011, sia perché eventuali sopravvenienze ben potrebbero trovare un’apposita regolamentazione nell’ambito della disciplina convenzionale.
8. In via subordinata, per il caso in cui l’operato della Provincia fosse ritenuto lecito, la ricorrente chiede che venga comunque disposto in suo favore un indennizzo ai sensi dell’art. 21-quinquies della legge n. 241/1990, evidenziando che la determinazione dirigenziale n. 37 del 2016 nulla prevede al riguardo e, quindi, deve essere annullata in quanto palesemente illegittima.
9. La Provincia si è costituita in giudizio in data 16 settembre 2016 per resistere al ricorso e con memoria depositata in data 11 gennaio 2017 ha replicato eccependo innanzi tutto l’irritualità della domanda formulata con il primo motivo. Difatti la ricorrente – pur non agendo per l’esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza n. 5057/2014 – «configura una tipica azione di ottemperanza», senza considerare che il giudice competente a conoscere dell’inottemperanza al giudicato nel caso in esame va individuato nel Consiglio di Stato. Nel merito la Provincia ha eccepito che la sentenza n. 5057/2014 non ha imposto un obbligo puntuale, ma ha lasciato all’Amministrazione ampia discrezionalità sul se e come procedere. Del resto il potere di revocare la gara non doveva essere attribuito dal Giudice amministrativo, essendo previsto dall’art. 21-quinquies della legge n. 241/1990, fermo restando che lo stesso Consiglio di Stato ha fatto salvi gli ulteriori atti dell’Amministrazione, sì da consentire ulteriori valutazioni rispetto alla mera riedizione della gara (prima opzione), ovvero alla nuova gara emendata (seconda opzione).
10. Riguardo alle ulteriori censure la Provincia ha replicato che: A) a seguito della pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 5057/2014 è stata svolta un’attenta analisi per verificare se, nonostante il tempo trascorso dall’indizione della gara, sussistesse ancora l’interesse pubblico sotteso alla medesima e se le scelte sino allora adottate potessero risultare ancora attuali; B) la decisione di revocare la gara, assunta all’esito di un complesso – e necessariamente lungo – esame di tutti gli aspetti attinenti alla progettazione, realizzazione e gestione dell’opera, è supportata da valutazioni che ineriscono alla disponibilità di aree aggiuntive, alle esigenze di spending review intervenute dopo il 2011, agli aspetti finanziari dell’opera, alla convenienza o meno di proseguire la gara con la finanza di progetto; C) non deve sorprendere il fatto che l’Amministrazione abbia difeso in giudizio il proprio operato, perché tale condotta è stata determinata dall’esigenza di evitare l’annullamento degli atti impugnati e la conseguente necessità di rinnovare il procedimento. Le censure dedotte con il secondo motivo non colgono, quindi, nel segno perché: A) il procedimento di revoca ha avuto inizio solo a seguito della delibera della Giunta provinciale n. 438 del 25 marzo 2016; B) se un ritardo c’è stato nella conclusione del procedimento, ebbene è imputabile unicamente alle imprese che hanno chiesto proroghe del termine originariamente assegnato per la presentazione delle proprie osservazioni.
11. La Provincia ha poi diffusamente replicato alle censure relative all’insussistenza delle sopravvenienze invocate a supporto della revoca, evidenziando innanzi tutto che è stato attivato un apposito gruppo di lavoro per esaminare l’attualità della scelta localizzativa del nuovo ospedale, considerando che era emersa finanche l’opportunità di reperire altrove le aree da utilizzare. L’esito della ricognizione svolta dal gruppo di lavoro: A) è documentato dalla relazione trasmessa al Comune di Trento, alla quale è seguita la nota inviata dal Comune di Trento in relazione alla scelta localizzativa e alla messa a disposizione di nuove aree, acquisita agli atti della Provincia in data 8 marzo 2016; B) è oggetto delle valutazioni del responsabile del procedimento, che nella sua relazione ha diffusamente replicato alle osservazioni pervenute dalle imprese concorrenti.
12. Quanto alle esigenze di spending review, solo successivamente all’indizione della gara del 2011, per effetto di un accordo che ha portato a modificare lo Statuto speciale di autonomia in materia finanziaria e di razionalizzazione della spesa pubblica e per effetto di una recente sentenza della Corte costituzionale, sono state precisate le competenze della Provincia. Difatti alla Provincia è stato attribuito il compito di assegnare le risorse finanziarie disponibili e di stabilire i vincoli, anche di spesa sanitaria, circostanza che rende legittimi e, anzi, doverosi gli atti che ridefiniscono il livello delle spese (anche sanitarie) a fini di riduzione, razionalizzazione e miglior utilizzo delle risorse pubbliche, fermo restando che gli obiettivi di spending review devono essere perseguiti anche indipendentemente da puntuali obblighi imposti dall’esterno e possono essere addotti a giustificazione di provvedimenti di revoca. I passaggi essenziali delle analisi svolte al riguardo sono riassunti ed evidenziati sia nell’atto di indirizzo della Giunta provinciale, sia nella relazione del Responsabile del procedimento.
13. Quanto agli aspetti finanziari, la Cassa del Trentino – tra i cui compiti rientra quello di provvedere alla gestione ed erogazione delle risorse finanziarie destinate agli enti e ai soggetti pubblici della Provincia per il finanziamento dei rispettivi progetti di investimento – nella propria relazione del 20 marzo 2015 ha evidenziato come la gara in questione sia stata bandita nella fase più critica che l’Italia si è trovata ad affrontare (novembre 2011) e che nel frattempo sono intervenute numerose modifiche, sotto il profilo fiscale (modifica del regime fiscale applicabile ai prestiti obbligazionari, aumento dell’aliquota IVA) e finanziario (disponibilità di forme alternative di finanziamento attraverso la BEI, variazione dell’aliquota IRAP, rischio di riclassificazione delle operazioni di partenariato pubblico-privato), che hanno mutato notevolmente lo scenario nel quale si inserirebbe l’originaria gara per la realizzazione del nuovo ospedale. In particolare, riguardo alla convenienza o meno di proseguire la gara con la finanza di progetto, la Provincia ha replicato alla tesi di controparte – secondo la quale la finanza di progetto copre anche costi per l’erogazione di servizi – evidenziando che: A) se il promotore potesse indebitarsi per la copertura dell’erogazione dei servizi, emergerebbe un ulteriore profilo ostativo alla prosecuzione della finanza di progetto in quanto l’ordinamento (art. 119, ultimo comma, Cost. e art. 16 del decreto legislativo n. 118/2011) vieta di finanziare le spese correnti con l’indebitamento, che nel caso in esame è, quindi, consentito solo per la costruzione del nuovo ospedale; B) il disciplinare di gara prevedeva una distinta esposizione del “prezzo” per la realizzazione dell’opera (punto 4.4), rispetto ai “canoni di servizio” (punto 4.5) per gestione tecnica dell’immobile, assistenza tecnica e manutenzione delle apparecchiature M.li e degli arredi, gestione dei rifiuti ospedalieri etc. e rispetto al “canone integrativo di disponibilità” (punto 4.6), fermo restando che, nelle cosiddette “opere fredde”, è proprio quest’ultima componente (e non i canoni di servizio) a garantire un’adeguata copertura del servizio di debito. Inoltre la Provincia ha evidenziato che, ricorrendo alla BEI quale canale prioritario per il cofinanziamento dell’opera, la Cassa del Trentino potrebbe attualmente ottenere tassi fissi contenuti, per lunghi periodi. Quindi ha diffusamente replicato alle ulteriori considerazioni svolte da controparte in merito alla maggiore convenienza, per l’Amministrazione, della finanza di progetto nel caso della costruzione e gestione di ospedali. Infine ha aggiunto che ulteriori importanti spunti di riflessione sono stati offerti dall’APSS, con la relazione inviata il 24 febbraio 2016 e allegata alla relazione del Responsabile del procedimento, in merito alla programmazione della spesa sanitaria, alla luce delle disposizioni normative intervenute tra il 2012 ed il 2015.
14. In ogni caso, secondo la Provincia, ferma restando la legittimità della scelta operata con la determinazione dirigenziale n. 37 del 2016, non è possibile configurare alcuna responsabilità di natura precontrattuale, perché: A) la giurisprudenza ritiene che tale forma di responsabilità presupponga l’individuazione del contraente, circostanza che nel caso in esame non si è verificata; B) nessuna negligenza è imputabile all’Amministrazione, che dopo la pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 5057/2014 si è limitata a valutare, per il tramite dei propri uffici, le conseguenze del ritardo nella conclusione della procedura, senza richiedere alcunché ai concorrenti.
