La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 956 depositata il 13 gennaio 2014 intervenendo in tema di reati connessi alle violazioni sulle norme per la sicurezza sui luoghi di lavoro ha riaffermato che le norme antinfortunistica a tutela dei lavoratori sono state poste dal legislatore a tutela della sicurezza anche dei terzi presenti sui luoghi di lavoro.
La vicenda ha riguardato l’amministratore unico di una società a cui veniva ascritto il reato di cui all’articolo 163 del D.Lgs. n. 81 del 2008 per avere omesso di installare la necessaria cartellonistica che informasse di una situazione di pericolo e, in particolare, di una piattaforma esistente al cancello d’ingresso del piazzale aziendale utilizzato dai mezzi di trasporto.
Per il Tribunale l’incidente avvenuto fra un automezzo in entrata e la piattaforma sovrastante l’accesso aveva evidenziato l’omissione della necessaria cautela oggetto della fattispecie legale. Per cui condannava il predetto amministratore.
L’imputato avverso la decisione di condanna, propone per il tramite del proprio difensore, ricorso, basato su due motivi di censura, alla Corte Suprema. Lamentando, in particolare, l’errata applicazione degli artt. 2 e 163 del D.Lgs. 81/2008, applicato una revisione che si dirige ai soli dipendenti del “datore di lavoro” e che non può avere come riferimento coloro che non sono legati all’azienda da un rapporto di lavoro, come appunto il conducente di un automezzo di altra ditta che faceva ingresso nel piazzale
Gli Ermellini rigettano il ricorso proposto ritenendo infondati i motivi. I giudici di legittimità hanno ritenuto di condividere il principio di diritto secondo cui ”In tema di prevenzione nei luoghi di lavoro, le norme antinfortunistiche non sono dettate soltanto per la tutela dei lavoratori nell’esercizio della loro attività, ma sono dettate anche a tutela dei terzi che si trovino nell’ambiente di lavoro, indipendentemente dall’esistenza di un rapporto di dipendenza con il titolare dell’impresa. Ne consegue che ove in tali luoghi vi siano macchine non munite dei presidi antinfortunistici e si verifichino a danno del terzo i reati di lesioni o di omicidio colposi, perché possa ravvisarsi l’ipotesi del fatto commesso con violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, di cui agli artt. 589, comma secondo, e 590, comma terzo, cod. pen., nonché la perseguibilità d’ufficio delle lesioni gravi e gravissime, ex art. 590. u.c., cod. pen., è necessario e sufficiente che sussista tra siffatta violazione e l’evento dannoso un legame causale, il quale ricorre se il fatto sia ricollegabile all’inosservanza delle predette norme secondo i principi di cui agli artt. 40 e 41 cod. pen., e cioè sempre che la presenza di soggetto passivo estraneo all’attività ed all’ambiente di lavoro, nel luogo e nel momento dell’infortunio non rivesta carattere di anormalità, atipicità ed eccezionalità tali da fare ritenere interrotto il nesso eziologico tra l’evento e la condotta inosservante, e la norma violata miri a prevenire l’incidente verificatosi“. (Cassazione sent. 23147 del 2012)
Per il giudici del Palazzaccio il predetto principio risponde all’esigenza di prevenzione in favore di tutti coloro che vengono in relazione con i luoghi di lavoro, tale dovendosi intendere anche il piazzale e il relativo accesso utilizzati per il transito e lo stazionamento dei mezzi che trasportano beni necessari per l’attività produttiva.
Per cui per la Corte di Cassazione risulta chiaro che l’accesso di un automezzo non può dirsi occasionale o imprevisto e del resto, la lettura del comma secondo dell’art.163, citato, rende evidente che al datore di lavoro è fatto obbligo di apporre tutti i segnali stradali necessari alla regolazione del traffico interno al luogo di produzione e all’opificio, cosi confermandosi in modo inequivoco la finalità e il contenuto delle regole di prevenzione che non possono che avere come riferimento tutti coloro che vengono a trovarsi coinvolti nella mobilità interna.
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