La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la Sentenza n. 28434 depositata il 19 dicembre 2013 intervenendo in tema di indennità per patologie ha statuito che non compete al dipendente il danno biologico derivante da infortunio sul lavoro da parte dell’Istituto per una lombosciatalgia verificatasi sul lavoro che, però, è stata considerata manifestazione di una patologia cronica già esistente.
La vicenda ha riguardato un dipendente che aveva subito un infortunio proponeva domanda, al Tribunale, volta ad ottenere l’indennizzo per danno biologico derivante dall’infortunio occorso al predetto. Il Tribunale adito accoglieva la richiesta del soggetto infortunato. L’INAIL impugnava la sentenza del giudice di prime cure inanzi alla Corte di Appello che riformava la sentenza di primo grado accogliendo il gravame dell’Istituto rigettando la domanda dell’infortunato.
Per la cassazione della sentenza del giudice di seconde cure, l’infortunato, proponeva ricorso, basato su due motivi di censura, alla Corte Suprema.
Gli Ermellini rigettano il ricorso del lavoratore negando la richiesta di danno biologico derivante da infortunio sul lavoro. I giudici di legittimità hanno evidenziato come dalle consulenze tecniche il lavoratore fosse già affetto da “discopatie multiple lombari” al momento dell’infortunio e, pertanto, è stato ritenuto che il presunto sforzo fisico, che per il lavoratore aveva causato la lombosciatalgia, non costituisse causa efficiente, né concausa né causa scatenante lo stato morboso del lavoratore che, quindi, si è visto negare il risarcimento.
Per i giudici del Palazzaccio nel caso di specie, il consulente tecnico – e quindi il giudice di merito – ha accertato che lo i sforzo denunciato dal lavoratore non è stato causa unica della malattia, né concausa, perché la preesistenza di una condizione ampiamente compromessa costituisce causa sufficiente dell’invalidità.
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