TRIBUNALE DI TRENTO – Ordinanza 17 gennaio 2013
Previdenza – Indennità premio di fine servizio per direttore generale, direttore amministrativo e direttore sanitario delle A.S.L. – Contributi previdenziali sulla base del trattamento economico corrisposto per l’incarico conferito, anziché sulla base del trattamento stipendiale spettante (retribuzione “virtuale”) – Violazione del principio di copertura finanziaria in base alla nuova formulazione derivante dalla legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 2 – Sentenze della Corte costituzionale nn. 351/2010 e 119/2012 – Decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, art. 3-bis, comma 11, inserito dall’art. 3, comma 3, del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229 – Costituzione, artt. 76 e 81; legge 30 novembre 1998, n. 419, art. 1, comma 4.
Rilevato in fatto
Con ricorso depositato in data Favaretti Carlo – premesso di essere stato alle dipendenze dell’Azienda Ospedaliera di Padova con rapporto a tempo indeterminato fino alla 31 dicembre 2007, quando era stato collocato in pensione – agisce nei confronti dell’I.N.P.S. gestione ex I.N.P.D.A.P. per la corresponsione della differenza, pari ad € 22.454,89, tra l’ammontare del premio di fine servizio spettante secondo la disciplina ex art. 3-bis comma 11 d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e quello effettivamente versato, in relazione al periodo 1.8.1999-31.12.2007, durante il quale egli, posto in aspettativa presso il proprio datore di lavoro, ha svolto l’incarico di direttore generale dell’U.L.s.s. n. 19 della Regione Veneto e successivamente, dal 1° gennaio 2000, quello di direttore amministrativo dell’Azienda provinciale per i Servizi Sanitari della Provincia Autonoma di Trento.
Ritenuto in diritto
Viene sollevata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3-bis comma 11 d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 (inserito dall’art. 3 comma 3 d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229), nella parte in cui, commisurando l’indennità premio di servizio ex artt. 2 e 4 legge 8 marzo 1968, n. 152, secondo il parametro del trattamento retributivo effettivamente percepito dal dipendente pubblico in relazione all’incarico conferitogli di direttore generale o di direttore amministrativo o di direttore sanitario delle aziende e degli enti del Servizio sanitario regionale e delle Province autonome, in luogo del precedente parametro costituito dal trattamento retributivo previsto in relazione al rapporto di lavoro dipendente, comporta oneri aggiuntivi per il bilancio dell’I.N.P.S. gestione ex I.N.P.D.A.P. – in violazione dell’art. 76 Cost., in riferimento al precetto delle legge di delegazione ex art. 1 ult. comma legge 30 novembre 1998, n. 419 – senza indicare i mezzi per fare fronte alle nuove e maggiori spese – in violazione dell’art. 81 ult.comma Cost. (nel testo attualmente vigente alla luce della disposizione ex art. 6 legge cost. 20 aprile 2012, n. 1).
Sulla rilevanza nel giudizio a quo.
Il giudizio in corso non può essere definito indipendentemente dalla soluzione della suddetta questione di legittimità costituzionale.
Applicando le norme impugnate la domanda proposta dal ricorrente dovrebbe essere accolta.
Secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte (Cass. 22.12.2011, n. 28510; Cass. 18.11.2011, n. 24286; Cass. 13.5.2008, n. 11925;) il servizio prestato da un dipendente di un ente locale a seguito di nomina a direttore generale, amministrativo e sanitario, è utile ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza, ai sensi dell’art. 3-bis d.lgs. n. 502/1992, come aggiunto dall’art. 3 d.lgs. n. 229/1999, e per esso le amministrazioni di appartenenza effettuano il versamento dei contributi previdenziali commisurati al trattamento economico corrisposto per l’incarico conferito; ne consegue che la misura dell’indennità premio di fine servizio, dovuta al dipendente, si determina in relazione al trattamento retributivo di cui all’art. 4 legge n. 152/1968, fruito dal dipendente in relazione all’incarico, nei limiti del massimale di cui all’art. 3 comma 7 d.lgs. n. 181/1997;
è stata, quindi, ritenuta infondata la tesi dell’I.N.P.D.A.P. (qui riproposta a pag. 9-14 della memoria di costituzione), secondo cui il nuovo parametro, introdotto dall’art. 3-bis d.lgs. n. 502/1992, concerne esclusivamente il trattamento pensionistico e non anche l’indennità premio di servizio.