15. Riguardo alla domanda di indennizzo ai sensi dell’art. 21-quinquies della legge n. 241/1990, la Provincia ha eccepito che: A) la giurisprudenza nega la spettanza di tale indennizzo in casi come quello in esame, mancando il provvedimento di aggiudicazione; B) nessun pregiudizio ha sofferto controparte per effetto del provvedimento di revoca, perché poteva solo vantare il diritto a presentare un’offerta, diritto che non è stato pregiudicato dal nuovo bando pubblicato in data 8 settembre 2016.
16. La ricorrente con memoria depositata in data 19 gennaio 2017 ha eccepito, a sua volta, la tardività della memoria depositata dalla Provincia in data 11 gennaio 2017, evidenziando che il termine di cui all’art. 73, comma 1, cod. proc. amm. è scaduto il 9 gennaio 2017. Pertanto, ai sensi dell’art. 64 cod. proc. amm. il Collegio dovrebbe ritenere provati i fatti allegati con il ricorso e non contestati dall’Amministrazione. Inoltre, secondo la ricorrente, non potrebbero trovare conferma le decisioni assunte da questo Tribunale con le tre sentenze (la n. 398 e la n. 400 del 23 novembre 2016, nonché la n. 404 del 30 novembre 2016) di reiezione dei ricorsi proposti dal RTI Pizzarotti, dal RTI Impregilo e dal RTI C.M.B.. Difatti nel caso in esame non sarebbe in contestazione la legittimità della determinazione dirigenziale n. 37 del 2016, della quale non sarebbe stato chiesto l’annullamento. Inoltre, a differenza di quanto affermato nelle predette sentenze, nel caso in esame sarebbe configurabile una responsabilità precontrattuale della Provincia in quanto la procedura di gara era giunta «ad uno stadio tale da ingenerare nel RTI Mantovani la ragionevole aspettativa di conseguire l’aggiudicazione e quindi la stipulazione del contratto».
17. La Provincia con memoria depositata in data 19 gennaio 2017 ha preliminarmente replicato all’eccezione di tardività evidenziando che controparte ha chiesto anche l’annullamento della determinazione dirigenziale n. 37 in data 16 giugno 2016, sicché al presente giudizio si applica, ai sensi dell’art. 32, comma 1, cod. proc. amm., la dimidiazione dei termini processuali, che vale anche per il termine di cui all’art. 73, comma 1, cod. proc. amm. In via subordinata ha chiesto di essere rimessa in termini ai fini della produzione della memoria, in ragione dell’errore indotto dall’imprecisa formulazione delle domande di controparte. Nel merito ha insistito per il rigetto del ricorso, evidenziando che le domande proposte in questa sede sono analoghe a quelle respinte da questo Tribunale con le tre sentenze menzionate da controparte.
18. Alla pubblica udienza del 9 febbraio 2017 il ricorso è stato chiamato e trattenuto per la decisione.
DIRITTO
1. In via preliminare il Collegio ritiene che, quanto alla domanda di condanna dell’Amministrazione ad esibire gli atti oggetto dell’istanza di accesso in data 13 luglio 2016, ossia gli allegati alla relazione del “Responsabile del procedimento sulla valutazione dei motivi di revoca della gara per la realizzazione del Nuovo Ospedale di Trento”, vada dichiarata la cessazione della materia del contendere. Difatti in data 19 ottobre e 30 dicembre 2016 la Provincia ha prodotto in giudizio tutta la documentazione relativa al procedimento all’esito del quale è stata adottata la determinazione dirigenziale n. 37 del 2016.
2. Ancora in via preliminare il Collegio ritiene palesemente infondata l’eccezione di tardività della memoria depositata dalla Provincia in data 11 gennaio 2017. Dall’esame dell’epigrafe del ricorso e delle domande ivi proposte si evince inequivocabilmente che è stata impugnata anche la determinazione dirigenziale n. 37 del 2016, con conseguente richiesta di annullamento della stessa, seppure «se del caso». Pertanto trova in applicazione la dimidiazione dei termini processuali, prevista dall’art. 119, comma 2, cod. proc. amm. anche per le controversie relative ai provvedimenti concernenti le procedure di affidamento di contratti pubblici, con l’ulteriore conseguenza che non vi è ragione di pronunciarsi sull’istanza di rimessione in termini formulata dalla Provincia.
3. Passando all’esame delle domande formulate con il ricorso, il Collegio osserva innanzi tutto che il Consiglio di Stato con la sentenza n. 5057/2016 ha disposto come segue: A) ha confermato l’appellata sentenza di questo Tribunale n. 30/2014 nella parte in cui ha annullato il provvedimento di nomina della Commissione Tecnica e tutti gli atti di gara successivi; B) ha accolto, in parte, l’appello del RTI C.M.B. e del RTI Impregilo e, per l’effetto, ha riformato l’appellata sentenza nella parte in cui ha disposto l’esclusione dalla procedura dei suddetti RTI; C) per effetto dell’accoglimento parziale ha riformato, nei sensi di cui in motivazione, l’appellata sentenza anche nella parte in cui ha disposto la rinnovazione della procedura di gara «a decorrere da detto passaggio procedimentale»; D) ha respinto tutti gli altri motivi sollevati con appello principale e con l’appello incidentale dalla PAT, dal RTI Impregilo, dal RTI Mantovani, dal RTI Pizzarotti e dal RTI C.M.B.
Ne consegue che il primo motivo – nella parte in cui viene dedotta la violazione/elusione del giudicato formatosi sulla sentenza n. 5057/2016, sul presupposto che tale pronuncia non prevede anche la possibilità di revocare la gara indetta nel 2011 – risulta palesemente inammissibile. Si deve infatti rammentare che ai sensi dell’art. 113 comma 1, cod. proc. amm. il criterio al quale occorre far riferimento per stabilire quale sia il giudice competente a definire il giudizio di ottemperanza va ricercato nel dispositivo della sentenza di secondo grado nel senso che, ove esso si limiti a rigettare l’appello, il giudizio di ottemperanza deve essere proposto al giudice di primo grado; ove invece contenga statuizioni che evidenzino un diverso percorso motivazionale e, conseguentemente, uno scostamento dal dispositivo della decisione gravata, allora la competenza è del Giudice d’appello (Consiglio di Stato, Sez. V, 24 luglio 2013, n. 3958). Inoltre la giurisprudenza ha precisato che, al fine di consentire l’unitarietà di trattazione di tutte le censure svolte dall’interessato a fronte della riedizione del potere, conseguente ad un giudicato amministrativo, le relative doglianze devono essere dedotte innanzi al giudice dell’ottemperanza, sia perché questi è il giudice naturale dell’esecuzione della sentenza, sia in quanto è il giudice competente per l’esame della forma di più grave patologia dell’atto, qual è la nullità; pertanto, in presenza di una tale opzione processuale, il giudice dell’ottemperanza è chiamato in primo luogo a qualificare le domande prospettate, distinguendo quelle attinenti propriamente all’ottemperanza da quelle che, invece, hanno a che fare con il prosieguo dell’azione amministrativa, traendone le necessarie conseguenze quanto al rito ed ai poteri decisori; in particolare, nel caso in cui il giudice dell’ottemperanza ritenga che il nuovo provvedimento emanato dall’Amministrazione configuri una violazione o elusione del giudicato, dichiarandone così la nullità, a tale dichiarazione non potrà che seguire l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse della seconda domanda; invece, in caso di rigetto della domanda di nullità il giudice disporrà la conversione dell’azione per la riassunzione del giudizio innanzi al giudice competente per la cognizione (in tal senso Consiglio di Stato, Ad. Plen., 15 gennaio 2013, n. 2).
Pertanto, posto che la sentenza del Consiglio di Stato n. 5057/2016 reca statuizioni che evidenziano un diverso percorso motivazionale e uno scostamento dal dispositivo della sentenza di questo Tribunale n. 30/2014, il Collegio ritiene che la ricorrente per contestare la violazione/elusione del giudicato avrebbe dovuto adire il Consiglio di Stato, denunciando in tale sede la nullità degli atti impugnati.
4. Quanto alle ulteriori censure, ancor prima di procedere all’esame delle molteplici questioni poste all’attenzione del Collegio giova premettere che il Consiglio di Stato con la sentenza n. 5057/2014 ha, tra l’altro, confermato la sentenza di questo Tribunale n. 30/2014 nella parte in cui ha annullato il provvedimento di nomina della Commissione Tecnica e tutti i successivi atti della gara bandita nel 2011 per la realizzazione del nuovo ospedale di Trento con il sistema della finanza di progetto.
