La Corte di Cassazione, sezione prima, con l’ordinanza n. 17106 depositata il 15 giugno 2023, intervenendo in tema di concordato preventivo e falcidia dei crediti privilegiati, ha affermato il segeunete principio di diritto “… In tema di concordato preventivo, la relazione ex art. 160, co. 2, l. fall., deve contenere le valutazioni in ordine alla possibilità di esperire eventuali azioni risarcitorie o revocatorie, risultando le stesse necessarie per la corretta quantificazione e valutazione del possibile attivo ricavabile in sede di liquidazione e riguardando il profilo dell’adeguatezza delle informazioni fornite ai creditori al fine di consentire loro di decidere con cognizione di causa quale posizione assumere nei confronti della proposta concordataria, con la conseguenza che l’indicazione di dati incompleti o parziali, che potrebbero indurre a ritenere l’inesistenza di alternative o di migliori possibilità di realizzo, danno luogo ad una violazione dei presupposti giuridici della procedura …”
La vicenda ha riguardato una srl unipersonale in liquidazione il cui liquidatore depositava, dinanzi al Tribunale, ricorso per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo, unitamente alla documentazione prevista dagli artt. 160, 161 e 182 ter l. fall. Il Tribunale di Verona, all’esito del contraddittorio con la società debitrice, dichiarava inammissibile la domanda di concordato presentata, ritenendo il piano inidoneo ad assicurare la percentuale di soddisfazione prevista dall’art. 160, 4 c., lf, e la relazione incompleta “per la mancata considerazione delle azioni risarcitorie e revocatorie, che la norma richiede per un’analisi completa dell’alternativa liquidatoria, allo scopo di fornire ai creditori un raffronto tra lo scenario concordatario e quello fallimentare e perchè, a tali fini, lo stimatore non poteva non considerare tutto l’attivo realizzabili in sede fallimentare e, dunque, anche quello derivante da possibili azioni revocatorie o risarcitorie nei confronti del legale rappresentante”. Infine, il Tribunale adito, ne dichiarava con sentenza il fallimento data la situazione di insolvenza della società.
Avverso la decisione dei giudici di prime cure la società propose appello. I Giudici di appello rigettavano il reclamo sul presupposto che “il raffronto effettuato dal professionista incaricato ex art 160, 2 c., lf tra la proposta concordataria e la liquidazione del patrimonio del debitore in sede fallimentare deve essere esteso ai valori che potrebbero ragionevolmente realizzarsi in ambito fallimentare in virtù del positivo esperimento di azioni revocatorie, recuperatorie, di responsabilità, in quanto dette azioni rientrano nel patrimonio mobiliare della società al fine di rendere edotti i creditori di tutti gli elementi necessari per comparare gli alternativi scenari”.
La società, dichiarata fallita, proponeva ricorso in cassazione fondato su tre motivi.
Gli Ermellini rigettavano il ricorso della fallita, ritenendo, in particolare, che i giudici di appello hanno correttamente applicato i principi che regolano la materia in quanto la falcidia dei crediti privilegiati è consentita a condizione che “… il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, dovendo il valore attribuibile a tali beni o diritti essere indicato nella relazione giurata di un professionista indipendente …”.
Inoltre, per i giudici di piazza Cavour il “… giudice il quale esamini il ricorso per concordato preventivo è chiamato a compiere anche una penetrante verifica della adeguatezza dell’informazione che viene fornita ai creditori, al fine di consentire a questi ultimi un’espressione libera e consapevole del voto (cfr. Cass. 28.3.2017 n. 7959). …”
Pertanto, i giudici di legittimità, riconfermando i propri precedenti (v. sent. 5107/2015), hanno ritenuto che i giudici di appello si erano conformati al principio in quel precedente di legittimità in base al quale la decisione della corte territoriale, la quale aveva respinto, anche in tal caso, il reclamo proposto ex 18 l. fall. dal soggetto fallito a seguito della declaratoria di inammissibilità della proposta di concordato, condividendo la valutazione dei giudici di secondo grado circa la “manifesta inadeguatezza” della relazione ex art. 160, co. 2, l. fall., poiché la stessa “era priva di ogni valutazione in ordine alla possibilità di esperire eventuali azioni risarcitorie o revocatorie, risultando così totalmente ignorata una parte del possibile attivo ricavabile in sede di liquidazione”, osservando, altresì, che tale rilievo attiene “non già ad una valutazione di convenienza della proposta di concordato ma alla adeguatezza delle informazioni fornite ai creditori al fine di consentire loro di decidere con cognizione di causa quale posizione assumere nei confronti della proposta concordataria. È dunque evidente che l’indicazione di dati incompleti o parziali, che potrebbero indurre a ritenere l’inesistenza di alternative o di migliori possibilità di realizzo, sono sostanzialmente contrari alla ratio legis e danno luogo, pertanto, ad una violazione dei presupposti giuridici della procedura”
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