La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 9717 depositata il 19 aprile 2018 intervenendo in tema di accertamento fiscale, in particolare sulle condizioni di non imponibilità ai fini IVA delle cessioni all’esportazione, ed ha ribadito che occorre provare l’effettiva consegna dei beni nello Stato Ue di destinazione e tale prova non può essere fornita da documentazione di origine privata. Nelle cessioni intracomunitaria la prova dovrà essere fornita mediante i CMR attestanti la consegna.
La vicenda ha riguardato una società di capitale a cui l’Agenzia delle Entrate aveva notificato un avviso di accertamento per il recupero di imposte dirette ed IVA. Infatti le cessioni intracomunitarie venivano considerate imponibili iva poiché sprovviste dei documenti di consegna CMR.
Il contribuente avverso tale atto impositivo proponeva ricorso in Commissione Tributaria Provinciale, cui giudici respinsero le doglianze della società ricorrente. Avverso la sentenza della CTP la società propose appello innanzi alla Commissione Tributaria Regionale. In particolare la ricorrente lamentava che “non esisteva un obbligo di documentare le cessioni intraconnunitarie con i CMR, considerata altresì l’abrogazione della norma sulle bolle d’accompagnamento; la società aveva prodotto i bonifici di pagamento e le dichiarazioni sottoscritte dai clienti di conferma della ricezione della merce; i costi per manutenzione ordinaria di impianti e macchinari e per le spese legali erano interamente deducibili, mentre, circa i costi per spese di carburanti, la mancata indicazione del numero dei km era una mera irregolarità” I giudici di appello annullarono l’avviso di accertamento.
L’Amministrazione finanziaria avverso la decisione dei giudici di merito proponeva ricorso in cassazione fondato su quattro motivi.
Gli Ermellini accolgono parzialmente le motivazioni “In particolare, nella fattispecie, in mancanza dell’allegazione dei documenti di consegna CMR, la Ctr ha ritenuto che il contribuente avesse dimostrato il pagamento attraverso la documentazione bancaria e le dichiarazioni dei terzi in ordine al ricevimento della merce. Tale rilievo contrasta però con l’orientamento consolidato della Corte secondo cui in tema di recupero di iva per esportazioni al di fuori dei confini comunitari non dimostrate, la destinazione della merce all’esportazione, nelle cessioni di cui al del d.p.r. n. 633 del 1972, art. 8, comma 1, lett. a), deve essere provata dalla documentazione doganale. In assenza di tale documentazione, non potendosi addebitare all’esportatore la mancata esibizione di un documento di cui egli non ha la disponibilità, tale prova può, peraltro, essere fornita con ogni mezzo, purché abbia il requisito della certezza ed incontrovertibilità, quale l’attestazione di pubbliche amministrazioni del Paese di destinazione dell’avvenuta presentazione delle merci in dogana, come è desumibile, ai sensi del d.p.r. n. 43 del 1973, art. 346, dalla stessa disciplina doganale applicabile. Ne consegue l’inidoneità, ai predetti fini, di documenti di origine privata, come le fatture emesse e la documentazione bancaria attestante il relativo, avvenuto pagamento (Cass.,n.22233/2011; 21809/2012; 20487/2013).”
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