Pertanto l’impugnata determinazione dirigenziale n. 37 del 2016 va ad incidere essenzialmente su un atto avente limitata valenza esterna, qual è la determinazione dirigenziale n. 365 del 2011, con la quale era stata autorizzata l’indizione della gara con il sistema della finanza di progetto. Difatti, secondo una consolidata giurisprudenza (ex multis, T.A.R. Puglia Lecce, Sez. II, 29 luglio 2014, n. 2026), la determina a contrarre è un atto endoprocedimentale, di regola inidoneo a costituire in capo ai terzi posizioni di interesse qualificato, perché la sua funzione attiene essenzialmente alla corretta assunzione di impegni di spesa da parte dell’Amministrazione. Resta fermo, ovviamente, che la revoca della determinazione a contrarre ha travolto gli atti della procedura di gara non annullati dal Giudice amministrativo.
5. Ciò premesso, il Collegio osserva innanzi tutto che – sebbene la ricorrente abbia chiesto solo eventualmente l’annullamento della determinazione dirigenziale n. 37 del 2016, senza specificare ulteriormente le ragioni di tale domanda – le censure dedotte con il terzo motivo hanno evidentemente ad oggetto le diverse motivazioni poste a fondamento della revoca della precedente determinazione n. 365 del 2011, con la quale era stata autorizzata l’indizione della gara, mediante finanza di progetto, per l’affidamento del contratto avente ad oggetto la progettazione definitiva ed esecutiva, la costruzione e la successiva gestione del nuovo ospedale. Tali motivazioni si evincono sia dalla deliberazione n. 438 del 2016, recante un “atto di indirizzo in ordine alla realizzazione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino”, adottato dalla Giunta Provinciale a seguito degli approfondimenti istruttori successivi alla pubblicazione della sentenza n. 5057/2016, sia dalla suddetta relazione del Responsabile del procedimento sulla valutazione dei motivi della revoca, nella quale sono compendiate e valutate le osservazioni presentate dalle imprese (ivi compresa la ricorrente) che hanno preso parte alla gara.
6. In particolare dalla deliberazione n. 438 del 2016 emerge che la Provincia – muovendo dal presupposto che la sentenza del Consiglio di Stato n. 5057/2016 consentisse di rinnovare la procedura di gara, oppure di procedere in altro modo per la realizzazione e gestione del nuovo ospedale – in considerazione del periodo trascorso tra la pubblicazione del bando (dicembre 2011) e la pubblicazione della predetta sentenza (ottobre 2014) ha provveduto ad «un aggiornamento delle più recenti esigenze operativo-gestionali dei servizi sanitari provinciali, nonché dei profili economico-finanziari e della sostenibilità dell’opera per i bilanci della Provincia rispetto a quanto elaborato nel 2011», seguendo tre distinte direttrici.
L’aggiornamento ha avuto ad oggetto in primo luogo le novità in materia di politiche sanitarie, con particolare riferimento all’evoluzione del quadro normativo sulla spending review. Al riguardo nella suddetta delibera viene evidenziato quanto segue: «I nuovi standard, individuati dalla normativa nazionale e provinciale in un’ottica di efficientamento della spesa pubblica per il servizio sanitario allo scopo di assicurare la sostenibilità della stessa, nonché l’appropriatezza e la qualità delle prestazioni sanitarie erogate, evidenziano una significativa contrazione di tale spesa rispetto al 2011. L’APSS ha effettuato le necessarie valutazioni sull’impatto delle disposizioni sopravvenute in materia di spending review e delle normali evoluzioni delle prestazioni sanitarie sull’originaria impostazione della gara del 2011 ed ha stimato, in particolare, una riduzione apprezzabile dei costi annuali per servizi non sanitari. La politica sanitaria, in termini di volumi e caratteristiche dei servizi offerti, si è evoluta negli ultimi anni, connotandosi per una forte esigenza di flessibilità operativa in relazione a tipologia, durata e costi della spesa sanitaria. È evidente che questa impostazione risulta scarsamente coerente con le caratteristiche di contratti di partenariato pubblico privato. Le novità sopravvenute nell’organizzazione sanitaria trentina e in materia di spending review condurrebbero oggi ad una diversa impostazione della gara, in termini quantitativi e soprattutto qualitativi in relazione ai servizi richiesti».
Un ulteriore aggiornamento ha riguardato gli aspetti di natura strettamente economico-finanziaria del progetto, in ragione delle mutate condizioni dei mercati finanziari intervenute dopo il 2011. Al riguardo nella delibera viene evidenziato quanto segue: «A partire dal 2012 Cassa del Trentino S.p.A. ha avviato un’intensa collaborazione con la Banca Europea per gli Investimenti. La BEI ha manifestato l’interesse a sostenere la realizzazione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino mediante concessione di un finanziamento, a tassi di interesse molto bassi e senza oneri di strutturazione/commissioni. L’intervento della BEI consentirebbe di beneficiare di condizioni di finanziamento particolarmente favorevoli e, dunque, di avere un minore impatto sul bilancio provinciale rispetto ad altre forme di finanziamento. Dagli approfondimenti di Cassa del Trentino S.p.A. emerge come i benefici attesi per la Provincia dal nuovo contesto di riferimento dei mercati finanziari rispetto al 2011 siano oggi maggiori nell’ipotesi di appalto tradizionale, principalmente in ragione delle condizioni finanziarie applicate dalla BEI (tasso fisso stimato nell’analisi pari al 2% anche se quotato dalla BEI, a marzo 2015, pari all’1,35%). L’aggiornamento circa le modalità di realizzazione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino non può, infine, prescindere dall’analisi della sostenibilità per i bilanci provinciali dei prossimi 30 anni degli oneri di realizzazione e gestione dell’opera (la concessione del 2011 prevedeva, infatti, 5 anni di progettazione-costruzione e 25 anni di gestione). Il nuovo quadro della finanza provinciale ha risentito del progressivo contributo che la Provincia è stata chiamata a dare al risanamento dei conti pubblici nazionali in questi ultimi anni e, da ultimo, con il Patto di Garanzia (come recepito dalla legge n. 190/2014, articolo 1, commi 406-416). In questo contesto per la Provincia si rende necessario sia valutare con particolare prudenza gli impegni da assumere per lunghe durate, sia attivare forme di contenimento/ razionalizzazione della spesa pubblica in parte corrente ed in conto capitale».
A tali aggiornamenti si è aggiunto quello relativo ad un’eventuale ricollocazione del nuovo ospedale su una diversa area nel Comune di Trento, in ragione dell’aggiornamento – che nel 2011 era ancora in fase di definizione finale – dell’Accordo di programma quadro concernente “Interventi per la razionalizzazione delle sedi e delle strutture statali e provinciali nella città di Trento”, stipulato tra Ministero dell’Interno, Ministero della Giustizia, Ministero della Difesa, Ministero dello Sviluppo economico, Agenzia del Demanio, Agenzia delle Entrate, Provincia autonoma di Trento e Comune di Trento, in base all’intesa istituzionale di programma tra il Governo e la Provincia autonoma di Trento del 2001. Al riguardo nella suddetta delibera – premesso che la Giunta provinciale e la Giunta del Comune di Trento nel corso dell’incontro tenutosi in data 23 ottobre 2015 hanno convenuto di costituire un apposito gruppo tecnico paritetico per lo svolgimento degli approfondimenti inerenti alle diverse opzioni relative all’area su cui localizzare il nuovo ospedale – viene conclusivamente evidenziato quanto segue: «Sulla base delle valutazioni svolte dal gruppo tecnico paritetico, Provincia e Comune di Trento nel corso dell’incontro del 23 febbraio 2016, hanno convenuto sulla vocazione urbana del Nuovo Ospedale del Trentino. Il comune di Trento ha inviato in data 8 marzo 2016, prot. n. 46574, una nota di conferma della localizzazione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino nell’area di via al Desert e con l’impegno espresso a disporre la cessione alla Provincia delle aree dell’adiacente zona sportiva da finalizzare alle necessità di riprogettazione delle strutture sanitarie proposte dalla Provincia».
Tali approfondimenti hanno indotto la Giunta a ritenere: A) «conveniente procedere ad una nuova programmazione dell’opera in oggetto, da realizzare con modalità progettuali, operative ed esecutive diverse da quelle originariamente programmate e, dunque, non più con gli strumenti della finanza di progetto»; B) «necessario procedere ad una progettazione dell’opera che tenga conto delle nuove aree rese attualmente disponibili dal Comune di Trento; tale disponibilità aggiuntiva di aree consentirà di rivedere la distribuzione funzionale delle volumetrie e degli spazi, nonché di definire un diverso sviluppo delle dotazioni infrastrutturali (in primis quelle viarie), al fine di ottimizzare l’utilizzo degli spazi urbani ed il raccordo con la mobilità urbana ed extraurbana»; C) preferibile procedere alla realizzazione dell’opera mediante contratto di appalto, «considerate le indicazioni fornite da APSS (riduzione dei costi annuali per i servizi non sanitari ed esigenze di flessibilità gestionale) ed in base alle analisi di Cassa del Trentino S.p.A. ed all’esperienza della stessa nell’utilizzo delle risorse BEI (utilizzabili per un importo pari al 50% del costo dell’opera mediante finanziamento da rimborsare in 25 anni al tasso fisso quotato a marzo 2015 pari all’1,35% ed a febbraio 2016 all’1,30%)».