Non precluderebbe 1’accoglimento della domanda del ricorrente neppure l’eccezione di prescrizione quinquennale ex art. 19 r.d.l. 2.11.1933, n. 2418, sollevata dall’ente previdenziale (pag. 4-5 della memoria di costituzione), il quale sostiene che, essendosi trattata di una successione di rapporti di lavoro autonomo, la prescrizione decorre da ogni singola cessazione del rapporto di lavoro autonomo e, quindi, risulterebbe estinto il diritto relativo al periodo 1999-2004; infatti, come ha precisato Cass. 11925/2008 cit., il rapporto previdenziale, di cui l’indennità premio di servizio costituisce una prestazione, afferisce al rapporto di lavoro dipendente (e non già a quelli di natura autonoma costituiti in funzione del conferimento dell’incarico di direttore generale o di direttore amministrativo o di direttore sanitario, di cui la disciplina speciale ex 3-bis d.lgs. n. 502/1992 prevede la permanenza a mezzo dell’istituto dell’aspettativa senza assegni; quindi i contributi previdenziali sono versati in relazione al rapporto di lavoro subordinato ed il debitore è identificato nel datore di lavoro, ancorché gli venga attribuito il diritto al rimborso nei confronti nel soggetto che utilizza la prestazione durante il periodo di aspettativa; ne consegue che il diritto del dipendente all’indennità premio di servizio sorge alla cessazione non già del singolo incarico di lavoro autonomo, ma del rapporto di lavoro subordinato (nel caso in esame in data 31 dicembre 2007, di talché il ricorrente ha certamente agito entro il quinquennio).
Parimenti non precluderebbe l’accoglimento della domanda di parte ricorrente la disposizione ex art. 19 comma 2, ultimo periodo, d.lgs. n. 30 marzo 2001, n. 165, come modificato dall’art. l comma 32 D.L. 13 agosto 2011, n. 128 conv. con legge 14 settembre 2011, n. 148 (secondo cui «ai fini della liquidazione del trattamento di fine servizio, comunque denominato, l’ultimo stipendio va individuato nell’ultima retribuzione percepita prima del conferimento dell’incarico avente durata inferiore a tre anni»), stante la sua inapplicabilità ratione temporis al caso in esame (avendo il ricorrente maturato il diritto all’indennità premio di servizio in data – 31 dicembre 2007 – precedente l’entrata in vigore della norma), come si evince chiaramente anche dall’ultimo periodo dell’art. 1 comma 32 D.L. n. 128/2011, il quale precisa che «la disposizione del presente comma si applica agli incarichi conferiti successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto nonché agli incarichi aventi comunque decorrenza successiva al 1° ottobre 2011».
Sulla non manifesta infondatezza.
L’art. 1 comma 1 legge 30 novembre 1998, n. 419 («Delega al Governo per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale e per l’adozione di un testo unico in materia di organizzazione e funzionamento del Servizio sanitario nazionale. Modifiche al d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502») ha delegato il Governo «ad emanare, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni modificative e integrative del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 , e successive modificazioni, sulla base dei principi e dei criteri direttivi previsti dall’art. 2»; il successivo comma 4 dispone che «l’esercizio della delega di cui alla presente legge non comporta complessivamente oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato e degli enti di cui agli articoli 25 e 27 della legge 5 agosto 1978, n. 468 , e successive modificazioni.» (enti tra i quali figurano, secondo l’elenco contenuto nella tabella A allegata alla legge n. 468/1978, I’I.N.P.S. e gli enti preposti alla gestione delle pensioni e delle liquidazioni dei dipendenti dello Stato e degli enti locali confluiti nell’I.N.P.D.A.P. in forza del d.lgs. 30 giugno 1994, n. 479).
