UE – Direttiva n. 2023/970 del 10 maggio 2023
Volta a rafforzare l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore attraverso la trasparenza retributiva e i relativi meccanismi di applicazione
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Oggetto
La presente direttiva stabilisce prescrizioni minime intese a rafforzare l’applicazione del principio della parità di retribuzione per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore tra uomini e donne («principio della parità di retribuzione») sancito dall’articolo 157 TFUE e del divieto di discriminazione di cui all’articolo 4 della direttiva 2006/54/CE, in particolare tramite la trasparenza retributiva e il rafforzamento dei relativi meccanismi di applicazione.
Articolo 2
Ambito di applicazione
1. La presente direttiva si applica ai datori di lavoro del settore pubblico e privato.
2. La presente direttiva si applica a tutti i lavoratori che hanno un contratto di lavoro o un rapporto di lavoro quale definito dal diritto, dai contratti collettivi e/o dalle prassi in vigore in ciascuno Stato membro, tenendo in considerazione la giurisprudenza della Corte di giustizia.
3. Ai fini dell’articolo 5, la presente direttiva si applica ai candidati a un impiego.
Articolo 3
Definizioni
1. Ai fini della presente direttiva si applicano le definizioni seguenti:
a) «retribuzione»: il salario o lo stipendio normale di base o minimo e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore (componenti complementari o variabili) a motivo dell’impiego di quest’ultimo;
b) «livello retributivo»: la retribuzione lorda annua e la corrispondente retribuzione oraria lorda;
c) «divario retributivo di genere»: la differenza tra i livelli retributivi medi corrisposti da un datore di lavoro ai lavoratori di sesso femminile e a quelli di sesso maschile, espressa in percentuale del livello retributivo medio dei lavoratori di sesso maschile;
d) «livello retributivo mediano»: il livello retributivo rispetto al quale una metà dei lavoratori di un datore di lavoro guadagna di più e l’altra metà guadagna di meno;
e) «divario retributivo mediano di genere»: la differenza tra il livello retributivo mediano dei lavoratori di sesso femminile e il livello retributivo mediano dei lavoratori di sesso maschile di un datore di lavoro, espressa in percentuale del livello retributivo mediano dei lavoratori di sesso maschile;
f) «quartile retributivo»: ciascuno dei quattro gruppi uguali in cui i lavoratori sono suddivisi in base al loro livello retributivo, dal più basso al più elevato;
g) «lavoro di pari valore»: il lavoro ritenuto di pari valore secondo i criteri non discriminatori, oggettivi e neutri sotto il profilo del genere di cui all’articolo 4, paragrafo 4;
h) «categoria di lavoratori»: i lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore raggruppati in modo non arbitrario sulla base dei criteri non discriminatori, oggettivi e neutri sotto il profilo del genere di cui all’articolo 4, paragrafo 4, dal datore di lavoro dei lavoratori e, se del caso, in collaborazione con i rappresentanti dei lavoratori conformemente al diritto e/o alle prassi nazionali;
i) «discriminazione diretta»: la situazione nella quale una persona è trattata meno favorevolmente in base al sesso di quanto un’altra persona sia, sia stata o sarebbe trattata in una situazione analoga;
j) «discriminazione indiretta»: la situazione nella quale una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una situazione di particolare svantaggio le persone di un determinato sesso, rispetto a persone dell’altro sesso, a meno che detta disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari;
k) «ispettorato del lavoro»: l’organismo o gli organismi responsabili, conformemente al diritto e/o alle prassi nazionali, del controllo e di funzioni ispettive nel mercato del lavoro, salvo ove, qualora previsto dal diritto nazionale, le parti sociali possano svolgere tali funzioni;
l) «organismo per la parità»: l’organismo o gli organismi designati a norma dell’articolo 20 della direttiva 2006/54/CE;
m) «rappresentanti dei lavoratori»: i rappresentanti dei lavoratori conformemente al diritto e/o alle prassi nazionali.
2. Ai fini della presente direttiva, la discriminazione comprende:
a) le molestie e le molestie sessuali, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2006/54/CE e qualsiasi trattamento meno favorevole subito da una persona per il fatto di avere rifiutato tali comportamenti o di esservisi sottomessa, qualora tali molestie o trattamenti riguardino l’esercizio dei diritti di cui alla presente direttiva o derivino da tale esercizio;
b) qualsiasi istruzione di discriminare persone in ragione del loro sesso;
c) qualsiasi trattamento meno favorevole per ragioni collegate alla gravidanza o al congedo per maternità ai sensi della direttiva 92/85/CEE del Consiglio;
d) qualsiasi trattamento meno favorevole ai sensi della direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio, fondato sul sesso, anche in relazione al congedo di paternità, al congedo parentale o al congedo per i prestatori di assistenza;
e) la discriminazione intersezionale, ossia la discriminazione fondata su una combinazione di discriminazioni fondate sul sesso e su qualunque altro motivo di cui alla direttiva 2000/43/CE o alla direttiva 2000/78/CE.