Pertanto la Giunta con la delibera in questione ha adottato un apposito atto di indirizzo, prevedendo: «1) di riconoscere che per sopravvenuti motivi di interesse pubblico riportati in premessa – approfondimenti di natura sanitaria dell’APSS, di natura finanziaria (e coinvolgimento della BEI) di Cassa del Trentino S.p.a., nonché in ragione delle politiche di spending review attivate in campo sanitario – non è più conveniente per la Provincia procedere alla realizzazione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino mediante finanza di progetto, come originariamente stabilito negli atti che hanno portato alla gara bandita nel 2011; 2) di stabilire la necessità di procedere ad una nuova programmazione dell’opera da realizzare con modalità tradizionali di affidamento tramite appalto, secondo le indicazioni fornite in premessa; 3) di stabilire, per le motivazioni indicate in premessa, che devono essere dichiarate conseguentemente non più da perseguire, per interesse pubblico sopravvenuto, le indicazioni a suo tempo impartite dalla Giunta provinciale in relazione alla costruzione e gestione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino mediante ricorso alla finanza di progetto; 4) di disporre che, in conseguenza dei precedenti punti del dispositivo, l’Allegato n. 1 alla deliberazione n. 939 del 2011 con oggetto “Approvazione del piano di lavoro per la realizzazione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino”, risulta allo stato della attuale programmazione sanitaria non più esaustivo in relazione alla definizione degli elementi contenuti nel documento preliminare per la progettazione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino».
Le suesposte motivazioni già consentono di evidenziare che la revoca della gara indetta nel 2011 viene giustificata adducendo sopravvenuti motivi di pubblico interesse, che hanno determinato una rimeditazione della scelta della finanza di progetto come modalità di realizzazione dell’opera.
7. Passando alla relazione del Responsabile del procedimento, su cui si fonda l’impugnato provvedimento di revoca, dalla stessa si evince che le osservazioni delle imprese che avevano partecipato alla gara hanno riguardato le tre direttrici lungo le quali si sono svolti gli approfondimenti istruttori della Provincia.
Innanzi tutto le imprese hanno evidenziato che l’obbligo di riduzione dei costi nel settore sanitario era già noto antecedentemente all’indizione della gara e, quindi, non si configurava come un fatto sopravvenuto. A tal riguardo il Responsabile del procedimento ha replicato che: A) anche a non voler qualificare la spending review come un fatto sopravvenuto, purtuttavia la vigente normativa in materia consentirebbe una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, cioè anche in relazione ad esigenze finanziarie preesistenti alla gara; B) «non è neppure vero che le disposizioni di spending review siano state tutte definite in un’epoca antecedente alla gara (indetta il 15 dicembre 2011) in quanto ve ne sono di successive che hanno gradualmente ridotto la capacità di spesa non solo nel settore sanitario ma in generale»; C) «solo negli ultimi periodi, per effetto di un accordo che ha portato a modificare lo Statuto speciale di autonomia proprio in materia finanziaria e di razionalizzazione della spesa pubblica e per effetto di una recente sentenza della Corte costituzionale, sono state precisate meglio le competenze della Provincia autonoma che, ora, può consapevolmente e responsabilmente procedere ad effettuare determinate scelte»; D) «gli obiettivi di spending review vanno esaminati e perseguiti anche indipendentemente da precisi obblighi stabiliti dal contesto normativo ed amministrativo generale di riferimento, potendo essere comunque addotti a giustificazione di singoli provvedimenti di revoca. Al riguardo, va ricordato che la giurisprudenza afferma che è da considerarsi legittimo il provvedimento di revoca di una gara di appalto, disposta in una fase non ancora definita della procedura concorsuale, prima del consolidarsi delle posizioni delle parti e quando il contratto non è stato ancora concluso, motivato anche con riferimento al risparmio economico che deriverebbe dalla revoca stessa, ciò in quanto l’articolo 21-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241 ammette un ripensamento da parte della amministrazione a seguito di una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario».
Quanto ai mutamenti del contesto economico-finanziario e alla comparazione tra l’ipotesi di realizzazione e gestione del nuovo ospedale in forma diretta (appalto tradizionale) e mediante il coinvolgimento di capitali privati (partenariato pubblico privato), evidenziati nell’analisi della Cassa del Trentino, le osservazioni delle imprese hanno riguardato: A) il fatto che il mutato contesto economico-finanziario si traduce nell’opportunità di una riduzione dei costi anche per i privati, con conseguente possibilità di migliorare le offerte; B) il fatto che le possibilità di accedere ad un finanziamento BEI è soltanto presunto e, quindi, non dimostrato. A tal riguardo il Responsabile del procedimento ha replicato che: A) «non è possibile parlare di equivalenza delle condizioni di accesso al credito da parte di soggetti privati e da parte di un ente pubblico, dato che i primi sono soggetti a rischio d’impresa (con conseguente assunzione, in certa misura, degli oneri derivanti da maggiori costi di costruzione di gestione e con possibilità di assoggettamento alla disciplina fallimentare per motivi legati all’attività svolta dai promotori e dalla stessa società di progetto) mentre il secondo non agisce con analoga assunzione di rischio d’impresa: il che si traduce in differenti condizioni di accesso al mercato finanziario»; B) «l’affermazione della predetta equivalenza, oltre ad essere generica, è anche del tutto indimostrata dato che è fatto notorio che le condizioni di accesso al mercato creditizio da parte dei privati non è migliorata negli ultimi anni e, anzi, i maggiori rischi di azione sul mercato privato e il prolungarsi dell’incertezza di prospettiva economica si sono tradotti, semmai, in restrizioni all’erogazione di finanziamenti a soggetti privati»; C) «altra rilevante differenza è che l’amministrazione, per procurarsi finanziamenti, potrebbe comunque accedere al credito tramite società di sistema (in particolare tramite Cassa del Trentino), indipendentemente dalla stessa possibilità di accesso alla BEI»; D) «per quanto attiene all’accesso alla BEI, è ovvio che la sua attivazione è condizionata, necessariamente, dalla revoca della gara: non ha senso, pertanto, obiettare che non esiste un finanziamento già formalmente concesso essendo sufficiente, allo stato attuale delle cose, che vi sia una possibilità di accesso sulla base dei relativi presupposti e sulla base della semplice disponibilità»; E) «esiste già una pregressa esperienza che dimostra che l’accessibilità ai prestiti BEI da parte della PAT è già stata concretizzata in almeno tre episodi di un certo rilievo, in occasione dei quali sono stati riscontrati, oggettivamente, notevoli vantaggi rispetto al ricorso al finanziamento da parte di privati».
Infine, con riferimento alle nuove aree messe a disposizione dal Comune di Trento ed alla conseguente necessità di progettare le nuove infrastrutture viarie a servizio dell’opera, le imprese concorrenti hanno osservato che tali aree sono marginali in quanto non modificano le scelte sull’ubicazione del nuovo ospedale, ma solo la viabilità di accesso. Il Responsabile del procedimento ha replicato che: A) «la modifica dell’area interessata si traduce, in realtà, in una profonda modificazione dell’idea originaria che era stata posta in gara»; B) «il contesto normativo, oggi profondamente cambiato a seguito del recepimento delle recenti normative comunitarie, che impongono un’attenzione maggiore, rispetto al passato, al progetto: l’affermazione che si può sistemare l’opera “strada facendo” è oggi assolutamente inaccettabile proprio sul piano giuridico oltre che sul piano fattuale, dato che il nuovo regime delle “modifiche contrattuali” è assai più stringente rispetto al passato. La centralità del progetto, che non può più essere modificato a piacimento in un momento successivo (in sede esecutiva), impone una maggiore attenzione sulle scelte preliminari che vanno, quindi, attentamente valutate e programmate con tutte le sfaccettature, senza lasciare più nulla al caso o all’improvvisazione: l’affermazione che con una semplice modifica della convenzione si può dare soluzione a problematiche che, invece, avrebbero dovuto essere considerate prima ancora di indire una gara o, comunque, prima di proseguirla, è dunque scorretta perché il nuovo quadro normativo di riferimento vieta la realizzazione di “modifiche sostanziali” ai sensi del comma 5 dell’articolo 27 della LP 9 marzo 2016, n. 2 (vedasi anche, negli stessi termini: considerando n. 107 e articolo 72 della Direttiva 24/2014). In particolare, il fatto che la possibilità di includere le nuove aree comunali non fosse prevista neppure come opzione possibile al momento dell’indizione della gara, inficia la possibilità di ricondurre tale variante nell’ambito delle previsioni della lettera “a” del comma 2 dell’articolo 27 della citata LP 2/2016 e né, d’altra parte, sono ravvisabili i presupposti previsti dalle restanti lettere da “b” a “d” del medesimo comma 2»; C) «per effetto delle nuove disponibilità di aree, si realizzano sicuramente le condizioni per considerare “sostanziale” qualunque futura modificazione contrattuale, essendo evidente che la modifica realizzativa comporta conseguenze sulle scelte da effettuarsi in offerta, tali da rendere la gara anche appetibile a soggetti differenti dagli originari promotori»; D) «la nuova disciplina delle modifiche contrattuali è di immediata applicabilità in quanto, in base al comma 12 dell’articolo 73 della LP 2/2016, essa si applica anche ai contratti in essere e quindi, a maggior ragione, alle procedure di gara in corso».
