La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 27929 depositata il 13 dicembre 2013 torna a pronunciarsi di nuovo in tema di esenzione contributiva previste per le imprese degli enti pubblici confermando l’orientamento emerso e consolidatosi con le sentenze n. 19087, n. 20818, n. 20819, n. 22318, del 2013, con riguardo ad analoga fattispecie, confermando, con articolate motivazioni, l’orientamento secondo cui la società partecipata non può identificarsi con “le imprese industriali degli enti pubblici, trattandosi di società di natura essenzialmente privata nella quale l’amministrazione pubblica esercita il controllo esclusivamente attraverso gli strumenti di diritto privato, dovendosi altresì escludere, in mancanza di una disciplina derogatoria rispetto a quella mera partecipazione – per maggioranza , ma non propria dello totalitaria, da parte dell’ente pubblico sia idonea a determinare la natura dell’organismo attraverso cui la gestione del servizio pubblico viene attuata”.
I giudici di legittimità hanno, quindi, affermato, che la forma societaria di diritto privato è per l’ente locale la modalità di gestione degli impianti consentita dalla legge e prescelta dall’ente stesso per la duttilità dello strumento giuridico, in cui il perseguimento dell’obiettivo pubblico è caratterizzato dall’accettazione delle regole del diritto privato. Quindi le società per azione a partecipazione pubblica vanno esclude dal concetto di “imprese pubbliche” (citate sentenze Cassazione)
Viene rammentato, nella lunga sentenza in commento, che la Corte costituzionale ha, poi, affermato che: la Corte di giustizia dell’Unione europea ha riconosciuto che rientra nel potere organizzativo delle autorità pubbliche degli Stati membri “autoprodurre” beni, servizi o lavori, mediante il ricorso a soggetti che, ancorché giuridicamente distinti dall’ente conferente, siano legati a quest’ultimo da una “relazione organica” (il cd. affidamento in house). Allo scopo di evitare che l’affidamento diretto a soggetti in house si risolva in una violazione dei principi del libero mercato e quindi delle regole concorrenziali, che impongono sia garantito il pari trattamento tra imprese pubbliche e private, la stessa Corte ha affermato che è possibile non osservare le regole della concorrenza a due condizioni. La prima è che l’ente pubblico svolga sulla società in house un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi; la seconda è che il soggetto affidatario realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente pubblico (citata sentenza 18 novembre 1999, in causa C-107/98, Teckal).
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