La legge 98/2013 che ha convertito con modificazione il decreto legge n. 69/2013 ha introdotto la liberalizzazione (intesa come semplificazione) dagli obblighi imposte da precedenti normative a carico di chiunque offra servizi di accesso internet via wi-fi, purché essi non siano l’attività commerciale prevalente del gestore del servizio. Per cui gli esercenti, negozi, ristoranti e pubbliche amministrazioni che offrono il wi-fi a utenti e clienti non devono chiedere autorizzazioni, né identificare gli utenti né tracciarne il traffico. Vengono esclusi dalle liberalizzazioni (e tenuti ai vecchi obblighi), quindi, gli operatori tlc e gli internet point, che basano il business sull’offerta di accesso a internet. Per i soggetti sopra indicati, l’offerta di accesso alla rete internet al pubblico tramite rete wi-fi non richiede più l’identificazione personale degli utilizzatori. Sono caduti anche gli obblighi di richiedere le autorizzazioni e di tracciare il traffico dell’utente. L’obbligo di identificazione era già caduto, di fatto, nel 2011, con la scadenza di alcuni termini del Decreto Pisanu. La liberalizzazione introdotta dalla legge 98/2013 di per sé, non è quindi una novità, ma molti esercenti aspettavano comunque una norma che esplicitasse l’assenza di obblighi di identificazione. Il decreto del Fare chiarisce anche che gli esercenti non sono tenuti agli stessi obblighi previsti dal codice delle comunicazioni per gli operatori telefonici.
Infine vengono abrogati i pochi obblighi sopravvissuti con il decreto Pisanu del 2005. In più, il decreto elimina un recente obbligo di avvalersi di un tecnico installatore, iscritto a uno speciale albo, per creare reti wi-fi di una certa grandezza. Insomma, adesso un esercente, un negozio, un hotel, un ristorante, ma anche una pubblica amministrazione può liberamente mettere un hot spot, collegarlo alla rete e offrire il servizio a tutti, senza doversi preoccupare di autorizzazioni, di mettere password di accesso o tracciare il traffico. In realtà, in questi giorni vari esperti e operatori specializzati in wi-fi si sono interrogati sulle conseguenze della liberalizzazione e hanno concluso che resta consigliabile tenere traccia di chi utilizza il nostro hot spot wi-fi. Può servire per due motivi. Il primo: per discolparsi nei confronti di indagini di polizia, qualora qualche utente utilizzi la connessione per commettere reati. Il secondo: per poter costruire business e marketing innovativo sulla propria rete wi-fi, profilando i clienti, offrendo loto coupon e offerte personalizzate.
Per cui con la legge 98/2013 non trovano applicazione l’articolo 25 del codice delle comunicazioni elettroniche di cui al decreto legislativo 1° gennaio 2003, n. 259 e successive modificazioni, e l’articolo 7 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, e successive modificazioni». Tutte le aziende, inoltre, possono ora installare reti Wi-Fi liberalmente, mentre prima del decreto – in caso di installazioni con oltre 24 punti di accesso – dovevano ricorrere a tecnici iscritti a uno speciale albo (pena una multa fino a 30mila euro). Resta da vedere se alle aziende non convenga comunque tracciare i propri utenti quando offrono il Wi-Fi, allo scopo di evitare di essere incriminate per reati compiuti da questi ultimi in internet. Sul punto in Italia non c’è ancora giurisprudenza e le regole in questo caso non sono definite. Una piena liberalizzazione richiederebbe, invece, regole o sentenze che deresponsabilizzino le aziende per ciò che fanno gli utenti Wi-Fi.
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