3. Il paragrafo 2, lettera e), non comporta ulteriori obblighi per i datori di lavoro relativamente alla raccolta di dati di cui alla presente direttiva in relazione a motivi di discriminazione oggetto di protezione diversi dal sesso.
Articolo 4
Stesso lavoro e lavoro di pari valore
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che i datori di lavoro dispongano di sistemi retributivi che assicurino la parità di retribuzione per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore.
2. Gli Stati membri, in consultazione con gli organismi per la parità, adottano le misure necessarie per assicurare la disponibilità di strumenti o metodologie di analisi e per far sì che a tali strumenti o metodologie si possa accedere facilmente allo scopo di sostenere e guidare la valutazione e il confronto del valore del lavoro conformemente ai criteri di cui al presente articolo. Tali strumenti o metodologie consentono ai datori di lavoro e/o alle parti sociali di istituire e utilizzare facilmente sistemi di valutazione e classificazione professionale neutri sotto il profilo del genere che escludano qualsiasi discriminazione retributiva fondata sul sesso.
3. Se del caso, la Commissione può aggiornare gli orientamenti a livello dell’Unione relativi ai sistemi di valutazione e classificazione professionale neutri sotto il profilo del genere, in consultazione con l’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE).
4. I sistemi retributivi sono tali da consentire di valutare se i lavoratori si trovano in una situazione comparabile per quanto riguarda il valore del lavoro sulla base di criteri oggettivi e neutri sotto il profilo del genere concordati con i rappresentanti dei lavoratori, laddove tali rappresentanti esistano. Tali criteri non si fondano, direttamente o indirettamente, sul sesso dei lavoratori e includono le competenze, l’impegno, le responsabilità e le condizioni di lavoro, nonché, se del caso, qualsiasi altro fattore pertinente al lavoro o alla posizione specifici. Sono applicati in modo oggettivo e neutro dal punto di vista del genere, escludendo qualsiasi discriminazione diretta o indiretta fondata sul sesso. In particolare, le pertinenti competenze trasversali non devono essere sottovalutate.
CAPO II
TRASPARENZA RETRIBUTIVA
Articolo 5
Trasparenza retributiva prima dell’assunzione
1. I candidati a un impiego hanno il diritto di ricevere, dal potenziale datore di lavoro, informazioni:
a) sulla retribuzione iniziale o sulla relativa fascia da attribuire alla posizione in questione, sulla base di criteri oggettivi e neutri sotto il profilo del genere; e
b) se del caso, sulle pertinenti disposizioni del contratto collettivo applicate dal datore di lavoro in relazione alla posizione.
Tali informazioni sono fornite in modo tale da garantire una trattativa informata e trasparente sulla retribuzione, ad esempio in un avviso di posto vacante pubblicato, prima del colloquio di lavoro o altrimenti.
2. Il datore di lavoro non può chiedere ai candidati informazioni sulle retribuzioni percepite negli attuali o nei precedenti rapporti di lavoro.
3. I datori di lavoro provvedono affinché gli avvisi di posto vacante e i titoli professionali siano neutri sotto il profilo del genere e che le procedure di assunzione siano condotte in modo non discriminatorio, così da non compromettere il diritto alla parità di retribuzione per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore («diritto alla parità di retribuzione»).
Articolo 6
Trasparenza della determinazione delle retribuzioni e dei criteri per la progressione economica
1. I datori di lavoro rendono facilmente accessibili ai propri lavoratori i criteri utilizzati per determinare la retribuzione, i livelli retributivi e la progressione economica dei lavoratori. Tali criteri sono oggettivi e neutri sotto il profilo del genere.
2. Gli Stati membri possono esonerare i datori di lavoro con meno di 50 lavoratori dall’obbligo relativo alla progressione economica di cui al paragrafo 1.
Articolo 7
Diritto di informazione
1. I lavoratori hanno il diritto di richiedere e ricevere per iscritto, conformemente ai paragrafi 2 e 4, informazioni sul loro livello retributivo individuale e sui livelli retributivi medi, ripartiti per sesso, delle categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore.
2. I lavoratori hanno la possibilità di richiedere e ricevere le informazioni di cui al paragrafo 1 tramite i loro rappresentanti dei lavoratori, conformemente al diritto e/o alle prassi nazionali. Hanno inoltre la possibilità di richiedere e ricevere le informazioni tramite un organismo per la parità.
Se le informazioni ricevute sono imprecise o incomplete, i lavoratori hanno il diritto di richiedere, personalmente o tramite i loro rappresentanti dei lavoratori, chiarimenti e dettagli ulteriori e ragionevoli riguardo ai dati forniti e di ricevere una risposta motivata.
3. I datori di lavoro informano annualmente tutti i lavoratori del loro diritto di ricevere le informazioni di cui al paragrafo 1 e delle attività che il lavoratore deve intraprendere per esercitare tale diritto.
4. I datori di lavoro forniscono le informazioni di cui al paragrafo 1 entro un termine ragionevole, ma in ogni caso entro due mesi dalla data in cui è presentata la richiesta.
