TRIBUNALE DI TORINO – Ordinanza 17 giugno 2013
Lavoro e previdenza – Licenziamento del socio lavoratore – Previsione dell’applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 409 e ss. del c.p.c. – Competenza del giudice civile ordinario per le controversie tra soci e cooperative inerenti al rapporto associativo – Denunciata violazione del principio di uguaglianza per irragionevolezza ed arbitrarietà – Legge 3 aprile 2001, n. 142, art. 5, comma 2; codice civile, art. 2533, comma terzo – Costituzione, art. 3.
In fatto e in diritto
Con ricorso, 10 luglio 2012, la sig.ra C., assumeva:
1) di essere socia e lavoratrice dipendente della società cooperativa sociale l’Ancora, fin dal 22 novembre 2007 con mansioni di infermiera professionale;
2) che la società cooperativa sociale l’Ancora, con lettere 10 ottobre 2011 e 31 ottobre 2011, aveva deliberato il licenziamento della ricorrente, la quale lo impugnava, per illegittimità, avanti al giudice del lavoro del tribunale di Torino e chiedendo la condanna della convenuta cooperativa al reintegro nel suo posto di lavoro, nonché al pagamento di differenze retributive fino ad allora non pagate.
La convenuta si costituiva ed, oltre a chiedere il rigetto delle domande attoree, eccepiva l’incompetenza del giudice del lavoro sull’impugnativa del licenziamento.
Il giudice del lavoro del tribunale di Torino, con sua articolata ordinanza, 2 gennaio 2013, in cui ha richiamato l’autorità della sentenza della Suprema Corte n. 24692/10, ha rimesso per competenza la causa al tribunale ordinario, affermando che il combinato, disposto dell’art. 5 comma 2° ult. parte legge n. 142 del 2001 e dell’art. 2533 comma 3° CC, prevede che l’impugnazione giudiziaria dell’esclusione del socio lavoratore (il cd. licenziamento) dalla società cooperativa, deve essere esperita avanti al giudice civile ordinario e ha rimesso gli atti a questo giudice, che, invece, ritiene di sollevare, d’ufficio, questione incidentale di costituzionalità del suddetto combinato normativo per contrasto con l’art. 3 Cost. per manifesta irragionevolezza ed arbitrarietà, per i seguenti motivi:
L’art. 5 comma 2, legge 3 aprile 2001 n. 142 così recita «Le controversie relative ai rapporti di lavoro in qualsiasi forma di cui al comma 3 dell’art. 1 rientrano nella competenza funzionale del giudice del lavoro; per il procedimento, si applicano le disposizioni di cui agli articoli 409 e seguenti del codice di procedura civile.
In caso di controversie sui rapporti di lavoro tra i soci lavoratori e le cooperative, si applicano le procedure di conciliazione e arbitrato irrituale previste dai decreti legislativi 31 marzo 1998, n. 80, e successive modificazioni, e 29 ottobre 1998, n. 387. Restano di competenza del giudice civile ordinario le controversie tra soci e cooperative inerenti al rapporto associativo».
L’art. 2533 comma 3° CC così recita «Contro la deliberazione di esclusione il socio può proporre opposizione al tribunale, nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione».
Appare a questo giudice l’emittente che il combinato disposto dell’ultima parte dell’art. 5 comma 2, legge 3 aprile 2001 n. 142, che così recita: «Restano di competenza del giudice civile ordinario le controversie tra soci e cooperative inerenti al rapporto associativo» e dell’art. 2533 comma 3° CC che prevede «Contro la deliberazione di esclusione il socio può proporre opposizione al tribunale, nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione», si ponga in contrasto con l’art. 3 Cost. per manifesta irragionevolezza e arbitrarietà, in quanto questa normativa processuale ignora la prevalenza del rapporto di lavoro dipendente rispetto al vincolo associativo proprio nell’ipotesi dell’atto estremo del rapporto di lavoro dipendente, cioè del licenziamento che coincide, per il socio lavoratore, con la deliberazione della cooperativa della di lui esclusione dalla compagine sociale.
La normativa appare discriminatoria rispetto agli altri lavoratori dipendenti che trovansi in situazioni omogenee con i soci lavoratori di cooperative in caso di licenziamento e che almeno possono avvalersi, pacificamente, del rito, di cui agli articoli 409 e ss. cpc e della competenza funzionale del giudice del lavoro.
La normativa è altresì irragionevole e discriminatoria perché, mentre, nella prima parte del suddetto art. 5 comma 2°, si afferma ex professo la competenza del giudice del lavoro per le controversie relative a rapporti di lavoro in qualsiasi forma, lascia invece alla competenza del tribunale ordinario civile quella sull’esclusione del socio lavoratore, cioè, in altre parole, quella sul di lui licenziamento.
P.Q.M.
Ritiene quindi di rimettere, d’ufficio, a quest’Ecc.ma Corte, per violazione dei parametri Costituzionali sopraenunciati, la questione di incostituzionalità che non gli appare manifestamente infondata, per constasto con l’art. 3 Cost. per manifesta irragionevolezza ed arbitrarietà, del combinato disposto dell’art. 5 comma 2° legge 3 aprile 2001 n. 142 e dell’art. 2533 comma 3° CC, nella parte in cui non prevede, in caso di licenziamento del socio lavoratore che si applicano le disposizioni di cui agli articoli 409 e seguenti del codice di procedura civile, ma prevede che «Restano di competenza del giudice civile ordinario le controversie tra soci e cooperative inerenti al rapporto associativo» e che «Contro la deliberazione di esclusione il socio può proporre opposizione al tribunale, nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione».
La questione prospettata è rilevante nella presente causa, perché questo giudice, in caso di accoglimento della questione, dovrà rimettere, ex art. 426 cpc, la causa definitivamente al giudice del lavoro già dichiaratosi incompetente.
Va, quindi, disposta la sospensione del presente giudizio e vanno disposti, a cura della cancelleria, gli incombenti, di cui all’art. 23 legge n. 87/1953.
—
Provvedimento pubblicato nella G.U. del 23 ottobre 2013, n. 43
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