In base al principio della libera circolazione dei beni nel territorio comunitario il legislatore comunitario ha preferito evitare specifici obblighi procedurali relativi al trasferimento dei beni in un diverso Stato membro dell’Unione. La normativa IVA considera tutte le operazioni inerenti la cessione di beni è servizi imponibili, ad eccezione di quelle esenti o non imponibili, pertanto la non imponibilità delle cessioni intracomunitarie vanno interpretare in modo restrittivo per cui ricade sul cedente, che ha l’obbligo di emettere la fattura, la dimostrazione dei presupposti della non imponibilità (vedasi Corte di giustizia, 27 settembre 2007, causa C-409/04 e Id., 6 settembre 2012, causa C-273/11)
La stessa Corte di Giustizia UE ha chiarito che “il diritto di disporre del bene come proprietario sia stato trasmesso all’acquirente e che il fornitore abbia provato che tale bene sia stato spedito o trasportato in un altro Stato membro e che, in seguito a tale spedizione o trasporto, esso abbia lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione” (Corte di giustizia, 27 settembre 2007, causa C-409/04).
Inoltre la stessa Corte UE ha precisato che non ha rilievo, ai fini della non imponibilità, che il trasporto del bene debba avvenire entro un termine preciso. Tale principio ha lo scopo di escludere la possibilità di poter scegliere, in base a condizioni più favorevoli, il luogo impositivo dell’operazione. (Corte UE, 18 novembre 2010, causa C-84/09)
Anche la normativa Italiana nulla dispone, anche il contenuto dell’art. 41 del D.L. n. 331/1993 non contempla alcun obbligo formale(1), sulla documentazione che il cedente deve conservare ed esibire in caso di verifiche al fine di provare l’avvenuto trasferimento del bene in altro Stato membro della UE.