5. Ai lavoratori non può essere impedito di rendere nota la propria retribuzione ai fini dell’attuazione del principio della parità di retribuzione. In particolare, gli Stati membri attuano misure che vietano clausole contrattuali che limitino la facoltà dei lavoratori di rendere note informazioni sulla propria retribuzione.
6. I datori di lavoro possono esigere che i lavoratori che abbiano ottenuto informazioni a norma del presente articolo diverse da quelle relative alla propria retribuzione o al proprio livello retributivo non utilizzino tali informazioni per fini diversi dall’esercizio del loro diritto alla parità di retribuzione.
Articolo 8
Accessibilità delle informazioni
I datori di lavoro forniscono tutte le informazioni condivise con i lavoratori o i candidati a un impiego a norma degli articoli 5, 6 e 7 in un formato che sia accessibile alle persone con disabilità e che tenga conto delle loro esigenze particolari.
Articolo 9
Comunicazioni di informazioni sul divario retributivo tra lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile
1. Gli Stati membri provvedono affinché i datori di lavoro forniscano le informazioni seguenti relative alla loro organizzazione, conformemente al presente articolo:
a) il divario retributivo di genere;
b) il divario retributivo di genere nelle componenti complementari o variabili;
c) il divario retributivo mediano di genere;
d) il divario retributivo mediano di genere nelle componenti complementari o variabili;
e) la percentuale di lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile che ricevono componenti complementari o variabili;
f) la percentuale di lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile in ogni quartile retributivo;
g) il divario retributivo di genere tra lavoratori per categorie di lavoratori ripartito in base al salario o allo stipendio normale di base e alle componenti complementari o variabili.
2. I datori di lavoro con almeno 250 lavoratori forniscono, entro il 7 giugno 2027 e successivamente ogni anno, le informazioni di cui al paragrafo 1 relative all’anno civile precedente.
3. I datori di lavoro che hanno tra i 150 e i 249 lavoratori forniscono, entro il 7 giugno 2027 e successivamente ogni tre anni, le informazioni di cui al paragrafo 1 relative all’anno civile precedente.
4. I datori di lavoro che hanno tra i 100 e i 149 lavoratori forniscono, entro il 7 giugno 2031 e successivamente ogni tre anni, le informazioni di cui al paragrafo 1 relative all’anno civile precedente.
5. Gli Stati membri non impediscono ai datori di lavoro con meno di 100 lavoratori di fornire le informazioni di cui al paragrafo 1 su base volontaria. Gli Stati membri possono, in base al diritto nazionale, imporre ai datori di lavoro con meno di 100 lavoratori di fornire informazioni sulla retribuzione.
6. L’esattezza delle informazioni è confermata dalla dirigenza del datore di lavoro, previa consultazione dei rappresentanti dei lavoratori. I rappresentanti dei lavoratori hanno accesso alle metodologie applicate dal datore di lavoro.
7. Le informazioni di cui al paragrafo 1, lettere da a) a g), del presente articolo sono comunicate all’autorità incaricata della compilazione e della pubblicazione di tali dati a norma dell’articolo 29, paragrafo 3, lettera c). Il datore di lavoro può pubblicare le informazioni di cui al paragrafo 1, lettere da a) a f), del presente articolo sul proprio sito web o renderle pubblicamente disponibili in altra maniera.
8. Gli Stati membri possono compilare essi stessi le informazioni di cui al paragrafo 1, lettere da a) a f), del presente articolo sulla base di dati amministrativi quali, ad esempio, i dati forniti dai datori di lavoro alle autorità fiscali o di sicurezza sociale. Le informazioni sono rese pubbliche conformemente all’articolo 29, paragrafo 3, lettera c).
9. I datori di lavoro forniscono le informazioni di cui al paragrafo 1, lettera g), a tutti i propri lavoratori e ai loro rappresentanti e le trasmettono all’ispettorato del lavoro e all’organismo per la parità su richiesta. Anche le informazioni relative ai quattro anni precedenti, se disponibili, sono fornite su richiesta.
10. I lavoratori, i rappresentanti dei lavoratori, gli ispettorati del lavoro e gli organismi per la parità hanno il diritto di chiedere ai datori di lavoro chiarimenti e dettagli ulteriori in merito a qualsiasi dato fornito, comprese spiegazioni su eventuali differenze retributive di genere. I datori di lavoro rispondono a tali richieste entro un termine ragionevole fornendo una risposta motivata. Qualora le differenze retributive di genere non siano motivate sulla base di criteri oggettivi e neutri sotto il profilo del genere, i datori di lavoro pongono rimedio alla situazione entro un termine ragionevole in stretta collaborazione con i rappresentanti dei lavoratori, l’ispettorato del lavoro e/o l’organismo per la parità.