8. Tenuto conto di quanto precede, il Collegio preliminarmente osserva che i provvedimenti di revoca si configurano come tipici atti di natura discrezionale e che la discrezionalità dell’Amministrazione, nell’adozione di provvedimenti della specie, risulta ancor più ampia quando la revoca va ad incidere su rapporti non ancora consolidati.
Emblematica in tal senso appare la giurisprudenza in materia di revoca dell’aggiudicazione provvisoria. Difatti – muovendo dal presupposto che il passaggio dall’aggiudicazione provvisoria all’aggiudicazione definitiva non è oggetto di un obbligo della stazione appaltante, né un diritto dell’aggiudicatario provvisorio, sicché la possibilità che all’aggiudicazione provvisoria della gara d’appalto non segua quella definitiva è un evento del tutto fisiologico – da un lato, si afferma che l’aggiudicatario provvisorio è titolare di una posizione differenziata (rispetto a chi aggiudicatario provvisorio non è) e di un’aspettativa tutelata a che l’aggiudicazione provvisoria divenga definitiva; dall’altro, si riconosce che la scelta di revocare l’aggiudicazione provvisoria costituisce esercizio di un’ampia discrezionalità amministrativa, come tale sindacabile solo per vizi quali la manifesta illogicità, oppure un travisamento di fatti. Tra le ragioni che possono giustificare la revoca dell’aggiudicazione provvisoria figurano (per quanto interessa in questa sede): A) l’insostenibilità dell’impegno economico assunto dell’Amministrazione (Consiglio di Stato, Sez. III, 31 gennaio 2014, n. 467); B) esigenze dell’Amministrazione collegate agli obiettivi di razionalizzazione e contenimento della spesa (Consiglio di Stato, Sez. V, 5 maggio 2016, n. 1797); C) una generale rivisitazione degli intenti dell’Amministrazione in merito alla complessiva politica di gestione di un settore (Consiglio di Stato, Sez. V, 21 aprile 2016, n. 1600).
Pertanto, nel caso in esame, i limiti al sindacato di legittimità di questo Tribunale (anche alla luce di quanto si è detto in ordine al primo motivo di ricorso) sono ancor più marcati, perché il Consiglio di Stato con la sentenza n. 5057/2014 ha caducato tutti gli atti della gara bandita nel 2011 a partire dalla nomina della Commissione tecnica (gara al termine della quale era, peraltro, risultato aggiudicatario provvisorio il RTI Impregilo) e, quindi, l’impugnata determinazione dirigenziale n. 37 del 2016 va ad incidere essenzialmente su un atto avente limitata valenza esterna, qual è la determinazione dirigenziale n. 365 del 2011.
9. Poste tali premesse di carattere generale, il Collegio ritiene che le censure in esame non siano fondate in quanto l’illustrazione delle ragioni di carattere economico e gestionale poste a fondamento della determinazione n. 37 del 2016: A) da un lato, vale senz’altro (come già evidenziato da questo Tribunale nelle predette sentenze n. 398, n. 400 e n. 404 del 2016) a giustificare l’esercizio dello jus poenitendi da parte dell’Amministrazione e non risultano inficiate da manifesta illogicità, oppure da travisamenti di fatto; B) dall’altro, dimostra la correttezza del modus operandi dell’Amministrazione nei rapporti con i soggetti che avevano preso parte alla gara.
In particolare superano indenni il sindacato di legittimità sia le articolate valutazioni svolte dall’Amministrazione, alla luce dell’analisi commissionata alla Cassa del Trentino, sugli aspetti finanziari dell’intervento e, in particolare, sugli effetti della crisi dei mercati finanziari e sulla maggior convenienza del ricorso ad un appalto tradizionale in luogo del project financing, sia le ulteriori valutazioni incentrate sull’esigenza di ridurre e razionalizzare la spesa sanitaria.
10. Quanto agli effetti della crisi dei mercati finanziari, è notorio che essa, pur avendo comportato un abbassamento generalizzato dei tassi d’interesse, tuttavia ha determinato una contrazione del credito per il finanziamento degli investimenti privati, ivi compresi quelli destinati ad operazioni di finanza di progetto. Inoltre è notorio che le condizioni di finanziamento variano in funzione di molteplici fattori, tra i quali assume, oggi più che mai, particolare rilievo il merito di credito (c.d. rating) del soggetto che richiede il prestito.
Per tali ragioni, come già evidenziato da questo Tribunale nelle predette sentenze n. 398, n. 400 e n. 404 del 2016, non vi è motivo per dubitare dell’attendibilità delle valutazioni formulate dalla Provincia sulla base della relazione della Cassa del Trentino del 20 marzo 2015, denominata “Analisi della convenienza economica circa la realizzazione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino mediante appalto tradizionale o finanza di progetto e scenari conseguenti”, richiamata nella memoria depositata in data 11 gennaio 2017. Difatti in tale relazione conclusivamente si afferma quanto segue: «L’analisi di convenienza economica aggiornata al 2015 evidenzia i benefici attesi per la PAT dal nuovo contesto di riferimento con conseguente riduzione del canone annuo di disponibilità (da corrispondere per tutta la durata della concessione) e, dunque, dell’esborso complessivo nel caso di Finanza di Progetto; tuttavia, nell’ipotesi di Appalto Tradizionale, l’applicazione di un tasso fisso BEI molto conveniente (stimato al 2% anche se quotato dalla BEI a marzo 2015 pari all’1,35%) con completa assenza di oneri di strutturazione finanziaria, determina per la PAT un risparmio ancora maggiore».
Risultano, quindi, prive di fondamento: A) sia la censura incentrata su fatto che del ribasso dei tassi di interesse potrebbero giovarsi tanto le pubbliche Amministrazione quanto i soggetti privati, essendo evidente che non sono paragonabili le condizioni di finanziamento accordate da un soggetto pubblico come la BEI ad un soggetto pubblico come la PAT, rispetto alle condizioni che una banca potrebbe accordare ad un’impresa privata; B) sia quella incentrata sul fatto che il ribasso dei tassi di interesse è noto da tempo, perché l’esercizio del potere di revoca non si fonda necessariamente su fatti sopravvenuti, ben potendo essere giustificato da una nuova valutazione dell’interesse pubblico, che nel caso in esame implica evidentemente anche una valutazione sulla procedura di gara più conveniente da seguire per la realizzazione dell’opera.
Né giova alla ricorrente affermare che la BEI non avrebbe garantito la propria disponibilità a finanziare l’intervento, perché – come ha efficacemente replicato il Responsabile del procedimento nella sua relazione (innanzi richiamata) – il finanziamento della BEI è subordinato alla revoca della gara e, in ogni caso, esiste già una pregressa esperienza (comprovata dalla documentazione agli atti) che dimostra come la Provincia già in tre occasioni abbia ottenuto prestiti dalla BEI.
11. Quanto alle ulteriori valutazioni della PAT in ordine alla maggior convenienza del ricorso ad un appalto tradizionale, giova preliminarmente rammentare che – come ben evidenziato dalla Cassa del Trentino nella relazione del 17 marzo 2015 – l’istituto della finanza di progetto si caratterizza: A) per la presenza di «un progetto idoneo a generare dei flussi di cassa che consentano di autofinanziare l’intervento rimborsando il debito contratto per la sua realizzazione e remunerando il capitale di rischio; flussi derivanti dall’applicazione di tariffe sull’utenza (opere calde) o di canoni esclusivamente/prevalentemente posti a carico dell’Amministrazione … (opere fredde). Pertanto, assumendo che l’intervento risponda ad esigenze alle quali è necessario/ opportuno far fronte e che ne venga assicurata la corretta gestione, il piano economico- finanziario (“PEF”) deve tradurre le assunzioni tecnico/operative/finanziarie in indicatori e gli stessi devono dare evidenza della capacità del progetto di generare flussi di cassa stabili e sufficienti a far fronte, per un determinato periodo, al rimborso del debito contratto ed alla remunerazione del capitale apportato dal privato»; B) per il trasferimento in capo al soggetto privato del rischio dell’operazione, in quanto «l’art. 143, comma 9, del D.Lgs. n. 163/2006 prescrive per le C. destinate all’utilizzazione diretta dell’Amministrazione (c.d. opere fredde) l’allocazione in capo al concessionario “dell’alea economico-finanziaria della gestione dell’opera”. L’art. 3, comma 15-ter, del D.Lgs. n. 163/2006, nel definire i contratti di partenariato pubblico privato (“PPP”), di cui fanno parte le C. di lavori, specifica che per tali contratti deve esserci una “allocazione dei rischi ai sensi delle prescrizioni comunitarie vigenti”; l’ultimo periodo di tale comma precisa che alle operazioni di PPP “si applicano i contenuti delle decisioni Eurostat”. Secondo le indicazioni contenute nella decisione Eurostat n. 18 dell’11 febbraio 2004, nelle operazioni di PPP il privato deve sostenere il rischio di costruzione e, in relazione alla fase di gestione, almeno uno fra il rischio di domanda e il rischio di disponibilità affinché le operazioni in questione non vengano registrate nei conti delle pubbliche amministrazioni».