Il legislatore delegato (art. 3 comma 3 d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229), inserendo nel d.lgs. n. 502/1992 il nuovo art. 3-bis secondo il criterio direttivo ex art. 2 comma 1 lett. t) («rendere omogenea la disciplina del trattamento assistenziale e previdenziale dei soggetti nominati direttore generale, direttore amministrativo e direttore sanitario di azienda, nell’ambito dei trattamenti assistenziali e previdenziali previsti dalla legislazione vigente, prevedendo altresì per i dipendenti privati l’applicazione dell’art. 3, comma 8, secondo periodo, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 , e successive modificazioni»), ha così disposto (art. 3-bis comma 11 d.lgs. n. 502/1992):
«La nomina a direttore generale, amministrativo e sanitario determina per i lavoratori dipendenti il collocamento in aspettativa senza assegni e il diritto al mantenimento del posto. L’aspettativa è concessa entro sessanta giorni dalla richiesta. Il periodo di aspettativa è utile ai fini del trattamento di quiescenza e di previdenza. Le amministrazioni di appartenenza provvedono ad effettuare il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali comprensivi delle quote a carico del dipendente, calcolati sul trattamento economico corrisposto per l’incarico conferito nei limiti dei massimali di cui all’art. 3, comma 7, del decreto legislativo 24 aprile 1997, n. 181, e a richiedere il rimborso di tutto l’onere da esse complessivamente sostenuto all’unità sanitaria locale o all’azienda ospedaliera interessata, la quale procede al recupero della quota a carico dell’interessato».
Secondo il diritto vivente (come emerge dal già ricordato orientamento della Suprema Corte – Cass. 22.12.2011, n. 28510; Cass. 18.11.2011, n. 24286; Cass. 13.5.2008, n. 11925;) questa disposizione ha mutato, per i dipendenti pubblici nominati o direttore generale o direttore amministrativo o direttore sanitario delle aziende e degli enti del Servizio sanitario regionale e delle Province autonome, il parametro di commisurazione dell’indennità premio di servizio ex artt. 2 e 4 legge 8 marzo 1968, n. 152, sostituendo il trattamento retributivo previsto in relazione al rapporto di lavoro dipendente con quello, di regola ben più cospicuo, del trattamento retributivo effettivamente percepito in relazione all’incarico dirigenziale autonomo.
Appare indubbio, anche alla luce delle modalità di computo dell’indennità premio di servizio di cui all’art. 4 legge n. 152/1968 («…l’indennità premio di servizio, prevista dagli artt. 2 e 3, sarà pari a un quindicesimo della retribuzione contributiva degli ultimi dodici mesi, considerata in ragione dell’80 per cento ai sensi del successivo art. 11, per ogni anno di iscrizione all’Istituto…»), che il nuovo parametro comporta per l’ente previdenziale, ai fini della corresponsione dell’indennità premio di servizio, maggiori esborsi che vengono compensati solo in misura minima dall’incremento dei contributi previdenziali (come si evince chiaramente dall’esempio pratico illustrato dall’I.N.P.S. a pag. 6-7 della memoria di costituzione).
In proposito parte convenuta ha allegato (senza che il ricorrente abbia sollevato contestazioni in proposito) che «per effetto della modifica introdotta… si avrebbe un notevole aggravio di spesa (dell’ordine di 100.000,00/200.000,00 euro per ogni direttore generale o sanitario o amministrativo di ciascuna delle centinaia U.L.S.S./A.S.L. esistenti in Italia, ancorché se nominato, in ipotesi, per un anno soltanto. Il buco erariale per circa 500 ULS/ASL italiane, con una liquidazione all’anno tra direttori generali, amministrativi e sanitari, ammonterebbe ad almeno 75.000.000,00 di euro annui» (pag. 16 della memoria di costituzione).
Ne è una conferma la stessa pretesa del ricorrente, il quale dall’applicazione del nuovo parametro beneficerebbe di una maggiorazione dell’indennità premio di servizio di ammontare superiore a 20.000,00 in relazione ad un periodo di poco più di sette anni di lavoro.
In definitiva non appare manifestamente infondato l’assunto secondo cui la norma ex art. 3-bis comma 11 d.lgs. n. 502/1992, mutando, per i dipendenti pubblici nominati o direttore generale o direttore amministrativo o direttore sanitario delle aziende e degli enti del Servizio sanitario regionale e delle Province autonome, il parametro di computo, quanto alla retribuzione contributiva, dell’indennità premio di servizio, ha comportato, in violazione del precetto contenuto nella legge di delegazione ex art. 1 ult.comma n. 419/1998 e quindi dell’art. 76 Cost., oneri aggiuntivi per il bilancio dell’I.N.P.S. gestione ex I.N.P.D.A.P., senza indicare, in violazione dell’art. 81 ult. comma Cost. (nel testo attualmente vigente alla luce della disposizione ex art. 6 legge cost. 20 aprile 2012, n. 1), i mezzi per far fronte alle nuove e maggiori spese.
