La Commissione Tributaria Regionale di Roma con la sentenza n. 3142 depositata il 30 maggio 2017 accoglie il ricorso del contribuente che si era opposto all’avviso di accertamento notificatogli dall’Agenzia delle Entrate. La Commissione ha affermato che i canoni di locazione non versati dall’inquilino moroso, successivamente sfrattato per morosità, non concorrono alla formazione del reddito imponibile è non vanno riportati nella dichiarazione se il procedimento si è concluso e se il giudice conferma la morosità anche per i periodi precedenti allo sfratto.
La vicenda ha riguardato una contribuente, comproprietaria con la sorella di un immobile concesso in locazione a uso abitativo. l’Amministrazione finanziaria a seguito di un PVC, in cui la conduttrice dichiarava di aver pagato i canoni in contanti senza registrazione del contratto e che solo da un anno e mezzo non li corrispondeva più, notificava alla locatrice un avviso di accertamento per il recupero delle Imposte inerenti ai canoni non dichiarati. La contribuente avverso l’atto impositivo proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale, i cui giudici respinsero il ricorso proposto.
Avverso la decisione dei giudici di prime cure la ricorrente proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Regionale. In particolare la contribuente affermava la volontà di stipulare un contratto di natura transitoria fornendo la prova dell’esistenza del contratto transitorio. Infatti, la contribuente registrava, pagando la sanzione, il contratto di locazione, mentre il conteggio operato dal fisco risultava redatto in base all’applicazione di un contratto a uso abitativo.
Pertanto i giudici della Commissione Tributaria Regionale hanno ritenuto illegittimo l’avviso di accertamento IRPEF, nei confronti di un proprietario di un immobile concesso in locazione, qualora l’atto impositivo sia fondato sui canoni di locazione di un contratto ad uso abitativo invece del contratto di tipo transitorio stipulato dal contribuente con il conduttore. Il contratto di locazione transitorio ha efficacia ex tunc, cioè dal momento del suo sorgere, anche se registrato in ritardo con il pagamento delle relative sanzioni.
I giudici di appello precisano che qualora, come nel caso di specie, il locatore non percepisce alcun canone dal conduttore moroso (la ricorrente ha prodotto la sentenza di sfratto per morosità) cui è intimato lo sfratto per cui a suo carico non vi è alcun obbligo di dichiarazione dei redditi.
Va aggiunto, inoltre, che per un determinato lasso di tempo, l’immobile non ha prodotto alcun reddito a causa dello sfratto per morosità ma nel verbale si è rideterminato il reddito come se sia stato percepito. Il conteggio effettuato dall’Agenzia è errato e di tale fatto esiste prova certa perché c’è un atto giudiziario e la pronuncia di un giudice civile. E infatti, «la proprietaria non ha percepito alcun reddito, ma anzi ha sopportato le spese vive relative ad uno sfratto per morosità conclusosi due anni più tardi». Nessuna somma, dunque, è stata percepita e pertanto nessuna dichiarazione doveva essere effettuata. A tal proposito con la circolare n. 11/E/2014 l’Agenzia delle entrate ha chiarito che per «le locazioni ad uso abitativo i canoni non riscossi non concorrono alla formazione del reddito complessivo del locatore dal momento della conclusione del procedimento e non debbono essere riportati nella dichiarazione dei redditi se il procedimento si è concluso e nel caso in cui il giudice confermi la morosità anche per i periodi precedenti il provvedimento giurisdizionale».