La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 608 depositata il 15 gennaio 2020 intervenendo in tema di accertamento fondato sul redditometro ha affermato che “in tema di accertamento in rettifica delle imposte sui redditi delle persone fisiche, la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cosiddetto redditometro, dispensa l’amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, giacché codesti restano individuati nei decreti medesimi. Ne consegue che è legittimo l’accertamento fondato sui predetti fattori-indice, provenienti da parametri e calcoli statistici qualificati, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione sull’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore”
La vicenda ha riguardato un contribuente, nel frattempo deceduto, a cui veniva notificato un avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate aveva proceduto, con metodo sintetico sulla base degli indici di capacità contributiva di cui ai decreti ministeriali 10 settembre 1992, 19 novembre 1992 e 24 aprile 1999, alla rideterminazione del reddito dichiarato. In particolare sulla base delle spese di mantenimento relative ad un’autovettura ed a sei compravendite di unità immobiliari. Il contribuente proponeva ricorso inanzi alla Commissione Tributaria Provinciale. In particolare, il contribuente, lamentava che la compravendita dell’immobile non poteva essere considerata quale indicatore di spesa per incremento patrimoniale, trattandosi di vendita, e non di acquisto mentre gli acquisti degli altri immobili erano stati effettuati con somme di denaro derivanti da disinvestimenti, finanziamento concesso al coniuge e somme ricevute dal figlio. I giudici di prime cure accoglievano le doglianze del ricorrente annullando l’accertamento. L’Agenzia delle Entrate impugnava la decisione della CTP con ricorso alla Commissione Tributaria Regionale. I giudici di appello riformavano la sentenza impugnata ritenendo che il possesso dell’autovettura, la proprietà di un immobile adibito a residenza e le spese per incrementi patrimoniali relative alle compravendite lasciavano presumere una capacità contributiva non rispondente a quanto dichiarato, e non rilevante ai fini della prova contraria il mutuo e il fido bancario e non documentato l’assunto che le spese fossero state sostenute con proventi provenienti dai familiari, facendo fede quanto dichiarato negli atti notarili.
La sentenza della CTR veniva impugnata, dagli eredi de contribuente nel frattempo deceduto, con ricorso in cassazione fondato su tre motivi.
Gli Ermellini accolgono il secondo motivo cassando, con rinvio, la sentenza della CTR. In particolare hanno ritenuto che “con riferimento alla determinazione sintetica del reddito complessivo netto in base ai coefficienti presuntivi individuati dai decreti ministeriali, che la prova contraria ammessa dall’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, richiedendo la dimostrazione documentale non solo della sussistenza di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche del possesso di tali redditi da parte del contribuente, implica un riferimento alla complessiva posizione reddituale dell’intero nucleo familiare, per tale intendendosi esclusivamente la famiglia naturale, costituita dai coniugi conviventi e dai figli”
Inoltre puntualizzano che la prova fornita dal contribuente “deve essere sottoposta a verifica da parte del giudice nella sua complessità, senza ricorrere ad affermazioni generiche e sommarie.”
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