Articolo 10
Valutazione congiunta delle retribuzioni
1. Gli Stati membri adottano misure appropriate per garantire che i datori di lavoro soggetti all’obbligo di comunicazione di informazioni sulle retribuzioni a norma dell’articolo 9 effettuino, in cooperazione con i rappresentanti dei propri lavoratori, una valutazione congiunta delle retribuzioni qualora siano soddisfatte tutte le condizioni seguenti:
a) le informazioni sulle retribuzioni rivelano una differenza del livello retributivo medio tra lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile pari ad almeno il 5% in una qualsiasi categoria di lavoratori;
b) il datore di lavoro non ha motivato tale differenza di livello retributivo medio sulla base di criteri oggettivi e neutri sotto il profilo del genere;
c) il datore di lavoro non ha corretto tale differenza immotivata di livello retributivo medio entro sei mesi dalla data della comunicazione delle informazioni sulle retribuzioni.
2. La valutazione congiunta delle retribuzioni è effettuata al fine di individuare, correggere e prevenire differenze retributive tra lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile che non sono motivate sulla base di criteri oggettivi e neutri sotto il profilo del genere e comprende gli elementi seguenti:
a) un’analisi della percentuale di lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile in ciascuna categoria di lavoratori;
b) informazioni sui livelli retributivi medi dei lavoratori di sesso femminile e maschile e sulle componenti complementari o variabili, per ciascuna categoria di lavoratori;
c) eventuali differenze nei livelli retributivi medi tra lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile in ciascuna categoria di lavoratori;
d) le ragioni di tali differenze nei livelli retributivi medi, sulla base di criteri oggettivi e neutri sotto il profilo del genere, se del caso, stabilite congiuntamente dai rappresentanti dei lavoratori e dal datore di lavoro;
e) la percentuale di lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile che hanno beneficiato di un miglioramento delle retribuzioni in seguito al loro rientro dal congedo di maternità o di paternità, dal congedo parentale o dal congedo per i prestatori di assistenza, se tale miglioramento si è verificato nella categoria di lavoratori pertinente durante il periodo in cui è stato fruito il congedo;
f) misure volte ad affrontare le differenze di retribuzione se non sono motivate sulla base di criteri oggettivi e neutri sotto il profilo del genere;
g) una valutazione dell’efficacia delle misure derivanti da precedenti valutazioni congiunte delle retribuzioni.
3. I datori di lavoro mettono la valutazione congiunta delle retribuzioni a disposizione dei lavoratori e dei rappresentanti dei lavoratori e la comunicano all’organismo di monitoraggio a norma dell’articolo 29, paragrafo 3, lettera d). Essi mettono tale valutazione a disposizione dell’ispettorato del lavoro e dell’organismo per la parità, su richiesta.
4. Nell’attuare le misure derivanti dalla valutazione congiunta delle retribuzioni, il datore di lavoro corregge le differenze di retribuzione immotivate entro un periodo di tempo ragionevole, in stretta collaborazione con i rappresentanti dei lavoratori, conformemente al diritto e/o alle prassi nazionali. L’ispettorato del lavoro e/o l’organismo per la parità possono essere invitati a prendere parte alla procedura. L’attuazione delle misure comprende un’analisi degli attuali sistemi di valutazione e classificazione professionale neutri sotto il profilo del genere o l’istituzione di tali sistemi per garantire l’esclusione di qualsiasi discriminazione retributiva diretta o indiretta fondata sul sesso.
Articolo 11
Sostegno ai datori di lavoro con meno di 250 lavoratori
Gli Stati membri forniscono sostegno, sotto forma di assistenza tecnica e formazione, ai datori di lavoro con meno di 250 lavoratori e ai rappresentanti dei lavoratori interessati, per facilitarne il rispetto degli obblighi stabiliti dalla presente direttiva.
Articolo 12
Protezione dei dati
1. Nella misura in cui le informazioni fornite in applicazione delle misure adottate a norma degli articoli 7, 9 e 10 comportano il trattamento di dati personali, esse sono fornite in conformità del regolamento (UE) 2016/679.
2. I dati personali trattati a norma degli articoli 7, 9 o 10 della presente direttiva non sono utilizzati per scopi diversi dall’applicazione del principio della parità di retribuzione.
3. Gli Stati membri possono decidere che, qualora la divulgazione di informazioni a norma degli articoli 7, 9 e 10 comporti la divulgazione, diretta o indiretta, della retribuzione di un lavoratore identificabile, solo i rappresentanti dei lavoratori, l’ispettorato del lavoro o l’organismo per la parità abbiano accesso a tali informazioni. I rappresentanti dei lavoratori o l’organismo per la parità forniscono consulenza ai lavoratori in merito a un eventuale ricorso a norma della presente direttiva senza divulgare i livelli retributivi effettivi dei singoli lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore. Ai fini del monitoraggio a norma dell’articolo 29, le informazioni sono rese disponibili senza restrizioni.
Articolo 13
Dialogo sociale
Fatta salva l’autonomia delle parti sociali e conformemente al diritto e alle prassi nazionali, gli Stati membri adottano misure adeguate affinché le parti sociali siano effettivamente coinvolte, attraverso un confronto riguardante i diritti e gli obblighi stabiliti nella presente direttiva, se del caso, su richiesta di tali parti.
