La Corte di Cassazione sez. tributaria con la sentenza n. 24017 depositata il 23 ottobre 2013 intervenendo in materia di accertamento e condono fiscale ha statuito che il contribuente che presenta la dichiarazione dei redditi senza indicare gli elementi attivi e passivi necessari per la determinazione degli imponibili, non incorre nelle sanzioni della omessa presentazione.
La vicenda ha riguardato l’attrice Sofia Loren che nel lontano 1975 presentava dichiarazioni dei redditi per il 1974, escludendo per tale anno l’esistenza “di proventi e spese”, posto che per i films per i quali stava lavorando erano previsti compensi da erogarsi nel corso degli anni, in quanto le era stata accordata una retribuzione pari al 50% dei ricavi provenienti dalla distribuzione delle pellicole. Successivamente nell’anno 1980, l’Amministrazione Finanziaria notificava all’attrice un avviso di accertamento, con cui si determinava in 920 milioni di vecchie lire il reddito complessivo netto assoggettabile ad IRPEF per il 1974.
La famosa contribuente si avvalse del condono fiscale previsto dalla L. 516 del 1982, inoltrando la prevista dichiarazione integrativa nella quale faceva riferimento a un imponibile pari al 60% del reddito accertato, ai sensi dell’articolo 16, comma 1 della predetta Legge.
L’Ufficio disconoscendo la correttezza della domanda di condono fiscale, il quale aveva come unico presupposto che il contribuente avesse presentato al dichiarazione dei redditi, iscriveva a ruolo un imponibile maggiore pari al 70% del reddito accertato, ritenendo omessa la dichiarazione dei redditi presentata nel 1974, in quanto priva degli elementi attivi e passivi necessari alla determinazione dell’imponibile. Pertanto secondo il Fisco, non poteva applicarsi il comma 1 dell’art. 16 della L. 516 del 1982, bensì il comma 2, e quindi la percentuale ivi prevista del 70%.
La contribuente avverso la decisione dell’Amministrazione di disconoscimento del condono propone ricorso alla Commissione Tributaria che accoglie le doglianze dell’attrice sia in primo grado che in secondo grado. Avverso la decisione dei giudici di merito L’Ufficio decide di ricorrere alla Corte Suprema.
I giudici di legittimità hanno respinto il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria precisando che la condotta della contribuente, contrariamente a quanto sostenuto dal Fisco, non può essere assimilabile all’omessa dichiarazione sicché l’attrice, in sede di dichiarazione integrativa, ha correttamente applicato la percentuale del 60% di cui al comma 1 del più volte citato articolo 16. Il Fisco, quindi, ha illegittimamente applicato la Legge, e ciò sia perché il comma 2 dell’articolo 16 si riferisce al calcolo dell’importo dell’imposta e non alla determinazione dell’imponibile sia perché il comma medesimo prevede l’ipotesi (non ricorrente nella specie, precisa la S.C.) dell’omessa dichiarazione dei redditi.
Per cui la contribuente aveva correttamente presentato originariamente la dichiarazione dei redditi pur non indicando redditi imponibili, ha fatto riferimento, nel presentare ai fini del condono la dichiarazione integrativa, al comma 1 dell’articolo 16 (ed alla percentuale ivi indicata), atteso che quest’ultima norma prevede espressamente l’ipotesi di presentazione della dichiarazione originaria nella quale “non sono stati indicati redditi imponibili relativamente ad una o più imposte cui la dichiarazione si riferiva”.
La Corte di Cassazione ha cassato l’impugnata decisione della CTC di Roma, e decidendo la causa nel merito ha condannato il Fisco al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in 7.200 mila euro.
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