La Corte di Cassazione sez. penale con la sentenza n. 23772 depositata il 31 maggio 2013 intervenendo in tema di operazioni inesistenti e bancarotta fraudolente documentale affermando che colui che ha portato al fallimento la propria attività agì “consapevole” di commettere irregolarità e, per questo, in “malafede”. Predisponendo un “preciso disegno di spoliazione” spostò fondi e personale in una nuova società allo scopo di eludere i creditori.
Gli Ermellini hanno confermato la sentenza di condanna, dei giudici di merito, del ricorrente a 3 anni e 10 mesi per bancarotta fraudolenta documentale. I giudici di legittimità definisce l’imputato un individuo abituato a “vivere legibus solutus e come tale bisognevole di adeguata risposta rieducativa e di reazione repressiva da parte dell’ordinamento”.
“Il ricorso ad operazioni in nero e fittizie”, che erano state inizialmente ammesse e poi parzialmente smentite, “sta chiaramente a provare la malafede dell’agente e la sua piena consapevolezza della irregolarità, formale e sostanziale, della sua condotta”, scrivono i giudici della quinta Sezione penale. Nonostante, a sua discolpa, l’imputato avesse nel ricorso scritto di essere “ignaro del fatto” perché nello stesso periodo era detenuto nell’ambito della cosiddetta “Vallettopoli”.
Gli Ermellini affermano che la sentenza di secondo grado della Corte d’Appello “chiarisce come, a fronte di annotazioni contabili inesistenti, imprecise e di dubbia interpretazione, l’imputato abbia fornito giustificazioni oscillanti, sposando ora l’una, ora l’altra versione dei fatti”. Corona ha sottratto 50 mila euro in favore dell’ex moglie, N. M., ma “non ha saputo chiarire se si trattava di un compenso per consulenze, non meglio precisate, o di somma erogata a fronte di un’opera di ristrutturazione di un immobile. Fatto sta che tutte tali operazioni non hanno riscontro contabile adeguato”.
Sempre secondo la Suprema Corte l’imputato “costituì la società Fenice proprio allo scopo di travasare in essa beni, attività, quadri dirigenti e personale della Coronàs, ormai avviata al dissesto e al fallimento”. Esiste dunque “un preciso disegno di spoliazione della vecchia struttura produttiva” e la consapevolezza di operare “in danno dei creditori”.
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