Fatta salva l’autonomia delle parti sociali e tenendo conto della diversità delle prassi nazionali, gli Stati membri adottano misure adeguate a promuovere il ruolo delle parti sociali e incoraggiare l’esercizio del diritto di contrattazione collettiva in relazione alle misure volte a contrastare la discriminazione retributiva e il relativo impatto negativo sulla valutazione dei lavori svolti prevalentemente da lavoratori di un solo sesso.
CAPO III
MEZZI DI TUTELA E APPLICAZIONE
Articolo 14
Tutela dei diritti
Gli Stati membri provvedono affinché, dopo un eventuale ricorso alla conciliazione, tutti i lavoratori che si ritengono lesi dalla mancata applicazione del principio della parità di retribuzione possano disporre di procedimenti giudiziari finalizzati all’applicazione dei diritti e degli obblighi connessi al principio della parità di retribuzione. Tali procedimenti sono facilmente accessibili ai lavoratori e alle persone che agiscono per loro conto, anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro nell’ambito del quale si presume si sia verificata la discriminazione.
Articolo 15
Procedure per conto o a sostegno dei lavoratori
Gli Stati membri provvedono affinché le associazioni, le organizzazioni, gli organismi per la parità e i rappresentanti dei lavoratori o altri soggetti giuridici che, conformemente ai criteri stabiliti dal diritto nazionale, hanno un legittimo interesse a garantire la parità tra uomini e donne, possano dare avvio a qualsiasi procedimento amministrativo o giudiziario relativo a una presunta violazione dei diritti o degli obblighi connessi al principio della parità di retribuzione. Gli stessi possono agire per conto o a sostegno di lavoratori che sono presunte vittime di una violazione di qualsiasi diritto o obbligo connesso al principio della parità di retribuzione, con il consenso di tali persone.
Articolo 16
Diritto al risarcimento
1. Gli Stati membri provvedono affinché qualsiasi lavoratore che abbia subito un danno a seguito di una violazione di un diritto o di un obbligo connesso al principio della parità di retribuzione abbia il diritto di chiedere e ottenere il pieno risarcimento o la piena riparazione, come stabilito dallo Stato membro, per tale danno.
2. Il risarcimento o la riparazione di cui al paragrafo 1 costituiscono un risarcimento o una riparazione reali ed effettivi per il danno subito, secondo le modalità stabilite dallo Stato membro, in modo dissuasivo e proporzionato.
3. Il risarcimento o la riparazione pongono il lavoratore che ha subito un danno nella posizione in cui la persona si sarebbe trovata se non fosse stata discriminata in base al sesso o se non si fosse verificata alcuna violazione dei diritti o degli obblighi connessi al principio della parità di retribuzione. Gli Stati membri assicurano che il risarcimento o la riparazione comprendano il recupero integrale delle retribuzioni arretrate e dei relativi bonus o pagamenti in natura, il risarcimento per le opportunità perse, il danno immateriale, i danni causati da altri fattori pertinenti che possono includere la discriminazione intersezionale, nonché gli interessi di mora.
4. Il risarcimento o la riparazione non sono limitati dalla fissazione a priori di un massimale.
Articolo 17
Altri mezzi di tutela
1. Gli Stati membri provvedono affinché, in caso di violazione dei diritti o degli obblighi connessi al principio della parità di retribuzione, le autorità competenti o gli organi giurisdizionali nazionali possano emettere, conformemente al diritto nazionale, su richiesta della parte ricorrente e a spese del convenuto:
a) un provvedimento che ponga fine alla violazione;
b) un provvedimento per adottare misure volte a garantire che i diritti o gli obblighi connessi al principio della parità di retribuzione siano applicati.
2. Qualora il convenuto non si conformi a un provvedimento emesso a norma del paragrafo 1, gli Stati membri provvedono affinché le loro autorità competenti o gli organi giurisdizionali nazionali possano, se del caso, emettere un’ingiunzione di pagamento di una pena pecuniaria suscettibile di essere reiterata, al fine di garantirne l’esecuzione.
Articolo 18
Inversione dell’onere della prova
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie, secondo i loro sistemi giudiziari, affinché spetti alla parte convenuta provare l’insussistenza della discriminazione retributiva diretta o indiretta ove i lavoratori che si ritengono lesi dalla mancata osservanza nei propri confronti del principio della parità di retribuzione abbiano prodotto dinanzi a un’autorità competente o a un organo giurisdizionale nazionale elementi di fatto in base ai quali si possa presumere che ci sia stata discriminazione diretta o indiretta.
2. Qualora un datore di lavoro non abbia attuato gli obblighi in materia di trasparenza retributiva di cui agli articoli 5, 6, 7, 9 e 10, gli Stati membri provvedono affinché spetti al datore di lavoro dimostrare, nei procedimenti amministrativi o giudiziari riguardanti una presunta discriminazione retributiva diretta o indiretta, che non vi è stata una siffatta discriminazione.
Il primo comma del presente paragrafo non si applica se il datore di lavoro dimostra che la violazione degli obblighi di cui agli articoli 5, 6, 7, 9 e 10 è stata manifestamente involontaria e di lieve entità.
