AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 04 marzo 2021, n. 148
Utilizzo Plafond Iva da parte di soggetti passivi non stabiliti
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
Alfa (di seguito la “Società” o “Istante”) è una società con sede legale in uno Stato membro Ue, identificata direttamente ai fini IVA in Italia e appartenente al gruppo… Beta, la cui attività consiste nella progettazione e commercializzazione di prodotti chirurgici. In Italia la Società svolge l’attività di commercio all’ingrosso di prodotti medicali e ortopedici.
In particolare, le operazioni effettuate dalla Società in Italia possono essere così sintetizzate:
– per quanto riguarda il ciclo passivo, la Società acquista i suddetti prodotti medico-ortopedici sia attraverso importazioni sia attraverso acquisti intracomunitari assimilati di beni propri;
– per quanto riguarda il ciclo attivo, la Società, in parte vende i suddetti beni nei confronti di soggetti passivi stabiliti in Italia per i quali si applica il meccanismo dell’inversione contabile ai sensi dell’art. 17, comma 2, D.P.R. 633/72, e in parte li spedisce in altri Stati membri dell’Unione Europea (vendite intracomunitarie assimilate non imponibili ai sensi dell’art. 41, comma 2, lett. c) del D.L. n. 331/1993).
In sostanza, la Società non addebita l’IVA per le operazioni attive effettuate in Italia.
Nell’ambito delle menzionate attività di acquisto e vendita, la Società si ritrova strutturalmente in una posizione di credito IVA, con la conseguente necessità di richiedere il rimborso del credito IVA stesso ai sensi dell’art. 30, comma 3, lett. c) del DPR 633/1972.
La Società intende avvalersi del regime IVA previsto per gli esportatori abituali, il quale consente di acquistare e importare beni e servizi senza il pagamento dell’IVA, nei limiti del cosiddetto plafond.
Ciò premesso, in relazione al caso concreto sopra descritto, l’istante, sul presupposto di essere un esportatore abituale, è interessato ad ottenere conferma di poter acquistare ed importare beni e servizi senza pagamento dell’IVA utilizzando il plafond di cui all’art. 8, comma 1, lettera c) e 8, comma 2, del DPR 633 del 1972, come integrato dal D.Lgs. 29 dicembre 1983, n. 746 (n.d.r. D.L. 29 dicembre 1983, n. 746) e successive modifiche.
La questione interpretativa deriva dal fatto che il legislatore utilizza la locuzione “se residenti” nel far riferimento ai soggetti beneficiari dell’istituto del plafond, come previsto all’art. 8, comma 2, del D.P.R. 633 del 1972; l’interpretazione letterale della citata disposizione sembra escludere i contribuenti non residenti (come la Società) dalla possibilità di avvalersi dello status di esportatore abituale
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
In merito al quesito posto, l’istante ritiene di essere legittimato ad acquistare e importare la merce senza assolvere IVA, nei limiti del plafond disponibile, rivestendo la qualifica di esportatore abituale.
Tale comportamento sarebbe coerente alle indicazioni fornite dalla risoluzione n. 80/E del 4 agosto 2011, che ha esteso la possibilità di avvalersi del regime degli esportatori abituali anche a soggetti non stabiliti in Italia, ma ivi identificati ai fini dell’IVA e dalla risoluzione n. 102 del 21 giugno 1999, che ha riconosciuto anche ai rappresentanti fiscali di società non residenti la facoltà di esercitare il diritto di acquistare beni e/o servizi ovvero importare beni senza l’applicazione dell’imposta con l’utilizzo del plafond. Inoltre, le indicazioni fornite dalla citata risoluzione n. 80 sarebbero conformi all’articolo 164 della Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, che concede genericamente la possibilità di fruire del regime a qualsiasi “soggetto passivo”, senza alcuna limitazione basata sul luogo di stabilimento.
Parere dell’agenzia delle entrate
Con riferimento al quesito rappresentato, si osserva quanto segue.
L’articolo 8, secondo comma, del Decreto del Presidente della Repubblica del 26/10/1972 n. 633 (di seguito DPR n. 633 del 1972) consente a coloro che effettuano esportazioni di cui alle lettere a) e b) del primo comma di effettuare, dietro presentazione di una dichiarazione d’intento, acquisti senza il pagamento dell’ IVA, nei limiti dell’ammontare complessivo dei corrispettivi delle cessioni di cui alle stesse lettere, fatte nel corso dell’anno solare precedente ovvero nei dodici mesi precedenti, come consentito dall’art. 2, comma 2, della legge 18 febbraio 1997, n. 28 (detto ammontare rappresenta, rispettivamente, il c.d. plafond fisso e il c.d. plafond mobile).
Ciò a condizione che – come stabilito dall’art. 1 del D.L. 29 dicembre 1983, n. 746, convertito dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17 – l’ammontare di tali corrispettivi sia superiore al dieci per cento del volume d’affari; l’art. 41, comma 4, del D.L. 30 agosto 1993, n. 331 stabilisce che i corrispettivi delle cessioni intracomunitarie concorrono alla determinazione del c.d. plafond ed alle relative percentuali necessarie per l’effettuazione di acquisti senza pagamento dell’ IVA.
L’art. 8, primo comma, lettera c), del DPR 633 del 1972 prevede che siano non imponibili le cessioni di beni, diversi dai fabbricati e dalle aree edificabili, e le prestazioni di servizi rese nei confronti dei soggetti che, come detto, effettuano cessioni all’esportazione ovvero cessioni intracomunitarie e si avvalgano della sopra indicata facoltà di acquistare o importare senza pagamento dell’imposta.
Analoga facoltà, di acquistare senza pagamento dell’imposta, viene riconosciuta ai soggetti che effettuano operazioni assimilate alle esportazioni nonché servizi internazionali di cui, rispettivamente, agli artt. 8-bis e 9 del DPR n. 633 del 1972, nei limiti dei corrispettivi afferenti dette operazioni (cfr. ultimo comma di entrambi gli articoli).
Ricorrendo tali circostanze, possono effettuarsi acquisti senza pagamento dell’ IVA nei limiti del c.d. plafond maturato nell’anno precedente (o nei dodici mesi precedenti) anche quando ad effettuare le operazioni che danno accesso a tale facoltà siano – come precisato nella risoluzione 21 giugno 1999, n. 102 – soggetti esteri identificati ai fini IVA nel territorio dello Stato; l’identificazione fiscale del non residente può avvenire, in assenza di sua stabile organizzazione, direttamente, ai sensi dell’art. 35-ter del DPR n. 633 del 1972 (fattispecie nella quale si trova l’interpellante) ovvero a mezzo di un rappresentante fiscale, ai sensi dell’art. 17, terzo comma, del DPR n. 633 del 1972 (cfr. anche ris. n. 80/E del 4 agosto 2011 nella quale l’utilizzo del plafond riguardava un soggetto stabilito in Svizzera, Stato non Ue, con rappresentante fiscale in Italia).
Alla luce della prassi esistente e sopra citata (a cui si aggiunge la recente risposta n. 1 del 4 gennaio 2021) e nei limiti del presupposto, non oggettivamente riscontrabile in questa sede che l’istante, come dichiarato, assuma la qualifica di esportatore abituale, si ritiene che la disciplina del plafond IVA si applichi al caso concreto, in cui l’istante è un soggetto non residente, stabilito in uno Stato membro Ue e identificato direttamente ai fini IVA in Italia.
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