La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 12468 depositata il 24 gennaio 2020 intervenendo in tema di diniego, espresso o tacito, di procedere ad un annullamento in autotutela ha statuito che “in tema di imposte sui redditi, avverso l’accertamento definito per adesione è preclusa ogni forma d’impugnazione e, pertanto, devono ritenersi improponibili anche le istanze di rimborso in quanto esse costituirebbero una surrettizia forma d’impugnazione dell’accertamento in questione che, invece, in conformità alla “ratio” dell’istituto, deve ritenersi intangibile”
La vicenda ha riguardato una contribuente a cui veniva notificato un avviso di accertamento con cui l’amministrazione finanziaria recuperava a tassazione la quota di plusvalenza realizzata a seguito di vendita di un terreno edificabile e che la stessa aveva definito con atto di adesione. La contribuente successivamente presentava una istanza in autotutela sulla premessa che l’adesione all’accertamento era stata presentata «sulla base di una pretesa erariale fondata sul falso presupposto dell’esistenza di una plusvalenza già affrancata con il versamento dell’imposta sostitutiva». L’Agenzia delle Entrate disponeva il diniego alla richiesta di autotutela. La contribuente avverso tale provvedimento ricorreva alla Commissione Tributaria Provinciale. I cui giudici di prime cure accoglievano le doglianze della ricorrente. L’Agenzia impugnava la sentenza della CTP con ricorso alla Commissione Tributaria Regionale che confermava la sentenza di primo grado. La decisione della CTR veniva, dall’Amministrazione finanziaria, impugnata con ricorso in cassazione fondato su due motivi.
Gli Ermellini accolgono il ricorso, cassano la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigettano l’originario ricorso della contribuente.
Per i giudici di legittimità va riaffermato il principio di diritto secondo cui “In tema di contenzioso tributario, il sindacato giurisdizionale sull’impugnato diniego, espresso o tacito, di procedere ad un annullamento in autotutela può riguardare soltanto eventuali profili di illegittimità del rifiuto dell’Amministrazione, in relazione alle ragioni di rilevante interesse generale che giustificano l’esercizio di tale potere, e non la fondatezza della pretesa tributaria, atteso che, altrimenti, si avrebbe un’indebita sostituzione del giudice nell’attività amministrativa o un’inammissibile controversia sulla legittimità di un atto impositivo ormai definitivo”
Inoltre ribadiscono che è “escluso che «la circostanza fatta valere dal contribuente (essere stato l’accertamento fondato su di un falso presupposto, in quanto la plusvalenza tassata con adesione sarebbe stata già in precedenza affrancata con il versamento dell’imposta sostitutiva) sia un evento di tale rilevanza da poter assurgere al rango di un rilevante interesse generale, tale da legittimare l’autotutela, in quanto detto interesse generale non può consistere nella mera deduzione di un’imposizione erronea, come tale riferibile esclusivamente all’interesse personale del contribuente di evitare una tassazione superiore rispetto a quella ritenuta giusta”
Infine viene ricordato che “Nel processo tributario, il sindacato sull’atto di diniego dell’Amministrazione di procedere ad annullamento del provvedimento impositivo in sede di autotutela può riguardare soltanto eventuali profili di illegittimità del rifiuto, in relazione a ragioni di rilevante interesse generale che giustificano l’esercizio di tale potere, che, come affermato anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 181 del 2017, si fonda su valutazioni ampiamente discrezionali e non costituisce uno strumento di tutela dei diritti individuali del contribuente”
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