La Corte di Cassazione sez. tributaria con la sentenza n. 21785 del 5 dicembre 2012 intervenendo in materia di accertamento induttivo ha affermato che è legittimo l’accertamento induttivo effettuato nei confronti di società cooperative con contabilità inattendibile, a causa della mancata esibizione all’Amministrazione finanziaria delle distinte inventariali.
La vicenda è iniziato con la verifica ad una società cooperativa agricola che in in sede di accertamento fiscale non esibiva le distinte inventariali (articolo 15, comma 2, Dpr 600/1973), che erano state a suo tempo utilizzate per la compilazione dell’inventario.
L’Agenzia delle Entrate considerava, pertanto, come “inattendibili” le scritture contabili della società e, conseguentemente, effettuava, ai sensi dell’articolo 39, comma 1, lettera d), del Dpr 600/1973, un accertamento analitico-induttivo, fondato sulla ricostruzione dei ricavi in base alle percentuali di ricarico.
Gli avvisi di accertamento Iva, Irpeg e Irap, relativi agli anni 1998 e 1999, venivano impugnati dalla società cooperativa inanzi alla Commissione Tributaria provinciale i cui giudici accoglievano le motivazioni del contribuente ed annullavano gli avvisi di accertamento. L’Agenzia delle Entrate ricorreva avverso la decisione dei giudici di prime cure alla Commissione Tributaria Regionale che con sentenza respingeva il ricorso dell’Amministrazione finanziaria è confermava la sentenza di primo grado.
In particolare, i giudici di secondo grado motivavano nel senso che la mancata esibizione dell’inventario e del dettaglio delle rimanenze non integrava, di per sé, il presupposto per l’accertamento induttivo. Inoltre, asserivano che l’ufficio non aveva mai smentito di non aver richiesto le scritture di cui successivamente aveva lamentato la mancata esibizione. Infine, ritenevano che la percentuale di ricarico applicata dovesse ritenersi errata, in considerazione della natura mutualistica della società contribuente, la quale comporta che tutti i ricavi, detratti i costi, siano ripartiti tra gli associati.
L’Agengia delle Enate ricorre alla Corte Suprema per la cassazione della sentenza di Appello basandola su tre motivi.
Gli Ermellini con la sentenza in esame accoglievano solo il primo motivo di doglianza, del ricorso dell’Agenzia, inerente alla mancata esibizione delle distinte inventariali, hanno deciso la causa nel merito ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., fornendo alcuni chiarimenti in materia di accertamento induttivo.
In primo luogo, i giudici di legittimità hanno rilevato che il contribuente ha l’obbligo, previsto dalla normativa tributaria, di consegnare tutta la contabilità ai verificatori, comprese ovviamente le scritture inventariali. Considerato che, nel caso di specie, il contribuente non aveva messo a disposizione del Fisco né l’inventario né le distinte inventariali, “l’Agenzia delle Entrate era… perciò autorizzata a ritenere inattendibile la contabilità e quindi a legittimamente procedere all’accertamento induttivo ai sensi dell’ art. 39, comma 1, lett. d) d.p.r. 600/73…“.
In secondo luogo, i magistrati hanno precisato che l’articolo 39 del Dpr 600/1973 non stabilisce speciali limitazioni presuntive in ipotesi di accertamento induttivo eseguito nei confronti di una società cooperativa. Del resto, nemmeno il carattere mutualistico dell’impresa autorizza, di fatto, a ritenere che i ricarichi sul venduto siano minori rispetto a quelli normali di mercato.
I principi di diritto enunciati dalla Cassazione con la sentenza in commento sono dunque i seguenti:
- “La mancata consegna o messa a disposizione di scritture contabili, nella specie di scritture inventariali, giustifica il ricorso al procedimento di accertamento induttivo di cui all’art. 39, comma 1, lett. d), d.p.r. 600/73”
- “L’accertamento induttivo ex art. 39, comma 1, lett. d) d.p.r. 600/73 nei confronti di impresa cooperativa non soffre di speciali limitazioni legislative o ‘di fatto’ nella applicazione presuntiva delle percentuali di ricarico”.
La giurisprudenza conforme
In ordine alla rilevanza delle scritture di inventario nell’ambito del procedimento di accertamento tributario, la Corte di cassazione si è già espressa con le sentenze che di seguito si segnalano:
- Cassazione, 21 aprile 2011, n. 9201, ove si precisa che “Sia il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, lett. c) (quanto agli accertamenti dei redditi notificati ai soci) che il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55 (quanto alla rettifica della dichiarazione IVA della società) autorizzano l’accertamento induttivo quando il contribuente non abbia consentito l’ispezione di una o più scritture contabili obbligatorie, fra le quali l’art. 2214 c.c. menziona espressamente il libro degli inventari…“
- Cassazione, 25 marzo 2011, n. 6937, per cui “Il giudice di appello… ha osservato che il libro degli inventari non era stato compilato per l’intero periodo, ed ha ritenuto che tale irregolarità contabile giustificasse anche per il 1998 il ricorso all’accertamento induttivo da parte dell’Ufficio“
- Cassazione, 2 marzo 2007, n. 4911, nella quale si afferma che “in caso di mancata esibizione, a richiesta dell’ufficio, di alcuna delle scritture contabili, come l’inventario, la cui tenuta sia obbligatoria a norma del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 13 e 14, legittimamente l’ufficio procede ad accertamento induttivo ai sensi del successivo articolo 39, comma 1, lett. d)“
- Cassazione, 26 maggio 2003, n. 8273, ove si prevede l’obbligo del contribuente di tenere a disposizione le distinte che sono servite per la compilazione dell’inventario
- Cassazione, 14 dicembre 2001, n. 15863, per la quale “l’inventario di inizio e fine esercizio è uno strumento essenziale per ricostruire il movimento delle merci nell’arco dell’anno, al pari… delle altre scritture contabili. Quando non sia possibile ricostruire tale movimento.. perché manchi… l’inventario di inizio e quello di fine anno.. l’ufficio può procedere ad accertamento induttivo del reddito di impresa, ai sensi del secondo comma dell’art. 39 del d.P.R. 29 settembre n. 600, ricorrendo a presunzioni prive dei requisiti di gravità precisione e concordanza dell’art. 2729 c.c. e a fatti noti all’Ufficio, come i ricarichi medi per categorie omogenee di merci vendute nell’anno, restando escluso che possa ritenersi sufficiente, al fine di ritenere osservato il dovere di tenuta di scritture ausiliarie, la registrazione di sintesi del libro degli inventari” (Cass. Civ. Sez. I, 11.2.2000, n.1511)“.
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