La Cassazione con la sentenza n. 11623 del 15 maggio 2013 si è pronunciata sul ricorso per cassare la sentenza dei giudici di appello. Il ricorso in Cassazione è stato prodotto dall’Agenzia delle Entrate avverso la decisione della Commissione Tributaria Regionale. Le doglianze formulate indicate nel ricorso in Cassazione sono state due. L’Agenzia delle Entrate nel ricorso per Cassazione formula il seguente quesito “Dica codesta Corte se in caso di duplice attività esercitata in difetto di contabilità separata, il calcolo parametrico di cui all’art. 3 co. 181 L. 549/95, 39 e 42 d.p.r. 1973/600, art. 1 d.p.c.m. del 29.1.1996 debba investire l’intero reddito o, invece, solo quello relativo alla attività ritenuta prevalente e determinata ai sensi dell’art. 1, comma 2, seconda alinea del d.p.c.m. 29.1.1996”.
Gli Ermellini hanno ritenute fondate le ragioni inerenti al primo motivo di doglianza. Infatti affermano i giudici di legittimità ancorchè risulta evidente l’errore di percezione della Corte su fatto processuale costituito dall’esistenza grafica del quesito di diritto richiesto dall’art. 366-bis cod. proc. civ. Inoltre la Suprema Corte evidenzia che fermo restando che una sentenza di legittimità non può essere impugnata per revocazione in base all’assunto che la Corte abbia male compreso i motivi di ricorso, perché un vizio di questo tipo costituirebbe un errore di giudizio, e non un errore di fatto (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 9835 del 15/06/2012, Rv. 622982), il caso in esame si presenta obiettivamente diverso.
La Corte di Cassazione continuando nell’illustrazioni delle motivazioni logico-giuridiche a supporto della decisione afferma che “Nella specie l’affermazione dalla Corte circa l’assenza materiale del quesito di diritto dà luogo a una divergente rappresentazione dell’atto processuale rispetto alla struttura grafica del ricorso. Palese è, dunque, la configurabilità del denunciato errore revocatorio, essendo la revocanda decisione fondata sull’inesistenza di un fatto, ovverosia “il quesito di diritto”, che la realtà processuale, quale documentata dal testo del ricorso, induce ad affermare esistente senza incertezze; sicché la revocanda decisione della Corte non può dirsi essere conseguenza di errata interpretazione di risultanze processuali e, quindi, di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione esclusa dall’area sindacabile degli errori revocatori.”
Nella sentenza la Suprema Corte conferma il principio in merito al quesito formulato circa l’applicazione, in caso di esercizio di più attività in mancanza di contabilità separata, “i parametri sono applicati in relazione all’attività prevalente svolta dal contribuente, intendendosi per tale quella da cui è derivato, nel periodo di imposta, il maggiore ammontare dei ricavi o compensi. In presenza di contabilità separata vanno, invece, applicate le distinte serie di parametri che si riferiscono alle diverse attività esercitate.”
Per cui, affermano gli Ermellini, l’accertamento basato parametri affianca la procedura di cui all’art. 39 del d.p.r. 600 ed il contribuente può produrre prova contraria con la più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici (Cass. 6777/11; conf. S.U. 26635/09).
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