Tali prescrizioni sono oggi contenute nelle disposizioni degli articoli 3 e 180 del decreto legislativo n. 50/2016. In particolare l’art. 3, comma 1, lett. eee, definisce il “contratto di partenariato pubblico privato” come “il contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto con il quale una o più stazioni appaltanti conferiscono a uno o più operatori economici per un periodo determinato in funzione della durata dell’ammortamento dell’investimento o delle modalità di finanziamento fissate, un complesso di attività consistenti nella realizzazione, trasformazione, manutenzione e gestione operativa di un’opera in cambio della sua disponibilità, o del suo sfruttamento economico, o della fornitura di un servizio connesso all’utilizzo dell’opera stessa, con assunzione di rischio secondo modalità individuate nel contratto, da parte dell’operatore”, e precisa che, “fatti salvi gli obblighi di comunicazione previsti dall’articolo 44, comma 1-bis, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, si applicano i contenuti delle decisioni Eurostat”. L’art. 180 dispone (per quanto interessa in questa sede) che nei contratti di partenariato pubblico privato: A) “i ricavi di gestione dell’operatore economico provengono dal canone riconosciuto dall’ente concedente e/o da qualsiasi altra forma di contropartita economica ricevuta dal medesimo operatore economico, anche sotto forma di introito diretto della gestione del servizio ad utenza esterna” (comma 2); B) “il trasferimento del rischio in capo all’operatore economico comporta l’allocazione a quest’ultimo, oltre che del rischio di costruzione, anche del rischio di disponibilità o, nei casi di attività redditizia verso l’esterno, del rischio di domanda dei servizi resi, per il periodo di gestione dell’opera”, laddove il predetto art. 3 definisce il “rischio di costruzione” come “il rischio legato al ritardo nei tempi di consegna, al non rispetto degli standard di progetto, all’aumento dei costi, a inconvenienti di tipo tecnico nell’opera e al mancato completamento dell’opera” (lett. aaa), il “rischio di disponibilità” come “il rischio legato alla capacità, da parte del concessionario, di erogare le prestazioni contrattuali pattuite, sia per volume che per standard di qualità previsti” (lett. bbb) e il “rischio di domanda” come “il rischio legato ai diversi volumi di domanda del servizio che il concessionario deve soddisfare, ovvero il rischio legato alla mancanza di utenza e quindi di flussi di cassa” (lett. ccc).
In definitiva, a differenza dell’appalto tradizionale, la finanza di progetto è basata essenzialmente sull’equilibrio economico-finanziario del PEF per l’intera durata della concessione e su un’allocazione dei rischi in capo al concessionario, in conformità ai criteri innanzi indicati.
12. Poste tali premesse di carattere generale, il Collegio osserva che le valutazioni della Provincia in ordine alla maggior convenienza del ricorso ad un appalto complesso sono frutto di un’accurata istruttoria, che tiene conto dell’analisi svolta dalla Cassa del Trentino nella suddetta relazione del 17 marzo 2015, e trovano puntuale riscontro nelle motivazioni dei provvedimenti impugnati.
Innanzi tutto la Cassa del Trentino: A) nella propria relazione ha posto a confronto i benefici e le criticità di tre scenari alternativi, costituiti da «una procedura in finanza di progetto tra i quattro concorrenti con documentazione e PEF 2011», «una procedura in finanza di progetto, ma con un nuovo disciplinare ed un PEF aggiornato» e «una procedura di appalto complesso con apertura a tutti gli operatori interessati»; B) nell’allegato n. 2 alla predetta relazione – utilizzando la metodologia indicata nel documento denominato “Analisi delle tecniche di valutazione per la scelta del modello di realizzazione dell’intervento: il metodo del Public Sector Comparator e l’analisi del valore”, redatto nel 2009 dall’Unità Tecnica Finanza di Progetto e dell’AVCP – ha ulteriormente sviluppato, sotto il profilo della diversa allocazione dei rischi, il confronto tra i due scenari costituiti dal ricorso all’appalto tradizionale e dal ricorso alla finanza di progetto.
In particolare nel suddetto allegato sono state dettagliatamente indicate le ragioni che hanno indotto la Cassa del Trentino a non considerare rischi ulteriori rispetto a quelli di extra costi e ritardi nella costruzione, di seguito indicate: «Secondo la metodologia proposta dall’UTFP-AVCP, si procedeva alla quantificazione dei rischi trasferibili dal sistema pubblico al privato nell’ipotesi di ricorso alla Finanza di Progetto. Tale stima veniva effettuata in considerazione dei rischi trasferibili relativi alla sola fase di realizzazione dell’opera come sopra identificati (rischio di extra costi e ritardi nella costruzione); non venivano, infatti, considerati i rischi relativi alla fase di gestione (ad es. rischio incremento costi di manutenzione, incremento costi operativi, rischio adeguamento tecnologico etc.) per i seguenti motivi: 1) se per i rischi legati alla fase realizzativa ci sono riferimenti ufficiali e statistiche relative agli appalti dal 2000 al 2007 (fonte: AVCP), la stima dei rischi di gestione veniva considerata eccessivamente discrezionale e di scarsa attendibilità anche in ragione della lunga durata del periodo gestionale; 2) nell’ambito dello schema di Convenzione si prevedeva di attenuare il rischio derivante da eccessivi scostamenti del costo dei servizi offerti dal Concessionario rispetto ai valori di mercato durante il periodo della Concessione mediante il c.d. market test (Schema di Convenzione – allegato Q dello Studio di Fattibilità). Si tratta, sostanzialmente, di una verifica periodica da effettuare sul mercato per allineare, in caso di scostamenti osservati oltre una soglia predefinita (10%), i valori dei servizi alle nuove condizioni del mercato, attenuando, da un lato, il rischio per l’Amministrazione di incorrere in extracosti per i servizi in caso di condizioni del mercato migliorative (riduzione prezzi di mercato) ma, allo stesso tempo, riconoscendo al Concessionario un adeguamento del valore dei servizi in caso di valori di mercato superiori a quelli iniziali contrattualizzati. In tal modo, si attenuava l’entità del trasferimento del rischio gestionale al Concessionario per incremento dei costi operativi rispetto all’Appalto Tradizionale; 3) il Canone annuale di disponibilità, oltre all’onere per l’investimento iniziale, remunerava il Concessionario anche per i rinnovi di arredi ed attrezzature proposti in sede di gara (nel c.d. Piano di sostituzione Attrezzature da allegare alla Convenzione); tuttavia, si prevedeva in Convenzione che qualora la PAT avesse optato per l’acquisto di attrezzature diverse da quelle inserite nel Piano di sostituzione Attrezzature proposto dal Concessionario l’eventuale maggior costo sarebbe stato riconosciuto al Concessionario mediante riequilibrio del PEF. Sostanzialmente la PAT si assumeva il rischio di incremento degli investimenti per rinnovo di arredi ed attrezzature rispetto a quanto programmato; pertanto, nessun trasferimento del rischio dalla PAT al Concessionario era stato prudenzialmente previsto». Tali considerazioni sono del tutto condivisibili.
