La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10213 depositata il 16 aprile 2024, intervenendo in tema di licenziamenti illegittimi, ha stabilito che “… Di tale accordo, dunque, la Corte territoriale dovrà tenere conto, atteso che in esso sono indicate le ragioni della sua stipula e vi è l’espressa previsione delle conseguenze indennitario-risarcitorie per eventuali licenziamenti illegittimi (ferma la reintegrazione, …”

La vicenda ha riguardato una dipendente di un’azienda operante nel settore lattiero-caseario, a cui la datrice di lavoro aveva notificato la risoluzione del contratto di lavoro alla conclusione di una procedura di licenziamento collettivo, giustificata dall’asserita soppressione del reparto cui era addetta. La lavoratrice impugnava il provvedimento di espulsione citando in giudizio la datrice di lavoro. Il Tribunale adito, in veste di giudice del lavoro, all’esito della fase a cognizione sommaria il Tribunale accoglieva la domanda per violazione dei criteri di scelta dei dipendenti da licenziare, ordinava la reintegrazione della ricorrente nel posto di lavoro e condannava la società a pagarle l’indennità risarcitoria in misura non superiore a dodici mensilità. La società datrice di lavoro propose opposizione, istruita la causa con ordine di esibizione ed acquisizioni documentali, il Tribunale confermava l’ordinanza e rigettava l’opposizione. La Corte d’Appello rigettava il reclamo principale proposto dalla società e quello incidentale proposto dalla dipendente. Avverso tale sentenza la società proponeva ricorso in cassazione fondato su due motivi.

I giudici di legittimità rigettavano il primo motivo del ricorso principale e accolsero il secondo; rigettavano il ricorso incidentale.

Gli Ermellini hanno evidenziato, in ordine all’accordo sindacale in deroga, che “… in quell’accordo – come riportato dalle parti – era sì previsto l’impegno a non risolvere il rapporto di lavoro mediante licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ma tale impegno era stato espressamente limitato nel tempo ad una durata di dodici mesi. Quindi non sussiste quella incompatibilità o illogicità ritenuta dalla Corte territoriale, anche perché poi il licenziamento è stato di tipo collettivo (e non per giustificato motivo oggettivo) ed è intervenuto dopo il periodo di dodici mesi. Pertanto , contrariamente all’assunto della Corte territoriale, effettivamente si è trattato di una vicenda collettiva che non sconfessa quell’impegno, anzi rispettato sul piano letterale (art. 1362 c.c.).

Sul piano dell’efficacia soggettiva, poi, come deduce e documenta l’odierna ricorrente, in data 15/02/2017 – in vista dell’imminente stipula del contratto di affitto dell’azienda – la società L.C. spa (poi cedente l’azienda) sottoscrisse verbali di conciliazione individuale in sede sindacale ex art. 411 c.p.c., nei quali ciascun lavoratore dichiarava di prendere atto che il rapporto di lavoro sarebbe proseguito e sarebbe stato disciplinato, fra l’altro, dal predetto accordo sindacale in deroga, che il lavoratore dichiarava di conoscere e di accettare. 

(…) in quell’accordo sindacale in deroga era stato anche previsto che, qualora fossero poi intervenuti un licenziamento (individuale o collettivo) illegittimo, l’indennità risarcitoria sarebbe stata corrisposta in una misura ivi prevista da un minimo di 500 ad un massimo di 1.500 euro….”

Per il Supremo consesso “… in virtù del trasferimento d’azienda (circostanza pacifica), il rapporto di lavoro è transitato alle dipendenze di C.L. srl (ora spa), ivi compresi sia gli effetti dell’accordo sindacale del 14/02/2016, sia i diritti e gli obblighi nascenti dall’accordo individuale del 15/02/2017, che a quell’accordo sindacale del 14/02/2017 faceva espresso riferimento. Anche a questo riguardo fondata, infatti, è altresì la censura di violazione dell’art.1362 c.c. ossia del criterio di interpretazione letterale, posto che nella conciliazione individuale del 15/02/2017 la lavoratrice aveva espressamente dichiarato di “conoscere ed accettare” proprio quell’accordo sindacale in deroga. …”

In altri termini per i giudici di piazza Cavour l’accordo sindacale aziendale che prevede, a fronte dell’impegno del datore di lavoro a non effettuare recessi riconducibili al giustificato motivo oggettivo per un periodo di 12 mesi e fermo restante la reintegrazione in servizio, il risarcimento del danno per la illegittimità dei licenziamenti (individuali e collettivi) intimati al termine del periodo interdetto sarebbe stato limitato a un importo tra un minimo di 500 e un massimo di 1.500 euro.

L’importanza di tale decisione risiede nel riconoscimento, della Suprema Corte, sulla legittimità da parte degli accordi di prossimità di derogare alle norme di legge che regolano le conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro. In un’altra, precedente, decisione i giudici di legittimità avevano ritenuto legittimo un accordo aziendale che derogava al periodo di preavviso nei casi di licenziamento collettivo.