La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 28072 depositata il 16 dicembre 2013 intervenendo in tema di imposte sul reddito ha statuito che la deducibilità delle spese per la riparazione e manutenzione di automezzi destinati all’esercizio dell’impresa, ai sensi dell’art. 75 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, è subordinata alla dimostrazione, da parte del contribuente, della inerenza di tali spese a beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito stesso.
La vicenda ha riguardato una società di capitate che ha ricevuto un avviso di accertamento in rettifica dell’IVA inerente a due attività: quella principale, prevista dallo Statuto, di estrazione, frantumazione e composizione di conglomerati cementizi, e quella diversa, non prevista dallo Statuto, di riparazione di autoveicoli. Infatti in seguito ad una verifica fiscale veniva rilevato che la società svolgeva anche l’attività di riparazione di un grande quantitativo di veicoli, riguardava numerose imprese facenti parte del consorzio CISA, con cui aveva stipulato appositi contratti di manutenzione, senza avere mai dichiarato quest’altra seconda attività, tutt’altro che secondaria.
Il contribuente avverso l’atto impositivo ricorreva alla Commissione Tributaria Provinciale i cui giudici accolsero le doglianze del ricorrente. L’Amministrazione Finanziaria impugnò la decisione dei giudici di prime cure con ricorso alla Commissione Tributaria Regionale che confermò la pronuncia di primo grado. I giudici distrettuali puntualizzarono che: l’attività di riparazione degli autoveicoli doveva considerarsi di carattere secondario, dal momento che riguardava principalmente gli automezzi dell’azienda; il consumo di energia elettrica si riferiva ad un consorzio, di cui la contribuente era consorziata, e quindi i costi potevano essere correttamente dedotti dalla contribuente.
Per la cassazione della sentenza del giudice di seconde cure l’Agenzia delle Entrate proponendo ricorso, basato su due motivi di censura, alla Corte Suprema. Il Fisco lamentava che i giudici di merito non avevano considerato che l’attività di riparazione di autoveicoli riguardava numerose imprese facenti parte del consorzio, con le quali la contribuente aveva stipulato appositi contratti di manutenzione; non avevano indicato le ragioni in virtù delle quali ritenevano che i costi per l’energia elettrica consumata dal consorzio fossero inerenti e, quindi, deducibili.
Gli Ermellini hanno accolto i motivi di ricorso dell’Amministrazione finanziaria. i giudici di legittimità, inoltre, hanno precisato che con riguardo alla determinazione del reddito d’impresa, l’onere della prova circa l’esistenza dei fatti che danno luogo ad oneri e costi deducibili, ivi compreso il requisito dell’inerenza, incombe al contribuente che invoca la deducibilità, senza che possa essere costituito da atto di parte, rappresentato da perizia, peraltro senza alcun vaglio critico, come nel caso in esame (V. pure Cass. Sentenze n. 16198 del 27/12/2001, n. 12330 del 2001).
Infine per i giudici del Palazzaccio, nel caso di specie, hanno puntualizzato che atteso che i mezzi non solo non erano individuati, ma soprattutto non venivano indicati come quelli inerenti all’attività produttiva del reddito stesso; in tema di determinazione del reddito d’impresa, l’affidamento da parte di più imprese ad un consorzio della gestione esclusiva di determinati affari d’interesse comune, con sopportazione della relativa spesa “pro quota”, non spoglia l’impresa consorziata della propria soggettività giuridica e fiscale, né attribuisce al consorzio una natura puramente neutrale.
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