La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 7689 depositata il 6 aprile 2020 intervenendo in tema di accertamento induttivo nei confronti di una società di immobiliare ha ribadito con riferimento poi ai c.d. valori OMI che “nell’ipotesi di contestazione di maggiori ricavi derivanti dalla cessione di beni immobili, la reintroduzione, con effetto retroattivo, della presunzione semplice, ai sensi dell’art. 24, comma 5, della l. n. 88 del 2009 (legge comunitaria 2008), che ha modificato l’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 e l’art. 54 del d.P.R. n. 633 del 1972, sopprimendo la presunzione legale (relativa) di corrispondenza del prezzo della compravendita al valore normale del bene, introdotta dall’art. 35 del d.l. n. 223 del 2006 (conv. in l. n. 248 del 2006), non impedisce al Giudice tributario di fondare il proprio convincimento su di un unico elemento, purché dotato dei requisiti di precisione e di gravità. […] tuttavia non può, essere costituito dai soli valori OMI, che devono essere corroborati da ulteriori indizi, onde non incorrere nel divieto di presumptio de presumpto.”
La vicenda ha visto protagonista una società in accomandita semplice esercente l’attività di costruzione e vendita immobili. Alla società venivano notificati dall’Agenzia delle Entrate due avvisi di accertamento per maggiori ricavi non dichiarati fondante rispettivamente sia sull’accertamento analitico (art. 39, comma 1, lett. c., d.P.R. n. 600 del 1973) che sull’accertamento analitico-induttivo (lett. d del citato comma 1). Avverso tali atti impositivi la società contribuente proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale. I giudici di prime cure rigettarono le doglianze della ricorrente. La società impugnava la decisione della CTP inanzi alla Commissione Tributaria Regionale. I giudici di appello confermavano la sentenza impugnata ed in particolare ritenendo, per la rettifica con metodo analitico (relativa ad un immobile), utilizzabile e probante il contratto preliminare concluso con i successivi acquirenti, facente riferimento ad un importo maggiore rispetto a quello di effettiva vendita ed utilizzato per concludere l’inerente contratto di mutuo. Mentre in merito alla rettifica con metodo analitico-induttivo (relativa a cinque immobili) ritenne la sussistenza delle attività non dichiarate in ragione di un procedimento logico-inferenziale fondante su presunzioni semplici di riscontrata gravità, precisione e concordanza oltre che sui valori OMI. La società impugnava la decisione della CTR con ricorso in cassazione fondato su due motivi.
Gli Ermellini accolgono solo una doglianze della ricorrente precisando in tema del motivo accolto che “nel processo tributario, in forza del rinvio operato dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 alle norme del codice di procedura civile, trova applicazione l’istituto di cui all’art. 214 e ss. c.p.c., con la conseguenza che, in presenza del disconoscimento della firma – la cui tempestività, in forza della struttura del giudizio tributario, deve valutarsi con riferimento alla proposizione del ricorso con cui è impugnato l’atto impositivo fondato sulla scrittura privata – il giudice ha l’obbligo di accertare l’autenticità delle sottoscrizioni, altrimenti non utilizzabili ai fini della decisione, ed a tale accertamento procede ove ricorrano le condizioni per l’esperibilità della procedura di verificazione”
In ordine alla doglianza rigettata, i giudici di legittimità, hanno riaffermato che “In tema di accertamento induttivo, gli artt. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973, e 54, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, come modificati dall’art. 24 della l. n. 88 del 2009, hanno effetto retroattivo, in considerazione della finalità della citata l. n. 88 di adeguare l’ordinamento interno a quello comunitario, sicché, venuta meno ex tunc la presunzione legale relativa di corrispondenza del corrispettivo effettivo al valore normale del bene, introdotta nei menzionati artt. 39 e 54 dal d.l. n. 223 del 2006 (conv., con modif., dalla l. n. 248 del 2006) la prova dell’esistenza di attività non dichiarate può essere desunta anche sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti” per cui “qualora l’Ufficio abbia sufficientemente motivato, specificando gli indici di inattendibilità dei dati relativi ad alcune poste di bilancio e dimostrando la loro astratta idoneità a rappresentare una capacità contributiva non dichiarata, è assistito da presunzione di legittimità circa l’operato degli accertatori, nel senso che null’altro l’Ufficio è tenuto a provare, se non quanto emerge dal procedimento deduttivo fondato sulle risultanze esposte […] grava quindi sul contribuente l’onere di dimostrare la regolarità delle operazioni effettuate, anche in relazione alla contestata antieconomicità delle stesse, senza che sia peraltro sufficiente invocare l’apparente regolarità delle annotazioni contabili, perché proprio una tale condotta è di regola alla base di documenti emessi per operazioni inesistenti o di valore di gran lunga eccedente quello effettivo.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 06 aprile 2020, n. 7689 - Legittima la rettifica del valore di cessione dell'immobile basata oltre che su valutazione OMI anche su una gestione antieconomica dei cantieri, sullo scostamento tra le somme prese a mutuo e…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 19 novembre 2019, n. 29970 - Ai fini dell'avviso di rettifica le quotazioni OMI costituiscono uno strumento di ausilio ed indirizzo per l'esercizio della potestà di valutazione estimativa, sicché, quali nozioni di fatto…
- Corte di Cassazione, sentenza n. 17189 depositata il 15 giugno 2023 - In tema di accertamento dei redditi d’impresa, in seguito alla sostituzione dell’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 ad opera dell’art. 24, comma 5, della l. n. 88 del 2009, che, con…
- Corte di Cassazione sentenza n. 7819 depositata il 20 marzo 2019 - In tema di accertamento dei redditi d'impresa l'esistenza di attività non dichiarate può essere desunta "anche sulla base di presunzioni semplici, purchè queste siano gravi, precise e…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 05 giugno 2020, n. 10731 - In tema di accertamento dei redditi d'impresa l'esistenza di attività non dichiarate può essere desunta «anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 24 luglio 2020, n. 15876 - In tema di imposta di registro, l'avviso di liquidazione non può essere fondato esclusivamente sullo scostamento tra il corrispettivo dichiarato nell'atto di compravendita ed il valore del bene…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…
- Il giudice tributario è tenuto a valutare la corre
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5894 deposi…
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…