3. La presente direttiva non osta a che gli Stati membri introducano norme probatorie più favorevoli al lavoratore che dà avvio a un procedimento amministrativo o giudiziario per presunta violazione di uno qualsiasi dei diritti o degli obblighi connessi al principio della parità di retribuzione.
4. Gli Stati membri non sono tenuti ad applicare il paragrafo 1 alle procedure e ai procedimenti in cui l’istruttoria spetta all’autorità competente o all’organo giurisdizionale nazionale.
5. Salvo diversa disposizione del diritto nazionale, il presente articolo non si applica ai procedimenti penali.
Articolo 19
Elementi comprovanti lo stesso lavoro o il lavoro di pari valore
1. Nel determinare se i lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile svolgano lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore, la valutazione volta a stabilire se i lavoratori si trovano in una situazione analoga non si limita alle situazioni in cui i lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile lavorano per lo stesso datore di lavoro, ma è estesa alla fonte unica che stabilisce le condizioni retributive. Per fonte unica si intende quella che stabilisce gli elementi di retribuzione pertinenti per il confronto tra lavoratori.
2. La valutazione volta a stabilire se i lavoratori si trovano in una situazione analoga non è limitata ai lavoratori che sono impiegati contemporaneamente al lavoratore interessato.
3. Qualora non sia possibile individuare un riferimento reale, è consentito utilizzare qualsiasi altro elemento di prova per dimostrare una presunta discriminazione retributiva, comprese statistiche o un confronto sul modo in cui un lavoratore sarebbe trattato in una situazione analoga.
Articolo 20
Accesso alle prove
1. Gli Stati membri provvedono affinché, nei procedimenti relativi a un ricorso in materia di parità di retribuzione, le autorità competenti o gli organi giurisdizionali nazionali possano ordinare al convenuto di divulgare qualsiasi elemento di prova pertinente che rientri nel controllo del convenuto stesso, conformemente al diritto e alle prassi nazionali.
2. Gli Stati membri provvedono affinché le autorità competenti o gli organi giurisdizionali nazionali dispongano del potere di ordinare la divulgazione delle prove che contengono informazioni riservate ove le ritengano rilevanti ai fini del ricorso in materia di parità di retribuzione. Gli Stati membri provvedono affinché, allorquando ordinano la divulgazione di siffatte informazioni, le autorità competenti o gli organi giurisdizionali nazionali dispongano di misure efficaci per tutelarle, conformemente alle norme procedurali nazionali.
3. Il presente articolo non osta a che gli Stati membri mantengano o introducano un regime probatorio più favorevole alla parte ricorrente.
Articolo 21
Termini di prescrizione
1. Gli Stati membri provvedono affinché le norme nazionali applicabili ai termini di prescrizione per presentare ricorsi in materia di parità di retribuzione stabiliscano quando iniziano a decorrere tali termini, la loro durata e le circostanze in cui possono essere sospesi o interrotti. I termini di prescrizione non iniziano a decorrere prima che la parte ricorrente sia a conoscenza, o si possa ragionevolmente presumere che sia a conoscenza, di una violazione. Gli Stati membri possono decidere che i termini di prescrizione non inizino a decorrere mentre è in corso la violazione o prima della cessazione del contratto di lavoro o del rapporto di lavoro. Tali termini di prescrizione non sono inferiori a tre anni.
2. Gli Stati membri provvedono affinché un termine di prescrizione sia sospeso o interrotto, in base al diritto nazionale, non appena una parte ricorrente intraprende un’azione sottoponendo il reclamo all’attenzione del datore di lavoro o avviando un procedimento dinanzi a un organo giurisdizionale, direttamente o per mezzo dei rappresentanti dei lavoratori, dell’ispettorato del lavoro o dell’organismo per la parità.
3. Il presente articolo non si applica alle norme sui termini di decadenza dei ricorsi.
Articolo 22
Spese legali
Gli Stati membri provvedono affinché, qualora un procedimento relativo a un ricorso in materia di discriminazione retributiva abbia esito positivo per il convenuto, gli organi giurisdizionali nazionali possano valutare, conformemente al diritto nazionale, se la parte ricorrente soccombente abbia motivi ragionevoli per presentare ricorso e, in tal caso, se sia opportuno non esigere che tale parte ricorrente sostenga le spese di causa.
Articolo 23
Sanzioni
1. Gli Stati membri stabiliscono le norme relative a sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive applicabili in caso di violazione dei diritti e degli obblighi connessi al principio della parità di retribuzione. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per garantire che tali norme siano attuate e notificano senza ritardo alla Commissione tali norme e misure così come ogni eventuale modifica successiva che le riguardi.
2. Gli Stati membri provvedono affinché le sanzioni di cui al paragrafo 1 garantiscano un reale effetto deterrente per quanto riguarda le violazioni di diritti e obblighi connessi al principio della parità di retribuzione. Tali sanzioni comprendono ammende la cui fissazione è basata sul diritto nazionale.
