La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 665 depositata il 15 gennaio 2014 intervenendo in tema di estinzione società ha statuito che è improcedibile la causa instaurata dal fisco per il recupero delle imposte contro una società di persone cancellata dal registro delle imprese.
La vicenda ha riguardato una società di persona, cancellata dal Registro delle imprese nel 1994, a cui l’Agenzia delle Entrate notificava due avvisi di accertamento per due periodi di imposta. La società avverso gli atti impositivi proponeva ricorso inanzi alla Commissione Tributaria Provinciale che accoglieva le doglianze del ricorrente annullando gli avvisi di accertamenti. Il Fisco impugnava la sentenza del giudice di prime cure dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale che, però, confermava la decisione impugnata dal Fisco. Per i giudici di appello l’Ufficio non aveva dimostrato di avere invitato il contribuente a presentare la documentazione contabile di riferimento.
Il fisco propone ricorso alla Corte di Cassazione impugnando la decisione dei giudici di seconde cure.
Gli Ermellini rigettano il ricorso proposto dall’Ufficio rinviando alla CTR. I giudici di legittimità richiamano il principio di diritto secondo cui “La cancellazione volontaria dal registro delle imprese di una società, a partire dal momento in cui si verifica l’estinzione della società medesima, impedisce che essa possa ammissibilmente agire o essere convenuta in giudizio. Se l’estinzione della società cancellata dal registro intervenga in pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si determina un evento interruttivo del processo, disciplinato dagli artt. 299 e segg. c.p.c., con possibile successiva eventuale prosecuzione o riassunzione del medesimo giudizio da parte o nei confronti dei soci. Ove invece l’evento estintivo non sia stato fatto constare nei modi previsti dagli articoli appena citati o si sia verificato quando il farlo constare in quei modi non sarebbe più stato possibile, l’impugnazione della sentenza pronunciata nei riguardi della società deve provenire o essere indirizzata, a pena d’inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci succeduti alla società estinta. ” (Cass.S.U.n.6070/2013)
Per cui alla luce di quanto sopra l’Agenzia delle Entrate non può evocare in giudizio una società (di persone o di capitali) cancellata dal registro delle imprese. In particolare, l’impugnazione della sentenza emessa nei confronti di una società che poi si è estinta è ammissibile solamente quando è rivolta ai soci.
L’Ufficio finanziario, infatti, avrebbe dovuto indirizzare l’impugnazione avente a oggetto la sentenza di primo grado nei confronti dei soci, giacché la società nel frattempo si era estinta a seguito di cancellazione dal registro delle imprese.
Con la sentenza in commento i giudici della che hanno ritenuto che la cancellazione volontaria dal registro delle imprese di una società, a partire dal momento in cui si verifica l’estinzione della società medesima, impedisce che essa possa ammissibilmente agire o essere convenuta in giudizio. Per cui qualora l’estinzione della società cancellata dal registro intervenga in pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si determina un evento interruttivo del processo, disciplinato dagli articoli 299 e seguenti del codice di procedura civile, con possibile successiva eventuale prosecuzione o riassunzione del medesimo giudizio da parte o nei confronti dei soci. Quando invece l’evento estintivo non sia stato fatto constare nei modi previsti dagli articoli appena citati o si sia verificato quando il farlo constare in quei modi non sarebbe più stato possibile, l’impugnazione della sentenza pronunciata nei riguardi della società deve provenire o essere indirizzata, a pena d’inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci succeduti alla società estinta.
La Corte di Cassazione al termine delle motivazioni osserva che dopo la riforma del diritto societario, attuata dal D.Lgs. n. 6 del 2003, la cancellazione dal registro delle imprese estingue anche la società di persone, sebbene non tutti i rapporti giuridici a essa facenti capo siano stati definiti (cfr. Sezioni Unite, sentenza n. 6070/2013).
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