La Consulta (sent. 9 aprile 1981, n. 92) ha già statuito che il principio ex art. 81 ult.comma Cost. «non può essere eluso dal legislatore, addossando ad enti, rientranti nella così detta finanza pubblica allargata, nuove e maggiori spese, senza indicare i mezzi con cui farvi fronte. Il collegamento finanziario tra simili enti e lo Stato è infatti tale da dar luogo ad un unico complesso, come lo stesso legislatore ha riconosciuto con l’art. 27 della legge n. 468 del 1978, secondo cui “le leggi che comportano oneri, anche sotto forma di minori entrate, a carico di bilanci degli enti di cui al precedente art. 25, devono contenere la previsione dell’onere stesso nonché l’indicazione della copertura finanziaria riferita ai relativi bilanci, annuali e pluriennali”».
In precedenza aveva chiarito (sent. 7.1.1966, n. 1) che lo stesso principio va interpretato nel senso che l’obbligo del legislatore di indicare i mezzi per far fronte a nuove e maggiori spese deve essere osservato in riferimento a qualsiasi legge che immuti di fronte alla legislazione preesistente e non solo alla legge di bilancio.
E’ appena il caso di evidenziare che tale questione è diversa da quelle già decise dalla Corte costituzionale con la sentenza 29.11.-3.12.2010 n. 351 (se le disposizioni ex art. 3 comma 2 e 3 d.lgs. n. 229/1999 siano in contrasto con la legge di delegazione ex art. 2 comma 1, lett. t) legge n. 419/1998 nella parte in cui prevedono che i contributi previdenziali – da versarsi da parte dell’amministrazione di appartenenza del dipendente collocato in aspettativa senza assegni, in quanto nominato direttore generale di azienda sanitaria locale – siano calcolati sul trattamento economico corrisposto per l’incarico conferito) e con la sentenza 7-10.5.2012, n. 119 (se la disciplina ex art. 3 comma2 e 3 d.lgs. n. 229/1999 sia manifestamente irragionevole laddove, nell’ambito dei dipendenti pubblici non soggetti a t.f.r., introduce per una ristretta categoria di essi, vale a dire i dipendenti che hanno assunto temporaneamente l’incarico di direttori generali di USL con contratto di lavoro autonomo e, per questo, sono stati posti in aspettativa, e che contestualmente cessano l’incarico dirigenziale ed il rapporto di pubblico impiego, un computo dell’indennità premio di servizio più vantaggioso nella base di calcolo rispetto a quello della generalità).
P.Q.M.
Visto l’art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87;
Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3-bis comma 11 d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 (inserito dall’art. 3 comma 3 d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229), nella parte in cui, commisurando l’indennità premio di servizio ex art. 2 e 4 legge 8 marzo 1968, n. 152 secondo il parametro del trattamento retributivo effettivamente percepito dal dipendente pubblico in relazione all’incarico conferitogli di direttore generale o di direttore amministrativo o di direttore sanitario delle aziende e degli enti del Servizio sanitario regionale e delle Province autonome, in luogo del precedente parametro costituito dal trattamento retributivo previsto in relazione al rapporto di lavoro dipendente, comporta oneri aggiuntivi per il bilancio dell’I.N.P.S. gestione ex I.N.P.D.A.P. – in violazione dell’art. 76 Cost., in riferimento al precetto delle legge di delegazione ex art. 1 ult. co. legge 30 novembre 1998, n. 419 – senza indicare i mezzi per fare fronte alle nuove e maggiori spese – in violazione dell’art. 81 ult.co. Cost. (nel testo attualmente vigente alla luce della disposizione ex art. 6 L. cost. 20 aprile 2012, n. 1);
Dispone l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
Sospende il giudizio in corso;
Dispone che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonché comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
—
Provvedimento pubblicato nella G.U. del 25 settembre 2013, n. 39
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