Inoltre, sempre con riferimento alla mancata allocazione dei rischi in capo al concessionario in caso di ricorso ad una procedura di appalto, sono parimenti condivisibili, secondo il Collegio, anche le considerazioni svolte nella relazione del Responsabile del procedimento, ove è stato posto in rilievo che: A) in caso di realizzazione di un ospedale, «l’allocazione dei rischi nel caso di ricorso alla finanza di progetto è solo apparentemente traslata a carico dei soggetti privati mentre, in realtà, essa appare abbastanza assimilabile a quella dell’appalto tradizionale. Trattandosi, infatti, di opera fredda, cioè non finanziata ricorrendo a tariffe di mercato, la remunerazione del risultato è tutta garantita da canoni corrisposti dall’utilizzatore (l’amministrazione provinciale/sanitaria), con la conseguenza che viene del tutto a mancare il “rischio della domanda” ed è notevolmente ridotto, se non azzerato, anche il “rischio di disponibilità”: infatti, per quanto attiene al primo rischio, è da tener presente che esso è, in realtà, inesistente dato che al concessionario è assicurato un canone indipendentemente dall’effettiva richiesta di utilizzazione … e, per quanto attiene al secondo rischio, va tenuto altrettanto presente che il servizio da rendere al cittadino è quello sanitario che è erogato dall’APSS e non dal concessionario (che si limita, invece, a mettere a disposizione solo alcuni servizi “di contorno” ed il cui fruitore diretto e pagante è la stessa amministrazione sanitaria, secondo modalità remunerative sottoposte ad adeguamento automatico, e non il degente ospedaliero) »; B) il rischio di costruzione «è invariato nello schema della finanza di progetto rispetto all’appalto tradizionale»; C) il rischio finanziario «è sicuramente maggiore per il promotore privato rispetto all’amministrazione aggiudicatrice: infatti, nel caso di utilizzo di strumenti di indicizzazione nel finanziamento privato …, i margini di incertezza sono assai maggiori rispetto al finanziamento utilizzato da un soggetto pubblico che può ricorrere allo strumento dell’indebitamento a tasso fisso (ad esempio tramite prestiti obbligazionari di Cassa del Trentino) o, meglio ancora e come prospettato, ricorrendo al tasso fisso BEI».
Inoltre la Provincia, ad integrazione di quanto precede, nelle proprie difese ha osservato che, secondo quanto emerso dall’analisi delle operazioni perfezionate negli ultimi anni per la realizzazione di ospedali, il modello della finanza di progetto ha carattere recessivo in quanto: A) presenta non solo costi molto elevati, ma anche una forte rigidità, perché vincola l’Amministrazione per un lungo periodo; B) nel caso delle c.d. “opere fredde” (come, per l’appunto, gli ospedali), il rischio trasferito agli operatori privati risulta spesso insufficiente per configurare vere e proprie operazioni di partenariato pubblico privato e ciò comporta il rischio che le Amministrazioni debbano riclassificare operazioni della specie, ponendole a carico dei propri bilanci (a differenza di quanto accade con le operazioni di partenariato).
Anche le valutazioni della Provincia sulla diversa allocazione dei rischi e dei costi non sono perciò censurabili da parte di questo Tribunale, in quanto frutto di una dettagliata attività di analisi che non appare affetta da macroscopici vizi logici o travisamenti della situazione di fatto.
13. In definitiva il Collegio – nel ribadire ancora una volta l’ampiezza della discrezionalità di cui dispone l’Amministrazione nel valutare la convenienza dei diversi sistemi di realizzazione di un’opera pubblica e, in particolare, nel valutare quale sia la migliore allocazione dei rischi connessi al finanziamento, alla progettazione, alla realizzazione e alla gestione dell’opera – ritiene che nel caso in esame la valutazione della Provincia sulla prevalenza dei vantaggi connessi al ricorso ad un appalto complesso (specie in considerazione dei ridotti tassi di interesse e dell’assenza di commissioni nel caso di cofinanziamento dell’intervento da parte di un soggetto pubblico come la BEI, nonché della massima flessibilità operativa garantita dal ricorso all’appalto tradizionale in un contesto dinamico come quello delle politiche sanitarie provinciali, caratterizzato da scenari operativi poco prevedibili e oggetto dei ben noti interventi di spending review) rispetto ai vantaggi connessi al ricorso alla finanza di progetto (in ragione del trasferimento in capo al concessionario dei rischi connessi alla progettazione, realizzazione, gestione e manutenzione dell’opera) superi indenne il sindacato di legittimità di questo Tribunale.
14. In definitiva, la motivazione incentrata sulla maggior convenienza del ricorso ad un appalto complesso in luogo del project financing è, di per sé, sufficiente per ritenere adeguatamente giustificata l’adozione della determinazione dirigenziale n. 37 del 2016.
E poiché, in caso di provvedimento plurimotivato, il rigetto della doglianza diretta a contestare una delle ragioni giustificatrici dell’atto lesivo comporta la carenza di interesse della parte ricorrente all’esame delle ulteriori censure volte a contestare le altre ragioni giustificatrici dell’atto medesimo (giurisprudenza consolidata e condivisa: per tutte, Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 luglio 2016, n. 3194), atteso che il loro accoglimento non sarebbe comunque idoneo a soddisfare l’interesse del ricorrente a ottenere l’annullamento del provvedimento lesivo, le considerazioni che precedono sono di per sé sufficienti per la reiezione del ricorso in esame.
15. In ogni caso anche l’ulteriore motivazione addotta dall’Amministrazione, incentrata sull’evoluzione del quadro normativo sulla spending review rispetto al 2011, supera indenne il sindacato di questo Tribunale. Difatti le considerazioni svolte in giudizio dalla Provincia – a chiarimento di quelle contenute nella deliberazione n. 438 del 2016 e nella relazione del Responsabile del procedimento – consentono di apprezzare tale evoluzione, che ha determinato, quale effetto della contrazione della spesa sanitaria, l’intento di perseguire una riduzione dei costi annuali per i servizi non sanitari.
In particolare l’Amministrazione ha evidenziato che: A) l’art. 15, comma 13, del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, alle lettere c) e c-bis), ha introdotto disposizioni per la contrazione dei posti letto e per l’avvio della sperimentazione sanitaria a fini di spending review, subordinando la contrazione dei posti letto ad un apposito provvedimento da adottare entro il 31 ottobre 2012, sicché la contrazione programmata sarebbe divenuta operativa solo dopo la scadenza del bando; B) la Corte costituzionale, dichiarando incostituzionale la lettera c) del predetto comma 13 con la sentenza 1° luglio 2015, n. 125 – ossia dopo la scelta del promotore, avvenuta nel 2013, e la sentenza di questo Tribunale, intervenuta nel 2014 – ha chiarito che spetta alla PAT effettuare scelte autonome, e non meramente imposte, di razionalizzazione della spesa sanitaria; C) con il decreto legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, sono state introdotte ulteriori disposizioni incidenti sulla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e, quindi, sui fabbisogni di spesa (art. 5), nonché sull’edilizia residenziale, come l’art. 6, che – prevedendo la cessione all’aggiudicatario, come componente del corrispettivo, di immobili ospitanti strutture ospedaliere da dismettere, anche ove l’utilizzazione comporti il mutamento di destinazione d’uso – renderebbe necessaria una valutazione (non consentita all’epoca dell’indizione della gara del 2011) in merito all’opportunità di dismettere, in tutto o in parte, l’Ospedale S. Chiara; D) con il cosiddetto “Accordo di Roma” dell’ottobre 2014, al fine di superare talune incertezze interpretative e le forti tensioni innescate dal contenzioso costituzionale sugli interventi statali di spending review, è stato riconosciuto alle Province autonome di Trento e Bolzano il ruolo di soggetti attuatori degli obiettivi generali di contenimento della spesa pubblica a livello di finanza provinciale; E) in particolare, in base all’art. 79 dello Statuto speciale di autonomia, novellato a seguito del predetto Accordo del 2014, è ora riconosciuto alle Province un più solido ruolo propositivo delle misure di contenimento della spesa pubblica nei confronti degli enti pubblici del sistema finanziario provinciale, ivi inclusa la stessa Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari.
In definitiva – anche alla luce di questo nuovo quadro ordinamentale, in base al quale spetta alla PAT il compito di attribuire, responsabilmente, le risorse finanziarie disponibili e di stabilire i vincoli alla spesa sanitaria – l’Amministrazione con la determinazione dirigenziale n. 37 del 2016 ha correttamente perseguito l’obiettivo di ridurre e razionalizzare la spesa sanitaria, obiettivo che, come già evidenziato in precedenza, costituisce uno dei presupposti tipici in presenza dei quali la giurisprudenza riconosce il legittimo esercizio dello ius poenitendi in materia di gare pubbliche.
16. Le considerazioni sin qui svolte dimostrano altresì che la decisione di revocare la gara è stata assunta dall’Amministrazione all’esito di un complesso, e necessariamente lungo, esame di tutti gli aspetti attinenti alla progettazione, realizzazione e gestione dell’opera – dapprima da parte della Giunta provinciale (organo di indirizzo politico) e poi da parte dei compenti uffici dell’Amministrazione provinciale (che hanno comunque garantito il contraddittorio) – e, quindi, valgono a smentire l’ulteriore affermazione della ricorrente secondo la quale il lungo periodo di tempo trascorso tra la pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato (ottobre 2014) e l’adozione del provvedimento di revoca si tradurrebbe in una violazione dell’art. 2 della legge n. 241/1990 e dei correlati principi di concentrazione e speditezza delle procedure di evidenza pubblica.
