La Corte di Cassazione con la sentenza n. 26550 del 21 dicembre 2016 hanno statuito che il credito d’imposta può essere opposto dal contribuente in sede giudiziaria anche qualora egli sia incorso in decadenza per non averlo indicato nella pertinente dichiarazione dei redditi o in una tempestiva dichiarazione integrativa, sempre che in giudizio i requisiti sostanziali del credito siano provati dal contribuente oppure l’Amministrazione Finanziaria non li contesti.
La controversia è scaturita a seguito della notifica di una cartella di pagamento emessa nei confronti di una società per ripresa IVA a recupero di un credito d’imposta per ricerca scientifica.
Avverso l’atto impositivo il contribuente proponeva ricorso alla Commissione Tributaria che accoglieva le doglianze della società ed annullava la cartella ritenudo spettante il credito d’imposta – di cui l’Amministrazione Finanziaria non ha contesto la spettanza sostanziale – malgrado l’omessa indicazione nel quadro RU della dichiarazione dei redditi.
L’Amministrazione finanziaria avverso la decisione dei giudici di merito proponeva ricorso per la cassazione della sentenza impugnata. L’Agenzia delle Entrate ha invocato gli effetti decadenziali che l’art. 6 D.M. n. 275 del 1998 ricollega all’omessa indicazione del credito d’imposta nella dichiarazione dei redditi; effetti che, a detta dell’Ufficio, non potrebbero essere sanati dalla dichiarazione integrativa – che comunque nella fattispecie è stata tardiva – ex art. 2, comma 8 -bis, D.P.R. n. 322 del 1998.
Gli Ermellini Ebbene confermando la decisione dei giudici della CTR hanno tenuto conto del recente insegnamento delle Sezioni Unite, ed hanno affermato il seguente principio di diritto: in tema di incentivi fiscali per la ricerca scientifica, il credito d’imposta concesso dall’art. 5 L. n. 449 del 1997 può essere opposto dal contribuente in sede giudiziaria anche qualora egli sia incorso nella decadenza di cui all’art. 6 D.M. n. 275 del 1998 per non aver indicato il credito nella pertinente dichiarazione dei redditi o in una tempestiva dichiarazione integrativa, sempre che in giudizio i requisiti sostanziali del credito d’imposta siano provati dal contribuente o incontestati dal fisco.
Le Sezioni Unite (sentenza n. 13378/2016) hanno statuito che le decadenze tributarie previste per la fase amministrativa non si estendono alla fase giudiziaria, sicché la mancanza o tardività della dichiarazione integrativa non impedisce al contribuente di opporsi in sede contenziosa alla maggiore pretesa erariale, pure allegando gli errori commessi nella dichiarazione dei redditi.
Il predetto principio di diritto enunciato per le imposte sui redditi è stato poi esteso all’IVA. Infatti sempre le Sezioni Unite hanno stabilito che “il diritto di detrazione non può essere negato in sede di impugnazione della cartella sol perché sia stata omessa la dichiarazione annuale, ove del diritto medesimo siano tuttavia provati o incontestati i requisiti sostanziali” (Cass., SS.UU. n. 17757/2016).
Altra importante precisazione nella sentenza in commento risulta esere stata fatta dalla Corte Suprema nell’affermare che la decadenza comminata dall’art. 6 D.M. n. 275/98, invocata dalla difesa erariale, ha natura esclusivamente formale, non riguardando gli elementi costitutivi del diritto sostanziale, come fissati dall’art. 5 L. n. 449/97 e quindi – scrivono gli Ermellini – “incide unicamente sul piano amministrativo ed esclusivamente sul medesimo piano agisce l’eventuale dichiarazione integrativa. La decadenza formale non impedisce al contribuente di opporre il credito d’imposta in sede giudiziaria, dove egli potrà e dovrà provare la sussistenza degli elementi costitutivi del credito d’imposta, qualora contestata dall’amministrazione finanziaria”.
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