La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 211 depositata il 9 gennaio 2014 intervenendo in tema di accertamento induttivo ha statuito che è legittimo l’operato dell’Amministrazione finanziaria che procede alla ricostruzione reddituale del contribuente quando l’apparente regolarità contabile non dissipa i dubbi emersi da indizi gravi, precisi e concordanti.
La vicenda ha riguardato un contribuente, esercente attività di commercio al dettaglio di carne, a cui veniva notificato un avviso di accertamento con cui era stato rideterminato il reddito d’impresa del contribuente con il metodo induttivo.
L’imprenditore impugnava l’atto impositivo inanzi alla Commissione Tributaria Provinciale i cui giudici rigettavano le doglianze del ricorrente. Il contribuente impugnava la decisione del giudice di prime cure dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale. I giudici di appello in riforma della sentenza impugnata accoglievano l’appello del contribuente ed annullavano l’avviso di accertamento. In particolare i giudici distrettuali hanno ritenuto insussistenti nella fattispecie i presupposti per procedere all’accertamento induttivo del reddito, ai sensi degli artt. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 62 sexies del d.l. n. 331 del 1993 (convertito in legge n. 427 del 1993), poiché l’Ufficio non aveva contestato la regolarità della contabilità, né era ravvisabile una grave incongruenza tra i ricavi dichiarati e gli studi di settore.
Per la cassazione della sentenza del giudice di seconde cure l’Amministrazione Finanziaria proponeva ricorso, basato su due motivi di censura, alla Corte Suprema.
Gli Ermellini accolgono il primo motivo del ricorso cassando la sentenza impugnata e rinvia alla CTR. Per i giudici di legittimità In materia di accertamento delle imposte sui redditi, la presenza di contabilità formalmente regolare non impedisce l’accertamento in rettifica di cui al DPR n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), che prevede un tipo di accertamento definibile in base al processo logico adottato, analitico-induttivo, presupponendo tale accertamento l’esistenza di scritture contabili regolarmente tenute dal punto di vista formale, ma affette – in virtù di valutazioni condotte sulla base di presunzioni semplici, desunte da indizi gravi, precisi e concordanti – da incompletezze, inesattezze ed infedeltà tali da giustificare il motivato uso del potere di rettifica (Cass. nn. 8494 del 1998, 10664 del 2001, 20857 del 2007).
Occorre, infatti, distinguere le irregolarità della contabilità meno gravi, contemplate dal comma 1 dell’art. 39 cit., a fronte delle quali l’amministrazione può procedere a rettifica analitica, utilizzando gli stessi dati forniti dal contribuente, ovvero dimostrando, anche per presunzioni munite dei requisiti di cui all’art. 2729 cod. civ., l’inesattezza od incompletezza di singole componenti reddituali (ancorché di grande rilievo, quale l’ammontare dei ricavi), dai casi, di maggiore gravità, previsti dal secondo comma della medesima norma, che evidenziano un’inattendibilità globale delle scritture ed autorizzano l’amministrazione a prescindere da esse e procedere in via induttiva avvalendosi anche di semplici indizi sforniti dei requisiti necessari per costituire prova presuntiva (Cass. nn. 9097 del 2002, 27068 del 2006, 20857 del 2007, 17626 del 2008).
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