17. Parimenti infondata risulta l’ulteriore censura incentrata sul fatto che – sebbene fossero note da tempo sia la manifestazione di interesse della BEI a finanziare l’opera, sia la convenienza di procedere alla sua realizzazione mediante un sistema diverso dalla finanza di progetto – la Provincia abbia difeso le proprie scelte nei due gradi di giudizio, provvedendo ad appellare autonomamente la sentenza di questo Tribunale n. 39/2014.
Al riguardo non v’è dubbio che l’Amministrazione anche in pendenza del giudizio d’appello ben avrebbe potuto disporre la revoca della gara del 2011; tuttavia, come si può evincere dalla motivazione della deliberazione n. 438 in data 25 marzo 2016, solo dopo la pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 5057/2014 è emersa la necessità di attivare (stante il tempo trascorso dall’indizione della gara) il complesso procedimento di riesame delle proprie precedenti determinazioni, all’esito del quale sono emerse le sopravvenienze che hanno poi determinato il superamento delle scelte effettuate nel 2011.
18. Fermo restando quanto precede, il Collegio ritiene comunque infondata la domanda risarcitoria proposta in via principale dalla ricorrente invocando l’art. 1337 cod. civ..
Al riguardo si deve rammentare che il riconoscimento della legittimità della revoca di una procedura di gara non esclude l’accertamento di una responsabilità precontrattuale dell’Amministrazione, ben potendo tale responsabilità discendere dal complessivo comportamento tenuto dal pubblico contraente che – al pari di ogni contraente privato – è tenuto ad evitare di ingenerare nella controparte privata affidamenti ingiustificati. Tuttavia, secondo una consolidata giurisprudenza (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 21 aprile 2016, n. 1599), non è configurabile una responsabilità precontrattuale della stazione appaltante anteriormente alla scelta del contraente, vale a dire prima della sua individuazione, allorché gli aspiranti alla posizione di contraenti sono solo partecipanti ad una gara e possono vantare unicamente un interesse legittimo al corretto esercizio del potere pubblico. In linea con tale giurisprudenza questo stesso Tribunale (T.R.G.A. Trento, 15 novembre 2016, n. 388) ha ribadito che l’Amministrazione può ritenersi soggetta alle conseguenze derivanti dal citato art. 1337 a condizione che la gara sia giunta a uno stadio tale da aver ingenerato nel concorrente la ragionevole aspettativa di conseguire l’aggiudicazione e, quindi, la stipulazione del contratto: in altri termini, occorre che il concorrente veda frustrato un affidamento consolidato in ordine alla favorevole conclusione della procedura di gara.
Pertanto con riferimento alla fattispecie in esame al Collegio resta solo da ribadire che l’impugnata determinazione dirigenziale n. 37 del 2016 va ad incidere essenzialmente su un atto avente limitata valenza esterna, qual è la determinazione dirigenziale n. 365 del 2011, con la quale era stata espressa la preferenza per il ricorso al sistema dell’appalto in luogo del sistema della finanza di progetto. Del resto non può certo ritenersi che la mera partecipazione alla gara, mediante presentazione di un’offerta, abbia ingenerato nella ricorrente la ragionevole aspettativa, meritevole di tutela, di conseguire l’aggiudicazione.
19. Inoltre – anche a volere estendere l’ambito applicativo della responsabilità precontrattuale alla fase che precede la scelta del contraente, in ragione del fatto che nel caso in esame la revoca della determina a contrarre travolge anche gli atti della procedura di gara non annullati dal Giudice amministrativo – non è comunque ravvisabile alcuna violazione dei doveri di correttezza buona fede e correttezza.
Difatti, come già evidenziato, a seguito della pubblicazione della sentenza n. 5057/2014 l’Amministrazione ha sì svolto complessi approfondimenti tesi a verificare l’attualità e la perdurante convenienza delle scelte a suo tempo formulate per la realizzazione del nuovo ospedale, ma non ha tenuto alcun comportamento tale da ingenerare negli originari concorrenti affidamenti sulla propria volontà di confermare le predette scelte fino al momento dell’adozione della delibera n. 438 del 2016, con la quale è stato palesato l’intento di seguire una diversa procedura per la realizzazione dell’opera.
20. Passando alla domanda di condanna della Provincia a corrispondere l’indennizzo previsto dell’art. 21-quinquies della legge n. 241/1990, il Collegio rammenta che, secondo una consolidata giurisprudenza (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 21 aprile 2016, n. 1600; id., Sez. IV, 20 aprile 2016, n. 1559), finanche in presenza di un’aggiudicazione provvisoria, in caso di revoca degli atti di gara non spetta l’indennizzo di cui all’art. 21-quinquies, comma 1, della legge n. 241/1990, perché la revoca va ad incidere su un provvedimento destinato ad essere superato dall’emanazione del provvedimento conclusivo del procedimento ad evidenza pubblica, e non su un provvedimento “ad effetti durevoli”, come previsto dalla disposizione dell’art. 21-quinquies, comma 1. In linea con tale giurisprudenza questo stesso Tribunale (T.R.G.A. Trento, 15 novembre 2016, n. 388), con riferimento ad una fattispecie analoga a quella in esame, ha precisato che, se tale conclusione si impone nel caso in cui sia già stato individuato l’aggiudicatario provvisorio, è tanto più valida laddove non sia stato neppure individuato il potenziale aggiudicatario.
Ne consegue che neppure la domanda in esame può essere accolta in quanto, come già si è più volte evidenziato, l’impugnata determinazione dirigenziale n. 37 del 2016 va ad incidere essenzialmente su un atto avente limitata valenza esterna, qual è la determinazione dirigenziale n. 365 del 2011, con la quale era stata espressa la preferenza per il sistema della finanza di progetto.
21. In conclusione, deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere in relazione alla domanda di condanna dell’Amministrazione ad esibire la documentazione richiesta, mentre per il resto il ricorso va in parte dichiarato inammissibile e in parte respinto perché infondato.
22. Tenuto conto dell’obiettiva delicatezza delle questioni trattate, sussistono i presupposti per compensare le spese di lite con la società ricorrente. Nulla si deve invece disporre per le spese con riferimento ai controinteressati non costituiti in giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa della Regione autonoma Trentino – Alto Adige/Südtirol, sede di Trento, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 191 del 2016, in parte lo dichiara inammissibile, in parte lo respinge perché infondato e dichiara la cessazione della materia del contendere in relazione alla domanda di condanna dell’Amministrazione ad esibire la documentazione richiesta.
Spese compensate tra le parti costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Trento nella camera di consiglio del giorno 9 febbraio 2017 con l’intervento dei magistrati:
Roberta Vigotti, Presidente
Carlo Polidori, Consigliere, Estensore
Paolo Devigili, Consigliere
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Carlo Polidori | Roberta Vigotti | |
IL SEGRETARIO
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Consiglio di Stato, sezione Quinta, sentenza n. 1065 depositata il 31 gennaio 2023 - Nella procedura di project financing la fase preliminare di individuazione del promotore, ancorché procedimentalizzata, è connotata da amplissima discrezionalità…
- Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria, Sezione Prima, sentenza n. 94 depositata il 24 febbraio 2023 - I ritardi nelle attività preliminari alla stipula del contratto di appalto su cui attualmente si verte potevano in linea di principio…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 25 giugno 2021, n. 18337 - Le società di progetto, di cui all'art. 37-quinquies della I. 109 del 1994, applicabile ratione temporis (sostanzialmente trasfuso prima nell'art. 156 del d.lgs. n. 163 del 2006 e…
- Trattamento fiscale agli effetti dell'iva applicabile al canone relativo ad un'attivita effettuta in project financing e concernenete la valorizzazione del polo museale - Risposta 13 luglio 2020, n. 211 dell'Agenzia delle Entrate
- Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sezione II, sentenza n. 1598 depositata il 16 ottobre 2019 - La mancata presentazione della cauzione provvisoria ovvero la presentazione di una cauzione provvisoria invalida non costituisce causa di…
- Corte di Giustizia Europea sentenza n. C-267/18 depositata il 3 ottobre 2019 - Il subappalto, effettuato da un operatore economico, di una parte dei lavori nel quadro di un precedente contratto di appalto pubblico, deciso senza il consenso…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Processo tributario: i dati tratti da server non c
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 7475 deposi…
- Le liberalità diverse dalle donazioni non sono sog
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 7442 depositata…
- Notifica nulla se il messo notificatore o l’
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5818 deposi…
- Le clausole vessatorie sono valide solo se vi è ap
La Corte di Cassazione, sezione II, con l’ordinanza n. 32731 depositata il…
- Il dipendente dimissionario non ha diritto all’ind
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 6782 depositata…