3. Le sanzioni di cui al paragrafo 1 tengono conto di eventuali fattori aggravanti o attenuanti pertinenti applicabili alle circostanze della violazione, che possono includere la discriminazione intersezionale.
4. Gli Stati membri provvedono affinché si applichino sanzioni specifiche in caso di violazioni ripetute dei diritti e degli obblighi connessi al principio della parità di retribuzione.
5. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per garantire che le sanzioni previste a norma del presente articolo siano applicate con efficacia nella pratica.
Articolo 24
Parità di retribuzione negli appalti pubblici e nelle concessioni
1. Le misure adeguate che gli Stati membri adottano a norma dell’articolo 30, paragrafo 3, della direttiva 2014/23/UE, dell’articolo 18, paragrafo 2, della direttiva 2014/24/UE e dell’articolo 36, paragrafo 2, della direttiva 2014/25/UE comprendono misure volte a garantire che, nell’esecuzione di appalti pubblici o concessioni, gli operatori economici rispettino i loro obblighi connessi al principio della parità di retribuzione.
2. Gli Stati membri considerano la possibilità di imporre alle amministrazioni aggiudicatrici l’introduzione, se del caso, di sanzioni e condizioni di risoluzione che garantiscono il rispetto del principio della parità di retribuzione nell’esecuzione degli appalti pubblici e delle concessioni. Qualora le autorità degli Stati membri agiscano in conformità dell’articolo 38, paragrafo 7, lettera a), della direttiva 2014/23/UE, dell’articolo 57, paragrafo 4, lettera a), della direttiva 2014/24/UE o dell’articolo 80, paragrafo 1, della direttiva 2014/25/UE in combinato disposto con l’articolo 57, paragrafo 4, lettera a), della direttiva 2014/24/UE, le autorità contraenti possono escludere, o possono essere obbligate dagli Stati membri a escludere, dalla partecipazione a una procedura di appalto pubblico qualsiasi operatore economico se sono in grado di dimostrare con qualsiasi mezzo adeguato la violazione degli obblighi di cui al paragrafo 1 del presente articolo in relazione al mancato rispetto degli obblighi di trasparenza retributiva o a un divario retributivo superiore al 5%, non motivato dal datore di lavoro sulla base di criteri oggettivi e neutri sotto il profilo del genere, in una qualsiasi categoria di lavoratori. Ciò non pregiudica eventuali altri diritti o obblighi di cui alle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE o 2014/25/UE.
Articolo 25
Vittimizzazione e protezione contro trattamenti meno favorevoli
1. I lavoratori e i rappresentanti dei lavoratori non sono trattati in modo meno favorevole per il fatto di aver esercitato i loro diritti in materia di parità di retribuzione o di aver sostenuto un’altra persona a tutela dei diritti di quest’ultima.
2. Gli Stati membri introducono nei rispettivi ordinamenti giuridici le disposizioni necessarie per proteggere i lavoratori, inclusi i lavoratori che sono rappresentanti dei lavoratori, dal licenziamento o da altro trattamento sfavorevole da parte di un datore di lavoro, quale reazione ad un reclamo all’interno dell’organizzazione del datore di lavoro o ad un procedimento amministrativo o giudiziario ai fini dell’applicazione dei diritti o degli obblighi connessi al principio della parità di retribuzione.
Articolo 26
Rapporto con la direttiva 2006/54/CE
Il capo III della presente direttiva si applica ai procedimenti riguardanti diritti o obblighi connessi al principio della parità di retribuzione di cui all’articolo 4 della direttiva 2006/54/CE.
CAPO IV
DISPOSIZIONI ORIZZONTALI
Articolo 27
Livello di protezione
1. Gli Stati membri possono introdurre o mantenere disposizioni più favorevoli ai lavoratori rispetto a quelle stabilite nella presente direttiva.
2. L’attuazione della presente direttiva non può in alcun caso costituire motivo di riduzione del livello di protezione nei settori contemplati dalla presente direttiva.
Articolo 28
Organismi per la parità
1. Fatta salva la competenza degli ispettorati del lavoro o di altri organismi deputati a garantire i diritti dei lavoratori, comprese le parti sociali, gli organismi per la parità sono competenti per le questioni che rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva.
2. Gli Stati membri adottano, conformemente al diritto e alle prassi nazionali, misure attive per garantire una cooperazione e un coordinamento stretti tra gli ispettorati del lavoro, gli organismi per la parità e, se del caso, le parti sociali, per quanto riguarda il principio della parità di retribuzione.
3. Gli Stati membri forniscono ai rispettivi organismi per la parità le risorse adeguate necessarie per svolgere efficacemente le loro funzioni in relazione al rispetto del diritto alla parità di retribuzione.
Articolo 29
Monitoraggio e sensibilizzazione
1. Gli Stati membri garantiscono un monitoraggio e un sostegno costanti e coordinati dell’applicazione del principio della parità di retribuzione nonché l’applicazione di tutti i mezzi di tutela disponibili.
