La Corte di Cassazione sez. tributaria con la sentenza n. 23644 depositata il 17 ottobre 2013 intervenendo in materia di detrazione IVA ha affermato che il regime della separazione della contabilità per le due attività svolte, e cioè acquisto di immobili e poi locazione di essi, non poteva essere applicato, dal momento che diverse voci di spesa erano annotate in modo differente rispetto alle varie annualità, una volta con imputazione alle attività esenti ed altra a quelle imponibili, con la conseguenza che doveva applicarsi il criterio del pro-rata.
La vicenda ha riguardato un contribuente che a seguito di un controllo fiscale veniva emesso un avviso di accertamento ai fini IVA. Infatti per il contribuente che svolgeva sia l’attività di “acquisto di immobili”, che, dall’altro, “locazione” di quegli stessi immobili. Per questo motivo, sostengono i legali dell’azienda, è stato adottato “il regime della separazione della contabilità per le due attività svolte”. Ma questa giustificazione non viene ritenuta plausibile dal Fisco, come testimoniato dall’“avviso di accertamento inerente all’Iva”.
Avverso tale atto impositivo veniva proposto ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale che accoglieva le doglianze del ricorrente. L’Ufficio avverso la sentenza di primo grado propose ricorso alla Commissione Tributaria Regionale che invece accoglie la tesi dell’Amministrazione che tengono in considerazione “rilevazioni della Guardia di Finanza”, che hanno portato alla emersione di “parecchie operazioni inesistenti”.
Per cui per i giudici tributari risulta impossibile applicare “il regime della separazione della contabilità”, perché “diverse voci di spesa erano annotate in modo differente rispetto alle varie annualità, una volta con imputazione alle attività esenti ed altra a quelle imponibili”, di conseguenza deve “applicarsi il criterio del pro-rata”.
Il contribuente ricorre alla Corte Suprema per la cassazione della sentenza di merito basando il ricorso su tre motivi di censura.
Gli Ermellini nel rigettare il ricorso del contribuente condividono le motivazioni dei giudici di merito, che, quindi, confermano la legittimità dell’azione messa in atto dal Fisco. Rilevante una semplice considerazione: la società “riferiva alcune spese a costi generali all’attività esente per certe annualità, e gli stessi a quelle imponibili per altre, cadendo in tal modo in una tenuta delle scritture non perfettamente regolare, come rilevato dalla Guardia di Finanza”. Logico, di conseguenza, applicare “il criterio del pro-rata, e cioè del rapporto tra l’ammontare delle operazioni imponibili e quello del coacervo complessivo, comprendente anche quelle esenti”.
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