2. Ciascuno Stato membro designa un organismo incaricato di monitorare e sostenere l’attuazione delle misure di attuazione della presente direttiva («organismo di monitoraggio») e adotta le disposizioni necessarie per il suo corretto funzionamento. L’organismo di monitoraggio può far parte di un organismo o di una struttura esistente a livello nazionale. Gli Stati membri possono designare più di un organismo ai fini della sensibilizzazione e della raccolta dei dati, a condizione che le funzioni di monitoraggio e analisi di cui al paragrafo 3, lettere b), c) ed e), siano assicurate da un organismo centrale.
3. Gli Stati membri provvedono affinché l’organismo di monitoraggio espleti, tra l’altro, i compiti seguenti:
a) sensibilizzare le imprese e le organizzazioni pubbliche e private, le parti sociali e i cittadini al fine di promuovere il principio della parità di retribuzione e il diritto alla trasparenza retributiva, anche affrontando la discriminazione intersezionale in relazione alla parità di retribuzione per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore;
b) analizzare le cause del divario retributivo di genere e mettere a punto strumenti che contribuiscano a valutare le disparità retributive, avvalendosi in particolare del lavoro e degli strumenti di analisi dell’EIGE;
c) raccogliere i dati ricevuti dai datori di lavoro a norma dell’articolo 9, paragrafo 7, pubblicare tempestivamente i dati di cui all’articolo 9, paragrafo 1, lettere da a) a f), in modo facilmente accessibile e fruibile, consentendo un confronto agevole tra datori di lavoro, settori e regioni dello Stato membro interessato, e garantire che i dati dei quattro anni precedenti, ove disponibili, siano accessibili;
d) raccogliere le relazioni di valutazione congiunta delle retribuzioni a norma dell’articolo 10, paragrafo 3;
e) aggregare i dati sul numero e sul tipo di reclami in materia di discriminazione retributiva presentati dinanzi alle autorità competenti, compresi gli organismi per la parità, e sui ricorsi presentati dinanzi agli organi giurisdizionali nazionali.
4. Entro il 7 giugno 2028 e successivamente ogni due anni, gli Stati membri trasmettono alla Commissione, in un unico invio, i dati di cui al paragrafo 3, lettere c), d) ed e).
Articolo 30
Contrattazione e azioni collettive
La presente direttiva non pregiudica in alcun modo il diritto di negoziare, concludere e applicare contratti collettivi o di intraprendere azioni collettive conformemente al diritto o alle prassi nazionali.
Articolo 31
Statistiche
Gli Stati membri trasmettono su base annuale alla Commissione (Eurostat) dati nazionali aggiornati per il calcolo del divario retributivo di genere in forma grezza. Tali statistiche, calcolate su base annua, sono suddivise per sesso, settore economico, orario di lavoro (tempo pieno/tempo parziale), controllo economico (pubblico/privato) ed età.
I dati di cui al primo comma sono trasmessi a decorrere dal 31 gennaio 2028 per l’anno di riferimento 2026.
Articolo 32
Diffusione di informazioni
Gli Stati membri adottano misure attive affinché le disposizioni adottate a norma della presente direttiva, unitamente alle pertinenti disposizioni già in vigore, siano portate con tutti i mezzi opportuni a conoscenza delle persone interessate in tutto il territorio nazionale.
Articolo 33
Attuazione
Gli Stati membri possono affidare alle parti sociali l’attuazione della presente direttiva, conformemente al diritto e/o alle prassi nazionali concernenti il ruolo delle parti sociali, e a condizione che gli Stati membri adottino tutte le disposizioni necessarie per essere sempre in grado di assicurare i risultati prescritti dalla presente direttiva. I compiti di attuazione affidati alle parti sociali possono comprendere:
a) la messa a punto di strumenti o metodologie di analisi di cui all’articolo 4, paragrafo 2;
b) sanzioni pecuniarie equivalenti alle ammende, purché siano efficaci, proporzionate e dissuasive.
Articolo 34
Recepimento
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 7 giugno 2026. Essi ne informano immediatamente la Commissione.
Nell’informare la Commissione, gli Stati membri forniscono anche una sintesi dei risultati di una valutazione relativa all’impatto dell’atto delle loro misure di recepimento sui lavoratori e sui datori di lavoro con meno di 250 lavoratori e un riferimento circa il luogo di pubblicazione di tale valutazione.
2. Quando gli Stati membri adottano le misure di cui al paragrafo 1, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri.
Articolo 35
Comunicazione di informazioni e riesame
1. Entro il 7 giugno 2031 gli Stati informano la Commissione in merito all’applicazione della presente direttiva e al suo impatto pratico.
2. Entro il 7 giugno 2033, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’attuazione della presente direttiva. La relazione esamina, tra l’altro, le soglie per i datori di lavoro di cui agli articoli 9 e 10, nonché la soglia del 5% per l’innesco della valutazione congiunta delle retribuzioni di cui all’articolo 10, paragrafo 1. La Commissione propone, se opportuno le modifiche legislative che ritiene necessarie sulla base di tale relazione.
Articolo 36
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 37
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
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